Campo estivo a sighet di romania

Mio racconto del campo missionario dal 23-07 al 07-08 2005 PREMESSA: Il campo missionario a Sighet (Romania) è organizzato annualmente dai Frati Cappuccini dell’Emilia Romagna, in particolare da Fra’ Adriano Parenti del convento/centro missionario di San Martino in Rio (RE). Quest’anno eravamo in 50, (la corriera era completa, purtroppo...
Scritto da: bume
campo estivo a sighet di romania
Partenza il: 23/07/2005
Ritorno il: 07/08/2005
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 500 €
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Mio racconto del campo missionario dal 23-07 al 07-08 2005 PREMESSA: Il campo missionario a Sighet (Romania) è organizzato annualmente dai Frati Cappuccini dell’Emilia Romagna, in particolare da Fra’ Adriano Parenti del convento/centro missionario di San Martino in Rio (RE). Quest’anno eravamo in 50, (la corriera era completa, purtroppo per chi pensava di usare 2 sedili per dormire..), e in aggiunta c’era un’auto con altre 4 persone tra i quali l’esperto Beppe Mazzacani alla guida.

La zona della provincia di Reggio Emilia propone diversi campi missionari estivi (www.Cmdre.It), ma questo è molto “gettonato” in quanto oltre ad essere interessante ha dei costi più alla portata delle tasche degli studenti (c.Ca 400 euro tra trasporto e contributo alla famiglia ospitante) rispetto ai dispendiosi viaggi aerei da affrontare per recarsi in altri continenti.

Prima della partenza abbiamo fatto alcuni incontri di preparazione per conoscerci e presentarci tra noi partenti, per tutte le dritte e raccomandazioni logistiche di Adriano, e per una mini-lezione di lingua rumena (con Chiara Simonazzi, che ha già fatto un anno come volontaria a Sighet e che torna là per queste 2 settimane). Trattandosi di un campo religioso i momenti di preghiera sono una parte significativa e sostanzialmente “obbligatoria” dell’esperienza.

Specifico inoltre che scrivo questo racconto a 3 anni di distanza, quindi qualche ricordo si è inevitabilmente affievolito, ma con l’aiuto delle foto e dei miei compagni di viaggio cerco di evidenziare quelli che ritengo gli aspetti più importanti del campo. Nel frattempo naturalmente alcune cose sono cambiate, come ad esempio il fatto che Padre Filippo non è più l’unico cappuccino operante a Sighet ma a lui si sono aggiunti 3 frati rumeni.

23/07 SABATO Si va! Ci aspettano quasi 24 ore di pullman… c’è da togliersi la voglia! In effetti dalle h.08.00 del 28.07 arriviamo a destinazione alle h.06.00 c.Ca del 29.07, limitando le soste al minimo indispensabile (4).

Alla partenza io e Nicoletta notiamo subito una ragazzina che non riesce a sistemare il suo Invicta nello scomparto sopra i sedili. E’l’Elena di Calerno, la più giovane del gruppo che ha 18 anni e uno zaino più grosso di lei. Durante il viaggio cominciamo a conoscerci un po’ tutti, soprattutto quando si tira fuori la chitarra: la musica ha il potere di abbattere alla svelta qualsiasi barriera! Per agevolare la conoscenza tra di noi Adriano ha compilato e distribuito una lista con nome, data di nascita, indirizzo postale, e-mail e telefono di tutti i 50 partenti. Nonostante i tentativi per mimetizzarmi la cosa mi frega in quanto vista la data di nascita (io trentenne in mezzo alla maggior parte di ventenni) mi becco il soprannome di zio che mi porterò dietro fino a fine campo. Chiedere in proposito alla Costanza… Come passatempo tra i vari ci viene proposto il film “Mission” (più a tema di così..), si canta un po’ (De Andre’ in particolare, visto che Nicola aveva con sé il canzoniere, ma troveremo tra noi tante affinità di gusti musicali come i MCR, Guccini, e altri…), si attraversa Budapest di notte (bella, per quel poco che si è intravisto), si passa la frontiera (con ripetute raccomandazioni di Adriano di stare zitti e seri intanto che ci controllano i passaporti, perché i rumeni non scherzano), si cerca di dormire come si può (qualcuno anche sdraiato nel corridoio della corriera), e dopo oltre 1000 km arriviamo abbastanza provati (chi più chi meno) a Sighetu Marmatej, in Italiano Sighet, paese di c.Ca 20.000 abitanti nel nord est della Romania.

