America: un sogno rimandato

Questo viaggio doveva essere il regalo di mio padre per il diploma di scuola superiore ma per un contrattempo è stato un po’………rimandato. Come al solito le nostre decisioni sono dell’ultimo momento ed i problemi si accavallano perché il tempo è poco ma poi il puzzle si compone e allora si parte. Destinazione: i parchi americani e...
Scritto da: jajaq
america: un sogno rimandato
Partenza il: 01/09/2008
Ritorno il: 18/09/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Questo viaggio doveva essere il regalo di mio padre per il diploma di scuola superiore ma per un contrattempo è stato un po’…Rimandato. Come al solito le nostre decisioni sono dell’ultimo momento ed i problemi si accavallano perché il tempo è poco ma poi il puzzle si compone e allora si parte. Destinazione: i parchi americani e le grandi città sul cammino.

Valigie semi-vuote come da consigli letti da esperienze fatte da altri, eccitazione tanta e poi un volo lungo, sempre di giorno, destinazione San Francisco con scalo a New York. Prenoto tutto tramite Internet attraverso la TUJ di Torino. Due pernottamenti a San Francisco e due a Los Angeles per il ritorno, affitto di un’auto economica con la ALAMO e tour di San Francisco, tutto il resto è libertà. Voglio dare anch’io il mio contributo ma più che sui posti visti, che è un giudizio personale, su piccoli problemi che si possono evitare sapendolo prima.

A New York, dove dobbiamo prendere la coincidenza per San Francisco, è necessario presentare il foglio per l’immigrazione, l’hostess della American Airlines sull’aereo non ha dato il modulo verde ma solo quello chiaro (anche agli altri) e quindi in fila, dopo un viaggio lungo circa 10 ore (6 ore di fuso in meno rispetto a noi) li compilo in piedi, sono ben organizzati e quindi veloci e la fila scorre, quando tocca a noi uno dei due fogli verdi non è completo. La persona che ci accoglie sembra proprio il poliziotto dei films americani: neppure un cenno di saluto, ci riconsegna i moduli e ci rimanda indietro per completare il tutto, che gioia. Poi, dopo il controllo dei moduli, ci prende le impronte digitali, in un ordine prestabilito, in una lingua incomprensibile, prima si posano le dita su un tampone umidiccio e poi su una specie di scatoletta. Alla fine ti fa pure una foto, non l’abbiamo vista ma penso che era molto espressiva.

Wao, finalmente siamo in America. Mi accorgo che nel trambusto dello scrivere ho dimenticato una borsa per terra, mio marito tutto sorridente ripassa davanti al poliziotto e la va a prendere. Attimi di terrore puro e incazzatura con me.

Prendiamo le nostre valigie e riusciamo a capire che dobbiamo fare un ceck in per quelli che come noi sono in transito, abbiamo la coincidenza dopo poco più di un ora per San Francisco. L’hostess prende i nostri biglietti, li controlla a lungo, stampa gli scontrini dei bagagli, emette due nuovi biglietti che ci consegna. Riusciamo a capire che il gate è al terzo piano e abbastanza distante. Quindi di corsa attraversiamo vari corridoi, ascensore occupato, ne cerchiamo un altro facendoci capire a gesti ed anche dall’espressione delle nostre facce, e finalmente arriviamo davanti al gate: vuoto. Non c’è nessuno. Siamo sconfortati, l’aereo è partito? Cerchiamo qualcuno per delle informazioni e finalmente troviamo un’hostess che parla spagnolo e riusciamo a capire che ci hanno cambiato il volo ed invece di partire alle 15 ora locale per San Francisco il volo c’è alle 17 e 30. Dopo tutto questo trambusto ci rilassiamo, mangiamo un hot dog e siamo contenti, la nostra post pay funziona. Abbiamo anche la carta di credito usata solo per gli alberghi e l’affitto dell’auto. Ma con la post pay (la prepagata delle Poste Italiane che ora si può caricare fino a 3.000,00 Euro) abbiamo fatto spese nei supermercati, negli outlet, nei ristoranti ed anche la benzina.

