Viaggio in solitaria in un Egitto misterioso
Dopo aver ritirato il nostro bagaglio ci dirigiamo alla zona di controllo passaporti ed acquistiamo i visti presso gli uffici di cambio valuta (15€). All’uscita dell’aeroporto un taxi mandatoci dall’hotel ci stava già aspettando. Sono affascinata da tutto ciò che vedo dai finestrini del taxi, mentre, sfreccia a tutta velocità da una corsia all’altra, tra palazzi storici ed edifici nuovi dall’aspetto pericolante. Ci scarica in centro, l’Hotel Osiris è al dodicesimo piano ci dice, saliamo sull’ascensore, e come si muove i nostri sguardi si incontrano interrogativi, non c’è la porta di chiusura, e si vede il muro scorrere lungo la salita. L’Hotel Osiris occupa l’ultimo piano di un palazzo poco distante dal museo egizio, dentro è arredato con gusto con una forte influenza locale, le camere sono spaziose e pulite, e di sopra ha una bella terrazza con vista sul Cairo, un’oasi di pace nel frastuono del traffico.
Decidiamo subito di uscire in esplorazione, camminiamo verso la piazza Midan al Tahrir, il traffico è congestionato, l’aria è irrespirabile, fa caldo e c’è tantissima gente a piedi sui marciapiedi e sulle panchine, noi gli unici bianchi non passiamo inosservati, forse anche per le nostre facce un po’ perse. Decidiamo di oltrepassare il ponte sul Nilo, arriviamo così sull’isola al centro di questo e ci dirigiamo verso la Cairo Tower, una moderno grattacielo alto 185m di forma circolare, pagando un biglietto di 65 l.E. Si arriva con un ascensore all’ultimo piano dove si può godere di un panorama spettacolare. Si vede la città dall’alto, i contrasti tra palazzi scalcinati e i grandi hotel sul lungo Nilo, le feluche che solcano la superficie di questo che fanno respirare un atmosfera di altri tempi, e all’orizzonte guardando in lontananza si vedono bene, la loro forma è inconfondibile… le piramidi. Dopo una doccia ristoratrice decidiamo di cenare all’interno dell’hotel, e dalla bella vetrata osserviamo la Torre, che alla sera si illumina di tanti colori e domina la città. Alle 7.30 siamo già pronti, un’auto ci aspetta per portarci a Giza e seguirci tutto il giorno nella visita dei vari siti archeologici, Atef il conducente ci parla in francese e si rivela un ottimo accompagnatore, ci raccomanda di non lasciarci avvicinare da finti controllori di biglietti, né tantomeno dai padroni dei cammelli che insisteranno per farci fare un giro, né da venditori ambulanti. Il sito costa 60 L.E. Più 10 per il parcheggio dell’auto, l’unico difetto è che è affollatissimo, pullman e visitatori di ogni nazione, vestiti nei modi più strampalati, comitive evidentemente provenienti dalle località di mare. E’ difficile fare una foto senza inquadrare altra gente, ma comunque hanno un fascino incredibile. La Piramide di Cheope è la più grande, quella di Chefren si trova nel mezzo e quella di Micerino è la più piccola, sono perfettamente allineate ed esteriormente sono ben conservate, è piacevole girarci attorno a fotografarle dalle diverse angolazioni, mi chiedo come deve essere stato vivere all’epoca e vedere l’intero sito nella sua integrità ed imponenza, perché tante costruzioni minori sono state distrutte con il passare degli anni e a noi restano solo alcune parti. Atef ci porta in un punto panoramico per osservarle da lontano e goderci la bellezza delle tre piramidi circondate dal deserto, qualche istante e la visita continua con la Sfinge. Questa creatura unica e misteriosa dal corpo di leone e la testa umana simbolo della potenza sovrana, è probabilmente il faraone Chefren che veglia come un’imponente guardia l’imbocco del viale che porta alla sua piramide. Siamo incantati, e ci sediamo a lungo a contemplarla.
