Turkish moto mix kebap
L’Africona, la nostra fedele motocicletta, è stata la “salsina” del mix kebap rendendo ancora più gustosi e speziati i più di 6.000 km percorsi tra sabbia, pioggia e cadute alla scoperta di questo meraviglioso Paese che è la Turchia.
PREPARAZIONE DEL VIAGGIO: – BIGLIETTI: WWW.ANEKLINES.IT, WWW.MARMARALINES.COM – HOTEL: WWW.EXPEDIA.IT, MAIL DA ITALIA, PRENOTATI IN LOCO.
– MAPPE GARMIN NAVIGATION SYSTEM E CARTINA TURCHIA DI WORLD CART STUDIO F.M.B. Bologna + mappe elaborate con mapsource.
– guide edt lonely planet turchia – nessun vaccino, solo farmacia da viaggio – per la moto: camere d’aria di scorta,leve per togliere le gomme, nastro americano, olio, grasso catena, fusibili, cinghie per la nave, filo frizione e attrezzi vari, normale check-up pre viaggio.
– documenti: necessari per importare la moto il passaporto del proprietario e la carta verde con copertura assicurativa dell’intera turchia.
– in turchia e’ in corso la lira turca. Il cambio e’ di circa 1 euro = 1,70 ytl.
costo totale per 2 persone e consumi: 3.034 euro di cui 550 di benzina. L’AFRICONA HA VIAGGIATO CON UNA MEDIA DI 18,9 KM/l MA IN TURCHIA LA BENZINA (KURSUNSUZ) COSTA TANTISSIMO, CIRCA 2 EURO AL LITRO! CONSIGLI e VALUTAZIONI CON IL “SENNO DI POI”: – Indispensabili per connettere GPS, telefono ed MP3 e per condividere ogni momento del viaggio restando sempre in contatto (anche quando uno dei due si allontana per chiedere informazioni) sono gli auricolari Bluetooth Cardo Q2 con 8 ore di autonomia ed una resa ottima.
– Sino ad oggi le mappe della Turchia per GPS fornite da Garmin sono relative alle sole strade principali. Le mappe scaricate da Internet (mi pare che ce le abbiano passate due ragazzi che si chiamano Teddy e Gloria) si sono rivelate perciò ottime ed utili soprattutto nelle grandi città dove il percorso tracciato ci ha guidati come un binario.
– Per il traghetto Italia-Grecia , se optate per il posto poltrona, è utile portare un materassino gonfiabile ed una coperta (il condizionatore va a manetta) da abbandonare eventualmente sulla nave per problemi di spazio. Non si può dormire sui divanetti del bar! Col materassino vi potete almeno sdraiare.
– I biglietti di ingresso ai vari siti sono cari (in media 20 ytl) sia ad Istanbul che altrove: fatevene una ragione! – Se avete intenzione di attraversare il ponte sul Bosforo è meglio procurarsi il pass elettronico in anticipo (filiali della Zaarat Bankasi) perché spesso alla barriera vendono solo il pass da 10! – Se non vi piace l’insalata abituatevi: in turchia la sevono anche a colazione! (Insalata di pomodori, feta, anguria, olive e uova bollite) – Il tratto Istanbul-Cappadocia in una sola tappa è lungo ma fattibile e vi permette di evitare il pernottamento ad Ankara (città che abbiamo trovato davvero insignificante) – Sergio ed Io non siamo affatto esempio da seguire. Spesso la voglia di conoscere e il budget ristretto ci fanno optare per soluzioni scomode ed adottare comportamenti un tantino azzardati, ritmi molto serrati, scelte off-limit. Adattate perciò, se vorrete, il nostro itinerario alle vostre necessità.
– I bagni sono normali … Non alla Turca! iL VIAGGIO 15 AGOSTO 2008 MILANO – ANCONA (TRAGHETTO) Il nostro viaggio incomincia durante un tipico ferragosto italiano. Partiti da Milano alle 7.00 sotto al temporale alle 10.30 siamo a Rimini e splende il sole! In coda per far benzina all’Agip un gruppo di motociclisti da week-end ci apostrofa con: “Bel mezzo! Oggi dove andate a far baldoria?” Rispondo: TURCHIA! Segue (dopo qualche secondo di silenzio allibito degli altri): EEEEEEEEHHHHHHHHHHH??????????? Uffa! Ne ho abbastanza di tutti i vari “Sii Matt”, “tutti quei km lì” e “ma in moto è meglio la Sardegna!”. Basta con questi sfinimenti da Club Francorosso! Abbiamo deciso che andiamo in Turchia e soprattutto che ci arriveremo con la nostra moto! La preparazione del viaggio è stata meticolosa, quindi con un po’ di improvvisazione e l’inesauribile gusto per la scoperta so già che sarà un viaggio bellissimo! Alle 14.00 siamo al porto di Ancona per imbarcarci sul traghetto della Anek. Posto poltrona perché le cabine sono carissime. Inutile sperare di svaccarsi sui divanetti del bar sia perché lo stesso a mezzanotte chiude, sia perché i camerieri sono dei nazisti e non vi fanno sdraiare. Il servizio nel garage della nave è pessimo e gli addetti fanno casino tra i veicoli diretti a Iogumenitsa e Patrasso. Le moto salgono per ultime, c’è un sacco di posto ma ci incastrano tutti al ponte –1 dopo averci lasciato 20 minuti fermi e carichi su una rampa in discesa! Inoltre nessuno lega le moto che sono state letteralmente accatastate in un angolo! 16 AGOSTO 2008 (TRAGHETTO)- IOGUMENITSA – KALAMPAKA Dopo una notte passata per terra sul nudo pavimento (ma con un velo di mouquette!!) siamo svegliati da una specie di sirena tipo allerta antiaerea. Il messaggio dal tono ansiogeno ed allarmante è il seguente: “Tutti i proprietari di veicoli scendano subito in stiva! La nave ha un ritardo di due ore e quindi partirà immediatamente per Patrasso!” Con lo stesso livello d’ansia del messaggio anche gli inservienti sollecitano i passeggeri a sbrigarsi ….. Inutilmente! Scesi alle moto (che nemmeno sono state legate dagli imbecilli della Anek) restiamo fermi un’ora in porto, chiusi senz’aria nell’afosa stiva/sauna, come topi in trappola, al piano –1! Abbiamo anche qualche automobilista sveglione che accende il motore rischiando il linciaggio da parte nostra! Alle 9.30 locali, siamo finalmente liberi! Ci possiamo quindi concedere una mini colazione caffè/succo/biscotti al bar del porto. Ci si deve accontentare perché Iogumenitsa è una città inesistente e deserta senza bar. Dal porto siamo immediatamente in autostrada (gratuita) che si snoda modernissima (ed in costruzione per alcuni tratti) tra colline aspre e disabitate in direzione Ioannina. Dopo Ioannina l’autostrada tutta viadotti e tunnel si interrompe ed il traffico sino a Kalampaka transita su una fantastica (per il panorama!… E solo per quello) statale tutta curve e media dei 60 km/h (forse) da percorrere in compagnia di altri simpatici motociclisti e noiose colonne di TIR e camper che attraversano a ritmo lumaca il Paese diretti a Salonicco! Non ci aspettavamo una strada così lenta, per cui arriviamo a Kalampaka (ai piedi delle imponenti e bellissime Meteore) solo alle 12.30. Ci sistemiamo all’hotel Odysseon, doccia veloce (ma da favola dopo la mattinata passata), moto scaricata, via i caschi e subito ci dirigiamo ai monasteri.
Per quanto maestose, le rocce note come “meteore” occupano un’area non vastissima (la strada che le collega è lunga in tutto 10 km) per cui potete visitare in una giornata i principali monasteri (ingresso 2 euro ciascuno) arroccati sulla cima di ciascuna di esse. Preferiamo tra tutti “Big Meteora”. La sera aspettiamo il tramonto al view point. Per cena ci fermiamo lungo la strada al villaggio di Kastraki (di fronte al campeggio) in una taverna davvero spartana piena di gatti (pronti a dividere con voi gli avanzi) gestita da due anziani che, nonostante i quasi ottant’anni non vogliono lasciare il lavoro. Menù a base di abbondante Souflaki per due circa 20 Euro. Prima del sonno ristoratore la natura delle meteore ci regala un’ ultimo meraviglioso spettacolo: un’enorme luna piena, tra due roccioni, illumina suggestivamente tutto il paesaggio.
