CAYO LARGO, A wonderful Summer on a solitary Beach
…On a solitary beach… CAYO LARGO 2008, scena prima. Allora, questo inverno il vecchio pal si meritava una vacanza.
Alle latitudini opportune, of course.
Il primo passo è stato quello di individuare sul planisfero il luogo con l’appropriata amenità. Il vecchio Pal partiva solitario per starsene in santa stramaledettissima pace: l’imperativo era mare turchese, spiaggia sfacciatamente candida, il più lontano possibile da qualsiasi tunz-tunz. Meno miei simili avrei incontrato, meglio sarebbe stato.
Ecco.
Dopo giorni di studio matto e disperatissimo, l’epifania fu Cayo Largo.
Che per evitare ai qui avventori di aprire Google Earth, è un’isoletta lunga e stretta a sud di Cuba. Semideserta.
Si combatte aspri in ufficio per l’ottenimento degli 11 giorni atti all’uopo , e ci si fionda in un’agenzia spacciatrice di viaggi a prenotare.
Pur precipitandomi dopo il lavoro, arrivo preoccupantemente vicino all’ora di chiusura. Un Venerdì, per giunta.
La giovane fanciulla mi guarda in un misto di sospetto, ferocia, e rassegnazione.
La capisco e la tranquillizzo subito: “Ho studiato! Mandami a Cayo Largo, questo pacchetto che vedi sottolineato” lei sorride incredula a 32 denti: “Sei…Sei sicuro? Ma… Davvero? FANTASTICO!” (e qui scioglie tutto il distacco professionale che aveva mantenuto fin dall’iniziale “come posso esserle d’aiuto”) “Magari tutti venissero con le idee così chiare… Uno ogni dieci, almeno, ma davvero hai già scelto? Il posto è moltomolto bello ma più da coppiette e sposini, non da singles… ma ti vedo convinto: sono sicura che l’adorerai!” E così farò.
“Raccontami com’è andata, quando torni” dice ammiccante salutandomi la giovane travel pusher, “è un piacere avere clienti come te. Spero verrai ancora…” E così vorrei fare.
Partenza da Milano MPX quasi all’alba: c’è chi mi offre un tetto per la notte nella Belleville meneghina… Chi mi ospita non sorride spesso, ma quando lo fa è dolcemente adorabile.
Volo Blue Panorama, diretto. Prima si passano a ritirare i documenti allo sportello Edenviaggi.
Il campionario di variegata umanità nel terminal2 è abbastanza sconfortante: la mandria italiota acuisce in modo vieppiù fastidioso i propri comportamenti beceri, quando in vacanza.
Fuori dal proprio habitat l’italico adulto si sente insicuro: gli esemplari femminili non riescono a dare un contegno alle proprie insofferenze, il capobranco assume un atteggiamento iperprotettivo, corroso dalla strisciante sensazione di essere bersaglio dell’altrui disonestà, e dalla necessità di riaffermare la maschia possanza nel condurre la famiglia.
Gli esemplari più giovani sembrano invece impermeabili a qualunque emozione, se non alla noia.
Sciallo. Con una punta di skazzo-sklero, dovuto alla levataccia.
Nella fila a fianco ho due 25-30enni diretti a S.Domingo.
Nerd durissimi.
Li sento fantasticare sulle carni che anelano a conquistare, a disquisire deliranti se siano da preferirsi le bellezze autoctone o le giovani aitanti turiste da sedurre e abbandonare.
Nessuna delle due categorie correva il minimo rischio.
In pochi metri quadrati vedo varia umanità da pelle d’oca, per il ribrezzo, ma dopo aver dormito 4 ore non mi va di farmi il sangue amaro rimuginandovici.
E poi, sono davvero tanto sicuro di distinguermi da tutto questo? Meglio non pensarci troppo, va…
Sono al check in.
“Finestrino?” “No, grazie, fila con l’uscita di sicurezza, però”.
