Da chicago al new mexico passando per 9 stati
DATI TECNICI Periodo: dal 07/08/08 al 18/08/08 Modalità: Fly and Drive (Iberia + Hertz) Chilometri percorsi: 6,049 in totale Stati Visitati: 9: 1) Illinois: Prairie State (stato della prateria) 2) Missouri: Show Me State (stato dei “fammi vedere”) 3) Tennessee: Volunteer State (stato dei volontari) 4) Arkansas: Natural State (stato naturale) 5) Texas: Lone Star State (stato della stella solitaria) 6) New Mexico: Land of Enchantment (Terra d’incanto) 7)Oklahoma: Sooner State (stato dei “sooner” con riferimento al precoce insediamento dei coloni) 8) Kansas: Sunflower State (stato dei girasoli) 9) Iowa: Hawkeye State (stato dell’occhio di falco) … e … ritorno al punto di partenza Hotels: prenotati tramite contatti diretti, o attraverso Expedia e sempre con l’ausilio di TripAdvisor che fornisce opinioni di chi c’e’ già stato e pubblica foto “reali” delle camere e delle strutture. In questo modo garantisco che abbiamo trovato vere gemme (vedi Rusty Gables in Oklahoma per esempio).
– CHICAGO: Avenue Hotel Chicago 160 E Huron Chicago, IL 60611 Tel. 1-312-787-2900 o 877-283-5110 Mio commento e foto: – SAINT LOUIS Hilton St. Louis at the Ballpark 1 S Broadway Saint Louis, MO 63102 Tel. 1-314-421-176 – MEMPHIS The Westin Memphis Beale Street 170 Lt Geo W Lee Ave Memphis, TN 38103 Tel.: 1 (901) 334-5900 – FORT WORTH Hyatt Place Fort Worth/Historic Stockyards 132 E Exchange Ave Fort Worth, TX 76106 Tel. 1 (817) 626-6000 – AMARILLO Big Texan Motel Amarillo 7701 East I-40 Amarillo, Texas 79118 Main (800) 657-7177 – SANTA FE Inn on the Paseo 630 Paseo De Peralta Santa Fe, NM 87501 Tel. 1-505-955-7835 – TUCUMCARI Blue Swallow Motel (Route 66) 815 East Route 66 Tucumcari NM 88401 Tel.: 1 575 461-9849 – OKLAHOMA CITY Rusty Gables Guest Lodge 3800 Northeast 50th Street Oklahoma City, Oklahoma 73121 Telefono: 405 424 1015 – KANSAS CITY Chateau Avalon 701 Village West Parkway Kansas City 66111 Ph 913-596-6000 (Res ph 877-522-8256) – CHICAGO Hard Rock Hotel 230 N Michigan Ave Chicago, IL 60601 Tel.: 1 (312) 345-1000 Guide: – Tantissime (nel vero senso della parola!) brochures ricevute dai vari Enti del Turismo negli States, precisi, puntuali e davvero generosi.
– Guida Alla Route 66 (Clup Guide, Guide Tematiche) – The Rough Guide to South West USA (Rough Guides, Penguin Shop) – USA (Le Guide Mondadori) – Lonely Planet Stati Uniti Occidentali – Lonely Planet Stati Uniti Orientali DIARIO DI VIAGGIO Giorno 07/08/08: Busto Arsizio – Chicago La sveglia suona presto, prestissimo e ancora non ci crediamo…Sono le 5.00 di giovedì 7 agosto e stiamo per essere accompagnati a Linate per prendere il nostro volo verso gli States…A dicembre, data una bella occasione scoperta sul sito di Iberia, avevamo deciso infatti di iniziare a pensare all’estate e ci eravamo regalati i biglietti per Chicago. Proprio un bell’affare dato che 2 giorni dopo di quella tariffa fantastica non c’era più traccia! E’ con questa soddisfazione di avere una volta tanto “colto l’attimo” che ci accingiamo a preparare, pianificare, stendere e curare minuziosamente tutti i dettagli del nostro viaggio. Volevamo qualcosa di particolare. Volevamo qualcosa di indimenticabile. Volevamo qualcosa di unico e irripetibile. E così è stato. Questo è stato il nostro hobby degli ultimi 7 mesi: week end di letture, di pianificazioni di tragitti con Google Map, di ricerche, di comparazioni e alla fine…Che risultato! Che soddisfazione! Che viaggio!! Ma bando ai flashback… La sveglia suona ma io e Gabriele siamo già svegli. Valigie (comprate per l’occasione! Un paio di cow-valigie che riscuoteranno un successone negli States e che ci hanno garantito pochi indugi al nastro bagagli essendo le uniche e facilmente riconoscibili!) pronte vicine alla porta, bagaglio a mano con l’essenziale per la sopravvivenza in caso di smarrimento bagaglio pronto, cerotti (per me…!) contro il mal di aereo pronti per essere scartati…Si parte! In mezzora siamo a Linate e le varie code ai vari banchi ci danno il benvenuto…Per fortuna ai banchi Iberia troviamo davanti a noi solo un paio di persone…Formalità di rito e via! Il volo per Madrid decolla puntuale e arriva in perfetto orario. Devo dire che rimango piacevolmente stupita da questo aeroporto: pulitissimo, curatissimo, enorme ma ben organizzato. Il nostro volo per Chicago parte dopo un’oretta: giusto il tempo di un sandwich in uno dei tanti bar che l’imbarco inizia in perfetto orario. Il volo scorre tranquillo, le ore passano lente e le montagne, l’oceano e le nuvole si alternano veloci accompagnandoci alla meta. Dopo circa 9 ore atterriamo in suolo statunitense: la nostra avventura comincia in tutti i sensi! La fila all’Immigration e’ piuttosto impegnativa e impieghiamo circa un’ora per giungere allo sportello. Prese le impronte e scattata la foto troviamo già le nostre cow-valigie ad attenderci sul carosello dedicato al nostro volo! Molto bene! E’ tempo allora di recuperare la nostra macchina. Sempre a dicembre abbiamo optato per un voucher pre-pagato Hertz (compagnia che abbiamo usato per il nostro viaggio di nozze negli States lo scorso anno e con cui ci eravamo trovati molto bene, anche in termini di assistenza…Quando una pazza a Los Angeles ha cercato di rubarci l’auto e abbiamo chiamato la polizia…Ci aveva rubato il GPS dall’auto e Hertz ci ha sostituito l’auto alla velocità della luce…Ma questa e’ un’altra storia…). Altra fila ai banchi Hertz e finalmente eccoci…Ci viene assegnato un favoloso SUV, una Santa Fe bianca di una comodità spettacolare e che si rivelerà una scelta ottima e perfettamente cucita addosso ai nostri tragitti. Con questa auto percorreremo ben 6,049 km e percorreremo 9 stati prima di ritornare al punto di partenza.
