Cronaca di un viaggio in CINA

18 settembre 2005 - Roma PIOVE A DIROTTO!! E’ l’ora della partenza da casa….e l’ombrello non basta a coprirci da questa pioggia incessante. Iniziamo proprio bene! Poi tutto cambia, a Roma c’è un bel sole caldo!! Visi nuovi e visi già conosciuti ci aspettano sul pullman che ci porterà all’aeroporto dove ci attende il disbrigo...
Scritto da: gipsy66
cronaca di un viaggio in cina
Partenza il: 18/09/2005
Ritorno il: 28/09/2005
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
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18 settembre 2005 – Roma PIOVE A DIROTTO!! E’ l’ora della partenza da casa…E l’ombrello non basta a coprirci da questa pioggia incessante. Iniziamo proprio bene! Poi tutto cambia, a Roma c’è un bel sole caldo!! Visi nuovi e visi già conosciuti ci aspettano sul pullman che ci porterà all’aeroporto dove ci attende il disbrigo delle solite noiose formalità! E una volta giunti al GATE B08, le tensioni accumulate in questi ultimi quattro giorni di preparativi sembrano dissolversi! Mi sembra quasi diventata una routine; tanto è vicino l’ultimo viaggio fatto – l’anno scorso in Perù – che sembra ieri essere stata di nuovo qui, su queste poltroncine di finta pelle, con la stessa capiente borsa, piena di tutto…!! Un giro tra questi negozi, un salto al bar, una necessaria visita alla toilette (pulitissima qui all’aeroporto) e l’attesa del momento dell’imbarco.

Come sarà questo viaggio? Sono molto curiosa di questa immensa Cina, spero di passare 10 giorni sereni e pieni di esperienze affascinanti!! Per ora mi auguro un buon viaggio fino a Francoforte! Il 2° gruppo ci ha raggiunto, altre 40 persone! Siamo tutti al GATE B22 dell’aeroporto di Francoforte, poco più di un’ora per il prossimo imbarco, quello per Shanghai.

E’ un Boeing 747 della Lufthansa con 10 posti a sedere per file…È veramente grande! Speriamo in un volo tranquillo senza tante turbolenze, ci aspettano circa 11 ore di volo! Quando abbiamo stabilizzato l’aereo siamo ad una altitudine di circa 10.000 metri, con una media di 60° sottozero all’esterno e una velocità di crociera di 1.000 km/h più o meno! Il monitor ci aggiorna la nostra posizione ogni 2 ore circa e finché c’e luce abbiamo potuto riconoscere, scrutando la carta geografica, la rotta seguita: il Mar del Nord, Berlino, Varsavia e poi le luci di Mosca. Ora, dopo una cena per metà cinese e per metà tedesca, fuori è buio pesto: si stiamo dirigendo verso la catena montuosa degli Urali, superata la quale saremo nella Russia asiatica.

A pensarci ora, solamente alcuni mesi fa, eravamo su un altro aereo per voli intercontinentali ma, ironia della sorte, volavamo esattamente dalla parte opposta: verso il Sud America, il Perù affacciato su quell’Oceano Pacifico che ora raggiungeremo volando verso Est, in Oriente: i due poli contrapposti: Lima – Shanghai.

19 – 21 Settembre 2005 – SHANGHAI Siamo atterrati! Dall’alto è impressionante la distesa di grattacieli di Shanghai. La nostra guida si chiama WA e il nostro autista CHOU. Un’oretta circa per arrivare all’Hotel e durante il tragitto Wa si appresta a fare una rapida introduzione a Shanghai: città con 16 milioni di abitanti, 3° posto al mondo per la grandezza del porto, una linea ferroviaria superveloce che collega l’aeroporto di Pudong con il centro in 7 minuti e 20 secondi percorrendo circa 50 km.

Per ora è una linea ferroviaria sperimentale e se tutto sarà OK, allora costruiranno collegamenti veloci fino a Pechino, visto che le distanze in Cina sono immense.

Andiamo subito a pranzo, dopo aver lasciato i nostri bagagli a mano in Hotel: di lusso, strabiliante, stanze che sembrano tutte suite.

La vista della nostra camera dà sul fiume Huangpu e sull’antenna TV più alta e scenografica che abbia mai visto: un enorme globo luminescente che ospita albergo e ristoranti. E poi una distesa di grattacieli.

Certo l’impatto con il primo pasto orientale è un po’ deludente!! Mangiamo tutti molto poco e siamo un po’ disgustati: speriamo non siano tutti così! Bene: inizia il grande tour.

Il Museo storico-archeologico nazionale di Shanghai è stratosferico. Non ha nulla dei musei in senso stretto: ci sono delle bellissime testimonianze di arte cinese presentate in sale semibuie e avvolte da una musica orientale che trascina. Ma quello che ci attira di più è l’esterno: queste arterie cittadine che si intersecano luna sull’altra, traboccanti di automobilisti molto poco disciplinati!; palazzi altissimi (20 piani è quello più basso) che circondano a volte minuscoli agglomerati di vecchie e sudice case di mattoni, grigie e popolate da gente misera.

E di notte: luci a miriadi, colori sfavillanti…

Caotica e scintillante la principale Via Nanchino, grande strada commerciale, traboccante di insegne luminose a caratteri cubitali e di mille colori, gente frettolosa (non si direbbe, vista la flemma tipica dei cinesi) e soprattutto miriadi di venditori che si accalcano attorno ai nostri piccoli gruppi… Per vendere cosa? Articoli “taroccati”.

Bè Shanghai è la patria delle imitazioni e devo dire anche di buon livello : orologi rolex, borse L. Vitton e Gucci, maglie Lacoste e Ralph Laurent e tanto altro. Ma Shanghai ha anche un cuore antico, da vecchia Cina Imperiale: è il quartiere che si snoda attorno al Palazzo del Mandarino Yu: case con tetti a pagoda, costellati di lucine rosse, che di notte fa tanto Natale, negozi di tè di tutte le qualità, mercatino turistico e l’immancabile McDonald (che stona un po’ in questo quadro…).

La contrattazione qui è d’obbligo e spesso anche snervante, forse per questo spesso ho rinunciato ad un acquisto per evitare estenuanti “tira e molla” su un prezzo comunque ridicolo per le nostre tasche.

