Insiemesenegal
L’idea di tornare in Senegal per la seconda volta, dopo l’avventura del 2004, mi ballava in testa da qualche mese. Complice anche il frequente contatto, che lavorando per Terre di Mezzo, ogni giorno avevo con ragazzi di quel paese. Terre di Mezzo infatti è un giornale di strada, venduto nelle maggiori città Italiane da immigrati o persone in difficoltà. Una quota del prezzo di copertina rimane al venditore che utilizza i soldi sia per sopravvivere sia per sostenere nel loro paese di origine le loro famiglie. Essendo il 95% dei venditori originari del Senegal, volevo cercare di approfondire al meglio cosa li spingeva a venire in Italia, affrontando quelle difficoltà che solo un viaggio da clandestini può avere. Insomma, il mio obiettivo era cercar di capire la cultura, i costumi, le tradizioni di quel paese e sentivo che nonostante un viaggio precedente, ancora qualcosa mi mancava. Ed eccomi allora a pensare, insieme a due miei amici al tipo di viaggio e al giro da fare in Senegal. Ovviamente i consigli non mancavano,ogni venditore voleva che si andasse a trovare la moglie o i figli o la mamma. Però ci serviva un professionista delle vacanze, una agenzia che ci desse il proprio bagaglio di esperienza per organizzare il tour ed i contatti per visitare altri progetti di cooperazione presenti nelle aree che volevamo visitare. Ed ecco allora rivolgerci a Viaggi e Miraggi, tour operator di turismo responsabile di Padova. Infatti crediamo fortemente nel turismo responsabile, un viaggiare etico e consapevole che va incontro alla gente, alla natura con rispetto e disponibilità . Un viaggiare che sceglie di non avallare distruzione e sfruttamento, ma si fa portatore di principi universali: equità , sostenibilità , tolleranza. Il viaggio ha riguardato il centro- sud del Senegal, sconfinando anche in Gambia, il più piccolo stato africano, attraversando la Casamance, fino a quasi la Guinea… ma forse sto correndo troppo con il racconto… andiamo con ordine! 1 giorno Nell’immaginario comune la notte di natale è alla messa di mezzanotte o in famiglia nel classico cenone.. Il nostro è su un volo Alitalia che alle 3 del mattino del 25 dicembre ci scarica sulla pista di Dakar. Ad aspettarci fuori dall’aeroporto, un tumulto di persone indaffarate, ma soprattutto Babacar, un ragazzo che studia Italiano all’università di Dakar e che per i prossimi 12 giorni sarà la nostra guida. Impareremo a conoscere Babacar (subito soprannominato Baba nel passare dei giorni), ma subito scopriamo che pur non essendo quasi mai uscito da Dakar, e mai dal Senegal parla un italiano quasi perfetto ed è un grande estimatore di Leopardi. L’hotel, l’Espace Thialy, non è proprio il posto più semplice di Dakar da raggiungere, situato in un quartiere periferico, dove le strade son solo di sabbia, non è quasi conosciuto nemmeno dalla gente che abita attorno,cosi il nostro taxi ha il suo bel da fare a trovarlo… fortunatamente Dakar è una città che non dorme mai e anche alle 4 del mattino c’è gente in giro per strada (che ci faranno poi… mai scoperto). Alle 4, stanchi, stravolti, rimbambiti dal viaggio e dai 30 gradi presenti ci addormentiamo su un comodissimo letto. Ah, no, non è vero.. C’è un Mujadin di una confraternita di cui non ricordo il nome che decide di cantare tutta notte, e che ci tiene compagnia. Sarà pure la notte di Natale, ma sempre in un paese mussulmano siamo. 2 giorno Buon natale senegalese a tutti. Nonostante la tarda ora in cui abbiamo chiuso gli occhietti alle 8 siamo pronti per la nostra prima colazione senegalese a base di pane, marmellata, nescafè, tè e.. Sorpresa, tiro fuori n mini panettone da buon milanese. Finita la colazione iniziamo ad ambientarci per il quartiere trovando le prime difficoltà a camminare sulla spiaggia, cambiando i soldi, comprando la prima scheda telefonica risultata poi falsa e la prima acqua. Alle 12 siamo alla cattedrale cristiana di Dakar per una particolare messa di Natale a ritmi africani e alle 13 siamo seduti in centro a Dakar, in un buco dove l’igiene lascia un po’ a desiderare (errore, era pulito, siamo noi europei che abbiamo un po’ troppe fisse) amngiare