Arriviamo a San Francisco e le ore di fuso diventano 9, lì ci sono gli “Shuttle door to door”, sono dei pulmini collettivi, si pagano in base al percorso, e vieni accompagnato dove vuoi. Nel nostro caso in albergo. Doppio lettone matrimoniale, televisore mega di fronte e sonno che tarda ad arrivare.

Finalmente il giro comincia. Consiglio: il cellulare comprato da poco che fa anche da indicatore stradale, è completo di mappe italiane ma non di quelle americane, e all’ultimo momento c’è sempre un impedimento per scaricarle da internet. E’ meglio affittarlo in loco, altrimenti sarà una prova per tutto il viaggio e motivo di scassamento. E’ meglio consultare google map e confidare nella fortuna specialmente a Los Angeles. Il problema c’è solo nelle grandi città.

I parchi sono bellissimi, ognuno ha la sua caratteristica. C’è l’Arches National Park con i suoi archi, il Bryce Canyon con le sue guglie, lo Zion, il primo che abbiamo percorso, con dei bei sentieri, il Grand Canyon per la sua altezza, la Monument Valley, ecc. la Death Valley merita un discorso a parte.

Devo dire che ero abbastanza impaurita dai resoconti che ho letto e forse per questo non me la sono goduta. E’ un posto sicuramente pericoloso e bisogna adottare degli accorgimenti per non trovarsi poi in seri guai. Ma noi li abbiamo presi troppo alla lettera. Fin dall’inizio dei nostri giri abbiamo comprato un contenitore di polistirolo dove mettevamo le bottigliette di acqua ed il ghiaccio che si comprava o si prende in albergo dove c’erano i distributori, è un ottimo sistema per mantenere al fresco qualsiasi cosa durante gli spostamenti. Per attraversare la valle ne abbiamo comprato un secondo. Ci siamo alzati alle 5 di mattina e una metà, per paura del caldo, l’abbiamo fatta di notte, senza incontrare nessuno, in un posto deserto e quindi non l’abbiamo vista. E’ spettacolare il sorgere del sole specialmente per i colori che prendono le rocce. La colazione si può fare alla fornace e poi noi abbiamo proseguito per Zabriskie Point. Alle 10 eravamo fuori, direzione Las Vegas. Di acqua ne abbiamo bevuta pochissima e solo nell’ultima parte abbiamo acceso l’aria condizionata in auto.

L’incontro con la polizia è veramente uno stress. Parco di Mesa Verde, limiti di velocità a 25 miglia, una macchina davanti a noi va pianissimo, dopo un po’ sentiamo un suono proveniente da dietro. C’è un fuoristrada della polizia. Noi in panico. L’autista davanti ci fa segno di passare, lo facciamo e la macchina della polizia dietro a noi che accostiamo. Ci parlano da fuori e noi naturalmente non comprendiamo, mio marito apre lo sportello e lo stesso autoparlante ci invita a chiuderlo. Mette le mani sul volante e si gira verso di me per chiedere il portafogli con la patente.

Rimaniamo fermi così, un caldo boia, forse è la fifa. Una poliziotta esce dal fuoristrada e si avvicina, fa il controllo della patente, è molto gentile, capisce che noi intendiamo molto poco, ci fa capire che poco prima andavamo a 43 miglia e non a 25 e con un sorriso ci lascia andare. Da allora abbiamo rispettato sempre i limiti. Non sappiamo da dove è spuntato quel fuoristrada.

Gli indiani li abbiamo visti nelle riserve, hanno dei territori desertici e vendono collanine fatte da loro nei punti più turistici vicino ai parchi che si trovano a ridosso delle riserve. Sicuramente si occupano di cavalli anche se, come tanti americani, girano con i i Suv utilissimi per le loro strade bianche.

