Patagonia con il vento nel cuore

PATAGONIA CON IL VENTO NEL CUORE. IN VIAGGIO TRA LA CARRETERA AUSTRAL E LA RUTA 40 FINO ALLA FINE DEL MONDO Periodo: 15 dicembre 2007 – 9 gennaio 2008 Partecipanti: 7 – Simone, Rita, Giovanni, Doriana, Simone, Liana e Patrizia Veicoli: 2 moto e 1 auto / BMW 1150 GS ADVENTURE – HONDA AFRICA TWIN – FORD PICKUP (Moto spedite via...
Scritto da: lentissimo
patagonia con il vento nel cuore
Partenza il: 15/12/2007
Ritorno il: 09/01/2008
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
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PATAGONIA CON IL VENTO NEL CUORE.

IN VIAGGIO TRA LA CARRETERA AUSTRAL E LA RUTA 40 FINO ALLA FINE DEL MONDO Periodo: 15 dicembre 2007 – 9 gennaio 2008 Partecipanti: 7 – Simone, Rita, Giovanni, Doriana, Simone, Liana e Patrizia Veicoli: 2 moto e 1 auto / BMW 1150 GS ADVENTURE – HONDA AFRICA TWIN – FORD PICKUP (Moto spedite via mare dall’Italia e auto a noleggio)

15 dicembre, finalmente si parte. Dopo mesi di cartine, guide e sogni ad occhi aperti l’attesa è finita. Treno fino a Roma e poi in volo a Buenos Aires la nostra prima tappa, in attesa dell’arrivo delle moto in Cile. Un paio di giorni non sono certo sufficienti per vivere pienamente questa città, ma bastano comunque per farsi un’idea dello spirito “porteño”. Si coglie passeggiando per le vie di San Telmo colme di un’atmosfera di gloriosa decadenza o per le strade della Boca, quartiere popolare ricco di angoli suggestivi come il celebre “Caminito”, con i suoi edifici colorati e i locali dove si esibiscono bravissimi ballerini di tango. Non si può andare a Buenos Aires senza passare per la Plaza de Mayo, simbolo della protesta delle madri dei tanti “desaparecidos” durante la dittatura.

Il 18 siamo nuovamente in volo, destinazione Concepcion – Cile. Ci fermiamo in questa città in attesa di sdoganare le moto e noleggiare il pickup. Arrivati a “Conce”, come viene chiamata amichevolmente dai cileni, ci sistemiamo in albergo dove incontriamo Giorgio Ricci di Raid Inside, a cui ci siamo appoggiati per il trasferimento delle moto dall’Italia in Cile. Se non ci saranno intoppi, in un paio di giorni dovremo essere pronti a partire.

Nell’attesa ci dedichiamo alla visita della città. Non si può dire che sia bella, ma è piacevolmente in “movimento” con tantissima gente per le strade a qualsiasi ora del giorno e della notte, moltissimi i giovani (città universitaria). Sconcertante la quantità di negozi che si susseguono uno dopo l’altro. Particolarmente interessante e caratteristico il mercato centrale. Una intera “quadra” coperta con banchi di ogni tipo, dalla carne al “pescado”, dalle spezie alla frutta, dalle alghe secche agli utensili per la casa ed altro ancora. Da non perdere i locali all’interno del mercato, piccole trattorie, a volte anche solo due tavoli e un fornello, dove si mangia bene spendendo pochissimo. Uno dei piatti tipici è il “Pastel de chioco” a base di mais e si può gustare sia dolce che salato. Un particolare della città che sicuramente non può sfuggire è l’impianto elettrico cittadino: un groviglio di cavi ad ogni incrocio, ed il bello è che funziona.

Il 20, dopo varie peripezie, noleggiamo il pickup. Devono prepararci i documenti per i passaggi in dogana e quindi concordiamo il ritiro per la mattina seguente. Domani si sdoganano anche le moto. Contiamo di partire in tarda mattinata. L’adrenalina è alle stelle, non vediamo l’ora di iniziare la seconda parte del nostro viaggio, quella “on the road”.