17 AGOSTO 2008 KALAMPAKA – KAVALA Tappa di trasferimento, via Salonicco, prevalentemente in autostrada a tratti gratuita, a tratti a pagamento. Importante ricordarsi che in Grecia i distributori sono fuori dall’autostrada! In Macedonia l’uscita dall’autostrada nei pressi di un lago ci riporta indietro di almeno 40 anni (distributore con i numeri neri che girano e bar con le sedie impagliate. Il gestore parla solo greco).A Kavala alloggiamo al Tosca Beach (unico 4 stelle di tutto il viaggio). Situato circa 2 km lontano dal caotico centro città al Tosca Beach apprezziamo la suite con terrazza sul mare, la spiaggetta privata e l’acqua cristallina. Unica cosa da evitare il ristorante di pessima qualità. Dopo il tramonto visitiamo la città vecchia di Kavala con le sue strette e piccole vie lastricate di pietra la cui architettura ci proietta già in Turchia. Ceniamo con pochi euro da Gyromania ovviamente a base di Pita e Ghyros evitando i costosi ristoranti del porticciolo. 18 AGOSTO 2008 KAVALA – ISTANBUL (UNA GIORNATA INFINITA!) Cerchiamo di partire presto per evitare il supercaldo facendoci fare due cestini per la colazione che mangiamo alle 10.00 lungo il tragitto (era meglio evitare perché la torta sapeva di cipolle! Una schifezza vera!) . La strada sino alla frontiera turca è una meraviglia sicchè in poco tempo (200 km circa in meno di due ore) siamo accolti da enormi bandiere rosse con la mezzaluna che campeggia: siamo a Ipsala, Turchia.
Velocissime le formalità doganali. Alla frontiera non ci sono cambiavalute così ci dirigiamo nel centro di Ipsala alla ricerca di una banca. Colta da un attacco di nostalgia lavorativa entro in una filiale della Zaarat Bankasi modernissima (la mia filiale a confronto crolla a pezzi) ed all’avanguardia i cui arredi e lo stile ultramoderno dei dipendenti stridono con l’ambiente circostante e gli abitanti della cittadina. Ipsala è infatti una città prevalentemente rurale invasa da trattori vecchia maniera, strade in parte sterrate, donne velate e uomini che mi ricordano vagamente i pastori sardi. Il nostro arrivo getta un po’ di scompiglio: entro in banca senza togliermi il casco (che con tanto di tuta mi rende più simile ad un astronauta che ad una donna) creando in tutti i presenti un certo stato d’ansia, mentre fuori si forma un capannello di persone attorno alla moto super carica il cui GPS accesso attrae curiosi come una calamita. Ottenute così le nostre prime lire turche, con il caldo che incomincia a farsi sentire, lungo 220 Km di stradone a doppia corsia ed asfaltato di recente eccoci alle porte di Istanbul. L’arrivo in città non ha affatto il “profumo d’oriente” poiché prima di arrivare nel cuore del regno dei sultani ci accolgono tentacolari sobborghi che si estendono a perdita d’occhio sul crinale di brulle collinette. E non sono case piccole, sono centinaia di enormi palazzoni di 10/15 piani realizzati a lotti come la nostra peggior edilizia popolare anni ’70. La cosa strana è che, nella maggior parte dei casi, si nota perfettamente che sono stati realizzati da poco (anche la Turchia ha attraversato una fase di boom edilizio???) e quasi tutti non sono abitati o lo sono solo alcuni appartamenti. Probabilmente con un’inflazione superiore al 10% non è facile pagare le rate dei mutui, oppure le cooperative edilizie non trovano finanziamenti per proseguire, mi informerò meglio … Man mano che ci avviciniamo alla città (il centro dista ancora più di 20km) il traffico impazzisce, le strade sono sovraffollate e non si capisce dove diamine siamo! Perdendo completamene il senso dell’orientamento ci aggrappiamo alla nostra unica salvezza: la linea rosa (quella tracciata a mano e mai utilizzata prima!) di Garmin. Facendoci ignorare tutto ciò che ci circonda (centinaia di bus, taxi, camion puzzolenti, gente a piedi, traffico veloce ed impazzito) come se fossimo su due piani sovrapposti, pur facendoci percorrere tratti contromano ed attraversare mercati invasi da polli in libera uscita, Garmin ci permette di compiere il miracolo! Alle 14.00 siamo a Sultanhamet tra le tranquille e rilassanti viuzze della città vecchia, all’ombra di Aya Sofia e del Topkapi. A poche centinaia di metri dalle principali bellezze di Istanbul, in una vecchia casa ottomana con un bel giardino ed una terrazza che guarda il Bosforo, si trova il nostro Hotel, il Poem. Solo ora realizziamo: siamo davvero arrivati alle porte dell’Asia! Non c’è parcheggio per l’Africona che lasciamo in custodia al portiere dell’hotel (che ci fa mille ed una rassicurazione circa la tranquillità del quartiere) mentre noi usciamo per goderci Istanbul.
Appena fuori dall’hotel il profumo che fuoriesce da un forno ci fa scoprire una delle delizie della Turchia: il pane! Non ce n’è una gran varietà ad essere sinceri, ma si tratta di una sola grande pagnotta da circa mezzo chilo della quale ci innamoriamo e ne mangeremo in tutto il viaggio una quantità industriale. Dello yogurt ed un po’ di frutta completano il nostro menù per un pic-nic che consumiamo nei giardini di fronte alla moschea blu mentre cerchiamo di convincere un lustrascarpe che con noi come clienti non c’è speranza. Gli stivali della moto non torneranno mai lucidi! In questi minuti di relax ci guardiamo intorno: Aya Sofia da una parte, più giù il Bosforo, da là il gran Bazar. La prima fase del viaggio è terminata, ora incomincia la scoperta di un Paese ricco di storia, paesaggi e cultura: la Turchia.
Camminiamo senza meta cercando di farci avvolgere ed assorbire dalla città. Ci troviamo dapprima in quello che credo sia il bazaar dei tipografi, poi nel centro amministrativo della città per trovarci infine al ponte di Galata nei pressi di Eminuo Square. Per 20 YTL ci facciamo convincere da un procacciatore di clienti a fare una crociera di due ore su un battello lungo le due rive del Bosforo. E’ quasi il tramonto e la luce è ottima per una veduta d’insieme di Istanbul che, come adagiata sul Bosforo, offre ai nostri occhi i suoi mille scorci: le moschee in ogni angolo, il corno d’oro, Galata ed i pescatori da un lato ed il Topkapi dall’altro, i ponti. Tutto come se stessimo guardando quelle cartoline viste mille volte e che ci hanno fatto desiderare di partire. Ma questa volta il vento e la salsedine tra i capelli, i gabbiani, il rumore delle centinaia di veicoli che attraversano i ponti, i battelli, l’odore delle pannocchie cotte e vendute dagli ambulanti, i passi ed il vociare dell’ora di punta rendono tutto diverso: finalmente siamo qui. La crociera merita. Per molti Istanbul è anche una città piacevole da vivere e sul lato asiatico ci sono ville moderne e stupende, immerse nel verde che appartengono a chi, probabilmente, ha fatto questa scelta.