il nostro pranzon, ovvero Jassa,cioè riso con pollo. Alle 14.30 siamo nella stazione degli autobus (??? Diciamo in un piazzale in mezzo al mercato dove vecchi catorci si radunano) per prendere il nostro minicar per Djorfiol. I mezzi pubblici in Senegal sono tutti in mano a privati che guidano questi vecchissimi furgoni. Un furgone per lo standar europeo sarebbe per 16-18 posti, in Senegal ci stanno tranquillamente 30 persone se non più. Ogni centimetro è occupato da qualcuno. Chi ha i soldi utilizza invece vecchie macchine arrugginite, funzionanti non si sa come (visto di persona accendere macchine e taxi collegando due fili sotto il volante) chiamate septclass. E qui, la volontà del gruppo si testa per la prima volta.. 45 minuti in mezzo a centinaia di mosche, puzza di fogna, persona che cercavano di venderti di tutto e 35 gradi.. Mmm io, Nico e Fabri abbiamo resistito.. Anche i miei compagni riescono solo a vedere la bellezza di scambiare poche parole con gli altri passeggeri e quasi non si accorgono del disagio.. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, sarà un grande viaggio. Fare un viaggio su un mezzo pubblico è il modo migliore per iniziare a confrontarci con la realtà locale, Baba ci fa da interprete alla grande e un viaggio di 6 ore su un furgone tutto scassato, diventa una esperienza unica. Arriviamo a sera a destinazione, il nostro campment è nuovo, siamo i primi ospiti e il panorama, a fianco del delta del sine saloum è da mozzafiato. 3 giorno. Iniziamo a scontrarci con i ritmi e i tempi senegalesi.. Alle 9.30 abbiamo appuntamento con il nostro accompagnatore e alle 10.30 nessuno si è ancora visto. Nel frattempo facciamo conoscenza con i nostri vicini di casa, una simpatica famiglia che parla solo wolof e nessuna parola di francese, ma i nostri gesti sono più che sufficienti… la famigliola tiene una capra legata al con una corda a unalbero… C’è chi tiene il cane al guinzaglio e chi la pecora. Pensandoci bene è l’unica fonte di alimentazione per la famigliola, una capra che produce latte. Il padrone di casa ci mostra anche orgoglioso due angurie che sta coltivando di dimensioni gigantesche. Infine ci porta a far conoscenza con il venditore di supermercato del paese. Vi evito la descrizione del supermercato, vi basti sapere che non tenevano neppure l’acqua in bottiglia, in quanto bene superfluo. (non per noi ovviamente, per fortuna in campment l’acqua arriva dalla città vicino!!!). Al mattino visita della scuola, dove migliaia di bambini ci accolgono sorridenti e felici, dell’ospedale, del fornaio, il tutto sull’autobus del paese… un carretto trascinato da un cavallo. Baba ha il suo ben da fare con la traduzione, perché le nostre curiosità sono molte. Pomeriggio visita a Joal Fadiuth, bellissima isoletta di conchiglie dove nacque il Senghor, poeta, scrittore, nonché primo presidente del Senegal dopo la colonizzazione francese. Giusto per dare una idea della tolleranza religiosa, Senghor era cristiano. In Senegal il 90% della popolazione e musulmana, l’8% cristiana e il 2%animista. Mai nessuna frizione o tensione fra le varie religioni, mai vista una donna con il velo o altre forme di esibizione religiosa. Ma torniamo al nostro viaggio e a Joal- Fadiuth, da dove ho visto un tramonto che resterà nel mio cuore. 4 giorno Oggi è previsto un giorno di relax e un giro in piroga sul delta del fiume Sine Saloum. Il delta del fiume ricopre una superficie di centinaia di migliaia di kilometri quadrati ed è molto grande, dominato dalle mangrovie è un piacevole punto di ritrovo per chi ama il bird-watching. La nostra gita, invece ha come finalità un campment molto carino e la scoperta di un villaggio di pescatori su una piccola isoletta. Dopo pranzo il gruppo si rilassa su amache che sembrano fatte apposta per conciliare con il riposo… e li commettiamo un errore gravissimo.. Saremo pure in inverno, ma siamo pur sempre in africa, scottatura assicurata! 