Un discorso a parte merita Las Vegas. Siamo stati fortunati a trovare subito la strada dell’albergo fissato, queste strade sono lunghe e quindi controllando i numeri ci avvicinavamo alla nostra destinazione, ad un certo punto però c’era una deviazione perché davanti a noi c’era… L’aereoporto. Fa un certo effetto vedere gli aerei che atterrano così da vicino a ridosso dei grattaceli.

Per dormire in linea di massima non abbiamo avuto problemi, i posti un po’ problematici sono stati per noi vicino allo Josemite park (volevano 155 dollari a notte) abbiamo deviato e trovato poco distante a 75 dollari per una stanza migliore. Nella parte indiana, presso Monument Valley, ci sono problemi. Ci siamo accontentati di dormire presso una signora indiana “navajo” che gestiva un certo numero di modeste stanze. A noi ne ha affittata una pulita ma modestissima con un muretto che separava il water dal resto della camera. Lungo le strade interstatali, presso i market dei rifornitori di benzina, si trovano i “coupon” che contengono i buoni sconto per gli alberghi, lo abbiamo usato una sola volta, alla fine, quando ormai ci eravamo un po’ scafati, abbiamo pagato 110 dollari per due notti. Le indicazioni sono precise e tali sconti non sono validi durante determinati eventi e qualcuno anche durante i fine settimana. I letti sono un discorso a parte: quelli che noi usiamo normalmente come “letti matrimoniali” per loro sono un letto singolo e spesso nelle camere ce ne sono due oppure ce n’è uno grandissimo dove possono dormire tranquillamente tre persone. Loro ti fanno pagare la stanza e poi possono dormirci più persone. Le stanze per fumatori spesso costano di più ed in alcuni motel non ci sono. Hanno fatto una campagna antifumo, per strada si vedono pochi fumatori ed anche poche persone che parlano al cellulare.

I bagni sono pulitissimi in qualunque posto perché hanno un sistema di scorrimento dell’acqua che permette di evitare lo spazzolino ma, nei locali pubblici, tra un bagno e l’altro usano pannelli divisori rialzati da terra e quindi quando sei in bagno vedi i piedi del vicino. Fa un certo effetto.

I localini per mangiare sono molto simili. Noi ci siamo travati bene con Denni’s, è tipo Mac Donald ma con una scelta di cibo migliore. Per questo abbiamo seguito i consigli di altre persone. Mi sono adattata al loro caffè con un po’ di “crema solubile senza grassi” e facendo attenzione a non scottarmi. Ormai in quasi tutti i motel è compresa la colazione. Abbiamo mangiato anche in ristorantini del posto non appartenenti a catene conosciute e ci siamo trovati bene, la cucina messicana è buona ma un po’ pesante.

L’America è il paese dello spazio, del grande, grandi parchi, grandi grattaceli, grandi macchine, grandi centri commerciali. Le persone con cui abbiamo avuto contatti, a parte il poliziotto dell’immigrazione, sono state tutte cordiali, spesso con pazienza hanno cercato di capire le nostre richieste. La lingua è importante, sarebbe opportuno esercitarsi un po’ prima di partire. Per affittare e poi consegnare l’auto a noleggio non ci sono stati problemi ed anche i costi sono inferiori ai nostri.

Nel nostro paese c’è un’abbondanza di segnalazioni stradali, spesso contraddittorie, a Los Angeles ce ne sono troppo poche. Lì veramente sarebbe stato utile avere un indicatore. In tutta Los Angeles ho visto solo un’indicazione aereoporto, devi guardare sulle cartine e se ti sbagli è un dramma. Noi abbiamo riconsegnato l’auto (fortunatamente c’erano cartelli indicatori) e lì c’era una navetta che portava i turisti in aereoporto. Quando un viaggio finisce hai nella mente mille paesaggi e mille emozioni rimarranno sempre lì, faranno parte di te per sempre. Il nostro ritorno è con la British Airways con scalo a Londra e addirittura cambio di aereoporto, arriviamo a Roma e la causa del mio viaggio rimandato per 35 anni è lì che ci è venuta a prendere, è nostra figlia che ci sorride e ci viene incontro. E’ valsa la pena aspettare.



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