Ritornando a Sultanhamet ci consigliano di andare a prendere un aperitivo sulla terrazza dell’Arcadia Hotel dalla quale il panorama è da togliere il fiato. Sono un po’ in imbarazzo a causa dei vestiti poco puliti e dall’aspetto non proprio ordinato, ma qui nessuno si formalizza. Sorseggiando una birra aspettiamo che si accendano le luci sulla moschea, il ponte sul Bosforo e su tutta la città (mmmm…Unico dubbio perché Sultanhamet è spento?) Mentre ritorniamo in hotel, nei pressi dell’ippodromo, un episodio che mi lascia scioccata: polizia, lampeggianti, nastro a delimitare un’area, sirene spigate e un vocabolo sulla bocca di tutti…Bomb, Bomba… Non faccio in tempo a realizzare che uno scoppio fragoroso mi fa gelare il sangue. Sulla scia dei drammatici eventi ed atti terroristici che solo un mese prima hanno visto protagonista la città di Istanbul penso: “Ecco, ci siamo, adesso tocca anche a noi!” Per fortuna si tratta solo di un falso allarme e di un “sospetto pacco bomba” fatto esplodere per precauzione (ecco il perché del botto sentito). Ma le sorprese della sera non sono ancora terminate. Camminando ancora sconvolti per Sultanhamet il quartiere ci sembra un presepio, tutto illuminato con candele e lampade ad olio. Inizialmente pensiamo sia per creare un’atmosfera un po’ magica ma poi, una volta tornati in hotel, scopriamo la verità: non c’è energia elettrica! E la nostra stanza è in mansarda! (quindi con il condizionatore kaput!) Ceniamo tranquillamente con kebab al pistacchio (24 YTL per due) mentre una leggera brezza soffia dal Bosforo. Inutile sperare: la mansarda, rincasando, si rivela peggio di un bagno turco! Non resisto 5 secondi di più ed alle 2 prendo mio marito (che complice la stanchezza ronfa comunque come un ghiro), 4 coperte da usare come materasso, i due cuscini e costituisco il mio personale giaciglio vista Bosforo sulla terrazza dell’hotel. Il guardiano notturno prima cerca di farmi desistere ma poi si rassegna. Il giaciglio è un po’ duro, ma quando mi ricapita di dormire sotto le stelle ammirando i minareti della moschea blu e svegliata ogni tanto dalle sirene delle navi in transito dirette al Mar Nero? Mentre riordino mentalmente i pensieri ed i fatti di questa giornata infinita, all’orizzonte sta per spuntare l’alba. 19 AGOSTO 2008 – ISTANBUL – Benchè il muezzin non sia proprio un personaggio silenzioso, nonostante l’avvio dei lavori di riparazione alle linee elettriche con uso massiccio del martello pneumatico per ricercare il guasto, dormiamo fino a tardi. Siamo pronti solo alle 10.30 quindi ci becchiamo in pieno l’invasione dei bus dei turisti e lo sbarco di massa dalle navi da crociera (orrore!!!!): Rimandiamo quindi a domani la visita al Topkapi e improvvisiamo un po’ il programma di oggi. Prima di tutto oziamo un po’ nella moschea blu dove, dopo mezz’ora di sovraffollamento, restano solo pochi visitatori e possiamo quindi goderci l’atmosfera pacifica e rilassante, nonché le stupende maioliche beatamente sdraiati sulla moquette più morbida che i miei piedi abbiano mai calpestato! Prima di impastarci del tutto (stanotte ho veramente dormito poco) in questo mondo soffice ci diamo una mossa e ci dirigiamo al gran bazar. Sarà che di souk ormai ne ho a nausea la causa per cui il Gran Bazar mi sembra piccolo, poco affollato e non così allettante come speravo. O forse ho questa sensazione perchè, a causa del limitato spazio concesso dalla moto, le cose belle come tappeti, lampade e giacconi di pelle e pelliccia sono per me inavvicinabili e non li voglio nemmeno guardare dato che nel mio caso guardare e non comprare è peggio della tortura più atroce!! Uffa! Nemmeno i Rolex tarocchi e le finte Prada mi risollevano il morale! Per fortuna l’umore si ristabilisce nelle viuzze all’esterno del gran bazar coperto (un po’ troppo turistico) dove fremono la quotidianità ed il commercio tra centinaia di negozi che vendono di tutto: dai giocattoli agli abiti da sposa (che sembrano tutti delle enormi meringhe). Per pranzo compriamo qua e là pistacchi, gelato, pane fermandoci in ogni bancarella che ci attira. Ma il migliore tra tutti i venditori è l’omino col carretto delle mele autosbuccianti e a molla! Non avete mai mangiato una mela tagliata a molla? Bhè allora avete un motivo in più per andare ad Istanbul! Ovviamente ci perdiamo, soprattutto perché le vie spesso non hanno nome. La folla di studenti sulle scale di un maestoso edificio ci fa capire che siamo all’Università da dove prendiamo il tram (ogni corsa indipendentemente dalla durata richiede un gettone che costa 2 YTL più che da noi) per tornare nella zona dell’ippodromo e cercare la Cisterna Basilica. Nonostante il biglietto di ingresso salato (l’equivalente di 7 euro) il luogo è indubbiamente affascinante e suggestivo (complice la musica in filodiffusione), anche se i pesci che vagano intrappolati al buio lo rendono un po’ cupo ed inquietante. Ritornati in superficie ci aspetta la maestosità di Aya Sofia, monumento simbolo della città, non solo per le gigantesche proporzioni, ma perché la sovrapposizione degli stili architettonici che oggi la compongono richiama la molteplicità di culture (dai bizantini, ai romani, agli arabi) che, avvicendandosi nei secoli, hanno generato la moderna Turchia. Prima di partire per la Turchia sarebbe opportuno chiedersi: “Quante tazze di tè (qui detto cay) posso bere in tre settimane?”. Al vostro ritorno tale stima sarà stata sicuramente superata di larga misura! E’ proprio per bere un cay in ozio e dominando con lo sguardo il corno d’oro che ad Eminuo cerciamo il bus 99 (e non 399 come scritto sulla Lonely!!) che ci pota nel quartiere di Eyup dove, in cima alla collina, si trova il famoso Cafè Pierre Loti (chiedete di scendere ad Eyup cami e poi cercate la “teleferico”).
Sulla via del ritorno verso l’hotel ci imbattiamo nello spettacolo di suoni e luci alla Moschea Blu. Un consiglio: evitatelo con cura! E’ davvero triste! Meglio fermarsi per l’ennesimo cay al Dervishi Cafè dove si possono osservare i dervishi ed ascoltare la Sufa (in veste un po’ troppo commerciale ma comunque piacevole. PS: non per tutti, Sergio annoiato ha ribattezzato il tutto “La Solfa!”).
In hotel l’elettricità manca ancora, ma almeno ci hanno cambiato stanza e si respira! 20 AGOSTO 2008 – ISTANBUL – Visita all’apertura al palazzo Topkapi dove davvero merita il Tesoro. Abbiamo noleggiato un’audioguida che per poco non è stata causa del nostro arresto! (All’uscita ci siamo infatti scordati di renderla, peccato fosse allarmata! Appena varcato il perimetro del cortile sono partite le sirene e ci hanno rincorso 10 guardie, nemmeno avessimo rubato il Tesoro!) Nel pomeriggio shopping nella moderna Istiklal Caddesi dove non arriva più l’Orient Express ma abbondano i negozi delle grandi firme internazionali e lo storico Tranvai che porta a Taksim un po’ stride con l’onnipresesente faccino di lumaca, simbolo della nuova Turkcell.
Da Taksim il bus 40 ci porta in uno dei luoghi più piacevoli di tutta Istanbul: Ortakoy Kami, la minuscola moschea che si affaccia sul Bosforo proprio sotto al maestoso ponte che unisce L’Europa all’Asia. La piccola piazzetta antistante con i bar e i piccioni sembra una piccola Montmartre! Ceniamo con un veloce e gustoso Kebap preparandoci per il viaggio che domani riprenderà … 21 AGOSTO 2008 – ISTANBUL – ANKARA Raggiungere la O4 da Sultanhamet è un attimo. Attraversare il ponte tra Oriente ed Occidente sulla tua moto, con la brezza marina del mattino un’entusiasmane esperienza, il calvario inizia solo DOPO il ponte, in prossimità del casello! Da Aprile 2008 è stato infatti abolito il pagamento cash del pedaggio, per cui: o vi procurate prima un pass elettronico alla Zaarat Bankasi (ma ieri c’era troppa coda e quindi non abbiamo ascoltato il consiglio di TUTTI, dall’albergatore ai vari turchi che abbiamo incontrato, di acquistare il pass prima) oppure cercate di acquistarlo al “Punto Blu” turco. E qui inizia la farsa! C’è infatti un solo sportello dove si vende il pass, ma non c’è nessuno! Solo alle 9.00 arriva un’impiegata, ma la macchina per fare le tessere è guasta! Si crea una coda lunghissima. Sembra un film comico. Le famiglie di turchi improvvisano pic-nic e servono cay a tutti i clienti in coda. Dopo un’ora di paziente attesa, cercando di adeguarmi inutilmente alla consuetudine locale do’ fuori di matto: “non è che posso perdere tutta la mattina qui!!” A quel punto ecco arrivare due soggetti modello “il gatto e la volpe” che installano nel salone un banchetto tipo “venditori di carte Barclay” con tanto di pc, stampante e pos portatili. I loschi figuri espongono un bel cartello: “20 pass here”. No, non è possibile, è uno scherzo vero? Io non voglio 20 pedaggi, ne voglio uno solo! E non voglio pagare 60 lire turche, ne voglio pagare 3 come previsto dal tariffario per un solo pedaggio! Faccio reclamo al “capocasello” e a due poliziotti fuori dal “punto blu”, ma tutti fanno spallucce, mentre gli altri utenti si mettono in fila dal “gatto e dalla volpe” per acquistare il pass da venti. In quella arriva un camperista romano (rozzo come pochi) che mi apostrofa con: “Aho’ ,che aspetti a fa’! E compramoce sto passi a mezzi e vaff…Lo”. Già sono ink… di brutto, ci manca pure il burino de Roma che avalla la frode turca … Lo mando gentilmente a stendere ed esco per raccogliere le idee (intanto mio marito sfama un gruppo di micini con gli avanzi della nostra colazione ed aspetta che IO, ormai da anni addetta alle beghe, gli risolva il problema) quando ecco che la soluzione mi trova: si chiama Omar. Omar soprannominato poi Caronte fa il bagarino dei pass e tutti i giorni ha a che fare con gli incazzati come me. E’ gentile e tutto sommato onesto nell’affermare che, contrario comunque alla frode dei pass da 20 venduti a chi il ponte lo attraverserà una volta sola, della situazione (che quindi non è un caso, ma la quotidianità) ne ha fatto un lavoro. Omar infatti passa il casello prima di noi, scende dall’auto e ci da la sua tessera cumulativa, passiamo anche noi e poi lui torna indietro con qualche bisognoso dell’altro lato: costo 10 YTL (3 lui, 3 noi, 4 per il disturbo). Sempre meglio che spendere 60 YTL o rischiare di perdere tutta la mattina! Mentre il nostro amico camperista burino è ancora li’ che aspetta invano, passiamo il dannato casello.
