Sette giorni in Giordania
Il viaggio dall’Italia si svolge con un Airbus della Royal Jordan Airlines dotato di comodi sedili e con graziose hostess assoldate in Tailandia.
A fianco è seduta una cingalese dall’età indefinibile (30-40) che torna a casa a trovare il figlio. Ha una lunga sottana nera con complicati ricami e inserzioni di perline e ovali in osso; il dialogo è difficile perché parla solo un italiano minimale, fa la cameriera sul lago di Garda. Fa tappa ad Amman per ripartire per lo Sri-lanka.
L’aereo arriva puntualissimo e le operazioni all’aeroporto sono rapide. Lascia un po’ a desiderare il pullman ma ci assicurano che dal giorno dopo ne avremo uno migliore.
Amman si presenta bene, si vedono all’ingresso della città piante attorno alla strada e persino delle aiuole fiorite. E’ solo un piccolo inganno che riesce solo perché è buio e non si può vedere lontano. Nell’albergo a quattro stelle c’è una grande baraonda perché al piano terra c’è una rumorosissima festa di matrimonio. Ci danno una incredibile camera con soggiorno, quasi un miniappartamento.
Con la luce del giorno ci si accorge di come le bianche case siano costruite una a ridosso dell’altra in un disordinato continuum. C’è qualche raro albero vicino alle case, sono minimi o mancano gli spazi pubblici.
Si parte per Madara. La strada è bordata da una fila di piccoli pini oltre ai quali sono i campi. Gli alberi sono belli ma frammezzati da grandi quantità di rifiuti, prevalentemente contenitori di plastica e alluminio per bevande. Sui campi solo dopo accurate osservazioni capisco che quelle curiose piante nere sono dei piccoli cespugli su cui si sono impigliati frammenti di plastica nera portati dal vento. Non piove praticamente da sei mesi e di colore verde sono solo gli alberi, per alcuni dei quali si è provveduto portare l’acqua con chilometrici tubi.
2 Madara è una piccola città con un traffico caotico, negozi di tutti i tipi tra i quali anche quelli di polli, che sono conservati vivi in piccolissime gabbie dentro nello stesso negozio. Suppongo che uno scelga il pollo che gli piace e che glielo “preparino” al momento; non credo che l’odore sia splendido.
In una bottega di meccanico domina il colore nero del grasso: da quando ha cominciato a funzionare l’officina non è mai stata ripulita.
La città è famosa per i mosaici. Il più celebre è in una chiesa ortodossa: è una mappa molto importante della zona, palestina compresa, di epoca bizantina.
In Giordania ci sono delle minoranze cattoliche e ortodosse; comunque la religione è importantissima e uno che non è musulmano o cattolico o ortodosso, non può essere un cittadino giordano perché, penso, non potrebbero completarne la carta di identità alla riga “religione”.
Un grandioso terremoto del settimo secolo dc ha spianato case e chiese ed oggi sono visibile dei mosaici a pavimento di quelle costruzioni che non hanno subito ristrutturazioni importanti.
Non lontano si “scende” al monte Nebo che guarda sulla rift-valley, che va dalla Siria al Mozambico per 5000 km, dove il Giordano sfocia nel Mar morto.
Da lì Mosè avrebbe visto la terra promessa cui non sarrebbe mai arrivato. I frati francescani con donazioni, praticamente tutte italiane, stanno rimettendo in piedi vecchie costruzioni. Un serpente di metallo, ispirato dalla bibbia, è posto a simbolo del monte, accontentando cristiani e musulmani. Nella valle si vede Betania, Gerico mentre Gerusalemme più lontana è coperta dalla foschia.
Proseguendo verso il sud per la antica strada dei re, Guinness dei primati per essere la strada più antica ancora in uso (5000 anni), si attraversa una valle tipo canyon dell’Arnon (nome biblico, oggi Wadi al Mawjib). Il terreno è fatto di una roccia friabile scavata a fondo dal fiumiciattolo che sfocia da est nel Mar morto. Il taglio è spettrale quanto affascinante. Non c’è un filo d’erba se non nel fondo della valle dove scorre un po’ d’acqua.
Più avanti ci sono i resti di un grande castello a Kerak. Petra ci accoglie con un bel tramonto tra le sue montagne.