Ma come tutti ci siamo lasciati corrompere nell’acquisto di Rolex contraffatti (almeno 5) per una spesa totale che non ha raggiunti i 50 Euro…Ma poi funzioneranno? Interessante è stato lasciarsi trascinare, letteralmente, dietro le quinte di quelle vie affollate di venditori, per scoprire un mondo decisamente diverso: vicoli strettissimi e intrecciati, case sporche e tuguri maleodoranti, fogne a cielo aperto, un odore nauseante da cucine promiscue e…Per cosa? Acquistare per 10 Euro una porcellana cinese bianca che ci dicono essere “antichità”! Sarà…! Ma non poteva certo mancare l’esperienza della “casa del tè”. Ambiente sicuramente tipico della vecchia Cina: un ballatoio che si affaccia sul laghetto del Giardino del Mandarino Yu e sulla piazzetta centrale di questo quartiere, con tanti tavoli attrezzati di teiere, ciotoline, passini, panni umidi e…Un menù…Logicamente in cinese e decrittazione in inglese, ma sempre poco chiaro. Ci affidiamo alla “cinesina” che ci accoglie con larghi sorrisi ma non conosce una sillaba di alcuna altra lingua all’infuori della sua.

Alla fine il risultato è una degustazione abbastanza piacevole del tè consigliatoci (Jasmine) con relativa dimostrazione pratica delle fasi di preparazione, miscelazione e…Bevuta con foto ricordo.

Shanghai di notte è…Surreale…Ti dimentichi la Cina e ti cali in una moderna città americana stile Las Vegas: siamo nel Bund: i grattacieli sono tutti illuminati fino in cima. Le insegna intermittenti ti trasportano da un mondo all’altro di pubblicità e poi la vista dal grattacielo più alto (il 4° al mondo) – JinMao – è superba. Non tanto solo l’esterno, quanto la sensazione che si ha guardando lo “strapiombo” all’interno, in quanto il grattacielo è circolare, ma internamente è vuoto, con la visione dei 400 mt che ci separano dalla hallo. Niente male!! Quello che più ci stordisce non è l’immensità di questa realtà, il caos o quello che c’è dietro le grandi facciate turistiche, quanto un insopportabile umidità con temperature proibitive.

Qui la religione ufficiale è il BUDDISMO (attorniata da altri culti, come quello Taoista, musulmano o induista e cristiano) ed entrare in un tempio “operativo” e non solo meta di turisti dà l’idea di come viene vissuta questa fede.

Non c’è la sacralità e il silenzio che osserviamo nelle nostre chiese; c’è indistintamente) ognuno intento a formulare confusione, un via vai continuo di persone (fedeli e turisti i propri riti propiziatori, le proprie preghiere, le proprie offerte.

La statua del Buddha di Giada, preziosissima, di giada bianca alta quasi 2 metri, è sistemata in un altare rigoglioso di offerte, oro e pietre preziose, in una stanza-santuario (unico luogo in cui non era permesso fare foto) dove aleggiavano fumi di incenso e profumi orientali: molto suggestivo e particolarmente diverso da tutto il resto del tempio.

Il tempio non è un unico edificio, ma ce ne sono almeno tre, collegati tra loro attraverso piccoli cortili silenziosi, pieni di stupendi bonsai, che ci fanno capire come la coltivazione e la cura di queste piante in miniatura sia, qui, un’arte vera e propria e poi, alla fine del giro, tutti ci siamo lasciati prendere da questa atmosfera un po’ irreale e abbiamo acquistato per pochi centesimi quei nastrini rossi che rappresentano sentimenti propiziatori, ognuno con una scritta in caratteri cinesi per augurare e chiedere “pace”, “salute” … E che si trovano annodati nei rami degli alberi, nelle pareti intagliate dei templi, dappertutto…Creando un effetto coloratissimo e mistico.

Dopo il classico pranzo cinese nell’hotel di una zona un po’ decentrata di Shanghai, ci avviamo a quella che sarà una tappa obbligata in ogni città che visiteremo e che ha risvolti più prettamente commerciali che turistici: la visita in una “fabbrica” che produce e naturalmente vende il prodotto caratteristico e prioritario della città stessa.

Qui a Shanghai è la “fabbrica della seta”, a Guilin sarà quella delle “perle” e dei prodotti della “medicina cinese”, a Xian quella della “giada” e a Pechino quella dei vasi cinesi di bronzo smaltati chiamati “Cloisonnè”.

Interessante seguire tutto il processo di lavorazione della seta, partendo dall’allevamento del baco da seta che viene poi selezionato in vasche di acqua calda nelle quali, una volta estratto il baco, l’involucro viene per così dire “filato” in rudimentali arcolai, posti in serie, che svolgono il filo e lo riavvolgono in “gomitoli”.

A seconda, poi, dell’uso che ne viene fatto il filo di seta verrà lavorato o per creare tessuti oppure, senza filarlo, viene steso ad asciugare su piccoli o medi telai arcuati per creare una matassina da cui ricavare l’imbottitura di “piumini di pura seta”. Infatti, una volta asciugata, questa piccola massa di seta assume l’aspetto di un batuffolo di ovatta che viene teso a mano e sovrapposto l’uno sull’altro per creare un soffice manto omogeneo che verrà rivestito poi con la stoffa.

Ma dopo le spiegazioni eccoci catapultati nel negozio retrostante in cui fanno bella mostra metri e metri di stoffe di seta dai colori e dalle fantasie più sgargianti, camiciole in perfetto taglio e stile cinese, kimono con draghi e fenici, foulards di tutte le misure e quant’altro è possibile confezionare con questo splendido tessuto…!! E, naturalmente…Si compra!!! Incredibile constatare come le nostre guide, sempre attente a rispettare rigorosamente il programma delle visite e gli orari camerateschi, lascino distrattamente passare il tempo dato a disposizione in questi momenti di relax per noi turisti e di “affari” per i cinesi! 21 – 23 Settembre – GUILIN Lasciamo Shanghai, questa città che richiama nella sua struttura le moderne città occidentali ma con un fascino tutto orientale e un misto di stupore e meraviglia che prende il visitatore, attratto da quel non so che di materialismo e misticismo insieme che permea da una visione attenta a ciò che lo circonda.

Utilizziamo voli di linea interni e scopriamo una realtà diversa dalla nostra negli aeroporti che attraversiamo, certo è che i controlli all’imbarco sono molto scrupolosi e le facce dei cinesi in divisa non ispirano la minima simpatia; per di più ci fanno attendere più di un’ora a bordo prima di decollare, senza una chiara motivazione. Sembra ci sia una esercitazione dell’aviazione militare cinese – nello spazio aereo delle rotte civili – impensabile in occidente!! Finalmente l’aereo si muove…Destinazione Guilin, città situata a Sud della Cina, a poche centinaia di chilometri dal confine con il Vietnam e in un contesto paesaggistico piuttosto particolare e climatico di tipo tropicale. Questo ci fa presupporre che non andremo certo a migliorare la situazione che abbiamo lasciato a Shanghai per quanto riguarda caldo e umidità.