Ripartiamo in auto per raggiungere poco distante la necropoli di Saqqara (60L.E. Più 10) un sito molto più vasto da visitare e decisamente più tranquillo di Giza, caratterizzato dalla grande piramide a gradoni di Zoser, unica e decisamente affascinante, costruita con blocchi di pietra più piccoli rispetto alle piramidi di Giza ed un percorso permette di girare liberamente all’interno del sito per scoprire resti di tombe, statue e geroglifici ancora intatti, che fanno pensare all’intelligenza ed alla cultura di questo popolo nell’antichità. Fa decisamente caldo anche perché ci troviamo in pieno deserto e sono le 13 del pomeriggio.
Ci spostiamo ancora per visitare il sito di Dahshur, costo 30 L.E. Dove è possibile visitare all’interno la grossa piramide detta romboidale per la variazione di inclinazione delle facce a mezza altezza. E’ situata in una zona desertica poco lontano da Saqqara, ed è particolarmente piacevole visitarla per la scarsa presenza di turisti e l’atmosfera di pace. Una ripida scalinata conduce all’ingresso di un cunicolo buio ed in pendenza che porta alla camera funeraria all’interno della piramide, qui l’aria è irrespirabile, calda, c’è odore di muffa e ammoniaca, mi gira la testa e velocemente facciamo il giro delle due camere funerarie e riprendiamo il cunicolo che ci riporta all’aria aperta, facendo bene attenzione alla testa. Ci sediamo qualche istante a contemplare il panorama e riprendere fiato, soddisfatti di essere arrivati fino in fondo.
Lungo la strada che ci riporta al Cairo, Atef ci propone un ristorantino per recuperare le energie perse, scopriamo con piacere che molti piatti sono a base di verdure, soprattutto pomodori, melanzane e carote, e mangiamo poi delle buonissime salsicce grigliate (kofta). Gli chiedo se sarebbe disponibile a stare con noi anche sabato, quando al ritorno dal deserto, vorremmo visitare la città, prendiamo accordi e ci scambiamo i numeri di telefono mentre ci scarica davanti all’hotel.
Facciamo una passeggiata per acquistare frutta per la nostra cena, che consumeremo sulla terrazza dell’hotel dopo esserci goduti il tramonto del sole, ed il richiamo del muezzin proveniente dalle tantissime moschee della città mi da un senso di pace.
Ci gustiamo l’abbondante colazione mentre osserviamo dalle vetrate che il tempo oggi non è bellissimo, c’è molto vento e l’aria è decisamente più fresca di ieri, il cielo sembra velato, ma probabilmente è a causa della sabbia che vola e della polvere. Alle 9 stiamo già entrando al Museo Egizio, 60 L.E. e controllo dello zaino al metaldetector, è vietato fare fotografie, quindi è meglio non portarsi niente, per non rischiare di farsele sequestrare dalla vigilanza. L’ingresso è allucinante, c’è una fila pazzesca, comitive di turisti giapponesi con i loro cappellini strani e anche tanti italiani. Il museo è molto interessante ci sono statue a dimensioni naturali dei faraoni, sarcofagi e resti ritrovati nei vari siti, la parte migliore viene quando saliti al primo piano, possiamo ammirare il tesoro di Tutankhamon. Non riesco ad immaginare cosa possa aver provato l’egittologo Howard Carter quando scoprì il sepolcro nel 1922, impiegò ben 10 anni per catalogare e restaurare i pezzi contenuti nella tomba, che si trovano quasi tutti (2099) in questo museo. Vi sono due stanze totalmente dedicate ai gioielli, ed altre che ospitano i quattro scrigni che contenevano il cofano sepolcrale, i letti da parata, il trono e la sedia cerimoniale, completamente rivestiti d’oro, con intarsi di pietre preziose e disegni di animali sacri. Vediamo poi la maschera in oro e lapislazzuli che era posizionata sul viso del giovane sovrano, decisamente bella e ben conservata, ed i tre sarcofagi che racchiusi uno dentro all’altro ospitavano poi il corpo, tutto di incredibile bellezza. Vi è una grande statua di Anubis in legno nero, che doveva ostruire il passaggio dalla camera sepolcrale a quella del tesoro, e vi sono anche i contenitori dei vasi canopi, a forma di cappella e rivestiti d’oro, erano posti nella camera funeraria, destinati a contenere i vasi con gli organi vitali del faraone defunto. Sono sbalordita dalla ricchezza e dalla grandiosità di questo popolo, dalla loro cultura e gusto per le belle cose.