24/07 DOMENICA – SIGHET! Giunti in oratorio un po’ di the e biscotti ci alleviano le fatiche del viaggio, e conosciamo Padre Filippo, responsabile di questo centro (anche perché unico frate..), Giovanni, un volontario di Scandiano in appoggio da qualche mese, e Valentina, altra volontaria recentemente unitasi ai 2.

A Filippo ognuno di noi porta un po’ di caffè, come da indicazioni di Adriano, in quanto qui è difficilmente reperibile e soprattutto costoso. (Ovviamente Filippo stesso lo distribuirà dove lo riterrà opportuno, non è che si fa dei caffè dalla mattina alla sera..) Incontriamo presto anche qualcuno dei bambini che frequentano l’oratorio e i componenti del gruppo speranza, che sono ragazzi di Sighet tra i 13 e i 18 anni c.Ca che ci aiuteranno come traduttori e accompagnatori nei servizi. Tale gruppo è stato formato e portato avanti da alcuni anni da Filippo che li segue, oltre che dal punto di vista religioso, nelle loro inevitabili difficoltà legate all’età e al contesto sociale di Sighet. Questi ragazzi grazie a Filippo stesso, ai volontari e ai campisti hanno avuto anche la possibilità di imparare un po’ di italiano (le due lingue sono entrambe di origine latina e di conseguenza l’apprendimento non è particolamente difficoltoso), cosa che agevola decisamente la buona riuscita del campo.

Conosciamo anche alcune suore il cui convento non è lontano dall’oratorio.

Il resto della mattina è dedicato alla sistemazione nelle famiglie ospitanti: Sono nel letto con Marco “Pava” “Pupazzo Gnappo” Pavarini (nel senso matrimoniale del termine, purtroppo), e nella stessa famiglia con due ragazzotti dall’apparenza metallara che soprannominiamo subito gli “Iron”, al secolo Stefano e Francesco (cugini tra loro, sistemati in due divani letto in soggiorno). La famiglia, come tutte quelle ospitanti, è di origine ungherese, e ci accoglie molto gentilmente e con un giro di Palinka (il termine rumeno della grappa, che i locali sono soliti offrire come benvenuto agli ospiti). Nella casa vivono due coniugi abbastanza anziani che parlano solo rumeno, ma a tavola con noi ci sono sempre anche la figlia Zita (che parla inglese e anche un po’ italiano) con il marito Pauli e il bimbo Leo di 3 anni.

Questa famiglia vive in condizioni economiche sicuramente superiori alla media del posto ma non si possono certo definire benestanti: Il condominio e l’appartamento sono abbastanza fatiscenti, va tenuto conto che uno stipendio/pensione media è di c.Ca 80 euro contro un costo della vita non proporzionato (al supermercato, ad esempio, vedo prezzi che mi sembrano c.Ca la metà dei nostri). La sera e la notte l’acqua corrente viene bloccata in tutta la città per economizzare. La famiglia comunque (alla quale come concordato dai responsabili ciascuno di noi lascia 200 euro di contributo spese per 2 settimane, quindi non certo una grande cifra per noi) non ci ha mai fatto mancare niente, anzi ci ha sempre trattato da “pascià” (ad esempio trovavamo regolarmente camera e bagni puliti e i vestiti lavati..). Da parte nostra gli regaliamo un po’ di caffè e pasta che avevamo con noi e un gioco per il bambino comprato in piazza a Sighet, comunque poco rispetto a quanto ricevuto.