“Capisco perfettamente” strizza l’occhio l’ hostess “viaggia spesso, eh?” LE 11 ore in aeromobile passano tranquille: un po’ di sonno, un Woody Allen non all’altezza della Scarlett, cibo e bevande neanche malaccio, ma soprattutto, come gli altri della fila 21, potendo distendere completamente le gambe, cosa preclusa al resto della carlinga, di cui palpabile arrivava l’invidia.
Quando al ritorno potrò fare la stesso in molti avranno capito che non si trattava di mera fortuna…
Il cetaceo volante compie una larga voluta sul Caribe.
Dal finestrino filtrano già il bianco e il turchese che mi aspettavo. La meraviglia dei passeggeri sugli oblò si scioglie in una nota vibrante di stupore.
Si scende, e ti attanaglia il caldo umidiccio.
Code varie, passaporti, attesa stemperata dalla simpatia dei cani antidroga che qui sono degli indolenti cocker dalle orecchie boccolute.
A pigliar su la mandria una teoria di bus che ci distribuisce nei 5 resort, così pochi riescono a non deturpare l’indole selvaggia del cayo: rimangono 15 kilometri di spiaggia assolutamente vergine…
Il mio l’ho scelto oculatamente: l’ultimo prima della zona selvaggia, clientela internazionale, gestione ed animazione 100% cubana. Sì perchè con la supersimpatia insipiente dell’animatore medio all’italiana (che mi sono lo stesso trovato a dover sopportare durante qualche breve tragitto) c’era il rischio di far del male a qualcuno che, poraccio, pur trovandosi a rompermi i cabbasisi sarebbe stato comunque lì a lavorare…
. . .
Scena Seconda. Si arriva al tramonto giusto in tempo per verificare di persona la borotalcità della sabbia, stesa dalle onde lunghe, che all’imbrunire riflette l’arancione dei raggi…
Calcolando il fuso son le tre di notte, si va a cena.
Abbuffet. Nel senso che le latine genti (c’era pure qualche francese, ma anche argentini) si sono avventate senza la minima creanza sui vassoi di cibo, per altro a prima vista elaborato ma in realtà dozzinale.
Condizioni igieniche, qualità delle materie prime, fattura delle preparazioni erano preoccupanti…
Ma imparerò quasi subito cosa scegliere, godendomi la cucina cubana, più povera dei piatti pseudo occidentali su cui si avvinghiavano le forche della massa, ma molto gustosa e appagante anche per il sottosctitto.
Più che discreta pure la birra Bucanero…
Dopo una prima cena non proprio entusiasmante faccio invece la scoperta che darà alla vacanza tutta un’altra piega.
Ebbene, da catalogo le bevande non erano incluse nel pacchetto.
E invece…
No, dico, a Cuba e free drink 24 ore su 24.
In otto giorni ho bevuto di gran lunga molto più mojito che acqua…
Per tacere di daiquiri, caipirinha, cubalibre, tequila varie, bloody mary…
Ma ovviamente i migliori cocktails erano quelli a base di rum.
Raggiungo a stento la camera e la tenebra m’avvolge.
Jetlag, quindi alle sette in punto si è in piedi. E si iniziano a misurare il resort e la spiaggia con i propri passi, per dare una prima taratura a quello che si era letto in precedenza sul posto.
Colazione di frutta eccellente, mentre la mandria si fionda su croissants surgelati.
L’agente della Eden, come speravo poi sfuggente per tutto il resto del soggiorno, riunisce noi dell’ultima infornata arrivata per un po’di info, che chiunque avesse affrontato il viaggio con un minimo di coscienza avrebbe dovuto sapere. D’altra parte quando mai l’italiano medio si prende la briga farlo? Sono lievemente scombussolato: il mio corpo è ancora settato per l’inverno padano.
Con il ciglio aggrottato prendo e comincio ad esplorare la spiaggia.
Si fanno due passi, si superano un paio di rocce troppo impervie per il turista tipo, e in cinque minuti mi ritrovo cinquecento metri di bianco e turchese solo per me. E un paio di iguane.
Quello che cercavo…
Eppure qualcosa non va: fa caldo, il sole picchia come un fabbro, il mare è mosso: non si può fare snorkeling. Panico da attesa disillusa.