L’hotel è nuovissimo costruito, assieme ad altre decine negli ultimi trenta anni, a ridosso della zona archeologica. Petra attira una media di 2500 visitatori al giorno che pagano un biglietto di 30 Dinari per entrare.
Un dinaro vale circa un Euro, per cui sono 27 milioni di euro all’anno; più di un pozzo di petrolio ci assicura la nostra guida Zihad.
Dall’hotel si può usare anche internet.
3 Il sito di Petra è ricco e le cose da vedere tante e varie, della natura e dell’uomo. La geometria è però abbastanza lineare. I primi 800 metri dopo il cancello di ingresso sono lungo il torrente in secca; si possono fare a piedi o su un calesse tirato da cavalli.
Ai lati ci sono alcune tombe nabatee scavate nella roccia che ha un colore marrone-rossiccio cangiante a seconda della illuminazione solare. Poi vengono i 1200 metri del Siq o Sik, una fenditura naturale nella roccia dovuta ad un terremoto. La larghezza varia da circa 2 m a poco più di una decina, mentre le pareti verticali da 10 a 100m. Il vento, la sabbia, e l’acqua hanno modellato, increspato, levigato, butterato le rocce nelle forme più strane.
Qui l’uomo non ha fatto molto: i nabatei canellette in basso lungo le pareti per portare l’acqua, qualche nicchia con varie divinità un paio di statue; i romani il lastricato, solo in parte conservato, e canalette pure loro.
E’ la cosa più significativa di Petra.
Quasi a sorpresa il Siq spunta in una valletta torrentizia di fronte alla più celebre tomba nabatea detta “il tesoro” che abbiamo visto nel film di Indiana Jones. La valle prosegue con decine di tombe sulle pareti a varie quote. In alcuni punti la roccia perde il colore rossiccio per assumere incredibili sequenze bianco, viola, rosso ripetuti all’infinito.
Si potrebbe fare anche qualche deviazione dal percorso principale.
Comincia la città romana col teatro ricavato nella roccia distruggendo alcune tombe. Poi la valle si apre e ci sono i resti della città romana che non ha resistito ai terremoti e che ci appare come un cumulo di pietre con un paio di templi in parte riedificati; il cardo massimo ancora splendidamente lastricato conserva una porta della città.
Ci sono i resti con mosaici pure di una chiesa dell’epoca bizantina. La passeggiata si conclude al ristorante piazzato alla fine del percorso dopo circa 4km e dopo aver perso 400m di quota dal cancello di ingresso.
A questo punto ti fanno la proposta: se vuoi andare a vedere il “monastero” devi salire per una oretta per circa 850 scalini sul monte. Lo si potrebbe fare a dorso d’asino ma ho visto come trattano quelle povere bestie e non mi va di contribuire neanche marginalmente alla loro tortura.
Ma cosa fanno le associazioni animaliste? Vengono a rompere in Italia se uno non da cibo di prima qualità al gatto e nulla fanno per quelle bestie, asini e cavalli che i ragazzini beduini usano come giocattoli e gli adulti frustano, usando per lo più un cavo elettrico, per far fare loro il massimo numero di corse?! Gli scalini sono tanti e non finiscono mai. Bisogna anche schivare gli asini e loro escrementi. Si raggiunge quota 1050 dove c’è questo monastero di cui l’unica cosa visibile è una grandissima tomba nabatea, in tutto simile al tesoro ma più grande che i monaci avevano usato come chiesa. Il melograno posto in alto al centro a circa 80 metri dal suolo è meta di un giovane giordano spericolato che fa free climbing sul monumento saltando poi tra le sue parti più elevate.
Un altro chilometro e circa 100 metri di dislivello ci fanno arrivare ad un punto panoramico dove si vede la rift valley tra mar morto e mar rosso.
Il ritorno non è meno faticoso. Scendere su quegli infidi scalini ricoperti da uno strato di sabbia pone continui motivi di ansia ed anche l’ultimo tratto, per tornare al cancello e completare i 15km, è duro per uno non molto allenato.
Resisto a chi mi propone “taxi” a base di cavalli, asini e dromedari e finisco stravolto ma con le mie gambe.
4 Petra è diventata nel giro di cinquanta anni una delle mete turistiche più gettonate. La tribù di beduini che abitavano il sito archeologico è stata spostata in villaggio costruito ad hoc ma è stata lasciata libera di girare per le rovine a vendere cartoline, patacche, pezzi di pietra, collanine e servizi animali.