L’autostrada è ottima, unico accorgimento da adottare è quello di mantenere il serbatoio pieno poiché le stazioni di rifornimento non sono numerose (molte sono in costruzione quindi, forse saranno operative il prossimo anno).
L’arrivo ad Ankara (grazie alle mappe di Zumo) ci scoraggia subito: la città è anonima, disordinata, fatta di vialoni, palazzoni e brutti quartieri bidonville ben nascosti alla vista. Obiettivo del governo è stato di farne la “capitale del 2000 e della Turchia moderna”, ma a tavolino non si può progettare una città pensando che centinaia di enormi boulevard con aiuole perfette bastino a fare di Ankara una capitale europea! L’Otel Best Western Ornek 2000 è triste tanto quanto la città stessa. Comunque ormai siamo qui e quindi decidiamo di fare un giro sino alla cittadella. Benchè sia abbastanza lontana ci andiamo a piedi evitando l’affollata metropolitana (per altro nuovissima). La cittadella è molto decadente, ci sono diversi fatiscenti laboratori della lana, le stesse abitazioni sono parecchio diroccate e gli abitanti (tanti bambini) non si contraddistinguono certo per la pulizia. Nonostante questo l’insieme è stranamente piacevole, pittoresco, naturale, senza un briciolo di turismo. Alcuni venditori di tappeti hanno improvvisato una bancarella sul cofano delle loro auto scassatissime, simili a vecchie fiat 131, e aspettano qualche compratore fumando narghileh e bevendo cay senza essere affatto assillanti. Alcuni negozi hanno poi merce interessante a prezzi davvero ottimi (orecchini, pentolame, lampade). In fin dei conti ne è valsa la pena e dal forte si può vedere la città che si estende a dismisura sull’altopiano alternando ai palazzoni i quartieri di baracche che, da qui in alto, comprendiamo essere abilmente celati alla vista dalla strada grazie ad altissimi muri che contengono i ghetti. Scendiamo dalla cittadella attraverso un colorato mercato e ci troviamo ad Ulus dove facciamo altre compere a poco prezzo (vestiti made in turkey come jeans, calzoncini e magliette a 5 YTL. Del resto anche molte linee di Calvin Klein arrivano da qui …) Per cena ci fermiamo nel quartiere di Maltepe, a pochi metri dall’hotel, dove scegliamo a caso il ristorate Cigerci Aydin che si rivela una piacevolissima sorpresa. Per sole 30 Ytl ci trattano da principi servendoci quantità industriali di Sis Kebap, bevande, dolci, cay, … Il personale è splendido e la serata, che condividiamo con un gruppo di loquaci cinquantenni brindisini in viaggio di lavoro da 6 mesi, passa velocemente.
22 AGOSTO 2008 – ANKARA – IHLARA VALLEY – DERINKUYU – UCHISAR – GOREME Scappiamo subito dal traffico di Ankara, che già alle 7.00 del mattino è in tilt, diretti ad Aksaray. La strada che attraversa il brullo altopiano anatolico e costeggia un grande lago salato è scorrevole, ma bisogna fare molta attenzione al vento che soffia improvvisamente con fortissime raffiche. Arriviamo ad Aksaray molto presto perciò decidiamo di non dirigerci subito a Nevsheir ma fare una deviazione per Ihlara Valley. Qui ci aspetta un altro fuori programma: la nostra “sbirciatina” alla valle si trasforma in un trek di circa 15 km!!! Quando parcheggiamo la moto scopriamo di non essere ad Ihlara, ma molto più a nord a Selime. Ci spiegano inoltre che dalla strada si vede poco e che è bello esplorare le vecchie chiese rupestri risalendo il corso del fiume sino a Belisirma. Detto = fatto! Lasciamo l’abbigliamento da motociclisti in un ristorantino e ci trasformiano in improvvisati amanti del trekking (Sergio in costume e maglietta, io in shorts) suscitando perplessità sia nel proprirtario del ristorante sia in un gruppo di austriaci molto, molto, molto organizzati (borracce, racchette, scarponcini da trek, ecc…) che ci sconsigliano di avventurarci a piedi così conciati. Uffa! Quante seghe mentali! E’ solo una passeggiata! (Magari vere un po’ più d’acqua di ½ litro in due sarebbe stato meglio, ma si sopravvive lo stesso!) Camminando tra antiche chiese, affreschi ancora vividi, camini delle fate, gole, guadi, vecchi villaggi, antichi frantoi ed altre chicche ci godiamo questa piacevole parentesi rilassante e senza ressa (soprattutto niente bus dei tour della cappadocia!). Alle 13.00 siamo alla nostra meta. Breve sosta-pappa-relax in un ristorantino on the water a base di anatolian kebap e ritorno a Selime dall’Africona e dall’incredulo ristoratore con un taxi tenuto insieme dal fil di ferro! (non torniamo a piedi perché è tardi) Unico inconveniente: le vespe! Che sono poi state tenute a bada durante il pranzo con del fumo acceso bruciando una specie di curry marroncino (non so cosa fosse, ma è stato davvero efficace!) Nel pomeriggio ci dirigiamo a Derinkuyu e da lì a Kaymakli dove visitiamo la città troglodita sotterranea. A nostro giudizio, e per risparmiare diversi soldini, è inutile farsi accompagnare nella visita da una guida poichè non vi dice niente di più rispetto a ciò che apprenderete da soli documentandovi in internet circa l’origine e la struttura delle città sotterranee. Inoltre ci si orienta facilmente (ci sono le frecce) e non ci si perde affatto! La visita di Kaymakli è molto interessante. Si scende nella profondità della roccia per 8 piani attraverso stretti e ripidi cunicoli. La città per quanto sotterranea ha tutto: camere, cucine, catacombe, chiese e può sigillarsi dall’interno grazie a porte a “sasso scorrevole”. Mi sconvolge però pensare ad una comunità di esseri umani che vive come una colonia di formiche…
All’uscita ringraziamo i proprietari dell’Italian cafè per averci tenuto giacche e caschi, ma questi ci trattengono felici di poterci offrire un cay o un buon caffè italiano (fatto con la Gaggia!). La sosta dura un paio d’ore perché troviamo molteplici argomenti di discussione: in primis il caffè! Guarda caso Sergio ripara proprio macchine del caffè e quindi, di consiglio in consiglio un argomento tira l’altro. I due ragazzi del caffè 6 mesi l’anno vivono tra Milano e Zurigo acquistando autocarri e macchinoni usati da esportare in Siria (in Turchia non è possibile importare autoveicoli usati creando così un mercato). Affermano che il prezzo della benzina così alto finanzia l’esercito e che in Turchia la militarizzazione e le spese militari sono molto, molto ampie.
Arriviamo così in Cappadocia solo alle 19.00 da Uchisar. Il momento è ottimo perché appena dietro ad un’anonima curva ecco aprirsi uno dei più affascinanti spettacoli che la natura abbia mai offerto: da un lato il castello di Uchisar, dall’altro la valle con collinette che paiono di soffice panna: la luce del tramonto rende ancora l’approccio più surreale, quasi magico.
Alla Kose Pansion di Goreme pernottiamo due notti. Non ho dubbi: se avete la fortuna di trovare posto andateci! I prezzi sono ottimi, le camere carine, l’ambiente colorito con un’atmosfera un po’ hippy, più internazionale che turca, i proprietari gentilissimi vi forniscono ogni dettaglio sulla zona. Nei caldi pomeriggi estivi, poi, la piscina è una piacevole distrazione tra un’escursione e l’altra.
Registriamo qui l’unico malanno del viaggio, per il quale non siamo preparati: sole, vento, sabbia mi mettono l congiuntivite! Non ho il collirio, ma ho un gran culo! La farmacia è a pochi metri dalla Kose e la farmacia mi dà un prodotto bomba che in poche ore fa il miracolo. Da ora in avanti nella farmacia da viaggio collirio sarà sempre riportato! Malanno risolto ci aspetta una meravigliosa cena al Silk Road per sole 20 ytl.