Decidiamo di visitare anche la parte dedicata alle Mummie Reali, biglietto supplementare di 100 L.E., la sala contiene undici mummie rinvenute nella tomba della regina Inhapi, in un nascondiglio detto reale, per proteggerle dai ladri di tombe. La cosa che più mi ha impressionato è lo stato di conservazione, alcune hanno ancora i capelli, denti ed unghie, e le piccole dimensioni dei corpi, tutti morti comunque in giovane età.
Acquistiamo alcuni papiri nel negozio di souvenir del museo e ci concediamo un pranzetto ed un giro a piedi verso il quartiere di Ataba per scoprire cose nuove, tra negozi di profumi e strade dedicate allo shopping dei giovani, con jeans, stivaletti appariscenti, e fast food. Restiamo sbalorditi nel vedere la fila davanti ad una gelateria, gli uomini da una parte e le donne in fila dall’altra, tutti contenti con gelati dai colori sgargianti.
Stiamo finendo la colazione ed il ragazzo della reception ci avvisa che il nostro minibus è arrivato per portarci a Bahariya, carichi di entusiasmo saliamo e partiamo per questa avventura nel deserto egiziano, alla scoperta del Deserto Bianco. 360km dal Cairo ci vogliono 4 ore di auto, la strada è buona e tutt’attorno inizia il deserto di sabbia, a fianco della strada c’è la ferrovia e ogni tanto passano alcuni treni merci che trasportano carbone, vediamo anche diversi pozzi per l’estrazione del petrolio. Finalmente arrivati a Bahariya il nostro autista ci porta ad una casa, dove un succulento pranzo ci attende, ci invitano dentro con molta gentilezza e ci fanno accomodare in un salottino arredato con divani tutt’attorno e tappeti in terra, con al centro un tavolo. Ahmed il padrone di casa è uno degli organizzatori di queste escursioni nel deserto, dopo un po’ di riposo e le incursioni del figlio più piccolo incuriosito dalla nostra presenza in casa sua, siamo pronti per partire, c’è anche una numerosa famiglia francese che sale sulla jeep più grande guidata da lui, noi saliamo in una più piccola guidata da Waled. Ha un cerotto in fronte e la ferita sotto continua a sanguinare, lo vedo notevolmente agitato, continua a suonargli il telefono e mi sembra che non sia a suo agio con l’auto, mi spiegherà poi che non era quella da lui usata abitualmente.