E’ ormai pomeriggio inoltrato e decidiamo così di impostare il nostro NeverLost alla volta di quello che sarà il primo hotel. L’aeroporto O’Hare dista circa 26 km dal centro di Chicago ma per percorrere questi km verso le 5 di sera ci impieghiamo circa un’ora e mezza. Poco male, abbiamo già i biglietti per salire all’Osservatorio del John Hancock e arriveremo giusto in tempo per goderci il tramonto. Giungiamo finalmente a destinazione ma una volta entrati nel cuore di Chicago, il cuore del NeverLost smette di battere: Chicago e’ una città a più livelli e questa “conformazione” unita ai grattacieli mandano in tilt il nostro navigatore. Niente panico: conosciamo l’inglese e siamo vicini alla meta. Chiediamo a un paio di persone che piu’ o meno ci indirizzano sulla retta via ed ecco di fronte a noi il mitico Avenue Hotel, l’hotel “zebrato”. Questo hotel e’ stato da poco ristrutturato e abbiamo approfittato di una tariffa speciale “inaugurale” a 99$ (cosa mooooolto rara per un hotel a Chicago, soprattutto in una posizione favolosa come questa!). Affidiamo la nostra auto al servizio di valet parking ed facciamo la registrazione alla reception dove una cortese impiegata ci regala un souvenir dell’hotel (peluche a forma di zebra dato che io adoro le zebre…Si era capito? E per essere coerente fino in fondo non potevo che essere juventina con grande disappunto di Gabriele, interista…Ma anche questa e’ un’altra storia…) ed esaudisce la richiesta (fatta dall’Italia) di avere una stanza a un piano alto e vista lago. La camera e’ davvero bellissima (con poltrona zebrata! E accappatoi zebrati!!), molto elegante, con un letto altissimo e davvero comodo. La vista e’ davvero impareggiabile, tant’è che da qui scatteremo alcune tra le foto più belle del viaggio, cogliendo sul nascere un’alba con dei colori che difficilmente dimenticheremo. Decidiamo a questo punto di buttarci nella mischia e recuperati dalla valigia i biglietti per il John Hancock (o Big John come lo chiamano affettuosamente qui a Chicago) percorriamo sulla Michigan Avenue quei circa 400 metri che ci separano dal nostro obiettivo. Abbiamo optato per la salita al Big John anziche’ la Sears Tower poichè le reviews lette su TripAdvisor e i consigli della guida ci indicavano la Sears come attrazione da perderci circa 2 ore in code (coda per biglietto, coda per entrata, coda per controlli, coda per salire e coda persino per scendere!). Il John Hancock, seppure di qualche piano più basso, si e’ rivelato una scelta di cui non ci siamo assolutamente pentiti! Anzi, ci sentiamo di consigliarlo e di preferirlo alla Sears. Coda praticamente inesistente (i biglietti avremmo potuto assolutamente comprarli anche qui!), niente coda ne’ attesa all’ascensore e soprattutto osservatorio ben organizzato, con cuffie multilingue che spiegano tutto per filo e per segno, bellissimo da girare e perfetto per scattare foto meravigliose. Siamo riusciti ad arrivare poco prima del tramonto e abbiamo quindi avuto la fortuna di ammirare la Windy City (altro appellativo di Chicago) baciata dal sole, accarezzata dal tramonto e infine cullata dalle luci della sera. E’ ormai buio quando l’ascensore ci riporta con i piedi per terra e decidiamo così di concederci un paio di hot dog da Seven Eleven da mangiucchiare in camera dopo una breve passeggiata per la Michigan Avenue. E’ stata una giornata impegnativa e molto, molto lunga. Abbiamo guadagnato ore grazie al fuso orario, ma ne abbiamo perse altrettante di sonno e il jet lag inizia a farsi sentire prepotentemente…In effetti non ci accorgiamo nemmeno di aver finito gli hot dog che il cielo e le stelle di Chicago ci danno la buonanotte…
Giorno 08/08/08 Chicago – Saint Louis (Missouri) Forgiati ormai dall’esperienza di anni di viaggi, non ci lasciamo tentare dalla stanchezza e la sera prima non ci scordiamo di puntare la sveglia per iniziare la giornata a un’ora ragionevole…E’ importante cercare di assimilare il fuso nel più breve tempo possibile cercando di imporsi di dormire quando c’e’ da dormire e di svegliarsi quando c’e’ da trottare. Alle 8.30 quindi siamo di nuovo in pista, con un po’ di rammarico dato lo splendido hotel, decidiamo di caricare armi e bagagli e dopo una sana colazione da Jamba (locale proprio sotto il Big John, adocchiato la sera prima) a base di spremuta d’arancia e frutta fresca siamo pronti a lasciare Chicago (dove spenderemo un altro paio di giorni alla fine di questo nostro viaggio, prima di ripartire per l’Italia).