A livello di cibo nel loro menu è molto gettonata la zuppa (soprattutto alla sera), oltre alle torte tipiche che la signora ci prepara nel corso della nostra permanenza.

Durante i vari pasti (uno dei quali a base di spaghetti preparato da noi italiani) spesso i nostri ospitanti restano colpiti dai racconti dell’Italia, intravedendo un tenore di vita per loro inimmaginabile (un esempio tra tanti è il possedere un auto a persona). Dall’altro lato tra i vari racconti di Zita mi rimane impresso il fatto che suo padre (malato) necessita di medicinali che come tanti altri non sono sempre disponibili in farmacia ma arrivano solo in determinati giorni: La gente è perciò costretta a far la fila fin dalla notte (anche d’inverno, quando le temperature possono raggiungere i –30° !!!) per riuscire ad avere queste medicine all’apertura della farmacia… In occasione della nostra ”assegnazione” alle famiglie ospitanti conosciamo anche i campisti dei Gesuiti di Roma (in realtà solo una parte dei ragazzi sono di Roma, il resto delle persone proviene da ogni parte d’Italia), capitanati da Padre Massimo e da due o tre ragazzotti che avendo evidentemente diversi campi alle spalle sono considerati i capi/coordinatori del gruppo, tutte persone con intenti assolutamente positivi ma con un modo di fare da Roma caput mundi (caporali, come diceva Totò) anche nei nostri confronti che indispone molti di noi, me compreso. Sicuramente questa è la nota più stonata della nostra esperienza rumena, perchè fa male vedere come due gruppi missionari non riescano ad andare d’accordo pur avendo le stesse finalità umanitarie. Il disaccordo è evidente anche tra i coordinatori tant’è che già nel corso di queste 2 settimane viene deciso che dal prossimo anno l’attività dei 2 gruppi sarà gestita del tutto separatamente.

Al pomeriggio due passi per Sighet ci permettono di entrare un po’ in contatto con questa realtà: Siamo di fronte ad un paese (inteso sia come città che, credo, come nazione) in cui la povertà la fa da padrona, amplificata da enormi problemi di alcoolismo (che rovina e spezza tante famiglie), ma anche di malavita e prostituzione. Quello che vediamo sono edifici fatiscenti, vecchie automobili, carretti pieni di qualsiasi cosa trainati da cavalli e asini (con cartelli stradali a loro appositamente dedicati), diverse strade non asfaltate, gente che per i loro vestiti in Italia definiremmo “barboni”,bambini di strada e cani randagi. Oltre ai tanti aspetti di arretratezza notiamo però qualche segnale di ricchezza e “occidentalizzazione”, come un bel supermercato, 2 banche, un ristorante, qualche negozio che commercia beni non di prima necessità (elettronica, giocattoli, dischi, e altro…), e sospetti locali notturni (con qualche mercedes parcheggiata davanti), tutti indizi che testimoniano sia la presenza di un ceto benestante, per lo più di origine ungherese, sia la presenza di turisti del sesso (certamente in buona parte italiani..).

Un altro aspetto che risalta è la moltitudine religiosa: Ci sono svariati edifici di culto come la chiesa greco/cattolica (la più legata alla nostra), la chiesa ortodossa, la chiesa protestante, la moschea, la sinagoga ebraica, e altri ancora… segno del passaggio di diverse culture: russe, medio-orientali e occidentali.