5 giorno Ci scontriamo subito con il primo imprevisto: il taxi con cui avevamo appuntamento alle 7 del mattino non si vede all’orizzonte e ormai son le 10. Il livello di arrabbiatura sta crescendo e io cerco di stemperare i toni scherzando con i lcuoco del campment. Certo, la giornata sarà faticosa e il viaggio si preannuncia lungo.. Non ci voleva proprio questa disdetta. La metà di oggi è il Gambia, il più piccolo stato africano. Questa notte la passeremo a Banjul, la capitale della nazione di lingua anglofona, un chiaro esempio di assurdità di spartizione dei territori all’epoca coloniale. Alle 10 il nostro cuoco trova un taxi di un suo amico e via di corsa fino a Kaolach dove ci aspetta i nostro minicar. La strada da Kaolack al confine è piena di buche, il viaggio non procede a più di 30 km all’ora, ma la conversazione sul minicar è piacevole… ma all’improvviso ecco una gomma bucata. Capita! Siamo al confine e davanti a me si apre una scena che mai avrei creduto… ok che Senegal e gambia sono stati amici, ma poi e poi mai mi sarei aspettato di trovar meno polizia che al confine fra Italia e Francia… altro che libera circolazione di merci e persone, qui i poliziotti bisogna andarli a cercare. Intorno persone che cercano di convincerti a far il cambio in nero… ovviamente seppur Baba conosce i soldi del Gambia non ci fidiamo e andremo ad uno ufficiale. Farsi mettere il timbro sul passaporto non è una impresa facile.. Siamo noi turisti a bussare alla porta della dogana, dove un tipo assonnato ci fa compilare i registri… emm prende a acomputer i dati direte voi.. Non, scrive a mano su un quadernone gigante i nostri nomi e la nostra provenienza. I computer non sa nemmeno cosa sia probabilmente. Quasi scusandoci per il disturbo salutiamo il poliziotto e saliamo su un taxi in direzione del traghetto che ci porterà a Banjul. Dopo una partenza a spinta del taxi (problemi di avviamento, capita, no?) ci accorgiamo subito di quanto il Gambia sia più povero, dalle strade non asfaltate e dalle case in paglia. Arriviamo sul fiume Gambia, ancora un’ora di traghetto (siamo quasi alla foce, il fiume è largo 5-6 km in questo punto e nessuno ha manie megalomani di costruirci inutili ponti) e saremo arrivati. Siamo abbastanza fortunati con la coincidenza,il traghetto c’è ogni due ore ma noi per la cifra esorbitante di 8 centesimi di euro dopo 20 minuti partiamo. Il viaggio in nave è divertente, un bambino cerca di venderci il suo pallone usato senza riuscirci mentre una signore anziana riesce a venderci una bottiglia d’acqua. Banjul capitale del Gambia è calpestata verso le 19 di sera e in hotel siamo alle 19.30. Dopo 9.30 ore di viaggio, cambi di 5 mezzi siamo arrivati… pensavamo fosse il viaggio più difficle e invece il bello doveva ancora arrivare. Ci rendiamo subito conto che la capitale del Gambia non è altro che una cittadina da 30000 abitanti, la vita di una media cittadina italiana è molto più intensa. Sulla via principale della capitale alle 21 di sera c’è aperto solo un bar ristorante. 6 giorno Dopo un rapido giro con visita all’annesso museo di cultura del Gambia e la residenza presidenziale, nonché il parco cittadino ci dirigiamo verso il mercato per fare acquisti. La vita in Gambia costa molto meno che in Senegal. Dopo un pranzo rifocillante in un ristorante arabo a base di kebab, eccoci pronti e considerando finita la visita della cittadina da 30000 abitanti, continuiamo il nostro tour, in direzione casa mance, regione sud del Senegal, situata sotto il Gambia. Il viaggio si rivela più problematico del previsto, cambiamo 6 mezzi, uno di fila all’altro, buchiamo una volta, mentre la seconda ci troviamo con il buio a cambiare una gomma finita (letteralmente finita, si vedeva in bianco, altro che guida sicura!) della nostra septplace. Cosa sconsigliata da tutti, in quanto a detta degli allarmismi europei, totalmente infondati, siamo in una regione di separatisti e non si sa mai cosa può succedere. Alle 21 arriviamo a destinazione stanchi morti, i due giorni di viaggio consecutivi si fanno sentire, ma felici: siamo in casamance finalmente! 