Più tardi una simpatica coppia di romani evita di farmi accettare la più grande fregatura di tutto il viaggio: il balloon tour (dopo una lunga trattativa il prezzo è sceso a 120 euro pax). Io vorrei, Sergio nicchia (sono tanti soldi ed è un viaggio molto parco!) … I due ragazzi di Roma risolvono la questione: “ah Ilà chè siscema????? Ducentocinquantasacchi? Se famo du settimane de moto! E la faccenda è stata archiviata nel modo migliore (domani vi dico perché).
23 AGOSTO 2008 – CAPPADOCIA – Rigorosamente senza casco incominciamo di buon ora dal museo all’aperto di Goreme (presto altrimenti Francorosso opprime!) con belle chiese rupestri, camini delle fate, affreschi, conventi ecc… Poi una più divertente esplorazione delle Red ad Rose Valley in moto. La gente che fa trekking ci manda gentilmente a c… Poiché facciamo un casino bestia tra le tranquille dune di sabbia, ma è troppo bello. Spesso arriviamo in punti panoramici che dominano dall’alto le valli (sembra un mondo di meringhe). Tutto è favoloso e l’altezza che raggiungiamo su alcune è la stessa che si raggiunge in mongolfiera. Quando i rischi di caduta aumentano oltre un certo livello (sentiero largo come le ruote e possibilità di inversione nulla, da veri incoscienti) proseguiamo a piedi (ndr: è mezzogiorno e non abbiamo acqua, tanto per cambiare!) avventurandoci a caso tra i vari sentieri. Lungo il tragitto ci sfamiamo con gustosa e dolcissima uva che viene coltivata nelle valli. Il nostro peregrinare ci porta a Cavusin. Assetati ed affamati troviamo un bel localino all’aperto dove mi innamoro di yogurt e miele di produzione locale: favolosi! Chiacchieriamo lasciando passare le ore più calde, poi Pasabagi con i suoi pinnacoli fallici tramonto in cima al castello di Uchisar con birretta di rito. Alla Cappadocia vista da quassù (quasi gratis)non c’è mongolfiera che possa tener testa! L’Anatolian Kebap center come ristorante, seppur affollato, non è da consigliare. Torniamo felici al Silk Road, poi collirio magico e nannissima! 24 AGOSTO 2008 – GOREME – KARADUT (MT. NEMRUT DAG) Partiamo alle 5.30 per evitare il caldo … Poveri pazzi! I primi 300 km (Kayseri, Pinarbasi, Kahramamaras) li percorriamo ad una temperatura media di 10 gradi!!! Il percorso in alcuni penti sale in montagna ed in più c’è nebbia, vento. A Pinarbasi con 2 maglioni, giacca della mto e tuta dell’acqua troviamo finalmente un bar dove ci beviamo tre caffè bollenti uno in fila all’altro (che gelo!!!). Evitata l’acqua per un pelo, finito il freddo prende il via il dramma strade in costruzione. La strada tra pochi mesi sarà perfetta e a due corsie, ma oggi si alternano: pietraia (toccasana per le gomme), sterrato con dosse (prove tecniche per tenuta bauletti). Termnato ciò nella zona di Katha e Adyaman ecco il caldo afoso e dal cielo (giallo cupo) incomincia a piovere acqua e sabbia. Dopo pochi minuti non si vede più nulla. Ci dicono che in Giordania è da due giorni che hano tempeste di sabbia, un po’ ne piove anche qui (bene!!!) Non solo il viaggio qui è più difficile, lo è tutto. Siamo infatti in terra curda: territorio instabile, diversi costumi, diversa gente, campi profughi, posti di blocco, carri armati …
Le persone comunque sono osptali: un gommista insiste per controllarci le gomme (che sono a posto, ma tant’è), mentre un giovane benzinaio ci offre asilo dalla pioggia battente offrendoci non solo riparo ma dell’ottimo cay. Non parla una parola di Inglese, ma solo la nostra compagnia lo rende felice ed attira alla stazione di servizio tutti i compagni di scuola (qui adesso è però periodo di ferie).
Alle 16.00 dopo l’ultimo tratto di strada impervio aggrappato alla montagna, sfiniti dopo (solo?) 711 chilometri eccoci nella sperduta Karadut al Kervansaray Hotel. Per fortuna l’accoglienza è famigliare, amichevole e calorosa, ovviamente con cay ristoratore, la camera piacevole, la piscina fa un po’ schifino ma chissenefrega, fa un freddo becco e c’è un cielo talmente cupo che pare di stare a Cervinia (quota 3000) a gennaio! Alle 17.30 saliamo alla vetta del Nemrut sospinti da un vento gelido. Non abbiamo da porci certo l’amletico dubbio “alba o tramonto” poichè ci dicono che da una settimana non si vede un raggio di sole (solo sabbia e acqua)! La luce temporalesca, ma di questo color ocra, il vento che soffia implacabile sulla cima, il paesaggio spoglio, la valle sottostane invisibile perché inghiottita dalla basse nubi, rendono il tumulo e le teste di Antioco ancor più enigmatiche ed inquietanti. Il grosso tumulo di pietre mi evoca scene da film horror … Lì sotto potrebbe esserci di tutto …
A sdrammatizzare il contesto arriva un numerosa famiglia turca, di Ganziantep, in gita! Nonostante il tempo inclemente vogliono fare un cay party in vetta e portano su: bollitore, boccioni dell’acqua, pentole e teiere, sedie sdraio, coperte, vari meloni ed angurie, passeggini, nonni anziani trasportati su una sedia tipo trono e soprattutto 2 bombole del gas (con cartoni antivento!). Inizialmente pensavo dovessero trascorrere la notte in un rifugio, poi vedendoli seduti attorno al fuoco (che si ostina a spegnersi) concludo che sì, è una gita! Ovviamente ci offrono un cay, ma chiacchieriamo poco. Attacca a piovere e a nulla serve ripararsi sotto improvvisate capanne di sacchetti di plastica, il vento poi porta via tutto. Alle 19.00 siamo sotto ad una caldissima doccia, l’allegra famiglia è sulla via del ritorno Ganziantep.
Per la cena non ci sono alternative all’hotel, ma il pasto servito è eccellente. Gli altri commensali sono tutti italiani (ma dai?), alcuni motociclisti, e facciamo volentieri quattro chiacchiere. Ben avvolti nel piumone il sonno ci accoglie 25 AGOSTO 2008 – KARADUT (MT. NEMRUT DAG) – KIZKALESI Ci dirigiamo verso la costa orientale. Prima però non possiamo lasciare la zona di Kahramanmaras senza assaggiare il Dondurma, gelato dolcissimo e gommoso, chicca di tutte le pasticcerie della zona. Per questo, nonostante la colazione super da poco mangiata, alle 11.00 sosta in una pasticceria di strada (attorniati dal solito capannello di curiosi) dove, con solo una lira, ci prendiamo un mega gelato alla crema e granella di pistacchi…Mmmmmhh! Si tratta di una tappa del viaggio mangereccia e risparmiosa. Per pranzo ci fermiamo nei pressi di Adana, in un locale sull’autostrada (turkish autogrill), dove siamo gli unici clienti e veniamo trattati da principi da tre camerieri. Menù a scelta del titolare (impossibile spiegarsi altrimenti), 3 portate in tutto, 7 ytl in due! Ci rovina il pranzo qualcuno che, nel piazzale antistante, fa esplodere un bidone dell’immondizia mandando in crisi il proprietario. Racket? Separatisti? Nessuno ci dà spiegazioni, solo mani ed occhi alzati al cielo …
Ancora un po’ scossa (due, seppur piccole, esplosioni in pochi giorni un po’ fan pensare) ci rimettiamo in strada e nel tardo pomeriggio eccoci a Kizkalesi, un specie di Cesenatico turca: spiaggia scura, affollatissima da famiglie in vacanza, acqua verde militare. In questa area su tutti i condomini sono installati pannelli solari e botti per l’acqua, ma talmente diversi tra loro che la città pare una jungla scoordinata. Non è l’oasi di pace che speravo. La sera poi è il finimondo. Dai terrazzini del nostro hotel (l’Hantur) non ci godiamo in pace la vista del castello che pare fluttuare, ma assistiamo ad una gara all’ultimo decibel tra tutti i locali concentrati sul minuscolo lungomare che diffondono musica tamarrissima: tuz, tuz, wiiiiiii, tuz, wiiiiiiii 26 AGOSTO 2008 – KIZKALESI – SIDE I 350 Km che separano le due località balneari sono da affrontarsi con molta pazienza. La costa turca è infatti lunga e tremendamente lenta. Velocità media di 70 km/h considerando che gli ultimi 100 km sono di superstrada. Il percorso che è ad unica corsia è un’alternarsi di ripidi tornanti, boschi di pini marittimi e paesaggi mozzafiato sospesi a 300 e più metri a picco sul mare. (Per il 2011 è previsto l’ampliamento di tutto il percorso a due cosie per senso di marcia, ma per il momento avrete a che fare solo con i cantieri).