Altri sono stati impiegati come camerieri, fattorini nelle numerose nuove strutture alberghiere come nel nostro bellissimo e nuovissimo albergo. Il risultato è che alla reception conoscono l’inglese meno di me, che lo so pochissimo, i camerieri sono imbambolati, scoordinati e poco attenti alle esigenze dei turisti.
Pare pure che si siano giocati la mancia per aver fatto portare ai turisti le valigie dalla hall al pullman, ma gli arabi sono molto attenti a queste piccole cose tralasciando magari questioni che noi giudichiamo intollerabili come la poca igiene.
Riprendiamo l’autostrada del deserto, una alternativa a est della strada dei re, in direzione sud e poi giriamo a est per il Wadi Rum, territorio base della mitica attività di Lawrence d’Arabia, visto qui come eroe nazionale benché straniero.
Si tratta di un affascinante territorio desertico in cui il mare di sabbia è perforato da colline rocciose. Qualche arbusto testimonia che, ove si portasse l’acqua, si potrebbe praticare l’agricoltura con successo.
A bordo di gipponi da 6-7 posti percorriamo alcuni chilometri di questa “valle della luna”. Sosta in un campo beduino “per turisti” dove non si paga per il te, ma si farà una offerta anche più sostanziosa e molti compreranno monili vari e prodotti di dubbia provenienza. A questo punto lo spiritosissimo M. Ritto sul nostro gippone, con in testa una Kefiah bianca-rossa tipica dei giordani, comincia un comizio in pseudo arabo con lo stile di Mussolini. Prosegue con imprecazioni in purissimo veneto. I beduini sono increduli ed esterrefatti; per fortuna la jeep riparte.
Pranzo sotto a tenda di un campeggio con le solite vivande portate ad una ditta di catering; solo l’agnello è cucinato in loco.
Ritrovo una vecchia conoscenza il “rollende hotel” della “Rotel Tours” già visto in Francia una quindicina di anni fa e di sfuggita sul monte Nebo. Si tratta di un convoglio formato da un pullman arancione nero che trascina un grosso rimorchio con gli stessi colori.
Il rimorchio è l’hotel: disposte su tre file ci sono 42 cuccette che dovrebbero avere le dimensioni di circa 1x1x2 metri, lo spazio di un loculo cimiteriale. Il comfort notturno è migliorato dall’azione del gas (ossigeno?) contenuto in due capienti bombole. Più che una roba da tedeschi appare cosa da giapponesi, ma il loro sito internet è ricco di proposte, anche per l’Italia! Si torna ad Amman con la autostrada del deserto che costeggia per lungo tratto la ferrovia ottomana Damasco-Acaba a scartamento ridotto (1050 mm invece dei nostri 1435mm). Curiosa la storia di questa ferrovia fatta per ragioni eminentemente militari dai turchi ma giustificata agli arabi come importante per la “religione” in quanto avrebbe dovuto proseguire alla Mecca ( per far fare il pellegrinaggio ai devoti; arrivò solo fino a Medina.
Questa unica ferrovia è usata per il trasporto dei fosfati di cui la Giordania è ricca. Stranamente la guida Zihad sembra compiacersi del fatto che non ci siano treni e metropolitane e tutto il traffico sia automobilistico e di grosse cilindrate. Viva l’ecologia! 5 All’arrivo ad Amman, approfitto del tempo impiegato per il servizio religioso, per capire “dove siamo” sulla mappa stampata sul retro della carta della Giordania che non ho potuto fare a meno di comprarmi. Chiedo lumi all’autista che si consulta col poliziotto turistico che da un po’ ci accompagna. Incredibile nemmeno Zihad capisce nulla della carta stradale. Invero c’è una piccola difficoltà: la carta mette i nomi in Inglese e questi non corrispondono esattamente a quelli della segnaletica stradale per la quale evidentemente hanno usato una diversa translitterazione dall’arabo. La giustificazione della guida sarà che loro non sono abituati ad usare le carte e che dunque, praticamente, non si sono evoluti dal sistema beduino! Lo strano è che costui ha passato molti mesi in Italia; che si sia portato dietro un cammello per girare per le vie di Ravenna? Ne faccio un punto d’orgoglio: riesco a capire dove sono e da allora seguirò con puntiglio sulla carta il percorso del pullman nonostante le difficoltà toponomastiche! Beduini! Il problema dell’acqua in Giordania è fondamentale; hanno fatto diverse dighe per migliorare la situazione, ma piove poco in generale e sempre meno man mano che si va verso est o verso sud. Ora tenteranno con l’acqua fossile che una ditta turca cercherà di tirar fuori dal sottosuolo di una regione a sud-est.