Recuperato il nostro giocattolino (con grande gioia di Gabriele che sentiva già la mancanza della guida…Sostiene che guidare negli States e’ rilassante…E gli credo…Basta non far guidare me!) partiamo così alla volta di Springfield e giunti dopo circa 3 ore e mezza (senza traffico e senza stress) puntiamo senza indugi alla Casa di Lincoln che desideriamo visitare. Approdiamo così al Visitor Center dove si ritirano i biglietti (gratuiti) per visitarla e scopriamo che il gruppo a cui veniamo assegnati inizierà la visita guidata dopo 10 minuti. Incontriamo davanti alla casa il ranger che ci accompagnerà poco alla volta il gruppetto si forma. La casa e’ molto bella e molto ben tenuta, i ranger sono molto disponibili e rispondono a tutte le domande, raccontando anche curiosità molto interessanti. Scattate le immancabili foto di rito e acquistato qualche souvenir allo Shop partiamo alla volta di Saint Louis dove contiamo di arrivare in un paio d’ore. Il viaggio dura ancora meno (1 ora e mezza) del previsto e alle 14.30 arriviamo allo Zoo che ci eravamo prefissati di visitare (gli zoo in genere non li amiamo ma devo ammettere che questo posto e’ davvero bello e le condizioni sono veramente ottime). L’entrata e’ gratuita e lo zoo e’ pieno di attrazioni, negozi, bar e lo consiglio vivamente per passare una mezza giornata veramente divertente! Anche se ne avevo approfittato nel nostro ultimo viaggio a New York, ho ripetuto qui allo Zoo l’esperienza di “Build Your Bear”, ovvero “costruisci il tuo orsacchiotto”. Si tratta di un negozio di orsacchiotti dove si sceglie il “modello” preferito tra tanti disponibili. Lo si porta al macchinario che lo imbottisce dove si trova una ragazza che da un cesto fa prendere un cuoricino di pezza, chiederà di dargli un bacino e lo farà inserire all’interno dell’orsacchiotto prima di finire di imbottirlo e cucirlo. A questo punto si potrà dare un nome all’orsacchiotto ed eventualmente scegliere dei vestitini e accessori (c’e’ tutto un piano dedicato a ciò). Sembra incredibile, ma ci sono molti più adulti che bambini in fila per creare il proprio orsacchiotto! Zaino (e orsacchiotto) in spalla, lasciamo lo zoo per dirigerci verso il downtown di Saint Louis. Decidiamo, una volta arrivati in hotel, di optare per un self parking proprio di fronte al nostro Hilton. Questo hotel e’ stato prenotato tramite Expedia grazie a un’offertissima: prenotando e’ possibile scegliere tra vista Arco (quella che abbiamo scelto) o vista stadio (dato che l’hotel sorge di fianco al Busch Stadium).
La camera e l’hotel si rivelano ottimi, soprattutto in termini di location, dato che per arrivare all’Arco impieghiamo circa 3 minuti a piedi! La giornata e’ magnifica e trovarsi sotto questo arco meraviglioso e imponente sovrastato a sua volta da un perfetto cielo blu non lascia spazio a commenti o a parole inutili. Si ha voglia di rubare la maggior quantità possibile di questi attimi per imprigionarli nella memoria e non scordarseli mai più. L’Arco di Saint Louis, tutto in acciaio inossidabile e alto circa 200 metri, e’ stato costruito per simboleggiare una porta che segna l’apertura verso il mitico Ovest ed effettivamente, visibile già da km di distanza, la sensazione che da’ e’ proprio quella di passaggio e di apertura. Giunti alla base dell’Arco si trova il Visitor Center e qui c’e’ la possibilità di acquistare i biglietti e salire in cima all’arco (tramite capsule piuttosto anguste). Noi decidiamo di visitare il museo “Museum of Westward Expansion” ma di non salire sull’Arco per la lunga coda che ci farebbe perdere molto tempo e per la mia claustrofobia (le capsule sono sconsigliate a chi soffre gli spazi piccoli e chiusi). Il museo e’ molto ben organizzato e al suo interno sono state riprodotte in scala un villaggio indiano, una carovana di pionieri, vari animali della prateria, ecc. E’ presente anche una vasta esposizione di oggetti e fotografie dell’epoca che fanno rivivere davvero l’atmosfera del vecchio e selvaggio West. Arriva anche il tramonto ed e’ ora di cenare: optiamo per una delle nostre catene preferite, Friday’s che anche questa volta non ci delude e dove mangiamo una bistecche e delle costine di maiale tra le più buone assaggiate in tutto il viaggio. Girovaghiamo per trovare un Seven Eleven (si tratta di una famosa catena somigliante ai nostri supermarket ma più piccoli dove si trovano prevalentemente generi alimentari. Il tutto a portata di mano e in spazi contenuti, senza gli scaffaloni dei veri supermercati) per acquistare qualche bottiglia di acqua e, nuovamente sorpresi dalla stanchezza, decidiamo di far ritorno all’hotel per un meritato riposo.