Dopo cena, come consuetudine, ci si trova tutti nel giardino della piazza per stare in compagnia, italiani e rumeni. Una sera viene organizzato uno spettacolo di balli e acrobazie di alcuni ragazzi dell’orfanotrofio di Sighet, che mettono in mostra doti notevoli. Si tratta di un gruppo che anche Filippo con tutti i suoi sforzi fatica ad educare; Incentivarli quindi in queste attività è un buon modo per aiutarli a sentirsi utili in mezzo agli altri. Purtroppo un’altra sera accade anche che a Beppe venga rubato il portafogli con una cospicua somma all’interno, sempre in piazza e sempre da uno di questi ragazzini. L’episodio crea qualche battibecco con i romani in quanto loro non volevano che fosse chiamata la polizia per evitare una brutta fine al ragazzino. Lo stesso sarà rilasciato e la somma recuperata, ma resta una vicenda spiacevole e di difficile gestione. Fin dalla prima sera si mette subito in evidenza anche il mio compagno di camera Pava che intrattiene i presenti con i suoi bans. Lo stesso proverà anche, quasi sempre inutilmente, a proporre degli spazi di condivisione: Le riflessioni sono rimandate a fine campo. Intanto conosciamo un po’ meglio anche i nostri co-inquilini “iron”, che si dimostrano subito matti come cavalli ma buoni compagni di baracca.

25/07 – 29/07 (LUNEDI – VENERDI) La settimana “lavorativa” è organizzata con precisi orari: – Ore 8.15 lodi in chiesa (piazza) – Ore 9.00 Preparazione dei servizi (oratorio) – Ore 10.00 Servizi – Ore 12.30 Pranzo in famiglia – Ore 14.30 Corso di chitarra (oratorio) – Ore 16.00 Servizi – Ore 18.15 Messa in chiesa (piazza) – Ore 19.30 Cena in famiglia – Ore 21.00 Ritrovo in piazza – Ore 23.00 Rientro in famiglia e a letto.

La giornata tipo comincia con le mie difficoltà nello svegliare gli altri 3 dormienti (soprattutto gli iron) ai quali spesso devo buttare addosso dell’acqua per “convincerli” ad alzarsi. Dopo la colazione i tempi si fanno ristretti ed essendo a c.Ca 1,5 km dalla piazza spesso prendiamo un taxi che ci porta alla chiesa ad un costo di c.Ca 1 euro. E’ una cifra che diviso 4 risulta giornalmente spendibile senza problemi per stare a letto un quarto d’ora in più, ma con il senno di poi penso non sia stato un bell’esempio per i locali, in quanto mi immagino che ci abbiano visto come italiani “sboroni” che si permettono tutti i gg. Il taxi ostentando le loro possibilità economiche… A proposito di questa riflessione va detto che Adriano ci ha ricordato più volte agli incontri di preparazione che non si va in Romania per aiutarli materialmente (o perlomeno, si fa ben poco in 2 settimane), ma soprattutto per dare un immagine, una testimonianza di stile di vita, dato che i ragazzi non hanno molte guide e sono lasciati a se stessi e agli esempi poco costruttivi della loro società (alcoolismo, prostituzione, famiglie divise, ecc.. Come già citato). Vestiti sobri, non vistosi e senza messaggi negativi sulle magliette, niente piercing, niente orecchini per gli uomini, non farsi vedere a fumare e bere, ecc…Sono le raccomandazioni più ripetute, credo giustamente, da Adriano.

Le lodi mattutine rappresentano il primo momento di preghiera della giornata e l’occasione per le eventuali comunicazioni organizzative.

I servizi nei quali siamo impegnati durante la settimana sono svariati, ma una volta scelto resta quello per tutta la durata del campo: Siamo divisi in gruppi di 5 o 6 persone (compresi i romani), ognuno dei quali impegnato o in una casa famiglia, o nelle case per bambini disabili, o all’orfanotrofio (“casa dei copìi), o all’ospedale (chiamato “Batrani”), o a fare lezioni di italiano, oppure all’oratorio con Padre Filippo.