Ci fermiamo lungo il tragitto in un coffee shop gestito da una famiglia numerosa, dove vendono anche fascine di legna, mentre lo aspettiamo scendo dalla jeep e guardo i cinque figli giocare a calcio a fianco alla casa, il maschio più piccolo mi passa il pallone, ed io lo colpisco suscitando l’ilarità delle sue sorelle che subito mi accettano nei loro giochi. La mamma divertita esce sulla veranda e Waled ci invita ad andare, mentre partiamo i bambini ci rincorrono salutandoci. Facciamo ancora qualche chilometro e poi lasciamo la strada per prendere una pista nel deserto, Waled è silenzioso, concentrato nella guida, e sicuro di se. Giungiamo in un punto dove alte montagne bianche di gesso dalla forma arrotondata si alzano dalla sabbia dorata, vi passiamo in mezzo e con stupore ci troviamo davanti una ripida discesa ed un panorama mozzafiato. Si apre un’estesa pianura di sabbia circondata da queste montagne di gesso, è quasi il tramonto e varie sfumature rosa e rosso cominciano a colorare il cielo. Waled ferma la jeep e comincia a preparare il campo, noi lo aiutiamo, ma capiamo che lui preferisce fare da solo, decidiamo di fare una passeggiata arrampicandoci su una di queste per osservare il sole che tramonta. Il paesaggio è magico, il cielo è infuocato, il rosa dona sfumature calde al gesso bianco. Siamo felici e torniamo da Waled, ha già acceso il fuoco e comincia ad organizzarsi per prepararci la cena, noi ci sediamo attorno al fuoco caldo e lo osserviamo. Arriva a piedi Ahmed che con i francesi si è piazzato poco distante, e cominciano a parlare tra di loro in arabo, poi ci coinvolgono parlando in inglese, ci offrono del the alla menta, spiegandomi che per tradizione bisogna berne tre volte. Finalmente abbiamo rotto il ghiaccio con Waled, e lui accenna anche qualche timido sorriso, ci cucina del pollo alla griglia e a parte fa cuocere del riso, quando è pronto ci serve e lui si siede in disparte. Gli dico di servirsi e di mangiare prima che si raffreddi, ma lui mi ignora, appena ci spostiamo facendogli capire che abbiamo finito, si precipita a mangiare la sua parte. Nel frattempo una volpe del deserto continua a girarci attorno nel buio, probabilmente attirata dagli odori del cibo. Ci incantiamo ad osservare il cielo, milioni di stelle lo illuminano e fanno brillare le montagne, finalmente spunta anche la luna, ora c’è tantissima luce sembra incredibile. Chiacchieriamo noi tre attorno al fuoco, beviamo the alla menta servito dalle sue mani esperte, i movimenti sono lenti e misurati. Waled ha 24 anni è giovane e di corporatura esile, porta un copricapo tipico rosa e nero, i suoi capelli sono corti e ricciuti ed è scalzo sulla sabbia. Il suo volto si illumina quando gli chiediamo se ha con se il narghilè per fumare, tutto orgoglioso lo tira fuori e cominciamo a passarcelo di mano in mano raccontandoci delle storie, stringendoci attorno al fuoco, fa un pochino freddo e mi avvolge con un panno. Ormai stanchi decidiamo di andare a dormire, i nostri materassini sono già pronti vicino alla jeep dove abbiamo mangiato, e lui ci aveva già preparato i sacchi a pelo e due grossi panni di lana. Ci infiliamo completamente dentro, non ho freddo, ma l’adrenalina di dormire così sotto le stelle mi tiene sveglia a lungo, ascolto il rumore del fuoco ed il silenzio del deserto. Ogni tanto nella notte apro gli occhi e sbirciando dall’apertura del sacco a pelo guardo le stelle, facendo profondi respiri di quest’aria fresca e pulita.