Giorno 09/08/08 Saint Louis – Memphis (Tennessee) L’hotel Hilton at the Ballpark dove abbiamo pernottato dispone al suo interno anche di uno Starbucks dove decidiamo di fare colazione appena svegli. Oggi si parte per Graceland dove ci aspetta il Vip Tour prenotato lo scorso dicembre per visitare la casa di Elvis, la seconda attrazione piu’ visitata d’America. Il viaggio da Saint Louis per arrivare in Tennessee e’ molto piacevole e 4 ore passano in fretta. Il Vip Tour costa un po’ di più (e va assolutamente prenotato, specialmente in agosto quando il tutto esaurito si registra già mesi prima dato che come ogni anno si celebra l’anniversario della morte del Re) ma ci sentiamo di consigliarlo perchè il trattamento e’ davvero da VIP: niente file, trasporto privato e soprattutto accesso ad alcune parti di Graceland che sono riservate esclusivamente a chi e’ in possesso di questo pass. Il nostro tour era programmato per le 13.00 ma essendo arrivati con largo anticipo ci propongono di partecipare al tour delle 11.30, cosa che accettiamo di buon grado dato che ci permetterà di visitare poi con più calma gli studi di registrazioni Sun Records e Memphis. Graceland e’ meravigliosa, la casa e’ meravigliosa. Si può visitare tutta la parte inferiore (il piano terra) e parte della taverna. Il piano superiore e’ invece chiuso al pubblico, in segno di rispetto. Oltre alla casa vera e propria (e al giardino dove Elvis e’ sepolto in mezzo ai suoi genitori) e’ possibile visitare la sua collezione di auto, la sua collezione di costumi di scena e l’aereo privato allestito ancora come all’epoca (camera da letto, salotto/bar etc). Conclusa la visita a Graceland, e’ il turno del consueto “shopping sfrenato” nei negozi all’interno della tenuta e dato che ormai si e’ fatta ora di pranzo optiamo per un locale a tema anni ’50 che ci ha davvero soddisfatti. Da qui il nostro giro e’ ripreso puntano direttamente al Sun Studio Tour dove oltre ad avere la possibilità di scattare fotografie (anche con il mitico microfono usato da celebri stelle del passato più o meno recente, tra cui the King), si ha l’onore di visitare gli studi che tante star hanno prodotto (e in cui hanno anche registrato gli U2).
E’ ora di scaricare la zavorra (oltre alle valigie il bagaglio appresso aumenta, i souvenir e gli acquisti iniziano a costituire una parte importante) e ci dirigiamo quindi al prossimo hotel prescelto e prenotato tramite Expedia. Si tratta del Westin, posizionato direttamente sulla famosissima Beale Street. Per pochi minuti di ritardo ci perdiamo la famosa parata al Peabody: si tratta del passaggio trionfale su tappeto rosso di alcuni anatroccoli che si svolge ogni giorno e che perdiamo per un soffio. Poco male, Beale Street e’ lì che ci attende con la sua atmosfera rilassata e cosi’ …Blues! La prima impressione che abbiamo e’ la classica sensazione di decadenza del Sud, ma l’accezione del termine e’ assolutamente positiva. Si tratta infatti di una decadenza affascinante e a tratti sofisticata. Decidiamo di cenare a Beale Street, al B.B. King che scopriremo poi essere un’ottima scelta visto che si esibirà un gruppo strepitoso dal vivo e poco dopo aver preso posizione in un tavolo che ci garantisce un’ottima vista, si forma all’entrata una coda di persone in attesa di un tavolo e tantissima gente che si accontenta di stare dietro la vetrina. La serata scorre allegra tra bistecche favolose e buona musica, ma dato che domattina partiremo presto decidiamo di non fare tardi. Domani dovremo attraversare l’Arkansas per approdare in Texas e il viaggio sara’ impegnativo.
Giorno 10/08/08 Memphis – Dallas – Fort Worth (Texas) La sveglia e’ un fulmine a ciel sereno: sono le 5.30 del mattino, d’altra parte attraversare l’Arkansas non e’ uno scherzo e prima si parte meglio e’. C’e’ qualcosa di strano, un rumore vago…E’ pioggia, leggera e vaporosa ma fitta. E’ bellissimo salutare Memphis con questa atmosfera sonnacchiosa a tratti incantata, e le sue luci conferiscono all’insieme un non so che di surreale. Il tempo e’ stato davvero clemente con noi. Ogni sera Wheather Channel mostrava le numerose perturbazioni che sembravano rincorrerci senza acciuffarci mai: arrivavamo con il sole e immancabilmente, qualche ora dopo la nostra partenza, la pioggia cadeva lì dove fino a poche ore prima il sole ci aveva permesso di scattare fotografie indimenticabili. Lasciamo presto alle spalle il fascino decadente di Memphis e l’autostrada inizia a scorrere veloce macinando chilometri su chilometri. La pioggerellina di Memphis (praticamente al confine con l’Arkansas) diventa ben presto un acquazzone che via via acquista intensità costringendoci a viaggiare a passo d’uomo in alcuni tratti vista la furia scatenata di lì a poco. Ci fermiamo comunque un paio d’ore dopo per fare colazione con una gustosa apple pie e in compagnia dello sceriffo a Forrest City, una cittadina dell’Arkansas per riprendere poco dopo il nostro viaggio. Qualche ora dopo la pioggia si fa man mano più rada e il cielo inizia ad aprirsi…L’Arkansas e’ ormai alle nostre spalle e il Texas ci da il suo benvenuto con un cielo blu e un caldo particolarmente intenso. Arriviamo a Dallas verso le 14.00 e approdiamo subito al JFK Museum per una doverosa visita e per le foto di rito a Elm Street, dove il presidente Kennedy fu assassinato. Consiglio fortemente una visita a questo museo, e’ uno dei più organizzati e dettagliati mai visti finora. L’AudioGuida propone un percorso all’interno del museo cha fa rivivere un excursus del mito di Kennedy, dalla sua elezione alla cronistoria, attimo per attimo, degli ultimi momenti della sua vita e all’immediato “dopo”. Terminata la visita al museo, scattiamo poi le foto in Elm Stret dove sono visibili sull’asfalto le croci che indicano i punti esatti dove gli spari hanno raggiunto Kennedy e dove alcuni incoscienti rischiano di essere investiti per fare la foto in mezzo alla strada.