Ci rendiamo subito conto del cambiamento radicale del paesaggio già prima di atterrare, in quanto sorvolando Guilin ci appare, quasi un dipinto, una delle immagini più suggestive e incantevoli della Cina: una distesa di picchi e formazioni rocciose calcaree, attraversate da fiumi sinuosi che si stagliano in questa immensa pianura carsica formatasi migliaia di anni fa e che ha ispirato per secoli poeti, pittori ed esteti cinesi.

Si respira proprio un’altra aria, in tutti i sensi; l’afa toglie il respiro, ma tutto intorno induce ad un senso di calma, rilassatezza e serenità.

La nostra guida, PAN, richiama un po’ il dio dei boschi, è piuttosto simpatica: ci tiene a sottolineare che il turismo negli ultimi tempi si è moltiplicato in questa sua splendida terra ed è molto “onorato” di accompagnarci in questo magico spettacolo della natura.

Guilin è un luogo di semplici pescatori che con le loro microscopiche zattere di canne di bambù traggono sostentamento dall’unica ricchezza naturale: il fiume Li.

Con i loro tipici copricapi di paglia, intrecciati a mano, praticano la pesca con metodi che sopravvivono solo, credo, in luoghi sperduti del mondo, e suscitano ricordi ancestrali di un tempo molto lontano: addestrano i cormorani, lucenti nuotatori subacquei, ad aiutarli a catturare i pesci, merce di scambio, sostentamento per le loro famiglie.

E’ di notte, soprattutto, che si svolge questo antico rito – il fiume punteggiano di piccole imbarcazioni illuminate da una lampada ad olio – e che oggi sembra diventata un’attrazione per turisti! Iniziamo la visita di una città costellata di picchi carsici dai nomi fiabeschi: la Collina della Proboscide dell’Elefante, la Collina delle Quattro Vedute, Il Picco della Bellezza Solitaria (dal quale si gode una vista spettacolare della città e del fiume), la Collina delle Onde Sedate (collina Fubo), la Collina dei Broccati Ripiegati sotto la quale si dispiega la Grotta del Vento (con le pareti decorate da una infinità di opere calligrafiche e statue buddhiste). Nel Parco delle Sette Stelle si ergono sette picchi che ricordano la costellazione dell’Orsa Maggiore, e il verde è preponderante nel paesaggio grazie all’abbondanza di piante di cassia che emanano un forte e dolce profumo e con la quale i cinesi producono profumo, vino, tè e medicine. Nella Grotta del Flauto di Canna si può ammirare un labirinto di stalattiti e stalagmiti, opportunamente illuminate che richiamano, secondo la consuetudine cinese, personaggi fantastici e mitologici (l’uomo di neve, il leone con i suoi cuccioli, il palazzo di cristalli del Re Drago). Durante i trasferimenti da un luogo all’altro, PAN ci illustra le abitudini di questa popolazione del sud della Cina in quanto ad alimentazione e sconvolge subito tutti noi proponendoci un “menù” che prevede serpenti (nei ristoranti il cliente sceglie il serpente, che vuole mangiare, in una teca piena di esseri striscianti ancora vivi), topolini di campagna arrostiti sullo spiedo, pesci di fiume, gamberetti (e questo già è più vicino ai nostri gusti) e, per finire, piccoli cani che, precisa, vengono allevati in casa e poi “consumati” nei periodi più freddi (proprio come facciamo noi con i maiali, i conigli e i polli), oltre, naturalmente, a pollo (che in questo periodo non è certo salutare qui in Cina), manzo, maiale e un’infinità di verdure: come digestivo una corroborante grappa di serpente.

Ci assicura, comunque, che nei nostri pasti non è prevista alcuna di queste specialità del posto…! Ci fidiamo anche se, ogni volta che ci sediamo a tavola, scrutiamo le vivande e assaggiamo i cibi sperando di riconoscere sapori noti al nostro palato – più difficile è scoprirlo dall’aspetto, visto che tutto è necessariamente tagliato a pezzetti, per facilitare l’utilizzo delle “bacchette” cinesi.

Alla fine di una giornata molto intensa, la proposta che ci fa PAN viene accolta con un entusiasmo da stadio: una rilassante e rigenerante seduta presso un centro di massaggi cinesi.

Semidistesi su poltroncine, immergiamo i piedi in bacinelle con acqua tiepida nelle quali le gentili “massaggiatrici” sciolgono essenze balsamiche e dopo alcuni minuti iniziano un piacevole quanto energico massaggio dalla punta dei piedi fino alle spalle: era proprio quello che ci voleva!! In crociera sul Fiume Li: partiamo di buon’ora per raggiungere l’imbarco sul battello prenotato solo per noi e goderci uno dei percorsi fluviali più pittoreschi della Cina ed arrivare, dopo cinque-sei ore di navigazione, a Yahgshuo.

Il battello percorre circa 80 km costeggiando formazioni rocciose dai nomi fantastici (Collina della Pagoda, la Cima dei Pipistrelli, la Roccia che cerca il Marito, il Ragazzo che Prega Guanyin, la Collina delle Cinque Dita, il Picco del Loto Verde) e durante il percorso si scorgono piccole scene di vita quotidiana: piccoli villaggi di pescatori, donne che lavano panni nel verde fiume, bufali indiani, venditori di ninnoli e artigianato locale che si ancorano ai battelli con le loro zattere, bambini che sguazzano nell’acqua…! Nel prezzo del biglietto è incluso un pranzo a buffet a bordo con la possibilità di assaggiare alcuni piatti tipici (zuppa di tartaruga, gamberetti di fiume fritti) e un “grappino” di serpente…! Sbarchiamo a Yangshuo, punto di arrivo di tutti i battelli che, come un lungo serpente, hanno solcato questo fiume che tra poco, con l’inverno, non permetterà più la navigazione con grosse imbarcazioni fino alla prossima primavera, e ci troviamo catapultati in un esteso quanto caotico mercatino cinese, traboccante di cianfrusaglie colorate di tutte le specie, che si snoda nelle vie di questo centro e i mercanti ci tirano quasi per le maniche pur di accaparrarsi un cliente.

Ricominciano le contrattazioni per gli acquisti sotto un caldo opprimente e una certa stanchezza, fino a che giunge l’ora di raggiungere i nostri pullman, a bordo di risciò motorizzati, per tornare a Guilin.