Ci svegliamo presto, Waled dorme ancora, e noi restiamo a poltrire nel tepore del sacco a pelo, godendoci la bellezza di questo posto ed il silenzio. Al suo risveglio ci gustiamo con calma la colazione mentre il sole riscalda la nostra pelle, un ultimo the alla menta e facciamo un giro di perlustrazione vicino al campo. Quando siamo pronti caricata la jeep, ci spostiamo per raggiungere un’oasi in mezzo al deserto, dove una sorgente d’acqua sgorga dal sottosuolo. Sembra un miracolo in mezzo a tutta questa sabbia, palme lussureggianti ed erba fresca, tutt’attorno dune di sabbia ed in lontananza si scorge una lunga catena montuosa di roccia rossiccia. Waled comincia ad armeggiare per prepararci un pranzo veloce ed io intanto cammino sotto il sole caldo con piacere, il deserto mi regala pace e solitudine, trovo anche una specie di pozzo, una spaccatura nella roccia molto profonda, forse era usata in passato come pozzo. Nel frattempo all’oasi sono arrivati alcuni turisti francesi che fanno trekking, sono scortati da due beduini che con due cammelli trasportano scorte d’acqua, viveri e sacchi a pelo. Ripartiamo, facciamo una breve sosta per salire su una grossa montagna di gesso dove sopra una vecchia acacia ha trovato il modo di sopravvivere al deserto, c’è anche un pozzo che Waled ci racconta sia stato scavato in epoca romana interamente a mano, ci guardiamo attorno e sotto di noi si apre una vasta pianura con strane formazioni bianche, a contrasto con il bellissimo cielo blu. Con la jeep ci divertiamo a girare tra queste candide rocce, ci sbizzarriamo con foto e riprese, giochi di luci ed ombre di rara bellezza, intanto il nostro amico beduino ci tiene d’occhio, è terrorizzato dall’idea che possiamo perderci. Ci sollecita e dice che più avanti è molto meglio, ripartiamo ed infatti troviamo formazioni di gesso molto più grandi, alcune di esse hanno le forme più bizzarre: un pollo, la testa di aquila e di cavallo, scendiamo e camminiamo un po’ in questo posto incredibile. Waled ci spiega dove vuole piazzare il campo per la notte e ce lo indica, noi siamo liberi di girare come vogliamo, ci arrampichiamo sulle rocce ed aspettiamo il calare del sole. Improvvisamente sentiamo le sue urla, è venuto a cercarci pensando che ci fossimo persi, o che non riuscissimo a trovare la jeep, lo rassicuriamo, e se ne torna in dietro. La luce cambia, sempre più dorata poi il cielo si tinge di rosso ed il sole scende pian piano tra questi giganti di roccia. Mentre ci dirigiamo a piedi al campo l’aria diventa sempre più fresca, ed il cielo si colora di violetto e rosa, sono felice e molto emozionata. Waled ci saluta ed è contento che stiamo tornando da lui, ha già preparato tutto e comincia pian piano a cucinare, noi ci sdraiamo attorno a lui e gli chiediamo della sua vita, e del suo lavoro. Mangiamo pasta con ragù di carne, ci frigge un uovo e poi vediamo che dopo aver mangiato la sua parte, comincia a riordinare il tutto velocemente, con un fare che è insolito. Sono seduta davanti al fuoco e lo osservo, lava le pentole e le stoviglie, ha tante scatole dove mette tutto in ordine, ed eccolo soddisfatto ci raggiunge con un contenitore con dentro degli strani tubi ricoperti di carta stagnola: sono patate dolci, e le mette tra la cenere e le braci ad arrostire. Mentre aspettiamo riceviamo la visita di una bella volpe del deserto, un fennec, che si avvicina affamata al sacco delle immondizie, guardinga si allontana e di nuovo torna sui suoi passi, sempre stando attenta ad ogni nostro minimo movimento.
Mentre fumiamo sono curiosa della condizione delle donne e dei condizionamenti della religione nella loro vita, mi sembra strano che le diverse mogli possano condividere la stessa casa, e vogliamo sapere anche del velo, la discussione si anima, ed intanto le patate sono pronte e ci mangiamo questa squisitezza. E’ tardi, siamo esausti, lo salutiamo lasciandolo davanti al fuoco, noi intanto andiamo a dormire.