Dedichiamo a Dallas un veloce tour in macchina perchè essendo il primo pomeriggio di una sonnolenta domenica (e’ questa l’impressione che ci da la città) texana non c’e’ moltissima gente in giro e decidiamo così di raggiungere definitivamente la nostra prossima tappa: Fort Worth, dove vi giungiamo intorno alle 15.30. La città e’ deliziosa, tutto a misura di cow-boy! Parcheggiata la nostra auto e scaricati armi e bagagli (capirete che qui le nostre cow-valigie hanno fatto furore!) scopriamo con immenso piacere di essere giusto in tempo per la CattleDrive, ovvero la parata per il centro storico delle mucche long-horn al seguito di cow-boy a cavallo…E’ vero, il tutto ha forse uno spiccato “sapore turistico”, ma devo dire che ci e’ proprio piaciuto! Come già detto a Fort Worth tutto e’ a misura di cowboys a cowgirls, pertanto si troveranno numerosi negozi di abbigliamento, di stivali (fa-vo-lo-si) etc a prezzo competitivo (soprattutto con l’Euro così forte!) . Si troveranno anche tantissimi negozi negli Stockyards con simpatici souvenir e oggetti legati al carattere del luogo, nonché ristoranti dove gustare bistecche grandiose! In effetti dopo un paio d’ore di shopping sfrenato un certo languorino inizia a farsi sentire e sarà proprio in una steak-house di Fort Worth che mangeremo la migliore bistecca di tutto il viaggio. Subito dopo cena decidiamo di “testare” il più grande locale honky tonk al mondo, chiamato “Billy Bob’s” di cui guide e Internet parlano stra-bene e per il cui ingresso avevamo stampato via internet una riduzione di 1$ a testa (Ingresso: 3$ a testa, quindi con lo sconto diventano 2$ a testa). Il locale e’ molto carino e in effetti molto molto grande (come lo è tutto in Texas del resto!): al suo interno una grande pista da ballo dove i ragazzi ballano canzoni country e al cui centro svetta fiera dall’alto una bellissima sella luccicante. Ci sono poi banconi bar dove e’ possibile bere una birra, tavoli e tavolini per chiacchierare, negozi per fare un po’ di immancabile shopping, videogames e persino una piccola arena per spettacoli che purtroppo non erano previsti quella sera. E’ davvero un bel locale che riassume in sè i concetti di disco/pub/bar/sala giochi etc. Da provare! Ma si e’fatto tardi ormai, e’ ora di andare a dormire, così ci incamminiamo verso l’hotel accarezzati da una leggera e tiepida brezza. E’ bello pensare che stiamo assaporando una tipica serata texana. E’ bello pensare che quest’inverno ricorderemo con affetto una sera d’estate passata a passeggiare all’aria aperta salutando le mucche dalle lunghe corna che riposano placide sotto un cielo trapuntato di stelle.
Giorno 11/08/08 Fort Worth – Amarillo (Texas) E’ una bella giornata oggi e cosa c’e’ di meglio che inaugurarla con una buona colazione a buffet? Rifocillati da una buona dormita e da un’ottima colazione decidiamo di metterci in cammino, destinazione Amarillo, insomma un’altra tappa texan style. Ce la prendiamo con tutta calma, fermandoci anche per un pranzo veloce a Childress. Il paesaggio e’ profondamente diverso da quello dei giorni precedenti. Ora siamo in pieno Texas e tutto e’ enorme. Enorme le strade, enormi le autostrade, enormi i campi. Ci sembra enorme anche il cielo blu ed enormi sono le distese dove le mandrie di mucche e i cavalli ci sembrano puntini che si muovono all’interno di qualcosa di infinitamente piu’ grande di loro. Poi, avvicinandoci ad Amarillo la strada si fa più “umana” e i campi e le mandrie lasciano il posto a un susseguirsi interminabile di motel che si affrontano a colpi di insegne che propongono offerte su offerte. La nostra scelta però era già stata fatta dall’Italia. Abbiamo infatti deciso di pernottare al Big Texan Motel, adiacente alla omonima steak house famosa per il fatto che chiunque riesca a ingurgitare la loro bistecca da 2 kg (contorni inclusi) in un’ora non pagherà un centesimo. Ma andiamo con ordine. Verso le 15.00 arriviamo nei pressi di Amarillo e prima di fermarci in hotel optiamo per la visita al mitico Cadillac Ranch, una delle tappe che Gabriele aspettava con trepidante attesa. Il Cadillac Ranch e’ stato creato nel 1974 da tre artisti (Chip Lord, Hudson Marquez e Doug Michels) che hanno avuto l’idea di conficcare nel terreno delle vecchie Cadillac. A chi non conosce la storia può sembrare che siano state messe lì a caso, per fare notizia, o per creare a tutti i costi qualcosa da vedere, la classica americanata in altre parole. Le Cadillac sono state scelte perchè incarnano il mito americano delle auto; nel terreno sono stati posizionati modelli prodotti dal 1949 al 1963 e sono stati disposti in ordine cronologico. Le auto sono state infilate nel terreno con una precisa angolazione, che corrisponde a quella della grande piramide di Giza. Il Cadillac Ranch e’ visibile dalla Highway e merita senz’altro una visita (si ricorda che le Cadillac sono posizionate in un terreno privato nonostante la visita sia implicitamente incoraggiata. Le auto sono ben lontane dall’aspetto originale perchè selvaggiamente “decorate”, “firmate” , “colorate”. Appena fuori dal Cadillac Ranch si troveranno cartelli in cui si ricorda che e’ vietato ogni tipo di graffito etc., ma ovviamente tutti lo fanno comunque perchè da sempre e’ così…Mi sembra giusto sottolinearlo per dovere di cronaca). Parecchie foto dopo decidiamo che e’ giunta l’ora di prendere possesso della nostra camera (arredata