Durante il tragitto attraversiamo agglomerati di case contadine e facciamo una sosta in un villaggio che è rimasto tale e quale a quello che era circa un secolo fa, affacciato sulla sponda del fiume, circondato da mura scrostate, oltre le quali sembra iniziare una parvenza di civiltà e sul quale sembra fare la guardia la casa del “signore” locale del tempo che fu… Vicoli stretti, case diroccate, gente povera: vecchi che giocano a dadi, bambini seminudi che ti sorridono schivi e donne che frettolosamente chiudono le porte di quelle misere case ed espongono poche cose su banchetti improvvisati.

Visitiamo la casa di una anziana signora, molto cerimoniosa nei modi, abituata a ricevere turisti in quella che dice essere la sua residenza abituale ma che per noi ha tutta l’aria di essere un decoroso business: il legno è il materiale principe di queste vecchie case – che vecchie lo sono sicuramente – finemente intagliato fa bella mostra di sé nelle porte degli ambienti che attraversiamo: la camera da letto (un opprimente giaciglio), la stanza del tè dove è presente una specie di altare commemorativo degli “avi” della famiglia con tanto di foto e incenso, la soffitta dove custodire i ricordi di una vita e le aspettative per il prossimo futuro, con annessa “cassa” per l’aldilà che i figli devono predisporre per tempo quando i genitori raggiungono un’età avanzata. L’ambiente antistante le stanze dell’abitazione funge da laboratorio, cucina, ripostiglio per le masserizie ed è separato dalla casa vera e propria da un cortile interno che dà luce ed aria a questi “appartamenti” privi di finestre e che si sviluppano come “scatole cinesi”.

Meta di un congruo turismo di massa, sempre più cospicuo, Guilin rischia di perdere il fascino di antico villaggio di pescatori, ma finora sono riusciti, con una certa maestria, ad integrare la tradizione con le nuove esigenze di una popolazione abbastanza giovane che, comunque, continua a vivere lì e cerca di non farsi mancare le comodità e le novità occidentali.

Entrando in una discoteca cinese si viene proiettati in un mondo che utilizza un linguaggio universale: musica assordante che rimbomba nelle orecchie e nel petto, luci psichedeliche, un palco su cui si esibiscono aspiranti cantanti con voci acute, toni ritmici in una lingua molto musicale e centinaia di bottiglie e lattine di … Coca cola. Siamo usciti da lì frastornati, vuoi perché non più abituati a certe situazioni, vuoi perché stanchi per la stanchezza tipica che si accumula nei grandi viaggi, ma paghi di aver potuto “toccare con mano” la quotidianità che esula dai classici tour e concludere con un: “tutto il mondo è paese”! L’ultimo giorno in questa affascinante Guilin si completa con la doverosa visita alla fabbrica locale: le perle.

Interessante la spiegazione che ci viene data dall’esperto relativamente ai tipi di perle che esistono al mondo, alla loro provenienza, al loro pregio e soprattutto alla varietà di colore che presentano che va dal classico “bianco perla”, al rosa, al grigio fino al nero: frutto della diversa quantità e qualità di minerali presenti nel luogo in cui si formano.

Ci suggerisce, prima di un acquisto, di verificare soprattutto tre caratteristiche: rotondità, grandezza, superficie; in pratica la perla è migliore se risponde a questi tre elementi: perfetta sfericità, superficie levigata e priva di impurità e, chiaramente, più è grande, più ha valore.

Nell’acquisto di un oggetto come bracciali o collane, tutte le perle dovrebbero avere la stessa grandezza per avere più valore!! Ed ora, tutte le signore sono pronte a fare acquisti: ormai i segreti di una perla sono stati svelati. Devo dire che molti si sono lasciati coinvolgere, attirati da un congruo campionario di perle di ogni tipo, colore, grandezza e anche “prezzo”, compresa la sottoscritta!! Il nostro aereo parte nel tardo pomeriggio perciò c’è ancora il tempo di visitare un altro luogo simbolo dell’arte cinese: la medicina!! E così veniamo catapultati in un edificio che sembra tanto la clinica del “dottor Tersilli” nel famoso film di Sordi: tutto asettico, personale in camice bianco, salette anonime con aria condizionata e un professore che ci illustra i benefici miracolosi delle loro erbe e piante, che hanno fatto la fama della medicina cinese.

Ma stavolta, nonostante la curiosità e i “miracoli” decantati dal professore circa gli effetti delle varie compresse, unguenti e creme, credo che nessuno sia sia lasciato andare a spendere un solo yuan… L’aeroporto ci aspetta…Partenza alla volta di XIAN, dove arriveremo molto tardi, visto che i ritardi sulle partenze dei voli è quasi cronica, stanchissimi e per completare l’opera impegnati in una stressante ricerca dei bagagli che, all’arrivo in hotel, vengono smistati in maniera confusa…Immaginatevi 80 persone che si aggirano per i piani dell’albergo alla ricerca, ognuno, della propria valigia!!!!! AIUTO! 23 – 25 Settembre – XI’AN L’unica nota positiva in tutto questo trambusto è stato scoprire, con sollievo, che il clima qui è decisamente più accettabile: Xi’an si trova nel cuore della Cina, lontana dal mare, adagiata nella terra giallo-ocra dell’altopiano tibetano.

La prima giornata è dedicata interamente alla visita più interessante, a mio parere, di tutto il viaggio: “l’esercito di terracotta”. E’ proprio qui, nella capitale imperiale dell’antica Cina, che nel 1974 un contadino, scavando per creare un pozzo di irrigazione, ha scoperto resti di terracotte del I° sec. A.C. (esattamente tra il 250 e il 210 A.C.); resti che si sono poi rivelati un’immenso patrimonio archeologico, che lo hanno reso 8^ meraviglia del mondo, e che si estendono in un’area incredibilmente vasta (circa 56.000 mq), coprendo tutta la vasta pianura ai margini di Xi’an e che tutt’oggi non è stata ancora tutta portata alla luce.

Come tutte le cose qui in Cina le dimensioni degli scavi si perdono a vista d’occhio: attualmente si possono ammirare tre grandi padiglioni all’interno dei quali si dispiega un vero e proprio esercito imperiale costituito da circa 8.000 statue di terracotta a grandezza naturale, in tutti i diversi ruoli ricoperti nella gerarchia militare, compresi carri tirati da cavalli, arcieri, soldati semplici e quant’altro riprodotti in maniera fedele e con dovizia di particolari sia per quanto riguarda le divise, che i paramenti ufficiali dell’impero finanche alle acconciature simbolo di casta e, soprattutto, cosa sorprendente, ogni soldato è diverso nei lineamenti fisici e nell’espressione del volto l’uno dall’altro. Sono stati rinvenute armi e corredi militari in bronzo, un “carro” in scala che riproduce quello dell’imperatore, con tanto di rivestimento in seta all’interno. File e file di soldati, schierati pronti per la battaglia, su 38 colonne in 11 corridoi paralleli: l’avanguardia formata da arcieri, provvisti di balestre, dietro la cavalleria, i carri e per ultimo l’esercito vero e proprio. Il lavoro immenso che è stato fatto finora e che dovrà essere ancora fatto riguarda soprattutto l’assemblaggio di tutti i pezzi di terracotta che vengono portati alla luce e che costituiscono ognuno una parte importante di questo immenso esercito che venne commissionato dal primo Imperatore cinese QIN SHIH HUANG TI, noto come l’Imperatore Giallo e costruttore anche della Grande Muraglia Cinese.