7 giorno La casamance è una regione verdissima, quasi da foresta tropicale. Incredibile come in circa 600 km da Dakar al sud del Senegal si passi dal deserto alla foresta. Visti anche i miei studi ambientali non nascondo che mi piace veramente molto, se non altro per il fresco. La sera non c’è illuminazione e si vedono stellate bellissime. Mentre io mi faccio prendere dalla malinconia, Fabri e Nico discutono con Baba di Leopardi e scrittori. La discussione è troppo elevata per me, rinuncio e guardo le stelle, pensando a quante migliaia c’è ne sono nel cielo. In giornata avevamo visitato scuola ed ospedale di Coubanao, nonché la vicina foresta con una spiegazione botanica niente male. Nel pomeriggio avevamo assistito a una partita di calcio del campionato senegalese dilettanti in riva al campo, meglio che Ancellotti o Mourinho. Insomma giornata di relax. 8 girono Altro giorno molto rilassante, è il 31 dicembre, ultimo giorno dell’anno. Mentre nel resto del mondo ognuno pensa a come divertirci noi passiamo il nostro tempo camminando per sperduti villaggi senegalese e salutando più bimbi possibili. Visitiamo un progetto di tintura di tessuti da parte di donne disoccupate, la un internet point, la cooperativa che produce ottimi succhi di baobab e ottimo Bissap (da provare assolutamente). Nel pomeriggio visita alle coltivazioni di riso. Fa effetto vedere le donne che battono a mano le spighe di riso per far uscore i chicchi. E ancora più effetto pensare che viene coltivato a mano, senza neppure una macchina di aiuto, con pazienza ed amore. E mentre ci apprestiamo a trascorrere il capodanno più tranquillo della nostra vita guardando le stelle e sognando, i giovani locali ci vengono a prendere e ci chiedono di andare alla loro festa. Come dire do no.. Peccato che la loro festa sia in realtà una discoteca e a nessuno dei 3 piaccia ballare musica dance! In compenso passiamo le 24 e nessuno se ne rende conto, visto che il conto alla rovescia non è usanza in territorio africano. All’una, con una buona scusa scappiamo, un po’ con il senso di colpa per non aver approfondito la conoscenza con la realtà locale, un pò con il sollievo di aver finito la serata discotecara. 9 giorno Purtroppo la giornata di oggi inizia con una brutta notizia: è morto un signore nel villaggio vicino e quando c’è un lutto in una comunità anche i paese vicini in segno di vicinanza sono in lutto. Ciò significa che la prevista giornata accompagnati in giro per l’allegra campagna salta. Dopo una rapida visita all’internet point (inguaribili) decidiamo che faremo un giro nel capoluogo della Casamance, cioè Ziguinchor, seconda città del Senegal e distante solo 45 minuti di minicar su strada molto bucata. Dopo circa un’ora che aspettiamo il mezzo, rivolgo la domanda fatitica a un ragazzo locale “ogni quanto passa?”. “Spesso” è la risposta… 2 ore e 24 minuti e siamo sull’autobus. Pensate un po’ se c’era di rado cosa era. Ziguinchor è una bella cittadina, visitiamo il porto, il centro e ovviamente il mercato, dove intavolo una contrattazione per una sedia in legno tipica loro. Da 60mila sefa scendo a 12000, ma avrei potuto far meglio. Il reale prezzo è intorno ai 10500 sefa, ma penso di essere l’unico carnagione bianca ad aver ottenuto un prezzo cosi basso. Non certo merito mio, sapete lavorando con i senegalesi a Milano, le cose si sanno! Il ritorno è più rapido e indolore, per cena siamo indietro al nostro campment e stasera la luna e le stelle sono tutte per noi 10 giorno Lo sapevamo che sarebbe stata una giornata di passione, lo sapevo io, lo sapeva Nico, lo sapeva Fabri, lo sapeva un po’ meno Baba che la mattina ci ha fatto tardare una buona mezzora. Programma della giornata era il lungo trasferimento fino a Dakar, 600 e passa Km su strade del Senegal e del Gambia, alcuni pezzi bucati, altri non asfaltati, dogane da superare, traghetti da prendere.. Insomma, la classica giornata dove pensi “ma chi me l’ha fatto fare, l’aereo è cosi comodo”. Alle 5 siamo pronti zaino in spalla, il taxi per le 6 ci porta alla stazione centrale di Ziguinchor. Ed ecco la prima sorpresa.: le septplace non ci sono, son partite stamane presto, rimangono solo i minicar. Il nervosismo sale, il viaggio che si sapeva pesante, ora assume connotati da tragedia. Provate voi a stare come sardine per un numero imprecisato di ore in un furgone tutto scassato. Vi risparmio il viaggio, rimembro solo che il furgone si è spaccato due volte e cosa che mi ha colpito non si è mai fermato per pause pranzo o pipi. Addirittura c’è stato un cambio vettura a Kaolack per morte temporanea del mezzo. I restanti mal di sedere e mal di schiena non ve li racconto, altrimenti nessuno di voi partirà mai per il Senegal in vita sua! Dopo 14 ore e 30 di viaggio siamo ancora all’Espace Thialy a Dakar e ci apprestiamo ad andare a mangiare in un tipico ristorante del luogo. La giornata più incredibile del Senegal è passata, siamo stravolti, ci resteranno le foto a ricordo di questa giornata epica! 