in stile western ma non pulitissima…Sappiamo che si tratta di un motel e non di un hotel a 5 stelle, tuttavia 75$ che paghiamo per questa camera ci sembrano più dovuti al nome e alla pubblicità piuttosto che alla qualità offerta…). Scaricata la macchina decidiamo di visitare Amarillo che purtroppo ci lascia un po’ delusi…Cerchiamo e troviamo un po’ a fatica (il fatto che non fosse segnalata dal navigatore mi lasciava in effetti un po’ perplessa…) Old San Jacinto, la parte storica della città. Qui si trova una lunga fila di negozi “Antiques” che si susseguono l’un altro, ben tenuti e carini da visitare, ma tutti uguali, pieni di oggetti usati più o meno interessanti e che lasciano un po’ il tempo che trovano. Ci fermiamo comunque in un bar e per solo 1$ (!!!) compriamo un bicchiere di Coca Cola da 1 litro (enorme)!! D’altra parte il caldo inizia davvero a farsi sentire e una bella Coca Cola ghiacciata e’ proprio quello che ci vuole! Ci rimettiamo in macchina e decidiamo di puntare all’hotel (sorry…Al motel!) per una rinfrescata prima di cena. Il cielo e’ blu come la sera prima, ma qui non si passeggia in mezzo agli animali…Qui c’e’ cemento, autostrade che si intersecano e c’e’ il Big Texan che rappresenta a quanto pare l’attrattiva della zona. Decidiamo così di anticipare leggermente la cena: il locale e’ ovviamente strabordante di gente, tuttavia riusciamo ad avere un tavolo assegnato. Stasera c’e’ una gara canora e sul palco si alternano voci piu’ o meno belle, tra cui una bambina che pareva una rock star…Non sapremo mai chi ha vinto poiché dopo le nostre bistecche (Gabriele era intenzionato a tentare la bistecca da 2 kg ma poi vedendo il campione esposto all’ingresso ha posto seri dubbi sul taglio che poteva essere non molto allettante/dei migliori…Ha quindi preferito optare per una bistecca “normale”!) preferiamo tornare in camera (il motel e’ assolutamente adiacente al ristorante): l’intenzione e’ partire intorno alle 5.30 dell’indomani e gustarci una bella alba texana sulla strada che ci condurrà in New Mexico.
Giorno 12/08/08 Amarillo – Taos – Santa Fe (New Mexico) Un sonno ristoratore (più o meno dato che un gruppo di italiani ci sveglia a sprazzi con urla e schiamazzi fuori dalla nostra camera fino alle 2.30 del mattino…) e’ ciò che ci voleva: come da programma alle 5.15 siamo già in pista ed espletate le veloci formalità relative al check-out ci buttiamo in macchina . Siamo pronti a lasciare il Texas in direzione New Mexico, land of Enchantment. I nostri desideri vengono ancora una volta esauditi: il Texas, prima di lasciarci andare, ci regala un’alba meravigliosa che nasce in fondo alle vaste lande punteggiate di mandrie e cavalli liberi e che ci stupisce ancora una volta facendoci ammirare sfumature di colori che si perdono nella vastità del paesaggio: il blu della notte lascia presto spazio alle sfumature di un rosa delicato man mano che il sole si alza sempre più prepotente nel cielo. Le ore scorrono veloci, il traffico e’ ancora sonnacchioso. Per arrivare in New Mexico percorriamo il cosiddetto “cerchio magico”: si tratta di un itinerario turistico panoramico che ci porta a Taos attraversando un altopiano desertico battuto da venti che ben presto lascia spazio a meravigliose foreste alpine e torrenti di montagna. Attraversiamo Red River per approdare a Eagle Nest (ed e’ proprio qui che scatteremo alcune tra le foto piu’ belle dell’intero viaggio), passato il quale giungiamo alla confluenza del Rio Grande con il Red River, due fiumi che nel corso del tempo hanno scavato nell’altopiano canyons alti 240 metri. Arriviamo così nei pressi di Taos, deliziosa cittadina pullulante di gallerie d’arte e artisti e decidiamo di fare una breve sosta da dedicare alla visita del Santuario Chimayo, dove le persone vengono in pellegrinaggio poiché pare che proprio in questo luogo avvengano diversi miracoli. E’ giunto il momento di dirigerci a Taos Pueblo: una volta parcheggiata la macchina si passa obbligatoriamente al Visitor Registering per pagare l’ingresso (5$ a testa + altri $5 per ogni macchina fotografica si decide di portare all’interno. Verrà infatti data una targhetta da porre sulla macchina stessa che costituisce una specie di “pass” per poter effettuare liberamente fotografie e riprese). Taos Pueblo e’ davvero incantevole: il complesso nella sua semplicità dimostra e rispecchia ancora una volta l’acutezza di questo grande popolo. Al suo interno e’ possibile visitare numerosi negozietti ricavati all’interno di queste tipiche abitazioni e acquistare ottimi manufatti e artigianato locale. Terminata la visita a Taos Pueblo optiamo per un pranzo veloce da Mc Donald (ricordo in effetti che in New Mexico occorre tirare le lancette dell’orologio indietro di un’ora, ecco perchè la fame inizia a farsi sentire in apparenza “presto”!) e ripartiamo subito in direzione di Santa Fe che dista poco piu’ di un centinaio di chilometri. Pochi chilometri prima dell’arrivo non dimentichiamo però di comprare presso una Hacienda sulla strada le famose “ristras” (una ghirlanda di peperoncini tipica di queste zone) da appendere nella nostro cucina. Sulla strada che ormai ci sta introducendo a Santa Fe abbiamo l’occasione poi di ammirare la bizzarra “Camel Rock”, una roccia gigante a forma di cammello che provvediamo ovviamente ad immortalare nella nostra macchina fotografica e soprattutto nei nostri ricordi.