L’ imperatore, ossessionato dalla paura della morte, volle un esercito a protezione e guardia eterna di una collina artificiale, che si trova alle spalle di questa distesa militare, al di sotto della quale si nasconde una immensa piramide: il grande monumento sepolcrale ove si dice riposino le spoglie dell’Imperatore e che non è stata ancora minimamente interessata dagli scavi!!! Il tutto naturalmente viene gestito e curato personalmente da archeologi cinesi i quali non hanno permesso finora ad alcuna organizzazione estera di poter partecipare al recupero ed al restauro, avvalendosi solamente di una mera consulenza formale. Nel museo che è stato allestito in uno dei padiglioni che hanno l’aspetto di grossi hangar, si possono ammirare le statue rappresentative dei vari ranghi dell’Esercito Imperiale e soprattutto l’unico esemplare di arciere inginocchiato nell’atto di scoccare una freccia, che è stato rinvenuto nella sua interezza e che mostra ancora, anche se sbiaditi, i colori con i quali erano ricoperte tutte le statue di questa immensa opera umana e che nel tempo si sono completamente persi. Il danneggiamento di una alta percentuale dei componenti di questo “esercito” è dovuto al fatto che, dopo essere stato disposto in “schieramento” all’interno di larghi cunicoli, scavati nella nuda terra, e coperto da tetti di legno, alla caduta della Dinastina dell’imperatore Qin, subì saccheggi e un incendio, prima di venir sotterrato e dimenticato anche dagli storici e rimanere tale fino ai nostri giorni.

Dopo essere rimasti per tutta la mattinata ad ammirare questa distesa di terracotte, cercando di immaginare il minuzioso quanto massacrante lavoro imposto dall’Imperatore Giallo ai circa 700.000 operai cinesi costretti a soddisfare le manie di grandezza di Qin Shin Huang-Ti, con grande meraviglia e una certa curiosità abbiamo potuto far autografare il libro-guida di questo Mausoleo a cielo aperto niente meno che dall’ex contadino -scopritore di questa opera d’arte di grande valore – che, seduto dietro un tavolo di legno, come una specie di “eroe nazionale”, passa alcune ore a tracciare il suo “ideogramma” su fogli trasparenti, per il compiacimento di noi turisti…!!! E all’uscita dal museo, inaspettatamente ci aspetta una consistente pioggia che, dopo i giorni di caldo opprimente precedenti viene accolta con grande sollievo.

Dopo il solito pranzo “cinese”, scopriamo l’imponente cinta muraria di questa antichissima città che è stata per secoli il punto di congiunzione, se così si può chiamare, tra l’Oriente e l’Occidente, in quanto era da qui che partivano e transitavano tutte le carovane e i commercianti che seguivano la “Via della Seta”. Costruita in epoca Ming si sviluppa per 35 km intorno al centro storico, alta 12 metri e larga da 15 a 18 metri per permettere il transito di carri e intervallata da torrette di guardia ogni 200 metri: tanti si sono lasciati tentare dal fare un giro (certo non completo) sulle onnipresente biciclette. A ridosso della cinta muraria sorge un antico Tempio confuciano, noto ora per le numerose Stele di pietra conservate che recano incisi i fondamenti della dottrina di Confucio utilizzando ideogrammi cinesi molto antichi, oltre a testi classici della letteratura cinese quali il “libro delle Odi” il “libro dei Riti” e il famoso “Y-Ching”. La nostra passeggiata prosegue attraverso le viuzze strette e un po’ fatiscenti all’interno delle mura, dove scopriamo un mercatino di anticaglie o presunte tali che vanno dalle monete ai gioielli di giada, dalle ceramiche alle teste di Buddha, dai pennelli alle fantastiche carte decorate.

A Xi’an si respira un’altra aria! Dopo il caos frenetico e quasi fuori luogo di Shanghai e i paesaggi ameni e rilassanti di Guilin, qui c’è l’atmosfera dell’Antica Cina: la Cina dei monaci taoisti, la culla della cultura buddhista, il centro dello sviluppo commerciale, la porta della “Via della Seta”, la capitale di ben 11 dinastie imperiali.

25 – 28 Settembre – PECHINO (BEIJING) E’ l’ultima tappa di questo viaggio in Oriente, nella capitale della Repubblica Popolare Cinese, arriviamo di sera e veniamo catapultati di nuovo in uno scenario più moderno, ma non tanto quanto Shanghai. Il solito rito dei bagagli, registrazione in hotel, cena piuttosto “misera” vista l’ora tarda rispetto alle abitudini locali, poi le nostre guide ci danno appuntamento per la mattina successiva…! E stasera, non si fa nulla? Ci organizziamo per fare una “capatina” in piazza…A piazza Tien’an men! Certo, prendere un taxi non è proprio semplice; qui non parlano alcuna altra lingua all’infuori del cinese, non capiscono il linguaggio dei sordomuti e soprattutto non hanno alcuna predisposizione naturale allo sforzo comunicativo… Tutti fuori dell’albergo in fila come scolari che prendono l’autobus, in attesa dei tanti taxi chiamati dallo staff dell’hotel, tutti con in mano un biglietto da visita con su scritta la destinazione (in cinese), ma soprattutto il nome dell’albergo in cui ritornare.

A scrutare la pianta della zona in cui si trova l’albergo (New Othani), Piazza Tien’an men sembrerebbe alquanto vicina, ma il percorso fatto con questi “singolari” taxi si dimostra più lungo del previsto; ad occhio e croce saranno circa 4 km di una lunga e imponente arteria a 4 corsie per senso di marcia che ci porta ad una estremità della famigerata piazza, proprio di fronte al Mausoleo di Mao. Un’immenso quadrilatero lastricato di pietre, la Piazza della Porta della Pace Celeste, traduzione letterale del termine cinese, rappresenta la sconfinata terra cinese e il suo popolo ed è, insieme alla Città Proibita, il simbolo della millenaria tradizione imperiale ed insieme il simbolo della Cina comunista di Mao, l’ultimo “imperatore”. E’ qui che si concentra la storia antica e recente del popolo cinese: è qui che la dinastia Ming edificò il centro di potere imperiale, è questo il luogo che fece da sfondo alla rivoluzione culturale del 1966, è qui che migliaia di cinesi piansero la morte di Zhou Enlai, è questo il luogo delle manifestazioni studentesche del 1989, che ospita il Mausoleo nel quale è sepolto il Presidente Mao e, per finire, è qui che oggi vengono allestite le parate militari.