Abbiamo ancora un pomeriggio e decidiamo di andare in corriera a visitare Cocholgue, paese di pescatori di alghe ad una quarantina di kilometri a nord di Conce. La giornata è bellissima, cielo terso, sole caldo e mare piatto. La descrizione del paese riportata nella guida era buona, ma ha superato di gran lunga le aspettative. Tutte le case del villaggio sono in legno, colorate e degradano fino alla spiaggia sottostante colma di barche. Ogni spazio disponibile è utilizzato per stendere le alghe ad asciugare al sole dando al villaggio un aspetto veramente suggestivo.

Sulla spiaggia, tra una foto e l’altra, facciamo conoscenza con Manuel, pescatore di alghe che ci offre un giro con la sua barca per poter ammirare il villaggio anche dal mare, a suo avviso il punto di vista migliore. Visto il nostro entusiasmo, la gita in barca si prolunga sino alla Punta dell’Arco, a nord del paese, lungo una costa molto bella e ricca di fauna: cormorani, gabbiani, pellicani e pinguini. Manuel ci racconta che possono vivere a Cocholgue e, quindi anche pescare, solo nei mesi estivi. In inverno portano via le barche e si trasferiscono in un villaggio dell’interno. Il mare si ingrossa talmente che arriva fino alle case ed è impossibile qualsiasi attività. Ci racconta di lui, della sua vita che, anche se modesta dal punto di vista materiale, non cambierebbe. Nei suoi occhi si legge una grande serenità ed un immenso amore per il mare. Un incontro che non dimenticheremo.

Rientriamo in città all’imbrunire e decisamente affamati. A cena un ricco “asado” per tutti per salutare la città. Ci prepariamo alla partenza. Al porto di buonora per le ultime pratiche di sdoganamento e ritirare le moto. Alle 11 ritiriamo il pickup, ultime spese (abbiamo cercato inutilmente un telo impermeabile per coprire i bagagli caricati sul pickup, alla fine abbiamo optato per una splendida “tenda per doccia”), un salto all’ufficio cambio e siamo pronti. Caricati i bagagli si parte: punto di arrivo Villarica nella regione dei laghi.

Prima tappa interamente su asfalto, lasciamo Conception verso Cabrero, poi sulla strada n.5 fino a Freire, circa 30 km. Dopo Temuco, ed infine sulla n.199 fino a Villarica.

Il paesaggio che si sussegue lungo la panamericana ricorda molto il nord america tra mandrie e pascoli. Nelle vicinanze di Villarica la vista del Vulcano innevato è notevole. Arriviamo al tramonto, la cittadina si estende sulle rive del lago omonimo e il Vulcano domina dall’alto dei suoi 2840 m. Turistica, graziosa e tranquilla. Per la notte troviamo posto alla “Cabañas del Morro” semplice, pulita e molto economica. La mattina seguente, dopo una ricca colazione preparataci dalla signora della Cabañas, si riparte verso Puerto Fuy sul lago Pirihueico. Ci aspetta l’attraversata del lago fino a Puerto Pirihueico per poi entrare in Argentina dal passo Huahum a 659m. Finalmente si lascia l’asfalto, il panorama è bellissimo e il vulcano ci accompagna. Poco prima del lago ci fermiamo a visitare il salto del Huilo Huilo alle porte dell’omonima riserva natura. Siamo in ritardo, il traghetto parte alle 13.00. Percorriamo in fretta e furia gli ultimi km. Verso Puerto Fuy. L’arrivo è spettacolare, dietro l’ultima curva si apre una vista mozzafiato… con traghetto ancora ormeggiato. Estasiati dal panorama che ci circonda, ci dirigiamo verso il traghetto già pregustando l’attraversata. Sorpresa… Il traghetto non parte, forse la prossima settimana se arrivano i permessi. Fortuna che all’ufficio del turismo di Concepcion ci avevano assicurato ben tre corse al giorno. Un po’ delusi per l’inconveniente, cerchiamo di avere qualche informazione sulle possibili strade alternative. Dopo qualche telefonata, il gentile “guardia lago” a cui ci siamo rivolti, ci comunica che l’unico passo aperto più vicino per l’Argentina è quello di Mamuil Malal. SI TORNA INDIETRO.