Entrati a Santa Fe respiriamo subito un’aria “vacanziera”: in effetti Santa Fe e’ considerata una meta di vacanza molto alla moda tra gli americani. E la città in effetti si presenta un po’ sfrontata e a tratti persino un po’ snob: le gallerie d’arte sono protagoniste assolute in una miriade di turisti che affollano la Plaza. La città, capitale del New Mexico, fu fondata nel 1610 da Don Pedro de Peralta, terzo governatore del Nuevo México. É la più antica tra tutte le città capitali degli Stati Uniti, e la seconda più antica tra tutte le città di epoca coloniale ancora abitate, dopo St. Augustine, in Florida fondata nel 1565. Il nostro programma comunque non prevede una visita approfondita della città: in effetti ci limitiamo a una lunga e placida passeggiata visitando la Plaza, il Palace of Governors e la Cattedrale di S. Francesco d’Assisi. E’ormai pomeriggio inoltrato e decidiamo che e’ ora di una rinfrescata in hotel, dove già avevamo provveduto a depositare i bagagli. Si tratta di un ottimo Bed and Breakfast, Inn on the Paseo, situato a circa 5 minuti a piedi dalla Plaza. L’Inn e’ davvero molto carino, una casa tipicamente americana e con ottime reviews su TripAdvisor che ci hanno da subito convinto a confermare la prenotazione. Le nostre aspettative in effetti non sono deluse: l’accoglienza e’ molto calorosa e scopriamo subito di essere stati “upgradati” gratuitamente a una camera superiore con caminetto (che ovviamente non usiamo ma che crea comunque un’atmosfera molto bella). La struttura e’ estremamente pulita e molto ben tenuta e non posso far altro che parlarne più che bene. Si e’ fatta ormai ora di cena e decidiamo di provare un locale a quanto pare molto popolare, il CowGirls. La scelta non si rivela comunque delle migliori: il servizio e’ estremamente lento e i nostri piatti arrivano a distanza di mezz’ora l’una dall’altro costringendoci a spizzicare l’una nel piatto dell’altro per non mangiare da soli…E’ ormai sera inoltrata e decidiamo così di tornare in camera per rinfrescarci e dettagliare il piano d’azione del giorno dopo.
Giorno 13/08/08 Santa Fe – Albuquerque – Tucumcari (New Mexico) Oggi ce la prendiamo con calma…E approfittando di un’ottima colazione a buffet, decidiamo di fare colazione nel patio della nostra camera con fragole, cheerios al miele, pancakes appena fatti e del buon caffé. Lasciamo cosi’ l’Inn e prima di lasciare anche Santa Fe alle nostre spalle decidiamo di effettuare un veloce sopralluogo a un’altra strada famosa di Santa Fe, Canyon Road, per proseguire subito dopo verso la strada che ci condurrà ad Albuquerque, il Torquoise Trail, una strada che va da Santa Fe ad Albuquerque appunto e che scorre parallela alla Intestate 25. Questa strada (consigliata perche’ panoramica e ricca di punti e spunti da visitare) e’ così chiamata perchè ricalca il cammino compiuto dai cercatori di turchesi. Nei giorni precedenti il nostro viaggio, siamo riusciti a procurarci un’utile cartina che indica tutti le tappe di maggior interesse: la prima tappa e’ l’Eaves Movie Ranch che e’ stato set di numerosi film e che ha fatto anche da sfondo al famoso assolo di Slash nel video di “November Rain”. Dopo non poche peripezie riusciamo ad individuarlo, purtroppo apparentemente non e’ aperto ai turisti. Tentiamo di scattare qualche foto da fuori ma un cane, evidentemente del posto, inizia ad abbaiare e a rincorrerci con fare minaccioso: l’unica cosa e’ ripiegare a una mesta ritirata e puntare dritti alla prossima tappa, Cherrilos. Una manciata di chilometri dopo giungiamo quindi a Cherrilos, una deliziosa città fantasma. Decidiamo di entrare in un piccolo negozio di souvenir al cui interno e’ possibile visitare per 2$ l’Old Mine Museum, una bizzarra raccolta di vecchi cimeli risalente all’epoca dei vecchi minatori. Ripartiamo poco dopo e approdiamo a Madrid e Golden, altri due gioiellini per chi come e’ noi e’ affascinato da queste ghost towns. Un’altra manciata di chilometri e arriviamo ad Albuquerque, stroncata da alcune guide e che invece ci ha sorpreso positivamente. Parcheggiato il bolide nella Old Town Plaza ci buttiamo subito nella mischia e nelle decine di negozi che affollano le strade. Qui ci sono davvero numerose occasioni per gli amanti della pelle: riusciamo per esempio a trovare un cappello da cowboy in pelle molto molto bello per un prezzo estremamente conveniente. Dopo un pranzo veloce da Burger King ci rimettiamo in macchina, direzione Tucumcari, per ripercorrere un tratto della gloriosa Old Route 66. Incontriamo cittadine abbandonate, edifici diroccati, vecchie pompe di benzina ed è estremamente facile lasciarsi andare con l’immaginazione e pensare a quanto doveva essere bello il periodo d’oro degli anni ’50-’60. Cosi’ la vecchia insegna arrugginita di un motel si riaccende dei colori piu’ brillanti ed e’ possibile sentire il rombo dei tipici macchinoni americani dell’epoca. Devo dire che l’aria decadente e assonnata di questa strada ha un fascino inimitabile: le foto più belle del viaggio le abbiamo scattate qui. Giungiamo cosi’ a Tucumcari per pernottare al famosissimo Blue Swallow Motel, gestito da Bill e Terri che molto gentilmente ci avevano bloccato una camera, la numero 5, qualche mese prima. Qui tutto e’ rimasto come allora, le camere, la struttura, persino i telefoni…Insomma, il non plus ultra per dei fans della Route 66 come lo siamo noi! Percorrere questa strada e’ il modo migliore per assaporare, almeno in parte, quell’America che non c’e’ più. La cena non poteva essere che in un diner stile anni ’50 dove gustiamo dell’ottimo pollo e un altrettanto ottimo nachos. Decidiamo quindi di rientrare e dopo aver scambiato due parole con i proprietari del Blue Swallow, attendiamo il momento clou della giornata: l’accensione del neon dell’hotel che puntualmente avviene. E’ davvero affascinante: il neon glorioso di questo motel ha illuminato le sere e le notti americane di anni mitici e continua tuttora a mantenerne vivo il ricordo. La cosa più bella e’ che le luci si iniziano a confondere nella notte e soprattutto nel nero di un temporale memorabile che colpirà la zona poco dopo. I bagliori provocati dai lampi si confondono ben presto con le luci dell’insegna luminosa e il sonno si appropria presto di noi.