Tutta la strada è costellata da baracchini che vendono cay. Nella zona di Anamur gli stessi vi vendono anche enormi quantità di banane coltivate in maniera intensiva nella zona. Vedrete infatti enormi serre di plastica dove i banani crescono stipati come in mini-jungle.
Passiamo la brutta Alanya il cui alternarsi di Resort esclusivi la rende località non dissimile per edilizia da Sharm o Jerba. Alle 19.00 siamo finalmente a Side! Evitiamo accuratamente la zona nuova e ci dirigiamo ad Old Side passando tra antiche rovine d un bel teatro romano. Per essendo rimasto poco dell’identità di villagio di pescatori la piccola old side è un luogo accogliente ed intimo con piccole case e graziose calette. L’Hotel Beach House è un’ottima scelta: proprio sulla spiaggia, con camere affacciate sul mare, rilassante e pulito (non ha l’aria condizionata per cui la sera se non soffia brezza marina fa un po’ caldo).
Poiché il posto ci piace ed abbiamo davvero bisogno di riposare, dopo un tuffo nel bel mare, decisiamo di fermarci per 2 notti (75 YTL a notte con colazione).
27 AGOSTO 2008 – SIDE – Dopo una notte di sonno cullati dalle onde ed un’abbondante colazione servita in riva al mare ci godiamo la nostra prima giornata di cazzeggio totale passata prevalentemente in spiaggia (di pertinenza dell’hotel) ed in acqua. La nostra quiete ogni tanto è interrotta da caicco-dance che organizzano crociere-bagordi quotidiane da Alanya a base di house music (ma si sono confusi con Ibiza?).
Al tramonto suggestiva visita del Tempio di Apollo (il meteo è strano, piove col sole!) e cena in un ristorantino nascosto e fuori mano, Oz Adana, che ci ha preparato dell’ottimo Iskender Kebab al prezzo più basso di tutta Side 20 ytl per due tutto compreso (i prezzi in questa zona sono molto alti rispetto alla Cappadocia) Vaghiamo per un po’ tra le via con negozietti del tutto tarocco, ma la partita si chiude in fretta perché mentre si contrattava per un paio di sarpe il venditore ha “cortesemente” allungato le mani al mio posteriore e stava per finire in rissa. 28 AGOSTO 2008 – SIDE – CIRALI – Percorriamo i 200 Km tra Side e Cirali con una temperatura da forno crematorio. Alle 9.30 attraversiamo la caotica Antalya dove notiamo che alcuni termometri segnano 45°!!!! Negli stivali sento il sudore scorrere. I Turchi della zona sostengono che sia il peggior caldo degli ultimi 20 anni (il solito culo!) Alle 11.30 arrivimo a Cirali che, stento a crederci, è davvero un minuscolo villaggio nel verde schiacciato tra il mare turchese e le imponenti montagne. Qui le strutture turistiche enormi non esistono, solo alberghetti e campeggi. Scartiamo tutte le sistemazioni suggerite dalla Lonely perché troppo onerose. Gli house-tree sono tutti occupati in ogni caso molto spartani e i bungalow troppo caldi. Ma come dicevo ci sono centinaia di pensioncine lungo tutta la spiaggia, meno note che, come nel caso della Fathim Pansyon, nonostante l’apparenza esterna un po’ decadente, hanno bellissime e confortevoli stanze (qui il clima davvero seve!) dal prezzo modico di 70 ytl. Pranziamo in spiaggia con il solito yogurt e ci godiamo a lungo l’acqua blu e fresca. Nel pomeriggio camminiamo lungo la spiaggia (circa 3 km) sino al sito di Olympos dove oltre ad un nucleo di rovine c’è un bel promontorio dalla sommità del quale la vista della spiaggia è davvero incantevole.
Al termine di questa meravigliosa giornata di mare al tramonto prendiamo la moto per percorrere la strada che ci porta al sito della Chimera, la fiamma eterna che da millenni brucia sul fianco della montagna sopra Cirali. L’ultima parte del sentiero circa 2 km è da percorrersi a piedi. Quando siete vicini al sito incomincerete a sentire un fortissimo odore di zolfo. Il sito è suggesivo, soprattutto quando sopraggiunge il buio. Purtroppo però non è controllato e quindi i soliti cretini, che ammazzerei a botte, hanno tappato buona parte della cavità dalle quali uscivano le fiamme soffocandole con sassi e sabbia. Si vedono perciò ative circa 5 fiamme su iniziali 10/15 ora spente. Ovviamente ho litigato con una famiglia di russi che non solo cuocevano la salsicce sul fuoco eterno infilate in bastoncini di legno e spargendo rifiuti ovunque ma i cui stupidi e grassi figli versavano secchiate di sabbia nel fuoco per vedere se riuscivano a spegnerlo! Che teste di c… Altro che nuovi russi ! Che tornassero ai tempi di Stalin a mangiare bucce di cipolla! Ceniamo al Lemon Restaurant con dell’ottima turkish pizza al formaggio. Più che altro reintegriamo i liquidi persi con un paio di birre ghiacciate (anche il bicchiere era in freezer)! 29 AGOSTO 2008 – CIRALI – PATARA – Una fetta di anguria è l’unica pietanza che, dato il caldo, riusciamo a mangiare. Subito dopo una bella strada ci conduce sino a Mira, un interessante sito archeologico della via Licia. Qui c’è anche un insolito monumento a Babbo Natale che, pur essendo residente nell’immaginario collettivo a Rovaniemi (Finlandia) è in realtà San Nicola di Bari (Baba Noel patriarca di Mira) . Inoltre qui è affollamento di russi a caussa di un non meglio noto legame tra San Nicola e lo Zar Nicola. In sintesi: Babbo Natale non vive a -40, ma a +40! Non si finesce mai di imparare! Attraversiamo le belle zone di Kakova, Kas ed eccoci a Patara. Villaggio tranquillo su una bella collina purtroppo danneggiata da un recente incendio. Troviamo un’accogliente sistemazione in collina, alla pensione Zaybek2. Il proprietario oltre che raccontarvi in un ottimo inglese la storia della sua famiglia (che di inveno gestisce una sera – leggi serra – per poter campare) è un ottimo cicerone circa i dettagli della zona.
Per accedere alla spiaggia dalla parte delle rovine si pagano 5 ytl, ma sono ben spese dato che l’ambiente (area protetta per la nidificazione della caretta-caretta) e la spiagia sono incantevoli! La spiaggia è ampia e lunga vari chilometri, soffice e pulita. Il mare è mosso e facciamo un tufo tra enormi onde. Al tramonto seguiamo il consiglio di Mr. Zeybek e seguiamo fino in fondo la strada in cima alla collina che lascia il villagio di Patara e arriva in cima alla spiaggia dall’altro lato (ovest). Ci accolgono delle immense dune, quasi un piccolo deserto. Il vento è fortissimo, ma lo spettacolo imperdibile. Il sole tramonta incorniciato dal mare e dalle dune.
Cena casalinga in uno dei tanti ristorantini del paese. 30 AGOSTO 2008 – PATARA – Intera giornata sulla spiaggia di Patara con breve trek tra dune, rovine ed in cima al promontorio.
31 AGOSTO 2008 – PATARA – FETHYE – OLUDENIZ – Oludeniz è meno turistica di come ce la aspettavamo, forse perché la stagione è al termine, ma è indubbiamente un posto incantevole con panorami mozzafiato anche se abbastanza costoso. Molte le sistemazioni di lusso, meno care se cercate un rifugio nei pressi della laguna. Il Front Lagoon Paradise Beach, gestito da turchi un po’ trasandati, ci offe una camera discreta ad un prezzo civile. Tavoli, sedie e vecchi letti ammucchiati nelle stanze vuote fanno somigliare l’albergo alla casa di una vecchia zia. Non accettate la colazione perché il giardino è invaso dalle vespe.