Visto che ormai sono le 14 e siamo tutti affamati, ci fermiamo a mangiare qualcosa nel bar/trattoria sulla riva del lago vicino all’imbarco. Il locale è gestito da tre gioviali e canterine signore… da noi ribattezzato il “club delle cuoche”. Durante la sosta per il pranzo, cartina alla mano, decidiamo di fermarci per la notte a Curarrehue, una quarantina di chilometri prima del confine con l’Argentina. Ultimo avamposto cileno. Torniamo indietro fino a Coñaripe. Qui optiamo per un “taglio” e imbocchiamo la strada delle terme che ci ricollegherà alla strada principale tra Pucon e Curarrehue. Strada sterrata stretta e impegnativa per il fondo stradale sconnesso. A pochi chilometri dal bivio con la strada principale abbiamo la seconda sorpresa della giornata, la strada è interrotta da grossi tronchi sulla carreggiata. Impraticabile. Ci diranno in seguito che l’ultimo inverno è stato molto rigido con molta neve che ha provocato diversi danni. SI TORNA INDIETRO.

Incomincia a farsi tardi e siamo tutti un po’ stanchi. Decidiamo di non tentare altre scorciatoie e optiamo per l’asfalto. Si torna fino a Villarica per poi proseguire verso Pucon e raggiungere Curarrehue. Arriviamo a Curarrehue che è ormai l’imbrunire. Una rapida occhiata alla guida e troviamo alloggio al B&B “La Mami”. Graziosa casa in legno con giardino e fiori alle finestre. Visita al paese e cena al “Tropeo” da Wilson. Cararrehue ha decisamente il fascino dei villaggi di frontiera. La mattina seguente, svegliati dal “cinguettio” delle mandurie.. Si parte di buonora, non prima di aver assaggiato le deliziose marmellate della Signora Ester, verso il passo Mamuil Malai dove attraverseremo la dogana per entrare in Argentina.

La strada per il passo è sterrata, il primo tratto abbastanza impegnativo per il fondo pietroso. La giornata è tersa e i chilometri scorrono veloci fino alla dogana. Dopo il passo, il paesaggio muta decisamente. La strada scorre attraverso un bosco di auraucarie e man mano che ci allontaniamo dal passo ai boschi si sostituisce una vegetazione bassa tipica delle zone aride e battute dal vento. La differenza di vegetazione tra il versante argentino e quello cileno è evidente: molto verde in Cile e decisamente brullo in argentina. Sicuramente le Ande fanno da barriera alle perturbazioni provenienti dal pacifico. L’asciamo il “ripio” per dirigerci verso San Martin de Los Andes dove ci fermeremo per un rapido spuntino. Cittadina turistica frequentata dagli appassionati di sport invernali. Continuiamo sulla ruta 23 verso Villa La Angostura. La strada scorre attraverso laghi e migliaia di fiori coloratissimi, i “lupini“.

Quando arriviamo a Bariloche ci restano ancora un paio di ore di luce e decidiamo di proseguire sino a El Bolson. La giornata è stata lunga, abbiamo percorso poco meno di 500 km e domani ci aspetta un’altra tappa sopra i 400km.: asfalto fino a Trevelin e poi tutto sterrato.

A El Bolson alloggiamo all’Hospedaje Pehuenia. Il gestore, Claudio Gabrielli, è di origini maceratesi (Marche, nostra terra natale) e ci accoglie calorosamente.

Riprendiamo la strada verso sud, e dopo un’ottantina di chilometri ci immettiamo nella ruta 40 fino a Esquel.