Comunque, nonostante il costo favoloso dei matrimoni, hanno una elevata natalità e la popolazione è molto giovane. Come faranno tra una generazione non riesco ad immaginare. A proposito, visto il caldo che c’è, nonostante sia ottobre, bisogna bere molto e di continuo. Ci è stato raccomandato di bere acqua “sigillata” che ci viene venduta anche sul pullman a 1 euro al litro in comode bottiglie di plastica da 500cc. Tenuto conto che ad ogni pasto al ristorante( a 2 o 3 euro) si compra un’altra bottiglia stimo in circa 3 le bottiglie che ciascuno di noi ha usato e buttato via ogni giorno (oltre 1000 solo noi nel nostro viaggio). Più di metà del loro territorio è desertica e non hanno difficoltà a fare delle belle discariche.
E per un piatto deserto di sabbia partiamo il giorno dopo a est di Amman. Prima visita un “castello” in realtà un caravan serraglio. Più interessante è il secondo sito quasar Amra che si intuisce, anche senza le spiegazioni di Zihad, sia stato un luogo di piacere, bagni, casino di caccia di qualche califfo del tempo degli Omayyadi. Ci sono dei rari affreschi, straordinari più che altro per il fatto che i mussulmani hanno di fatto poi abolito la raffigurazione della persona umana.
Le ragazze seminude raffigurate non lasciano dubbi sul posto. Il problema è nato per una figura, forse barbuta, dipinta sul soffitto che tiene in mano un “mazzolin di fiori”. Invece di pensare al califfo o a un cortigiano i nostri devoti accompagnatori ci hanno visto subito il Cristo pantocratore salvo imbarazzarsi per giustificare la presenza di questa presunta immagine cristiana in una casa di piacere mussulmana. Misteri della fede! L’oasi di Azraq al crocevia delle strade per l’Arabia saudita, Damasco e Bagdad è una interessante oasi naturalistica che noi purtroppo non andiamo a visitare. Facciamo sosta invece ad una fortificazione in basalto già sede di guarnigioni romane, bizantine, arabe e da ultimo del famoso Lawrence d’Arabia.
Il basalto di qui è impregnato di bitume, forma molto viscosa del petrolio. Forse risulterà conveniente in futuro estrarre petrolio da queste pietre che sono state a contatto con i giacimenti dell’oro nero.
Torniamo ad Amman per la stessa strada per la quale siamo venuti rinunciando a dare una occhiata alla città industriale di Az Zarqua ma risparmiando forse una decina di chilometri.
La visita di Amman, 2 milioni di abitanti, un terzo degli abitanti del paese, del pomeriggio conferma la pochezza della città in paragone ad altre cose viste o che vedremo. Nel museo della zona archeologica alcuni rotoli con antiche scritture rinvenuti a Qumram vicino al Mar morto, in rame.
6 All’albergo di Amman, lo stesso che avevamo avuto il primo giorno, ci sono piccoli fastidi. Non hanno sostituito gli asciugamani sporchi e bisogna richiederli; alcuni hanno trovato le lenzuola sporche; alla mattina la colazione è problematica: una volta manca il pane, un’altra la marmellata o il caffè; a richiesta arrivano ma con calma nel peggior stile mediterraneo.
A volte quando rientriamo ci fanno passare sotto il metal detector ma sono controlli molto approssimativi e di dubbia efficacia.
Si parte per il Giordano, nel posto dove dovrebbe essere avvenuto il battesimo di Cristo da parte di San Giovanni Battista, non distante dal Mar Morto. Uso non a caso il condizionale in quanto fino a pochi anni fa i turisti venivano portati a vedere la stessa cosa cento chilometri più a Nord.
Raggiungiamo quota -324m sul livello del mare. Fa molto caldo e l’umidità è pure molto elevata. Non si sta bene anche perché stupide mosche ci infastidiscono.
C’è poco da vedere: il Giordano, un fiumiciattolo con acqua verde sporco, le guardie giordane ed israeliane con i loro mitragliatori, una chiesa ortodossa nuova di zecca, due ruderi di incerta lettura.