Sono perplesso e non di ottimo umore.
Non ho neppure voglia di tuffarmi nelle onde.
Mi dico che, diamine, son venuto qui apposta…
Tocco l’acqua freschissima e in un istante il cetaceo che ero stato nella mia vita precedente si spande per le arterie e riprende possesso delle mie membra: rimango ore a saltare da solo in mezzo alla spuma, beandomi del violento cristallo che mi si frange fluido sulla, invero possente, schiena.
Con un sorriso inebetito si torna per il rancio al capanno sugli scogli: una specie di aquila ai ferri più gustosa del previsto, con i raggi a picco che danno un nerbo blu più intenso al Mar del Caribe.
Riso, pollo, fagioli e frutta saranno ottimi per tutto il soggiorno: chi poi tornerà a casa lamentandosi della pasta scotta è un emerito imbecille.
Durante il pranzo mi sento osservato: la fanciulla solitaria mi fissa fingendo di non farlo.
La fulmino dispettoso con occhio inquisitore, lei imbarazzata rituffa lo sguardo sul piatto.
Eravamo credo gli unici due singles sull’isola.
Mi metto nei panni di un profiler dell’ Effebiài, 25-30 anni, magra e muscolosa, capelli corti, tatuaggi sguardo vispo ma duro… Fanciulla ai Caraibi da sola per fuggire da una delusione amorosa: ci potevo mettere la mano sul fuoco.
Mi chiedo cosa avrà mai pensato lei sulle reali intenzioni del mio viaggio.
Credo si stia ancora chiedendo perchè non sia mai andato oltre la manierata cortesia nel ricambiare i suoi sorrisi nei giorni a seguire, quando -diamine- ci si sarebbe aspettato fossi lì apposta per…
Ma mi ero imposto di seguire per quanto possibile l’imperativo d’assioma di cui all’incipit.
E, checché se ne dica, sono un bravo ragazzo.
O uno sfigato, a seconda delle prospettive…
Cubalibre, piscina, mojito, due passi e di nuovo in acqua da solo nella spuma fino al tramonto.
A dirla tutta qualcuno più intraprendente era venuto ad inquinare la mia solitudine, ma lo faceva da distante e in modo fugace.
Un paio di sagome però si sono avvicinate parecchio.
Due sagome nude.
Ora, dato che vado in vacanza in Croazia da una vita, la cosa non mi ha turbato particolarmente, il fatto che fosse una coppia di due uomini, date le mie ampie vedute, neppure.
Li vedo confabulare in lontananza, mi squadrano.
“Ciccini -penso- questa è la MIA spiaggia: prego accomodatevi altrove se volete star soli, io non mi scrosto di sicuro.” Confabulano e uno se ne va.
Ora ampie vedute sì, ma quando mi son visto il secondo dei due avvicinarsi ammiccante…
beh dall’espressione di terrore e dalla velocita con cui se l’è data a gambe, credo di essermi prodotto in un’espressione facciale condensato di rabbia e violenza, veramente terrificante…
Perchè se per un verso ilo mio cervello non ha troppi pregiudizi, per l’altro le mie nobili chiappe ne hanno eccome.
Ci si rituffa tra le onde come un tricheco solingo fino al crepuscolo.
Daiquiri, piscina sotto le stelle, mojito, doccia, pisolino, cena alle 10, rum anejo bevuto in riva, poi nanna.
Tornando alla stanza (dove scoprirò gli asciugamani nuovi intrecciati a guisa di cigni) passo distratto a vedere lo spettacolino danzante degli animatori cubani.
Una coppia sulla quarantina guarda attonita. Il marito commenta: “i miei 5 anni di corso di salsa… Posso buttarli nel cesso…”.
Nanna.
. . .
CAYO LARGO 2008, scena terza.
L’indomani si piglia il trenino da sagra e si va in cerca della stucchevolezza delle spiagge da depliant: Playa Sirena e Playa Paraiso.
Il primo impatto non è dei migliori.