A Trevelin l’asfalto lascia il passo al ripio. Ci dirigiamo verso il passo di Futaleufù, dove rientreremo in Cile per riprendere dopo circa 80 km. La carretera austral. La giornata è molto calda. La strada costeggia un fiume molto bello e impetuoso dove incontriamo molti appassionati di kayak. Diamo un passaggio a una copia di ragazzi cileni di Conce in vacanza per la carrettera. La strada è molto polverosa e bordeggiata da una vegetazione tropicale con foglie enormi. Ci fermiamo in una fattoria a visitare il suo caseificio artigianale, l’unico che abbiamo incontrato lungo tutto il viaggio. Dopo aver acquistato del formaggio, proseguiamo fino a Puerto Puyuhuapi situato alla fine di un fiordo nel territorio del parco nazionale di Queulat. Arriviamo poco prima del tramonto immersi in una bellissima luce dorata.

Salutiamo i ragazzi di Conce che si fermeranno per qualche giorno al campeggio e dopo una breve ricerca, troviamo alloggio alle Cabañas di Veronica. Nonostante l’ora tarda, si offre di prepararci la cena, con tanto di candele sulla tavola. E’ la vigilia di Natale. Veronica è una donna notevole, determinata e simpatica. Originaria di Puerto Montt, si è trasferita a Puyuhuapi da diversi anni aprendo la sua attività ricettiva, cabañas (graziosi bungalow in legno) e ristorante. “Dalla prima volta che ho visitato Puyuhuapi” ci racconta Veronica “ ho deciso che questo era il luogo dove volevo vivere”.

La mattina seguente una breve passeggiata sulle rive del fiordo per godere della bassa marea con le barche in secca e l’aria velata da una leggera bruma. L’aria è tiepida e siamo gli unici già svegli la mattina di Natale.

Prima di partire ci fermiamo all’unico distributore di benzina. E’ chiuso, ma basta chiedere perché qualcuno avvisi il gestore. Lasciamo Puyuhuapi. La strada costeggia per diversi chilometri il mare per poi svoltare verso l’interno seguendo il corso del fiume Cisnes. Superata una foresta di alberi morti si prosegue all‘interno del bosco tra cime innevate. La strada è sempre molto bella, stretta e polverosa, ma rendersi conto che questa è l’unica strada verso il sud del cile è qualcosa di affascinante e sconcertante insieme. Il fascino della frontiera, dell’imprevisto da un lato e dall’altro la consapevolezza che, soprattutto in inverno, si può restare isolati senza poter far altro che aspettare. Dopo un centinaio di chilometri incomincia l’asfalto e proseguiamo fino a Coihacique costeggiando il Rio Mananuales ed il Rio Simpson. I fiumi disegnano curve sinuose tra fondovalle e alte pareti di roccia. Decidiamo di fermarci per il pranzo. Tutti i ristoranti sono chiusi. Troviamo un negozio di alimentari ancora aperto è decidiamo di improvvisare un picnic. Comprato qualche panino e un po’ di frutta, ci fermiamo nel parco alle porte della cittadina. Come pranzo di natale è perfetto. Mancano ancora più di 200 chilometri, di cui più della metà sterrati, per raggiungere Puerto Tranquilo. Decidiamo di proseguire. L’asfalto scorre veloce fino a Cerro Castillo per poi lasciare il posto allo sterrato. Il fondo stradale è buono, la strada scorre per lunghi tratti accanto al fiume dove incontriamo un secondo bosco morto veramente spettacolare. Man mano che ci avviciniamo a Puerto Tranquilo la vallata si apre verso uno dei bracci del lago General Carrera, la strada scorre tra due ali di fiori gialli e la luce del tramonto rende l’atmosfera molto suggestiva.

Entriamo a Puerto Tranquilo all’imbrunire. E’ un piccolo villaggio sulle rive del più grande lago del Cile. Da qui partono le escursioni in barca verso la celebre “Capilla de Marmol”, un blocco di marmo scavato dal ghiaccio e dal vento che si specchia nelle acque limpide del lago.

Ci sono diversi Hospedaje e Cabañas. Al terzo tentativo, nei primi due era tutto esaurito, troviamo posto in una cabañas dell’ Hostaria Costanera, proprio di fronte al lago. La mattina seguente, ci prepariamo per l’escursione alla Capilla de Marmol. La sera precedente i gentili gestori del Costanera ci hanno prenotano l’escursione. La giornata è magnifica, sole caldo e senza vento.