Vengo assegnato alla casa per bambini disabili chiamata “Stephan Celmare”, insieme ad altri 4 di noi. La nostra attività è stare in loro compagnia, giocare, suonare e cantare (la bamba e bella ciao sono le loro canzoni preferite), insomma fare un po’ di “animazione”. A causa del ritardo mentale nessuno di questi bambini è in grado di parlare (qualcuno sa pronunciare qualche bozza di parola) e tutti hanno malformazioni fisiche più o meno gravi che, mi vien da pensare, se fossero state prese per tempo (come sarebbe successo da noi, ad esempio), sarebbero state in buona parte guaribili. Addirittura non ci sono carrozzine, nonostante la metà di loro non cammini: Questi ultimi per giocare si spostano praticamente strisciando e vengono presi in braccio dalle assistenti quando vengono messi a letto.

I giorni passati in questa casa mi fanno rendere conto della sfortuna nella sfortuna di queste creature: Oltre ad avere tutti questi problemi ed essere in molti senza famiglia, le cure a loro rivolte fanno spesso rabbrividire, in quanto da parte delle assistenti notiamo atteggiamenti poco rispettosi per non dire quasi violenti, oltre ad una scarsissima cura dell’igiene e attenzione umana; Insomma, i trattamenti ai nostri occhi occidentali ci appaiono quasi da animali. Allo stesso modo i sorrisi di questi bambini mi fan pensare che nonostante una tale situazione basta veramente poco per renderli felici, mentre nella nostra quotidianità noi che abbiamo tutto e di più siamo spesso nervosi e pieni di crucci. Questo contrasto l’ho notato ancora di più negli africani conosciuti in altri campi estivi.

Tra i vari momenti della giornata ce ne sono alcuni liberi, durante i quali si resta all’oratorio preparando le attività (giochi e altro) da proporre ai bambini, oppure si sta semplicemente in chiacchere.

Data la disponibilità di diverse chitarre (e di chitarristi tra i campisti) dopo pranzo organizziamo corsi per bambini e ragazzi dell’oratorio, compreso qualcuno del gruppo speranza, che pur con qualche difficoltà ci daranno alla fine delle soddisfazioni.

La messa delle 18.15 è il momento del ritrovo serale dopo i servizi della giornata. A suonare siamo in 4 o 5, a volte con qualche ragazzo rumeno, coordinati dalla Patty di Puianello, che quando annuncia i canti lei con il suo accento emiliano la sente mezza Sighet, e mi scappa sempre da ridere. Suoniamo per lo più canzoni liturgiche italiane ma ne impareremo anche qualcuna rumena.

Dopo la cena in famiglia come detto ci si ritrova in piazza passando a prendere alcune ragazze del nostro gruppo che non si fidano a girare da sole alla sera (avendo tra l’altro la famiglia ospitante nella zona dei locali notturni) e le camminate insieme, soprattutto i rientri, diventano occasione per fare un po’ di baracca con chitarra e cantate varie. Ci scappa anche qualche birretta…Ma facciamo finta di niente, vero iron? 30/07 SABATO La giornata è dedicata ad una gita fuori Sighet che prevede una visita all’antico monastero di Barsana (ad un’oretta di strada), un giro in un antico villaggio ricostruito e successivo pic-nic con relax e vespri finali.

Come mezzo di trasporto utilizziamo un vecchio pulmino a noleggio (la corriera che ci ha portato qui è tornata in Italia e verrà a prenderci solo a fine campo). Ci chiediamo come questo mezzo possa ancora funzionare, ma personalmente anche il vedere questo pulmino che da noi sarebbe stato demolito da anni è stata una testimonianza di sobrietà (derivante da una necessità, non da una scelta, ma non importa) e un pretesto per chiedermi quante cose buttiamo che potrebbero essere ancora tranquillamente utilizzate, magari solo perché fuori moda o leggermente rovinati (cellulari, vestiti e tanto altro…). Basta guardare le nostre isole ecologiche… Per questa escursione essendo impegnati sia P.Filippo che Adriano siamo accompagnati da Giovanni, il volontario italiano che opera qui in oratorio da diversi mesi.