Il cielo è velato, il che se da un lato aiuta ad evitare di rosolare, dall’altro mette una nota opaca sulla tavolozza.
Ma soprattutto l’acqua è torbida.
Turchese, sì, ma torbida.
Ma come? Dov’è la sbandierata trasparenza, quella stramaledetta barriera corallina al largo non doveva proteggere dalle onde? E questo odore di marcio, e queste alghe nere sulla sabbia candida?!? Mi incammino disperato alla ricerca di un angolo paradisiaco come promesso, ma tronfio di disappunto non lo trovo…
Con il broncio monto sul primissimo trenino e torno in hotel in tempo per una discreta costata di manzo.
E bira e mojito e cubalibre, salto in piscina e cubalibre e pisolo.
Poi ancora onde questa volta sul serio in solitaria, fino al tramonto.
Apro le prime pagine di Middlesex: le divorerò tutte e seicento nei giorni restanti…
Cena, e cocktail vari sotto le stelle un paio di battute con compagni d’aereo che l’alcool degli astanti aiuta a rendere spiritose più di quel che mi riuscisse…
Il dì dopo ci si sveglia presto: gita in barca.
Si raggiunge la Marina, che è il villaggio dove i pochi cubani risiedono nei mesi in cui, a turno, rimangono per lavorare.
Ci sono una mezza dozzina di barche pronte ad accogliere le orde giornaliere, io sono stato fortunato perché ero in un natante piccolo ma comodo e con poche persone.
Salgo per primo, che man mano che arrivava, la gente rimaneva spaesata a confabulare sulla darsena.
Familiarizzo subito con Juan, el nino, e Domingo, el capitan: difficile trovare qualcuno che venga da solo e così scambiamo qualche parola. Ho molto apprezzato la loro indulgenza nel tentare di comprendere il mio similespanol…
Ah, per inciso, tutti i cubani che ho conosciuto erano di una gentilezza squisita.
“Luca, una cerveza para ti?” e Juan mi lancia una lattina di Bucanero.
La prima di tante…
Il balenottero diesel ingurgita le coppiette rimaste e ci deposita in uno scoglio ispido di roccia appuntita, infestato da iguane.
Care…
Ernest è un vecchio bestione di un metro e mezzo che si fa accarezzare come un gattino…
Si svicola tra le mangrovie, si avvistano un paio di grossi pellicani, e si punta alla barriera corallina.
Si ride di compassione nel vedere due guardiapesca perdere all’amo un pesce enorme quando oramai lo stavano issando a bordo del barchino…
Finalmente sfodero la mia attrezzatura da snorkeling e mentre gli altri stanno ancora a provarsi le pinne della stiva, sono già lontano a seguire piccoli siluri colorati, aggirare barracuda platinati, infilarmi nelle spaccature del corallo.
Riemergo e vedo che sono molto distante dalla barca, ma tanto si aveva un’ora e mezza di tempo…
Riparto e seguo il bordo della barriera che va giù ripido fin dove non si vede che un blu scuro opaco.
Ritorno ad esplorare gli anfratti.
Il fondale non è spettacolare come spero quello che presto mi godrò nel Mar Rosso, ma tanto bastava a farmi rispuntare le branchie.
Riemergo e mi pare di scorgere in lontananza, qualcuno che si muove sul ponte: guardo l’ora, beh manca ancora un po’ ma decido per scrupolo di avvicinarmi e diamine, sì: si stanno sbracciando! Parto come uno squalo e in un attimo sono a bordo, per scoprire che le mogliettine avevano troppa paura a stare in acqua coi barracuda (innocui come le iguane) e, povere care, si stavano annoiando a vedere i maritini sguazzare.
Per fortuna el capitan Domingo riesce a spezzarmi la tensione “Luca, tu no es un hombre: tu es un delfino! Cerveza?””Seguro!”.
Si procede per le cosiddette piscine naturali: secche di sabbia bianca nel bel mezzo all’oceano in cui sguazzare tra stelle marine che neanche a farle finte sarebbero state così conformi allo stereotipo…
Nel tragitto ci si ferma ad ispezionare delle nasse sparse, e ci procacciamo i grossi crostacei per il pranzo che Juan cucinerà con dedizione.