Scivoliamo velocemente sull’acqua del lago di una trasparenza più marina che lacustre.

Arrivati alla Capilla la bellezza delle rocce è sorprendente. Bisogna vederle, con le loro sfumature dal bianco al grigio al verde, bellissime.

Dopo un pranzo a base di cordero innaffiato da …Acqua con il totale disappunto della cuoca, lasciamo Puerto Tranquilo diretti a Caleta Tortel. Poco più di 200 km di sterrato lungo l’ultimo tratto della Carrettera Austral. La strada costeggia il lago fino al bivio per Chile Chico, per poi correre parallela al Rio Baker fino al mare.

Il fondo stradale è buono e procediamo tranquilli attraverso boschi e pareti rocciose. Una costante in tutto il cile è la quantità impressionante di alberi morti. Scopriamo che ciò è dovuto agli incendi provocati dalle eruzioni vulcaniche. La più recente, del 1991, è stata quella del Vulcano Hudson che ha ricoperto con le sue ceneri un’area di 80.000 km quadrati.

L’ultimo tratto di strada scorre allo stesso livello del fiume che ci accompagna con le sue acque lattiginose fino a Caleta Tortel.

La strada termina in un grande spiazzo dove c’è il parcheggio e da dove partono le scale e le passerelle in legno che collegano tutte le abitazioni del paese, interamente su palafitte di legno. Il villaggio è situato al fondo di un fiordo alla foce del Rio Baker, un posto decisamente fuori dal comune. Ci sono due hospedaje nella zona bassa e delle nuove cabañas al livello del parcheggio. Scegliamo la cabañas, decisamente più comoda soprattutto per i bagagli. Un breve giro di perlustrazione alla ricerca di uno spaccio per comprare qualcosa per la colazione del giorno dopo. Passeggiando tra le passerelle alla luce del tramonto troviamo un primo spaccio dove si vende di tutto dal pane ai vestiti e dove riusciamo a trovare un po’ di pane, biscotti e della marmellata in “busta”. Ormai è tardi ed il secondo spaccio è chiuso, ma basta suonare alla porta che la gentile signora che lo gestisce, interrompe la cena per noi. Risolto il problema della prima colazione ora si presenta quello della cena. Dopo una doccia ristoratrice, ci addentriamo per il villaggio tra una passerella e l’altra alla ricerca di un posto per mangiare qualcosa. I primi due sono chiusi, ormai decisi a cenare con biscotti e marmellata troviamo, ormai quasi al buio, una piccola trattoria in cima ad una scala ripida, chiediamo se è possibile mangiare qualcosa e la proprietaria ci dice che ha solo del salmone, se ci va bene possiamo accomodarci. Va benissimo. Il salmone è molto buono, il vino un po’ meno, ma la serata è piacevole e Mariza, questo il nome della nostra ospite, ci parla della patagonia, del suo amore per la sua terra e dei timori soprattutto per la costruzione di una grande centrale elettrica che danneggerebbe il territorio. La serata termina con una passeggiata al buio totale lungo le passerelle alla ricerca della strada giusta per tornare al parcheggio accompagnati da una quantità non ben definita di cani che ci facevano strada. Un posto decisamente da non perdere e a cui dedicare almeno una giornata per visitare i suoi 7,5 km di passerelle e il fiordo che lo ospita. La mattina ci svegliamo al picchiettio dei numerosi “carpenteros” (picchi rossi); sotto una pioggerellina fine ed un cielo nero si parte comunque. Oggi si rientra in argentina dal Passo Rodolfo Raballo, siamo molto curiosi ed emozionati di fare questa strada che ci porterà a lasciare il verde della carrettera austral per la desertica ruta 40.