La mattina facciamo una gita in canoa nella laguna, ma non facciamo che guardare il cielo dal quale, incessantemente, scende gente in parapendio … In molti considerano tale esperienza imperdibile … Non trovo pace (uffa! Non so star tranqulli un secondo!) e così come due pazzi abbiamo già prenotato una discesa dalla cima di 2000 mt del Baba Dag per l’indomani mattina! E meno male che il periodo era parco (spenderemo 150 euro in due)!!! Passo il pomeriggio in ansia per il salto di domani, inoltre perdiamo un sacco di tempo a Feralya cercando il sentiero per la valle delle farfalle che o non esiste oppure sono tutti scemi perché non sanno darmi le indicazioni. Torniamo a Oludeniz, ma oggi non è proprio giornata. Cerchiamo la pista per Kayakoy che dovrebbe partire dal fondo della laguna. Qui la pista c’è, ma è ripida e con tremende buche. La nostra ricerca della città fantasma si trasforma così in una serie di rovinose cadute in moto. L’ultima è fatale: in discesa, la moto striscia e sotto c’è il burrone sulla laguna (WOW!) All’ultimo riusciamo a tenerla (inutile contare i graffi e salvare la benzina che esce dal serbatoio), ma in due non ce la facciamo ad alzarla. Ovviamente siamo a 4 km dal paese e da qui non passa nessuno. Ok. Il marito è sano, solo incazzato, la moto bho?? … Non mi resta che ritornare indietro di corsa al primo albergo e cercare aiuto. Per fortuna i Turchi sono gentili e in pochi secondi organizzo una squadra di soccorso composta da: cuoco con zoccoli, usciere, autista di pulmino (che credendo che mio marito fosse morto ha chiuso i turisti nel bus e si è messo a correre come un pazzo), un quarto non noto … alziamo la moto, a fatica la giriamo e riusciamo ad accenderla nonostante la salita (impossibile scendere senza cascare). I danni???? Specchietto, serbatoio … degli altri ce ne accorgeremo solo in Italia (smontata la moto troveremo infatti il paramotore spezzato in due).
Date le rovinose premesse non so se ho ancora voglia di fare parapendio, ma ormai ho lasciato la caparra …
Per cena trovate ogni tipo di locale a prezzi più alti che a Milano, tranne il Mimoza picnic un piacevole chioschetto vicino al Tuncay motel che su richiesta oltre ad un classico panino kebap 5 ytl vi può fare anche dei piatti per 8 ytl.
1 SETTEMBRE 2008 – OLUDENIZ (Il giorno del Paragliding!) – Dopo aver dettato il testamento alle 10.30, senza aver fatto colazione causa della fifa e dello stomaco serrato, siamo agli uffici della Easy Riders. In un gruppo di circa 20 persone tra passeggeri ed istruttori con un pullman tipo scuolabus saliamo in un’ora circa il tremendo sentiero sterrato che conduce alla vetta del Baba Dag, avvolta in buona parte dalle nubi. Guardo il mare e già mi si gela il sangue… È laggiù, piccolo, piccolo che brilla in lontananza. Formiamo le coppie passeggero-pilota: il mio sembrea serio e pragmatico, quello di Sergio un drogato rasta (help!). Si alza il vento ed in pochi minuti i parapendio sono aperti. Alcuni passeggeri non fanno in tempo a scendere dal bus che già sono imbragati, agganciati, decollati. Poi la bonaccia.
Si dice che mai si sia rimasti in vetta fermi 2 ore. Aspettavano noi! Alle 14.00 dopo vari vai-no-vai-no-vai-aspetta … il mio pilota si innervosisce, ripiega tutto e mi fa scarpinare ancora più su, su un crinale più scosceso dove pare soffi un filo in più di vento m da dove, per partire, biogna letteralmente saltare nel vuoto perché il vento ti sollev solo dopo un po’. Non credo di esser pronta, ma le mie gambe già corrono, la gravità viene meno, il vento improvvisamente ci strattona in alto e caz…O! Sono sul baratro! Oddio volo! Oddio muoio! Riesco comunque a mettermi dritta e seduta sul supporto. Az! Sto volando sopra le cime delle montagne, il mare piccino, le casette minuscole. Il mio pilota è un po’ preoccupato perché sarà una discesa difficile: i sono parecchi nuvoloni neri con forti correnti ascensionali e quindi dobbiamo stare attenti. In ogni caso sono abbastanza tranquilla poiché mi sembra un tipo a posto da “Safety First”! Mi preoccupo solo perché saliamo, saliamo, saliamo e fa sempre più freddo. Per fortuna ad un certo punto ci stabilizzaimo: sotto di noi il mare e non più le montagne. Inizamo a planare lentamente, guardo il panorama della Oludeniz della cartoline,mi rilasso, rilasso, …Forse mi rilasso troppo perché Albert (così il nome del Pilota) decide che con me si può tentare un avvitamento a trottolaaaaahhhhhh aaaaahhhhhh!!!!!!!!!!!!!! Improvvisamente mi sembra di essere una goccia in un imbuto. La forza centrifuga del folle avvitamento schiaccia con forza il casco, tanto da non poter alzar la testa, vedo solo a tratti l’acqua e la luce del sole, ma rido come una pazza. Poi, di nuovo, la pace della discesa e un po’ di nausea …Rimetto al loro posto tutti gli organi inteni prima di effettuare un atterraggio perfetto, in soli due passi e con un perfetto “Stand up!” nel centro esatto della scritta Easy …Brava! Altri sono meno fortunati: uno atterra su un ulivo, l’altro striscia di schiena. Di arrivi più o meno decenti ne vedo parecchi perché alle 15.30 mio marito non è ancora arrivato! Non sono ancora in ansia (perché manca anche la moglie di un tizio di Londra) quando ecco una sagoma familiare lassù: Sergio. Il suo pilota più inesperto gli ha riservato un volo ancor più avventuroso: si sono spostati 4 volte tra i 1700 e i 2000, sono finiti nelle nuvole che creano ansia, il pilota controllava il paracadute di emergenza ogni 20 secondi ed infine sono atterrati facendo la barba agli ombrelloni in braccio d un gruppo di inglesine terrorizzate. Nonostante il volo da cardipalma Sergio, stoico, ha fatto anche le foto!!! Per riprendere colore in viso ci vogliono un Dondurma e un pomeriggio in spiaggia sino al tramonto!!!! Inoltre dopo la giornata di oggi serve un altro giorno ad Oludeniz! Cena da Mimoza Piknik …Ormai siamo amici e si parla anche di calcio … 2 SETTEMBRE 2008 – OLUDENIZ – Ritentiamo la Butterfly Valley, questa volta con il dolmus acquatico delle 10.30. I 4 ragazzi dell’equipaggio ci fanno subito capire che non è un viaggio per sciuri. Gli zaini vengono lanciati a bordo facendoli volare di mano in mano e per montare sulla barca occorre nuotare fino alla scaletta che oscilla tra le onde (quindi siamo zuppi). Il panorama della costa è carino, due altissime pareti di roccia racchiudono la piccola baia, ma non vi aspettate di trovare le farfalle, non ci sono. Anche la cascata non è che un rivolo, ma la spiaggia è un posto carino, una piccola comunità di nostalgici hippy (tipo Goa o The Beach di Di caprio con i cartelli Peace and Love e il Bio-cay) con tanto di piccolo free camping per chi vuole scappare dalla realtà un paio di giorni. Ad aver avuto la tenda mi sarei fermata per una notte sotto le stelle. Al ritorno una delle abitanti della comunità hippy lasciava i compagni. Abbiamo coì assistito ad una specie di telenovela turca con tanto di lacrime, canzoni sdolcinate in barca, lancio di fiori … Folkloristico! Tornati a Oludeniz l’unica occupazione pomeridiana (non si può stare a Bufferfly Valley perché il pomeriggio piove sempre!) è costituita dal godersi le onde spumeggianti fino a sera.