Ecco, a me piacciono i crostacei.
Beh, sì, mi piacciono tante cose, si intuisce, ma ho un pallino per i crostacei. Anche.
Ebbene, mentre alle coppiette varie arrivavano porzioni abbondanti ma ragionevoli, Juan e Domingo mi invitano con loro sotto coperta e, diamine: credo di aver ingurgitato in un solo pranzo l’aragosta che mi sarei augurato di spolpare in una vita…
L’ammasso di carcasse chitinose che abbiamo lasciato sul tavolo era una cosa quasi indegna per volume…
Si fa a tempo a berci un rum&pera, dopo una sguazzata, e poi tempesta e si corre in porto poi in albergo poi…
Beh, piovepiovepiove, si sbocconcella il libro, ci si fionda nel centro fitness a fare un po’di esercizi tentando smaltire un almeno paio delle bestie marine, si ronfa un po’, aperitivo-cena-cocktailini.
Nanna.
. . .
CAYO LARGO 2008, scena quarta e ultima. Ci si sveglia e si decide di dare un’ultima chance al depliànt.
Trenino.
Il temporale del giorno prima ha pulito il cielo oggi dannatamente limpido, la brezza è fresca e non porta nessun odore di alga marcescente.
Mi avvicino alla riva passando per le piccole palme di cocco, mi arrogo un ombrellone ed una sdraio, e…
Diamine: ci siamo.
QUESTO è il Caribe da cartolina…
QUESTA è la stucchevolezza in cui volevo crogiolarmi, almeno un giorno della vacanza (perchè rimango pur sempre un cetaeo da scoglio, non da spiaggia…)
Mentre sorrido lobotomizzato dal panorama, sento una voce che mi chiama “Ehi, tu, ci sembri simpatico: dai che facciamo conoscenza” “Piacere, io son la Francesca, lui è il Marco, lei la Patrizia e questa l’Ilaria” Dopo i convenevoli e risposte abbozzate a “e che ci fai tutto solo qui?” Scopro che questo simpatico gruppetto e piuttosto bene assortito, dai 22 ai 29 anni, dalla fanciulla fuori di testa ed esuberante al tipo posato e bonario.
Ci si vedrà spesso nei giorni a seguire, senza nessun impegno nè orario, e si scambieranno chiacchiere simpatiche e si berrà in compagnia in totale tranquillità e, nonostante le premesse, devo ammettere che un po’ di calore umano mi ha fatto bene …
Nei giorni successivi mi divido tra le spiagge candide e il mare tranquillo e turchese di Playa Sirena e Playa Paradiso la mattina, e la MIA spiaggiona deserta con le onde fino al tramonto: la costante sarà il mio libro di cui mi abbufferò ogni momento in cui non sono in acqua…
E mojito, sempre.
Ritorno nel freddo del Febbraio Padano proprio contento. Penso di sfuggita che alla fine preferisco il biancheggiare del calcare balkanico condito dagli scuri eleganti cipressi, piuttosto che il candido sfavillio dei granelli bianchi punteggiato dalle palme, ma poggio i piedi sull’asfalto di Malpensa consapevole che i Tropici mi avranno ancora indegno ospite.
********************************** INFO VARIE ********************************** -Pacchetto ollinclusiv Edenviaggi 1200 euro supplemento singola incluso -Hotel Barcelò Cayo Largo -Treninio per le Playe Sirena/Paradiso gratuito -Taxi in caso a pochi pesos.
-Affitto auto INUTILE, ci sono due strade in croce e tutti gli sterrati prima o poi vi riporteranno all’aeroporto: non c’è nulla di notevole da vedere, ma nulla vi vieta di farvi qualche ora a scorazzare senza meta…
– affitto bici, vale per sgranchirsi e in caso andare a curiosare per gli altri resort, non c’è praticamente nessun posto da raggiungere, se non le spiagge ad ovest, ma la strada finisce a metà isola e sulla sabbia non si va…
Ecco.