Nel bel contesto del monastero, composto soprattutto da ampi spazi verdi, ci viene dato un po’ di tempo per il silenzio e la riflessione personale.

Il pic-nic, con panini preparati dalla famiglia ospitante (i nostri sono panini ai peperoni che noi non apprezziamo molto ma che per loro sono normali) è all’insegna della baldoria e dei gavettoni, neanche tanto spiacevoli visto il caldo asfissiante di questa giornata.

31/07 DOMENICA La domenica mattina è prevista la messa nella chiesa greco/cattolica, ancora in fase di costruzione ma con uno spazio già agibile. La celebrazione è ovviamente in lingua rumena intervallata da un coro gregoriano. Il tutto della durata di oltre 2 ore… con tutto il rispetto…Un po’ pesante! (per usare un eufemismo).

Il pomeriggio è libero e lo dedichiamo alla visita della casa/museo di Elie Wiesel, ebreo originario di Sighet nato nel 1928 (credo sia ad oggi ancora vivo), deportato e sopravvissuto ad Aushwitz e Buchenwald, autore del libro “La notte” (in cui racconta appunto la sua deportazione) e premio Nobel per la pace nel 1986.

01/08 – 05/08 (LUNEDI – VENERDI) La settimana procede con i ritmi sopra descritti, salvo alcune uscite extra che arricchiscono l’esperienza. In settimana infatti accompagnati da P.Filippo e da un Rabbino visitiamo la sinagoga ebraica. Tutti gli uomini si mettono un copricapo in testa, come previsto dalle loro usanze. Una volta al suo interno leggiamo alcuni passi del libro di Elie Wiesel. Questi momenti mi rimarranno come uno dei ricordi più significativi del campo, in quanto il contesto di Sighet, la sinagoga, le parole del Rabbino e i passi agghiaccianti del libro mi provocano la pelle d’oca nell’immaginarmi le scene della deportazione.

Non a caso subito dopo ci dirigiamo a piedi verso la stazione ferroviaria, oggi in disuso, dalla quale partivano i convogli diretti ai campi di concentramento. Qui concludiamo il pomeriggio con un momento di preghiera.

Un altro giorno visitiamo l’ex prigione utilizzata dal regime comunista, che testimonia, grazie anche ad alcuni racconti di una guida, un’altra pagina disumana vissuta da questo popolo. Dopo la visita ci rechiamo in un prato appena fuori Sighet, nei pressi di un vecchio cimitero ebraico, per una messa in ricordo dei numerosi religiosi uccisi dal regime.

C’è spazio anche per una serata in pizzeria (si, a Sighet c’è una pizzeria!) e una cena/ritrovo tutti insieme all’oratorio.

Al Giovedi è prevista anche l’uscita con i bambini della Stephan Celmare, utilizzando il furgoncino di Filippo, al parco di Gravina Mori, sul fiume. Putroppo il maltempo rovina l’uscita che si conclude molto alla svelta, ma pochi minuti bastano per creare entusiasmo tra i bambini stessi. Una di loro, di nome Mariuka e con grave disabilità fisica e mentale (non l’ho mai sentita parlare salvo quando cantava “Bamba, bamba”) una volta salita in auto continuava a ripetere “macchina, macchina” dalla gioia.

Al venerdi, giorno dei saluti nelle case dove abbiam prestato servizio, è previsto presso le suore uno spettacolo teatrale recitato dai bambini dell’oratorio e coordinato da Lucia, una ragazza del nostro gruppo che studia teatro. La rappresentazione prescelta è “Forza venite gente”, alla quale cerchiamo di fare un sottofondo musicale adeguato con le nostre chitarre scassate. Il tutto risulta divertente e, direi, ben riuscito visti i tempi di preparazione. I bambini dell’oratorio hanno preparato anche una serie di oggetti in legno e simili con i quali allestiscono un mercatino che visitiamo.