Ripercorriamo la strada fino a una ventina di km dopo Cochrane per poi imboccare il bivio per la Estancia Chacabuco che ci porterà al Passo Raballo dove proseguiremo fino a Bajo Caracoles. Quando imbocchiamo il bivio verso l’Estansia Chacabuco il paesaggio incomincia a cambiare rapidamente. Più ci dirigiamo verso est più gli spazi si allargano e i boschi della carrettera lasciano il posto ad ampie vallate circondate da cime innevate. Ci sono molti guanachi, mandrie di cavalli in totale libertà, armadilli che attraversano la strada, e condor che volteggiano sopra le nostre teste. La vegetazione e bassa e tipica delle zone battute dal vento. Prima di passare la frontiera cilena ci fermiamo a mangiare i panini precedentemente acquistati a Cochrane per evitare problemi con il cibo fresco e la frutta. Se la dogana cilena ci è parsa piccola e tranquilla, quella argentina è decisamente fuori dal mondo. E’ una piccola caserma a 90 km. Di sterrato da Bajo Caracoles, con 4 militari che presidiano la dogana con turni mensili. Il vento adesso è molto forte e, su gentile richiesta, i doganieri ci offrono un caffè caldo, che ricambiamo lasciandogli il pacchetto di sigarette … In quel momento desiderate come l’acqua nel deserto. Lasciata la dogana, scendiamo verso il Lago Ghio, lasciamo le montagne ed entriamo decisamente nella pampa. La sensazione di libertà è totale, spazi aperti fino all’orizzonte e il forte vento regala un cielo ricco di nuvole sempre in movimento. A una decina di chilometri prima di Bajo Caracoles riprendiamo la Ruta 40 che avevamo lasciato ad Esquel. Abbiamo ancora i brividi dal ricordo delle sensazioni che l’arrivo a Bajo Caracoles ci ha dato. Deserto, arido e battuto dal vento. Pochissime case, un unico albergo con ristorante, bar, telefono pubblico e spaccio alimentare, due campeggi e una pompa di benzina. Intorno solo l’orizzonte a 3600 . Davanti all’albergo troviamo il gruppo di Giorgio Ricci, 15 moto e due Land Rover, l’albergo è pieno. Fortunatamente è rimasta una camera e tra quella e un’altra rimediata nel vicino campeggio siamo pronti per la cena. Anche il ristorante è pieno, ci apparecchiano un tavolo davanti al bancone, l’atmosfera è tranquilla e rilassata, qualche avventore al bar, qualche scambio di informazioni con altri viaggiatori … un luogo che lascia il segno.

30 gennaio, percorreremo la ruta 40 fino a Tres Lagos per poi dirigerci verso El Chalten, circa 400 km. Di sterrato. Il vento è molto forte e bisogna stare attenti alle raffiche improvvise, comunque il fondo è buono e la strada è larga. Sosta per il pranzo a “La Siberia”. Locanda lungo la ruta 40 isolata ed aperta solo nei mesi estivi.

Il vento ci accompagna per tutto il giorno e al nostro arrivo a El Chalten il cielo è cupo e la cima del Fitz Roy e coperta da una coltre di nubi. Il paese si trova ai piedi del monte ed è molto frequentato dagli escursionisti. Notte in cabañas.

La mattina seguente vorremo fare un giro verso il Fitz Roy ma, viste le condizioni atmosferiche, siamo indecisi. Decideremo domani.

L’indomani le condizioni atmosferiche non sono migliorate il cielo è nero e il Fitz Roy è sempre incappucciato dalle nubi. Decidiamo di proseguire verso El Calafate. Base per la visita al Ghiacciaio Perito Moreno.

Da El Chalten percorriamo a ritroso la strada che conteggia il lago Viedma per poi rientrare nella ruta 40. Dopo un ventina di chilometri arriviamo alla famosa Estansia Leona, forse la più famosa di tutta la patagonia. Qui hanno fatto sosta personaggi come Buch Cassidy, Chatuin, Sepulveda e tanti altri. Fino a qualche anno fa era l’unica estansia lungo la ruta 40 per centinaia di chilomentri. Oggi ha perso un po’ del suo fascino. La nuova gestione, proprietari anche dell’estansia Estrella, hanno un’impostazione prettamente turistica.