Quando riapro gli occhi lo ritrovo sdraiato a fianco dove ieri sera c’era il fuoco, avvolto nel suo sacco a pelo. La notte è trascorsa tranquilla, ed ora un caffè è proprio quello che ci vuole, mi chiama, l’acqua bolle, mi siedo vicino a lui e con calma sorseggio la bevanda fumante. Il sole comincia a scaldare l’aria, silenzio, sembra di essere sulla luna… arriva la jeep di Ahmed e ci dice che ha bisogno di una batteria di ricambio per l’altra macchina, si mettono a trafficare e tolgono quella di riserva dalla nostra. Partiamo, viaggiamo vicino a loro, probabilmente per il fatto del guasto meccanico, facciamo diverse soste per ammirare alcune rocce a forma di fungo, che sono tra le più famose di questa zona. Ci fermiamo per una sosta lungo la strada presso una montagna con giacimenti di cristalli, e possiamo salire e guardarci questa meraviglia, il cristallo brilla con il sole. Sono un po’ triste perché stiamo tornando verso Baharyia, in questo posto magico ci scattiamo una foto abbracciati a Waled. Lasciamo il deserto per riprendere la strada, mi spiega che visto che oggi è venerdì ed è il giorno di preghiera più importante per un mussulmano, lui durante il pranzo si assenterà per andare a pregare, ci fermiamo infatti dopo poco al coffee shop dell’andata, mi prende in giro dicendo che se voglio posso anche giocare a calcio. Ci porta pane e verdure e lui parte con Ahmed, lasciandomi le chiavi della jeep. Al suo ritorno lo vedo felice, ha una luce diversa negli occhi e lo vedo rilassato, mangia e ripartiamo.
Questa zona è arida ed inospitale, ogni tanto vedo qualche casetta con il suo pozzo per l’acqua e qualche piccolo arbusto piantato nella sabbia, probabilmente alberi da frutto, ulivi. Sabbia e roccia, ci sono tantissimi vulcani con le cime nere in questa parte del deserto. Ci fermiamo per arrampicarci in vetta ad uno di essi, man mano che saliamo l’orizzonte ci regala uno spettacolo magnifico, siamo circondati da vulcani, il vento è forte e mi sento libera.
Sono entusiasta, chiedo a Waled se vi è mai salito, e lui mi dice di no, gli consiglio di farlo anche se è un po’ dura, ma non può perdersi questo spettacolo del Deserto Nero.
Le prime case mi fanno pensare che ormai il nostro viaggio è concluso, lui ci annuncia che siamo quasi a Bahariya e ci dice di quanto è stato bene con noi, io da parte nostra lo ringrazio e gli dico che sono un po’ triste perché sono stata benissimo. Gli regalo il mio accendino, perché io non fumo, gli dico ridendo, e lui è commosso, ci abbracciamo e baciamo, vedo che abbassa lo sguardo forse per nascondere la sua emozione. Il minibus ci riporta al Cairo, ma la nostra testa è ancora con Waled, ci ha conquistati con la sua dolcezza ed il deserto ha fatto il resto.