06/08 SABATO Siamo all’ultimo giorno, dedicato ad una condivisione finale: Ognuno, con un giro di tavolo, esprime ciò che si sente di dire a caldo su queste 2 settimane passate in Romania. Credo siano momenti indispensabili affinchè ciascuno possa assimilare meglio l’esperienza arricchendola e “mescolandola” con le riflessioni dei compagni di viaggio. Anche qui, col senno di poi, avrei fatto bene ad appuntarmi le frasi che più mi colpivano, per avere un ricordo di questo giro di tavolo, ma questa mancanza mi è poi servita da lezione per il futuro.

C’è tempo anche per un triangolare di calcio all’oratorio (sia maschile che femminile) tra noi, i romani e i sighetiani. Ne usciamo sconfitti in entrambe le categorie, ma pazienza, l’importante è lo spirito di amicizia! (soprattutto con i romani, a momenti ci meniamo in campo…).

Cominciano i saluti con gli scambi di numeri di cellulare e indirizzi con i ragazzi rumeni. Questa fase creerà in seguito qualche problema a qualcuno di noi tartassato di telefonate da chi cerca appoggio in Italia. Va detto che, come succede in tutti i paesi poveri, il sogno di tanti rumeni è quello di spostarsi nei paesi più ricchi (sicuramente la penseremmo anche noi allo stesso modo, se fossimo nati là…), e l’Italia è la meta più ambita. Qualcuno dei ragazzi che abbiamo conosciuto in seguito riuscirà a venire nel nostro paese, ma non so cosa abbia poi combinato. Se da un lato diversi rumeni trovano un lavoro serio, anche come badanti, dall’altro il rischio prostituzione per le ragazze e criminalità per gli uomini è, come noto, elevato.

A tal proposito la raccomandazione a noi ripetuta più volte da Adriano è quella che si va a Sighet per dargli una mano sul posto, assolutamente non per aiutarli a venire in Italia, altrimenti il lavoro dei frati cappuccini si rivela controproducente.

07/08 E 08/08 DOMENICA E LUNEDI Come tutte le cose di questo mondo arriva la fine anche di questo campo estivo. La domenica mattina si parte verso ora di pranzo, dopo la messa alla chiesa greco/cattolica (che stavolta marino vista l’esperienza della scorsa settimana..Non ce la potevo fare…). Ci si saluta con tutti i rumeni e romani (fortunatamente quelli poco simpatici erano la minoranza). La lunghezza del viaggio ovviamente non cambia, ma è certamente diversa la percezione del tempo, in quanto dopo 2 settimane insieme la confidenza tra di noi è molto maggiore e le 24 h. Di pulmann passanno tra chiacchere, foto, canti, risate e un po’ di riposo. Arriviamo a San Martino in Rio verso le 11.00 del lunedi mattina, e dopo la mega foto di gruppo (che finirà sulla Gazzetta di Reggio insieme alla testimonianza di qualche campista) pranziamo insieme dai frati per poi salutarci e darci apputamento ad inizio settembre, fissando come ritrovo la giornata di volontariato (che Adriano organizza mensilmente) di sabato 1 settembre nel centro missionario dei cappuccini.

Una esperienza missionaria come questa, seppur breve, è sicuramente una valida alternativa ad una vacanza “classica”: Al di là di quel poco che si può fare per la gente del posto, un campo estivo arricchisce dal punto di vista umano e lascia tante piccole lezioni di vita; Inoltre, in questo caso specifico, allarga le vedute rispetto ai preconcetti che tanto sono di moda riguardo ai popoli dell’est Europa. Non posso che consigliarlo a chi ha un po’ di spirito di adattamento, si fa delle domande e ha voglia di mettersi in gioco.

Giovanni Cavalcabue



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