Si finisce molto prima del previsto ma il desiderio di alcuni, ed io fra questi, di andare sulla riva del Mar morto, distante una decina di chilometri, non viene accolta adducendo pretestuose giustificazioni; tra queste quella che dalla strada, distante una trentina di metri dall’acqua, non si sarebbe visto bene e che meglio si sarebbe potuto vedere dalla fortezza del Macheronte da cui il Mar morto dista alcuni chilometri.
Non occorre avere una laurea in fisica ottica per capire che si vede meglio da trenta metri che da chilometri. In compenso ci viene data la possibilità ed il tempo di fare alcuni “interessanti” acquisti in uno spaccio di Madaba. I prezzi non sono buoni ma le cose belle e gli affari vanno bene. Zihad avrà la sua compartecipazione e chissà forse pure la compagnia di viaggio. La fortezza del Macheronte è un’altra delusione, alcuni ruderi su una altura. Il Mar Morto si vede male anche perché nella rift-valley c’è sempre un po’ di foschia.
Torniamo presto. Non posso dirmi entusiasta della cucina Giordana: praticamente in tutti i posti dove siamo stati, ci sono state presentate le stesse cose: carne di pollo, che è risultata la più richiesta, carne di agnello arrosto, qualche volta carne di manzo o pesce di fiume impanato o fritto. Saltando le salse e le verdure crude di sospetta igiene, non restavano che le patate e la frutta.
Nessun formaggio se non un pecorino presentato solo al mattino. Una coppia dei nostri l’ultima sera ha cenato con delle scatolette di tonno Riomare per raggiunta saturazione della dieta giordana.
Alla sera ho cenato qualche volta con pane, riso, olive sotto olio e, rischiando, col pomodoro crudo. Alcuni cibi, peperoni, riso al curry, ed altri risultavano troppo piccanti per i nostri standard.
7 Ultimo giorno: si va all’estremo Nordovest. C’è l’interessante sito archeologico di Gadara di epoca romana. La cosa più strepitosa però e la vista che si ha sul lago di Tiberiade (Israele) e sulle alture del Golan, territorio ex Siria ora occupato da Israele; in lontananza si distingue il monte Tabor di biblica memoria. Nel piccolo museo un serpente attorcigliato ed il basamento di una colonna con sezione a forma di cuore. Per arrivare al sito dell’antica Pella scendiamo nella valle del Giordano che qui, vicino al lago di Tiberiade, è a quota -220 m. Ci sono campi fertili, bananeti e vediamo dei bambini che escono dalla scuola con divise verdine o azzurrine a seconda dell’età.
Ben poca cosa Pella rispetto a Gadara e soprattutto rispetto a Gerasa che risulta essere la città romana più ricca di monumenti che abbia mai visto ( mi manca Leptis Magna in Libia e Palmira in Siria!; Pompei è più estesa ma meno ricca). C’è una piazza ovale, una circolare ed un sistema di quattro strade ( due decumani) tutte fiancheggiate da colonne. Anche qui stanno rizzando le colonne cadute per effetto di terremoti. C’è lavoro per ancora cento anni, semprechè non arrivi prima un altro scossone a ributtar giù tutto! Sulla città romana un paio di chiese bizantine con i soliti mosaici sul pavimento.
Oltre ai due teatri ben conservati ci sono il tempio di Zeus e quello più imponente di Artemide (Diana) con doppio colonnato di cinta. Qui hanno rimontato male una colonna che oscilla di qualche centimetro se spinta da un uomo. Le guide vanno a nozze con queste cosette! Rientro ad Amman e ripartenza per l’Italia il giorno dopo.
Tra pullman verso l’aeroporto, attese varie, aeroplano (4 ore), attese e pulmman in Italia, il viaggio porta via una giornata intera, esclusa la notte.
Petra, Gerasa, il Wadi-Rum, la valle del Giordano sono risultate le cose più interessanti.
Temo morirò senza aver visto il Mar Morto dato che la mia propensione a tornare o a visitare i paesi limitrofi è molto bassa, disincentivata pure dalla affermazione di coloro che lì sono stati e che dicono che la Giordania è il meglio dei paesi arabi. Preferisco i paesi della nostra vecchia europa o mi attirano posti più lontani.