Di notte, l’atmosfera è quasi irreale, tutti gli imponenti edifici sono illuminati e il recinto che corre intorno alla Tomba di Mao è sorvegliato da diverse guardie che non permettono a nessuno di avvicinarsi… , e sullo sfondo si staglia la Porta della Pace Celeste con la monumentale effigie di Mao, affiancata, ai lati, dagli ideogrammi che riassumono il “mantra” del governo cinese: “Diecimila anni alla Repubblica Popolare Cinese”!! La mattina dopo, l’immensa piazza assume un aspetto completamente diverso…!! File e file interminabili di cinesi (soprattutto) che attendono pazientemente il loro turno per poter entrare a rendere omaggio alla salma di Mao, all’interno del Mausoleo; comitive che si aggirano, quasi a perdersi, per visitare a turno tutti grandi monumenti che si affacciano sulla piazza: il Museo della Rivoluzione, il Museo della Storia Cinese, il Palazzo dell’Assemblea, il Monumento agli Eroi del Popolo. Noi ci dirigiamo verso la Città Proibita, attraversando i ponti di marmo e passando sotto all’effigie di Mao nella Porta della Pace Celeste, ci troviamo in un’altra vasta piazza racchiusa da alte mura color rosso scuro dalla quale si può attraversare la Porta Meridiana, accesso riservato esclusivamente all’Imperatore. La Città Proibita si estende orizzontalmente, gli edifici non sono alti, e sembrano quasi una sorta di “scatole cinesi”: il cortile con il fossato e i cinque ponti di marmo, la Porta della Suprema Armonia, che introduce a tre imponenti edifici, che rappresentano l’attività politica ed amministrativa dell’imperatore.

La Sala della Suprema Armonia, all’interno della quale si trova il trono imperiale, precede i due edifici che ospitano l’uno la Sala dell’Armonia Media (dove l’imperatore riceveva i Ministri) e l’altro la Sala dell’Armonia Preservata (dove l’imperatore promuoveva i funzionari dell’amministrazione pubblica). Attraverso la Porta della Purezza Celeste si accede al cuore della Città Proibita, al quale avevano accesso eunuchi, servitù e parenti dell’imperatore… Ma purtroppo, essendo una zona in restauro, non è stato possibile visitarla.

Dopo l’immancabile pranzo “cinese” (cominciamo ad esserne tutti un po’ stufi di queste “pietanze”) ci rechiamo a visitare il “Palazzo d’Estate”, la residenza imperiale estiva costruita in un bellissimo parco attorno al lago Kunming e piena di meravigliosi padiglioni che si snodano in freschi corridoi che permettono passeggiate in una atmosfera veramente incantevole. Al di là della folla presente ci si può immergere in verdeggianti viali, costeggiare stagni pieni di gigli e fiori di loto, attraversare un lungo corridoio fino a raggiungere un padiglione dove l’imperatrice Cixi amava ascoltare il canto degli usignoli (impensabile oggi). Ma l’atmosfera magica di questo posto si respira tutt’ora, nonostante il palazzo vero e proprio non sia visitabile in quanto in “perenne” restauro. Da notare la presenza di enormi vasi di ceramica cinese dalle tinte vivaci, pieni di fiori di crisantemo di tutti i colori: qui il crisantemo, contrariamente alle nostre usanze, è il fiore delle spose e della fertilità!!! Al termine della salutare quanto gradita passeggiata arriviamo al molo del lago Kunming dove ci imbarchiamo su di un pittoresco “battello” (copia della stravagante Barca di Marmo della corte mancia) che ci porta sull’altra riva costeggiando l’isolotto collegato con uno spettacolare ponte di marmo a diciassette arcate e nel quale si erge il Tempio del Re Drago nel quale l’imperatrice Cixi si recava a pregare per la pioggia.

Altra tappa della “Pechino Imperiale” è il Tempio del Cielo: monumentale costruzione, mirabile esempio di architettura Ming, diversa da tutte le altre, sia per la forma strutturale che per i toni utilizzati. E’ stata edificata nel 1420 rispettando una geometria sacra, in un’area identificata come il punto d’incontro tra Cielo e Terra, mantenendo l’asse cardinale est-ovest, seguendo ideali e metafore celesti e la struttura principale è posta in direzione sud-nord, come tutti i templi cinesi; simboleggia il legame divino tra il cielo e il Figlio del Cielo (l’imperatore) e qui venivano celebrati i rituali divini. Ha una forma assolutamente sferica, fatto singolare per l’architettura cinese, in quanto espressione di principi cosmologici eterni (il cerchio = perfezione) e fu perfezionata nel 1545 con un triplo tetto con tegole di ceramica verde, gialla e blu, colori che simboleggiavano i tre regni: cielo, terra e mondo mortale. Anche l’interno riprende la simbologia con quattro pilastri di colore rosso che rappresentano le stagioni, due gruppi di dodici colonne che ricordano i mesi dell’anno e le 24 ore del giorno disposte in cerchi concentrici che sostengono i tre piani del tetto. Qui veniva celebrata la cerimonia del solstizio sull’Altare Circolare, costruito nel 1530, formato da tre piani che rappresentavano ancora una volta i tre mondi (cielo, terra e mondo mortale) separati ciascuno da nove scalini e decorati con nove cerchi di pietra. Il numero nove ricordava i nove strati in cui era suddiviso il cielo. Singolare il “Muro dell’Eco”, che circonda il Tempio e trasmette anche il suono più flebile lungo la propria circonferenza.

E’ tempo di shopping…!!! E quale miglior occasione c’è di quella che la nostra guida ci propone: visitare la fabbrica di vasi cinesi “Cloisonnè” per poter poi acquistare i prodotti di questa magistrale arte. Non parliamo di vasi di ceramica cinese, pur preziosi, ma di vasi che sono il risultato di una mirabile e quanto meno industriosa tecnica.