Dopo un breve spuntino, proseguiamo verso El Calafate dove arriviamo nel pomeriggio.

Trovato alloggio all’Hostal Huemul, lasciamo le moto e ci dirigiamo tutti con il pick up a visitare il grande ghiacciaio Perito Moreno.

Arriviamo quasi al tramonto, lo spettacolo che ci si presenta è veramente unico.

Neanche la foto più bella è in grado di trasmettere le sensazioni che si vivono vedendolo dal vivo.

Ad ogni variazione di luce il ghiaccio riflette tonalità differenti dal grigio all’azzurro elettrico… Sono momenti, basta un raggio di sole che filtra tra le nuvole… Il vento forte che increspa le acque del lago… O il crollo di blocchi di ghiaccio che provocano delle grandi onde e dei boati impressionanti.

Lasciamo il ghiacciaio che è quasi buio infreddoliti ma sicuramente più ricchi. Dopo una bella doccia calda cena al ristorante “Don Diego della Noche” un bel locale dove oltre all’ottima carne offrono anche spettacoli di danza e musica locale.

Ultimo giorno sulla ruta 40, si rientra in cile dal valico Cancha Carrera verso Cerro Castillo per poi raggiungere Puerto Natales. Situata tra il mare e le Ande che con il suo porto e le case in legno colorate ti trasmette subito la sensazione di essere ormai vicini all’estremo sud.

La serata è molto fredda, ma non possiamo fare a meno di una passeggiata al porto e per le vie della città. Oggi è l’ultimo dell’anno ed i locali aperti sono veramente pochi. Cena e brindisi al ristorante LA BURBUJA. Pernottamento all’Hostal Oasis.

Davanti ad una bella fetta di pane burro e marmellata, decidiamo di dedicare la giornata alla visita al Parco del Paine e di fermarci a Puerto Natales un’altra notte. L’unico problema di tempo era la riconsegna del pick up a Punta Arenas, ma è bastata una telefonata all’agenzia di noleggio per farci slittare la consegna di un giorno.

Ci dirigiamo verso nord ed entriamo nell’area del parco dalla Porteria Lago Sarmiento. Il Paine è parco nazionale nel 1959 e riserva della biosfera dal 1978. La sua varietà di paesaggi e la ricchezza della fauna che lo popola, lo rende uno dei parchi più belli. Tra cascate, guanachi, laghi e ghiacciai la giornata scorre veloce. Molto suggestiva la passeggiata sull’istmo del Lago Grey con il ghiacciaio sullo sfondo, le Torres al lato e un forte vento che increspa l’acqua grigia del lago creando un’atmosfera veramente unica.

La mattina seguente si parte per Punta Arenas dove faremo il cambio dell’auto; lasceremo il pick up per ritirare un Terrano a sette posti che ci accompagnerà fino alla fine del viaggio.

Nel pomeriggio lasciamo le moto al riposo e andiamo con il Terrano a visitare la pinguinera a nord di Punta Arenas sulle rive del Seno Otway. Ci accompagna un vento freddo, un po’ di pioggia, ma anche qualche raggio di sole.

Il viaggio prosegue verso la Isla Grande della Terra del Fuego, per metà cilena e metà argentina. Guidando verso nord ripercorriamo un tratto della ruta 9 per poi imboccare la 255 che ci porterà fino a Punta Delgada dove attraverseremo lo Stretto di Magellano fino a Puerto Espora per poi proseguire verso San Sebastian dove lasceremo il cile per entrare in territorio argentino.

Per i primi 200 km la strada è asfaltata e costeggia per lunghi tratti lo stretto di Magellano regalando scenari suggestivi ed inaspettati come i due relitti arenati sulla spiaggia vicino al Terminal San Gregorio.

Attraversiamo lo stretto dopo un veloce spuntino al bar dell’imbarcadero, il vento è molto forte e i delfini ci accompagnano per un breve tratto. Sbarcati sull’Isla Grande dopo una trentina di chilometri incomincia il ripio che ci porterà fino alla dogana. La strada è buona e intorno a noi solo ampi spazi e qualche estansia in lontananza.