11 giorno Dakar, il ritorno. Come tutte le città africane ha il suo bel traffico totalmente privo di regole.. Ma è il bello dell’africa. Ad ogni angolo c’è una persona che vende qualcosa: magliette usate, mandarini dell’albero del suo cortile, mobili, scarpe, cd. Ecco perché i nostri venditori son tutti senegalesi: qui se uno ha qualcosa di troppo scende in strada e passeggiando vende! E’ nella loro cultura! La mattinata la passiamo al lago Rosa, lago ad alta salinità alle porte di Dakar, famosissimo oltre che per il suo inconfondibile color dovuto ad un’alga, perché sulle sue sponde c’è l’arrivo della gara rallistica più famosa al mondo, la Parigi-Dakar. La cosa più incredibile del lago rosa, sono i raccoglitori di sale. Il sale si deposita sul fondo e i raccoglitori, spargendosi burro di Karitè per non rovinarsi la pelle per la concentrazione salina del lago raccolgono con secchi il sale. Lo caricano su piroghe e poi lo trascinano a riva dove le donne, lo mettono in enormi sacchi e lo depositano in spiaggia. Penso che sia il lavoro più massacrante mai realizzato visto fare in vita mia. Mentre mangiamo ottimo pesce in un ristorantino da turisti poco responsabili in riva al lago, mi arriva un sms da Sara che a Milano nevica.. E noi siamo a 30gradi a Dakar, un po’ mi sento in colpa. Al pomeriggio giro per il centro città, Baba ci accompagna orgoglioso di mostrarci la sua città, i luoghi della sua infanzia e le bellezze cittadine. Torniamo in hotel e dopo cena parliamo del programma del giorno seguente, nostro ultimo giorno in terre d’africa. 12 girono Oggi è in programma, l’immancabile metà di ogni turista che si rispetti che va in Senegal: l’isola di Goree. Prima però c’è il tempo di andare a salutare i ragazzi di Yakaar, cooperativa che da istruzione e lavoro ai ragazzi del quartiere Medina in difficoltà. Un bel esempio è data dalla sartoria, dove i sarti confezionano vestiti destinati al circuito del commercio equo italiano. Finalmente vediamo con mano e conosciamo le persone che realizzano nel sud del mondo i prodotti che troviamo nelle nostre botteghe. La visita all’isola di Goree è piuttosto classica, posto di turismo di massa per eccellenza. L’isola è tristemente famosa per via della tratta degli schiavi ed ora è patrimonio dell’unesco. Noi però riusciamo a renderla speciale, incontrando un compagno di università di Baba, anche lui studia Italiano e ciaccompagnano nei pochi angoli nascosti dell’isola, con viste da case private mozzafiato su Dakar e sul mare. Fortunati direi. La nostra vacanza si esaurisce con un tramonto da aprire i cuori e con una cena in un ristorante di Dakar. Un taxi freddo ed inospitale (sarà il nostro stato d’animo?) ci porta all’aeroporto, dove con un grosso abbraccio salutiamo Baba, nostra fonte di salvezza e sopravvivenza per dodici giorni, lo ringraziamo di cuore e ci imbrachiamo per Milano. Che dire? Impossibile non farsi venire il mal d’africa, impossibile non aver voglia di tornare, impossibile non amare i bambini che ti salutano, impossibile non ballare i loro ritmi, impossibile non aver voglia di conoscere persone con una cultura cosi diversa. Io ci tornerei di corsa, al volo, ora se mi venisse detto “fra un’ora parte un volo, il bilgietto è pagato, vai”. Per questo, per queste emozioni, per farle provare a tutti insieme a viaggi e miraggi, Insieme nelle Terre di mezzo ha organizzato un viaggio per questo Natale, affinche possiate provare anche voi cosa significa vedere il cielo dell’africa e viaggiare con la testa. Se volete saperne di più scrivetemi pure a dariobrioschi@virgilio.It