La “scocca”, se così si può definire, di un vaso “cloisonnè” è ottenuta da uno stampo, dalle più svariate dimensioni, costituito da bronzo fuso; per cui allo stato grezzo non è niente altro che un oggetto che richiama tanto il vasellame primitivo dell’età del bronzo. Ma ecco che l’abilità e l’ingegno degli artigiani cinesi si manifesta: dapprima il vaso viene decorato con minuscola filigrana bronzea che, ad arte viene saldata sulla superficie creando disegni e motivi tipici della pittura cinese: draghi, fenici, fiori, paesaggi bucolici…

Successivamente gli spazi vengono riempiti con vivaci vernici che conferiscono all’oggetto una fisionomia tutt’altro che primitiva; il prodotto rende così pian piano l’idea dell’aspetto che assumerà alla fine del procedimento che comporta la cottura in altiforni, per poter fissare il colore e apparire in tutta la sua lucentezza. E vi posso assicurare che il risultato è davvero sorprendente e singolare.

La guida ci propone poi di fare una singolare passeggiata a bordo di “risciò” trainati da cinesi in bicicletta, per poter visitare quello che resta della “vecchia” e “popolare” Pechino: gli Hutong (angusti e pittoreschi vicoli), un mercato coperto e una tipica abitazione cinese. Partiamo tutti a bordo di questi “carretti” e la nostra corsa si snoda attraverso stretti vicoli, un labirinto vero e proprio nel quale solo gli abitanti possono districarsi, ma è questa la dimensione reale in cui vive la gente, quella più povera, naturalmente: file di biciclette, gente che esercita in strada la propria professione (barbiere, venditore di fiori, massaggio dei piedi), fogne a cielo aperto. Le abitazioni sono costruite attorno ad un cortile centrale, che è il vero cuore della casa: il pavimento è di terra battuta, ricoperto da teli plastificati e raramente da piastrelle malmesse; non c’è riscaldamento e i servizi igienici sono nel cortile comune a più famiglie…!!! Lascio a voi ogni commento. Il mercato coperto che andiamo a visitare è quello che rifornisce tutto questo quartiere. C’è di tutto e per tutti i gusti: panettiere, macellaio, venditori di spezie, venditori di uova di tutte le qualità, ceste fatte a mano, ricambi per biciclette, vestiti, cappelli…; certo l’ambiente è piuttosto cupo, forse perché è quasi buio, ma le luci che ci sono non permettono di vedere bene quello che è esposto, inoltre quello che arriva alle nostre narici non promette nulla di buono ma, nonostante tutto, è stato interessante.

Stasera, dopo la cena in albergo, svaniti i vapori e gli odori degli Hutong, ci dirigiamo sulle sponde di un laghetto cittadino, lungo le quali si trovano una miriade di locali che ricordano più da vicino la vita notturna dei giovani cinesi. Come a Guilin, anche qui la gioventù si ritrova in bar, caffè all’aperto dove ascoltano musica, e passeggiano lungo le rive di questo laghetto, veramente particolare di notte, illuminato dalle tipiche lanterne cinese, dove si può anche noleggiare un’imbarcazione e godere di una suggestiva atmosfera, quasi romantica. Sulla via di rientro all’albergo, dopo gli ennesimi ed immancabili acquisti di strada (borsette, ventagli ecc.) attraversiamo l’antica “Porta” che introduce a questa parte di Pechino. E’ rimasto ormai solo un giorno in questo grande Paese asiatico, ma sarà sicuramente interessante, visto che andremo a visitare una delle Meraviglie del mondo antico: la Grande Muraglia Cinese.

Partiamo di buon’ora, dato che dovremo raggiungere il sito che dista circa 100 km da Pechino e inoltre, sulla strada ci fermeremo a visitare un altro luogo interessante: le “Tombe Imperiali”.

In questo monumentale sito archeologico sono sepolti 13 imperatori; a tutta l’area, disposta secondo le sacre leggi del “feng shui”, si accede attraverso un portico al cui interno si trova una stele con incisioni che commemorano gli imperatori della dinastia Ming, segueto dalla lunga Via Sacra Imperiale, fiancheggiata da enormi statue di animali e di funzionari imperiali. Questa era la “via” che il feretro del sovrano percorreva per arrivare alla tomba.

Il “feng shui” (letteralmente “vento acqua”) è una scienza sacra, la cui tradizione risale agli albori della civiltà cinese ed ha regolato e regola ancora oggi l’architettura dei templi, delle abitazioni civili e perfino le piante delle città. La vita e il destino di ognuno sono influenzati dall’ambiente fisico circostante; l’uomo e l’ambiente interagiscono tramite un energia, il “qi”, che viene incanalata positivamente attraverso il “feng shui”. L’asse principale di una costruzione è orientata in direzione nord-sud con porte rivolte a sud. Spesso gli edifici sono costruiti alle pendici di un monte o su colline, in luoghi aperti, ariosi, ricchi di verde e possibilmente accanto a sorgenti d’acqua. L’acqua protegge dagli spiriti maligni. E’ essenziale mantenere l’armonia tra elementi “yin” (regno lunare, freddo, scuro e femminile) e elementi “Yang (regno solare, luminoso, caldo e maschile). Un altro sistema di relazioni che viene osservato è quello dei “cinque elementi” (legno, fuoco, terra, metallo e acqua) attraverso la commistione dei colori ad essi collegati (rispettivamente verde, rosso, giallo, oro e nero).

Ripartiamo per raggiungere Badaling, uno tra i pochi punti di partenza per visitare quello che resta e che è stato reso accessibile della Grande Muraglia. Il parcheggio è pieno di pullman turistici, la nostra guida ci consiglia di intraprendere “l’escursione” entrando dall’accesso Nord, forse più impegnativo ma sicuramente meno affollato e più suggestivo. Certo le condizioni climatiche non sono dalla nostra parte: la zona è immersa in una nebbia abbastanza fitta; sarà difficile poter ammirare in tutto il suo fascino il “serpentone” di pietra che si snoda in questa valle seguendo la cresta delle colline, il periodo migliore sarebbe l’inverno con le sue giornate limpide, ma dobbiamo accontentarci di quello che ci offre oggi la giornata. In fila all’entrata, siamo accolti da affascinanti ragazze di etnia mongola – la popolazione che più di tutte occupa questa parte a nord-est della Cina – che indossano copricapi tradizionali ed un lungo cappotto rosso bordato di pelliccia. Contrariamente alle donne cinesi che abbiamo incontrato fino ad ora, sono più alte della media, con una carnagione decisamente più scura, tratti ben delineati, zigomi alti e pronunciati e uno sguardo fiero.