San Sebastian non offre molto e visto che abbiamo ancora ore di luce decidiamo di arrivare fino a Rio Grande situata alla foce del fiume omonimo e famosa per la pesca al salmone con la mosca.

Qui incontriamo Roberto, imprenditore argentino che si offre di farci da cicerone alla ricerca di un alloggio per la notte. Dopo qualche ricerca troviamo posto all’Hotel Isla del Mar di fronte all’Atlantico e dove rincontriamo anche il gruppo di Giorgio.

La mattina seguente c’è la bassa marea e centinaia di uccelli volano in stormi sopra la distesa di alghe in secca.

Percorrendo la ruta 3 in poco più di 200 km. Arriveremo ad Ushuaia, tappa finale del nostro viaggio “on the road”. Molto bella e particolare la costa lungo la foce del Rio Grande. La strada prosegue su asfalto fino al lago Fagnano, fiordo di origine glaciale di 100 km di lunghezza, tra estansia e segherie. Dal Paso Garibaldi (430m) si gode di una bellissima vista sul lago.

L’arrivo ad Ushuaia provoca sensazioni contrastanti, da una parte siamo arrivati nella città “mas austral del mundo” una meta ambita per tanti viaggiatori, ma dall’altra ci si presenta di fronte una città molto turistica ed affollata decisamente in contrasto con il “nulla” della ruta 40. Dopo qualche foto di rito all’ingresso della città proseguiamo per Bahia La Pataia dove termina la ruta 3. Si arriva attraverso una polverosissima ed affollata strada sterrata all’interno dell’omonimo parco. La bahia è molto bella ma l’ambiente curato con percorsi guidati la priva di una parte del suo fascino da fine del mondo.

Rientrati in città andiamo all’ufficio turistico per cercare un alloggio. La città è affollata di turisti e noi ci fermeremo per 5 notti. Non sarà facile trovare posto. Dopo una decina di telefonate, la gentilissima ragazza dell’ufficio turistico ci trova una sistemazione per 7 non lontano dal centro all’Apart Hotel Kenos. Dopo aver preso possesso dei nostri appartamenti, Simone e Giovanni vanno a lavare le loro “bambine” prima di rimbarcarle sul container per il viaggio di ritorno in Italia. La sera si cena a base di centoia.

I giorni ad Ushuaia trascorrono tra il porto, la dogana e … Lo shopping.

Grazie a Simone e Liana, soci Slow Food, incontriamo Lucila Martinelli fiduciaria Slow Food a Ushuaia. Si rivela un incontro molto piacevole ed interessante ed insieme a lei andiamo a visitare una piccola birreria artigianale la Cerveceria Hain che produce tre tipi di birra: chiara, affumicata e scura. Andiamo a cena in uno dei migliori ristoranti di Ushuaia il “Maria Lola”. Piatti eccellenti dalla centoia all’asado, servizio ottimo e finalmente buon vino. Trascorriamo un pomeriggio in un locale dove un maestro di tango svolge la sua lezione e finalmente Rita può togliersi la soddisfazione di ballare il tango in argentina.

L’ultimo giorno, chiusi i container e risolti tutti i problemi doganali, decidiamo di fare un’escursione a Puerto Harberton, visitiamo la pinguinera nell’isoletta di Martillo, proseguiamo fino all’estansia Moat e poco dopo la strada termina ad una caserma dei guardiacoste.

La strada costeggia il canale di beagle e qui tra cavalli, pinguini, delfini e una costa aspra e dolce al tempo stesso, ritroviamo quella bellissima sensazione di essere lì dove tante volte gli scrittori come Coloane o Sepulveda ci avevano portato con i loro racconti, nella terra del fuoco alla fine del mondo.

Per visionare le foo del viaggio potete dare uno sguardo sul mio sito personale: http:www.Bikensoul.It Contatti Email: kevinyates@tiscalinet.It, simone@bikensoul.It



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