Cena al solito Mimoza chiacchierando con Hasan di voli aerei, Roma, NY e scambi universitari. (Il nostro Paese per i Turchi è carissimo!) 3 SETTEMBRE 2008 – OLUDENIZ – PAMUKKALE Salutiamo i 4 cuccioli di cane che ci hanno fatto compagnia al Front Lagoon Beach dopodiché una strada semideserta in un paio d’ore ci porta a Pamukkale, hotel Kervanseray (gestito da una famiglia molto cordiale con una bella terrazza ristorante colorata da centinaia di peperoncini posti ad essiccare). Ilproprietario dell’hotel eccede in gentilezza, tanto da volerci quasi obbligare a parcheggiare la moto nel cortiletto interno … Peccato la vogla far salire da 4 scalini lungo un ase larga 10 cm! Mission Impossible! Compreso che 200 kg di moto non sono il suo motorino e probabilmente l’asse si ribalterebbe, si convince a lasciarla in strada…Ma mi sa che non è una buona idea … Da lì a pochi minuti scoppia una rissa in strada tra un poliziotto, un autista di trattore e altri con tanto di spranghe di ferro. Basta piantatela, andate a litigare fuori dai maroni! A piedi raggiungiamo le famose vasche di travertino (20 ytl l’ingresso che comprende anche il sito di Hierapoli) dal meno affollato ingresso sud. E’ mezzogiorno ed il bianco è accecante. Camminiamo per un pezzo di strada scalzi sul marmo liscio, poi arriviamo alle prime vasche dove è anche possibile fare il bagno. Sembra davvero di stare in una nuvola. In alcuni punti l’acqua è calda (arriva dalla piscina antica di Hierapoli), in altri è gelata. Si tratta comunque di un momento davvero piacevole ed il tempo passa veloce. Continuiamo la nostra salita nella zona principale. Qui purtroppo le vasche sono asciutte (data la penuria di acqua la stessa viene fatta scorrere una sola volta la settimana in punti diversi con il solo scopo di mantenere il bianco), alcuni canali artificiali convogliano l’acqua da destinarsi al villaggio di Pamukkale ed all’agricoltura (Sigh!). Solo i più fortunati riusciranno a vedere piene le vasche “da cartolina”. Chissà in passato, senza tutte le restrizioni idriche, che spettacolo meraviglioso doveva essere!!! Ad un certo punto abbiamo un’idea: boicottaggio! Rendiamo a Pamukkale il suo naturale splendore! Ci sdraiamo nel canale che porta l’acqua a valle sottraendola alle vasche ed invitiamo gli altri visitatori a fare come noi …Risultato? Esondazione! Le guardie dall’alto non notano nulla ed in circa mezz’ora le vasche del fronte principale sono quasi tutte piene! Wow! Anche la zona est è poco sorvegliata (molto lontana dal normale percorso turistico), ma l’acqua sta scorrendo libera per imbiancare le vasche. Rubiamo così un tuffo privatissimo. Mezz’ora di relax indisturbati nell’acqua fresca col sole a picco che abbronza.
Un altro tuffo lo rubo nell’antica piscina termale di Hierapoli (suggestiva con le antiche colonne sul fondo), facendo finta di non capire che occorre apposito biglietto (ben 15 euro!), zitta zitta, mi butto.
Il sito archeologico, ninvece, è abbastanza interessante. Contraddistinto da un’ampia necropoli ed un teatro ricostruito dagli italiani presenta diverse zone ancora da esplorare nonostante i 50 anni di attività archeologica.
Sfiniti dalle lunghe camminate su è giù e bruciati dal sole la sera ci facciamo coccolare dalla proprietaria del Kervansaray che ci prepara un’ottima cena con zuppa, verdure grigliate e pane fatto in casa servita in terrazza.
4 SETTEMBRE 2008 – PAMUKKALE – CESME Ore 1.30: rischio di morire di infarto!!!! Dalla strada arriva un rumore sordo, di ferraglia (oddio la moto! Sono tornati gli uomini con la spranga!). Di corsa ci affacciamo al ballatoio e restiamo letteralmente basiti, senza parole. Un uomo con una tutta verde, tipo giullare, cammina per la strada suonando un enorme tamburo! Alle 2.00 del mattino???? Cammina per il paese e nessuno dice nulla? Sono convinta si tratti del matto del villaggio e mi addormento sognando i monatti e la peste bubbonica (mi sa che la tipa ha esagerato coi peperoni grigliati!…) A colazione, incuriosita, chiedo spiegazioni sull’uomo del tamburo. Non è un pazzo, è solo l’incaricato che in tempo di Ramazan ricorda tutti i giorni che, se si vuol fare colazione, occorre alzarsi alle 2.00 così da mangiare prima che albeggi! Lasciamo con dispiacere Pamukkale, ormai la vacanza è agli sgoccioli … La strada per Cesme è noiosa uuuumh che sonno!… Az, non l’avessi mai detto! In prossimità di Aydin corriamo veloci, un po’ rintronati dal caldo e dalla noia quando, improvvisamente: un’auto sospetta a bordo strada, moto lanciata a 120 km/h …Caz…O! E’ un radar! E dopo pochi metri ecco la pattuglia con la paletta! …Cuccati in pieno! Sergio mi grida nell’interfono: “inversione ad U e fuga a manetta!”. “No, dai! Non è possibile! Non possiamo rischiare la galera turca l’ultimo giorno! E poi siamo troppo lontani da Cesme, come ci arriviamo se poi ci sono altre pattuglie che ci cercheranno?”. “Lascia fare a me! Vado con la tattica della sciocca totale, vedrai che non beccano un quattrino e la facciamo franca!”. E così è. Prima strategia: contesto la flagranza sfoggiando il GPS superfico (quello che ha Ipsala ha ipnotizzato i contadini), spiegando che ha intrinseco un limitatore di velocità e, di conseguenza, è il radar che ha sbagliato …Mi va male, non attacca. Seconda strategia: mi chiedono dei soldi (270 euro per stracciare tutto), zittisco il marito e dico che non ne ho, gli ho finiti e sono povera, ho il conto in rosso e il bancomat bloccato, ho finito le ferie e ho solo il biglietto della nave. Ok è un mezzo centro! Terza e ultima strategia: i poliziotti capiscono che non si cava un ragno da un buco, quindi la buttano sul formale…Scrivono, scrivono, scrivono e mi dicono che così non uscirò dal Paese senza pagare. Vogliono il passaporto…E qui li frego! Cari ciccini la conosco la vostra legge: per guidare serve la òpatente, per entrare nel Paese la carta di identità, ma il veicolo viene registrato sul passaporto…Peccato che da poliziotti di provincia che siete non conoscete la diferenza tra una carta di identità ed un passaporto, e non sapete cosa abbiamo presentato noi all’ingresso in Turchia! Detto, Fatto. Con mio marito sempre più bianco in viso al posto del passaporto allungo la carta di identità di entrambi sostenendo bela pacifica: “this is my passport”. In sintesi: stanotte lasceremo la Turchia senza nessuna sanzione attribuita poiché il n. Del documento all’ingresso, utilizzato ai fini della dogana, è diverso da quello inserito a sistema dalla polizia …Bravi! Arriviamo in tarda mattinata a Cesme, facciamo sbito il check -in per la nave agli uffici della Marmara e prendiamo una camera all’hotel Yalcin. La nave è alle 5.00 per cui sarebe dura aspettare in porto. Dopo esserci messi comodi facciamo un giro della penisola di Cesme, molto bella, ci godiamo l’ultimo pomeriggio di mare e sole nella bella Altikum che sembra la Sardegna: cielo e mare azzurrissimi, spiaggia bianca e soffice. Lo stabilimento baneare e la spiaggia sono molto esclusivi con gazebi con lettini. Credo si debba pagare un ticket di ingresso perché il bagnino ce lo chiede un paio di volte, ma come al solito oggi faccio finta di non capire … Dopo un po’ ci lasciano tranquilli al sole.
Cena presto, per 5 ytl mangiamo l’ultimo Kebap. Spendiamo le ultime, preziose, sospirate lire turche comprando qualche oggetto in ceramica e alle 23.00 siamo a letto! Alle 3.00 dobbiamo essere al porto (3 ore prima) per cui ci atende una levataccia. Sono isterica e litigo anche con un gruppo di bimbi che giocando a nascondino sotto alla nostra camera non mi fa prendere sonno …
4 SETTEMBRE 2008 – CESME – NAVE Al porto sono efficientissimi: veloci controlli e ispezioni, in pochi secondi ci legano perfettamente la moto mettendola anhe sui ceppi, ci danno le chiavi ella cabina e alle 4.00 siamo comodamente sdraiati a dormire nel letto. La nave è semideserta. L’unica pecca è che la ns. Cabina, la meno costosa, è al ponte -2, sotto alle auto, ed è un po’ inquietante…
Con comodo ci godiamo la crociera…… 5 SETTEMBRE 2008 – NAVIGAZIONE Tempo splendido, mare calmo. Tutti i servizi a bordo si acquistano con un a car prepagata che vende la banca di bordo. Ci viziamo come due pensionati sulla MSC! Al largo le isole Cicladi … mi fermerei ancora 2 giorni! 6 SETTEMBRE 2008 – NAVIGAZIONE – BRINDISI – VASTO Alle 17.30 siamo in Italia … uffa! Prenotiamo un BB a vasto, circa 300 km da Brindisi, ma ci arriviamo solo a mezzanotte!!!!! Appena tornati in Patria, infatti, incominciano tutte le sfighe e soprattutto … si ferma l’Africona! In Puglia ci hanno dato benzina allungata, pi il paramotore spaccato ha incominciato a vibrare e non si poteva viaggiare oltre i 100 km/h. Per fortuna il proprietario del BB ci ha aspettato sino a notte fonda.
7 SETTEMBRE 2008 – VASTO – MILANO – GULE! GULE! Riparazione della moto di fortuna, sosta a Rimini per Piadina e …..Milano, Milano!!!!!!!!!!!!
GULE!!! GULE …!!!!!!!! ALLA PROSSIMA AVVENTURA!