Iniziamo la nostra “salita”: la partenza è da una torretta-avamposto dalla quale inizia il tratto restaurato a beneficio dei visitatori. Ma la maggior parte di questa grandiosa opera è in condizioni fatiscenti. Man mano che si avanza nel percorso, ci si deve letteralmente arrampicare; in alcuni punti il tratto è estremamente ripido, scosceso e il fondo piuttosto irregolare ed accidentato; in aiuto sono stati installati dei validi mancorrenti di ferro. Con questa umidità la fatica si fa sentire e il fiato si fa corto, ma procediamo per raggiungere un punto da cui poter godere di questo paesaggio solitario. La nebbia è ancora presente, ma a tratti è possibile scorgere, in lontananza l’impressionante estensione di questa opera.

I segmenti più antichi furono iniziati nel VII sec. A.C., ma fu l’imperatore Qin (lo stesso che commissionò l’Esercito di Terracotta) che fece collegare le parti esistenti e costruire torrette di guardia, utilizzando fuochi di segnalazione in caso di attacco. Furono contadini, soldati e prigionieri che eseguirono questo immenso monumento storico, durante le dinastie successive, fino all’epoca Ming, lavorando in condizioni pessime e spesso pagando con la loro vita il prezzo dell’onnipotenza imperiale: si dice che morivano 10 operai ogni 100 mt di costruzione. Basti pensare che la Grande Muraglia si estende per oltre 6.400 km….!!!! I Ming fecero rivestire alcune parti della muraglia con mattoni, ma oggi molto poco è rimasto dell’opera di un tempo.

Spinti da non so quale curiosità, alcuni di noi hanno camminato, faticato e perseverato nel proseguire l’arrampicata e… Sono stati premiati: il sole ha fatto capolino tra la nebbia ed ha illuminato tutta la vallata a est ed a ovest, proponendo una visione spettacolare, ma soprattutto scoprendo anche quella parte di muraglia non ancora restaurata e quindi “vera”, costituita da tratti frammentari, ricoperti da vegetazione che emanavano tutto il fascino conservato dai tempi delle invasioni tartare e mongole (alla mente è affiorato l’infantile ricordo del Cartone animato “Mulan” – sembrava dovesse spuntare da un momento all’altro la carica degli Unni guidati da Shan Yu e una catena di fuochi di segnalazione che si accendono, come a rincorrersi, da una torretta all’altra).

Rientriamo in albergo piuttosto stanchi, soprattutto abbiamo poco tempo a disposizione per poter riprendere un po’ fiato prima di recarci al ristorante della cosiddetta “ultima cena” in terra cinese; stasera ci aspetta un menù d’eccezione: “anatra laccata”. Ma prima di partire per questo tour gastronomico (cosa ci aspetta non lo sappiamo, ma ormai ci siamo rassegnati alle stravaganze di questo popolo), facciamo l’ultima tappa di shopping; stavolta ci dirigiamo ai famosi “Magazzini del Popolo” o anche detti “Negozio dell’Amicizia”, istituiti da Mao e nei quali si poteva e si può acquistare tutti i generi di prodotti, dall’abbigliamento, alla gastronomia, ai libri, dalle ceramiche agli smalti, dalla seta ai futili ricordini. I prezzi sono veramente ridicoli, anche se la qualità lascia un po’ a desiderare.

Il ristorante è di lusso!!!! Credo che pochi siano i cinesi che possano permettersi di poter mangiare qui: l’ambiente è veramente raffinato, a cominciare dall’arredamento (sembra di trovarsi in un fresco giardino) fino al servizio ai tavoli. Le cameriere indossano l’abito tradizionale, un vestito di seta dai colori e dalle fantasie molto appariscenti, si muovono delicatamente al ritmo di una soave e sdolcinata musica. Sui tavoli, rigorosamente tondi, con un vassoio circolare semovente, per permettere a tutti i commensali di servirsi del cibo e delle varie salse disposte sopra, possiamo scegliere tra, ravioli al vapore, zuppa di pollo, verdure fritte. Poi, introdotta da una musica più incisiva, fa la sua entrata l’Anatra Laccata alla Pechinese. La ricetta risale all’epoca della dinastia Ming (1368-1644), la preparazione richiede diversi passaggi e viene servita seguendo un rito dal carattere cerimoniale.

L’anatra viene cosparsa di miele sciolto in acqua bollente e fatta cuocere appesa in un particolare forno, per quasi quattro ore. Il calore asciuga la pelle che diventa soda e croccante assumendo il tipico colore rosso scuro brillante.

Prima di servirla il cuoco ci mostra l’anatra in tutta la sua “magnificenza”, poi con un grosso coltello affilato stacca la pelle dalla carne, la taglia a rettangolini e la distribuisce ad ognuno di noi sopra una specie di crepes insieme ad una particolare e densa salsa dal sapore deciso. Noi tutti ci guardiamo sbigottiti e ci chiediamo se tutto quel lavoro sia servito solo a poter mangiare la “pelle arrostita”; arrotoliamo la crepes e… assaggiamo la specialità! Per quanto mi riguarda il gusto non era dei peggiori, poi per la gioia della maggior parte di noi viene servita anche la carne dell’anatra, tagliata a fettine.

Durante tutta la cena siamo stati allietati da una danza cinese e per concludere non è mancata la classica “foto ricordo”. Ed ora chiudiamo le valigie…!!! Sperando di riuscire ad infilarci dentro tutte le “bazzecole” acquistate in tutti i mercati e le fabbriche che abbiamo visitato, per poter rivivere, una volta a casa, i bei momenti trascorsi in questa terra lontana d’Oriente. Domani mattina si rientra in Italia; sicuramente non rimpiangeremo questo caldo asfissiante, e forse nemmeno l’ora fatidica del pranzo e della cena durante la quale era un’impresa di non poco conto riuscire a mangiare qualcosa che somigliasse ai nostri gusti europei, ma soprattutto italiani.

Non dimenticheremo certamente questi paesaggi sconfinati, la semplice e quasi bucolica vita che scorre lungo le sponde del fiume Li a Guilin, la poesia di quei luoghi così ameni e quasi fuori dal tempo, contrapposti alle caotiche vie di Shanghai e la frenetica vita dei cinesi di città, il fascino senza tempo della Grande Muraglia che sembra distendersi come in un infinito abbraccio per contenere e proteggere le sue genti e la grandiosità dei monumenti simbolo di Pechino che risaltano ancora più fortemente sullo sfondo di una città che fa di tutto per mostrarsi moderna e “occidentale”, piena di grattacieli e grosse arterie viarie ma che a volte riesce a conciliare con maestria il nuovo con l’antico e, non ultimo, il silenzio e quasi un senso di devozione che si percepisce nell’antica e affascinante capitale Xi’an dove sembra che da un momento all’altro possa rianimarsi quello stupefacente Esercito di Terracotta che per secoli è stato guardiano nascosto di un impero che affonda le sue radici ancora oggi nell’animo di ogni cinese.



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