Alle 7.30 stiamo già scendendo con l’ascensore, Atef come d’accordo ci aspetta dietro l’angolo per accompagnarci nelle varie visite. Ci dirigiamo subito verso la Cittadella, è bellissima, è situata su una montagna e domina Il Cairo, è cinta da mura ed ospita la famosa moschea Muhammad Ali, acquistiamo il biglietto (50L.E.) e cominciamo la visita. All’esterno di questa moschea la cosa che colpisce di più sono i due minareti a punta, entrando vi è un ampio cortile circondato da portici ed al centro una fontana per le abluzioni, dentro è ricca di decorazioni in marmo, dorature, tappeti persiani rossi e lampade in vetro che creano spettacolari giochi di luci. Mi sento in pace con me stessa in questo luogo di preghiera, sarà forse per il silenzio e la sua bellezza. Vediamo anche la seconda moschea all’interno della Cittadella, Moschea en-Nasir Muhammad, di cui molto bello è il minareto riccamente decorato e il portale esterno arricchito di stalattiti, all’interno vi sono delle volte decorate con pietre bianche e nere, e finestre riccamente decorati con motivi ad intreccio. Usciamo dalla Cittadella ed Atef ci porta al Quartiere Copto, comunità cristiana che vive all’interno del Cairo mussulmano racchiuso tra mura dell’epoca romana dall’imperatore Augusto. Vi sono diverse chiese da visitare tra cui quella di S. Sergio, sorta nel luogo dove secondo la tradizione cristiana avrebbe trovato rifugio la Sacra Famiglia nel corso del suo viaggio per sfuggire alle persecuzioni di re Erode, e la Chiesa di S. Maria dove nella navata centrale si trova un ambone in marmo considerato il più bello d’Egitto, sostenuto da quindici coppie di colonne tutte diverse tra loro, decorato con mosaici e bassorilievi. Girando tra le mura negli stretti vicoli vediamo anche la sinagoga Bin Ezra, e uscendo dal quartiere entriamo nella Moschea Amr ibn al As la più antica del Cairo. Vi sono due ingressi separati per uomini e donne, mi copro il capo e mi fanno indossare anche una lunga tunica verde che mi copre fino ai piedi. Attraversiamo il cortile e ci aggiriamo con calma tra le arcate e le colonne bianche con al centro appese lampade in vetro, questo edificio è stato restaurato più volte e rifatto recentemente nel 1983.
Risaliamo in auto e ci spostiamo verso la moschea Amhad bin Tulun, ci incantiamo per la strada a guardare le bellezze architettoniche di questa zona del Cairo, entriamo in una moschea nei pressi di questa e subito veniamo accolti da un ragazzo che ci dice se vogliamo salire sul minareto, paghiamo 20 l.E. A testa e ci arrampichiamo su una stretta scala a chiocciola che ci porta in cima. La vista è direttamente sulla moschea bin Tulun, si vede anche la Cittadella e i tantissimi minareti sparsi per la città. Scendiamo e usciti dalla moschea ci dirigiamo a quella più importante situata proprio dietro. Questa ha origini antichissime e resta la più bella testimonianza architettonica dell’arte islamica in Egitto. Al centro del cortile vi è una grande fontana per le abluzioni, sormontata da una cupola eretta dal sultano Hassan, la zona di preghiera è di straordinaria bellezza per le arcate decorate in stile bizantino e con colonne con capitelli in gesso scolpiti ad intreccio o decorazioni geometriche. Vi è anche un imponente minbar sovrastato da una cupoletta, è in legno finemente scolpito. Il minareto è situato dall’altra parte del cortile, salendo si può ammirare dall’alto la bella struttura con al centro la fontana, e le decorazioni delle mura di cinta, sotto di noi la vita quotidiana nella strada con bancarelle di frutta e gente che passeggia. Per ristorarci ci gustiamo un bel piatto di kofta e costine di agnello alla griglia con una deliziosa salsa al sesamo e il loro buonissimo pane, il proprietario del ristorante è estremamente gentile e attento alla pulizia del tavolo, ci spolvera perfino le sedie prima di farci accomodare.
Prima di tuffarci nel bazar decidiamo di vedere la Moschea di Al-Azhar che ospita una importante università giuridica, il cortile interno è tutto bianco con belle decorazioni di mattoncini nella parte alta della facciata, ha un bel minareto con vista su Khan el Khalili. C’è una sala riservata alle donne, dove tantissime parlano ed altre pregano in disparte, non mi sento osservata, sono tranquilla, un ragazzo si avvicina e gentilmente mi saluta dandomi il benvenuto al Cairo.
Ci tuffiamo nel frastuono del suk, c’è molta confusione e merce appesa di tutti i tipi, argento, spezie, scarabei portafortuna, narghilè di diverse dimensioni e colore, e tanti souvenir a forma di piramide. Ascoltiamo l’ultimo muezzin seduti sul marciapiede davanti ad una moschea, risuonano nell’aria, e creano magia…È ora di rientrare.