Giorno 14/08/08 Tucumcari – Oklahoma City (Oklahoma) Ore 7: si parte. Il temporale ha lasciato spazio a un cielo stellato che presto si tramuta in un’alba delicata che ci da’ il buongiorno. Oggi il nostro bolide ci porterà in Oklahoma, la terra dei tornado. Percorriamo ancora un tratto di Route 66 soffermandoci per delle fotografie stupende a San Jon, Glenrio e Texola. Il viaggio e’ abbastanza lungo quindi decidiamo di fermarci per un pranzo veloce ad Elk City e subito dopo pranzo scopriamo a Clinton un museo bellissimo dedicato interamente alla Route 66 (3$ a testa, vivamente consigliato).
Arriviamo così intorno alle 15 ad Oklahoma City e puntiamo alla zona Stockyards dove pullulano diversi negozi di abbigliamento in stile western. Subito dopo decidiamo di cercare il nostro Bed and Breakfast che scopriamo essere un vero e proprio ranch immerso nel verde…Non potevamo scegliere di meglio: una camera enorme dotata dei comfort più impensabili, come una jacuzzi over size, un minibar dotato di ogni bibita possibile e immaginabile, pop corn da fare al momento etc etc etc. Nei numerosi viaggi fatti penso che questa sia stata la sistemazione più fantastica mai provata finora. In questo ranch, che dispone di sole 2 camere, l’attenzione al dettaglio e’ quasi maniacale. I servizi sono tutti personalizzati, dal cioccolatino fondente alla menta, al set di creme, alle candele che circondano la vasca idromassaggio, etc. La camera che abbiamo scelto dall’Italia era la Emerald Suite e non saranno mai abbastanza le parole adatte a descriverla nel modo piu’ appropriato. A chiunque transiti per Oklahoma City non possiamo far altro che consigliare il Rusty Gables per immergersi nella natura e provare davvero una volta nella vita il vero significato della parola relax. Verso sera, quasi a malincuore, decidiamo di lasciare la camera per dirigerci verso Brick City, (il cuore di Oklahoma City, zona ricca di locali e divertimenti) e cenare. Giro veloce per le vie del downtown: e’ tempo di tornare a rilassarci nella nostra Emerald Suite.
Giorno 15/08/08 Oklahoma City – Tulsa – Miami – Kansas City (Kansas) Trattati fino all’ultimo come principi: la colazione viene preparata al momento. Una carrellata di macedonie, tortini appena sfornati, cereali, succhi di frutta sfila davanti a noi. E con l’occasione scambiamo due chiacchiere con uno dei proprietari: si fa tardi e in effetti non lasciamo il ranch prima delle 9.30. La meta oggi e’ Kansas City dove un altro hotel favoloso ci attende: Chateau Avalon. Durante il tragitto facciamo diverse tappe percorrendo un bel tratto originale della Old Route 66: Tulsa, Efton, Miami, dove scattiamo diverse foto al famoso teatro degli anni ’50,il Coleman theatre e Baxter Springs, prima città sulla Route 66 che si incontra entrando in Kansas. Proseguiamo il nostro viaggio per approdare a Buffalo, dove avevamo letto di fermarci presso un ristorantino che proponeva hot dog favolosi e un grande ranch con i bisonti. In effetti e’ proprio così! Dopo aver gustato questi favolosi hot dog scattando foto ai bisonti ci rimettiamo in pista e giungiamo presto in Kansas, lo stato dei girasoli (per gli enormi campi di girasoli che si susseguono l’uno dietro l’altro). Il Kansas e Kansas City sono più che altro tappe di avvicinamento e decidiamo quindi di rinfrescarci nell’hotel che abbiamo già prenotato dall’Italia mesi prima e che in questa zona e’ molto popolare. Si tratta dello Chateau Avalon, un themed hotel, dove ogni camera e’ diversa dall’altra e “a tema”. Noi abbiamo scelto la Jessie James Room: la nostra favolosa suite e’ arredata in stile far west, riproduce al suo interno un saloon e una grande roccia con all’interno scavata una bellissima vasca idromassaggio dotata di cromoterapia (sì avete capito bene, persino la cromoterapia!). In camera siamo accolti da un cestello portaghiaccio contenente una bottiglia di sidro e 2 coppe di cristallo…Cosa chiedere di più dalla vita dopo ore di viaggio e una giornata stancante? L’hotel assomiglia a un castello e fa capolino da un piccolo boschetto di piante che lo circondano. All’ingresso della struttura e’ situata una enorme fontana che di notte e’ illuminata di diversi colori e contribuisce a creare un’atmosfera magica già di suo. In questo hotel il cliente e’ sempre al centro dell’attenzione: il personale e’ sempre discreto e disponibile e ogni desiderio e’ letteralmente un ordine. Nuovamente a malincuore ci rendiamo conto che e’ ora di cena, così lasciamo per un paio d’ore la nostra camera. Non potevamo che optare, dopo un po’ di ovvia coda, per Dave’s, famosa steak house della zona che in effetti e’ davvero degna della suo popolarità. La sera, prima di dormire, viene richiesto di appendere fuori dalla camera le scelte per la colazione che l’indomani verrà servita direttamente in camera all’ora che sceglieremo (il tutto e’ compreso nel prezzo): noi optiamo per cioccolata, succo di mela, latte, fragole, waffel caldi e vaniglia . Giorno 16/08/08 Kansas City – Winterset (Iowa) – Chicago (Illinois) La colazione arriva puntuale ed e’ davvero favolosa, degna di re e regina. Ma è tempo di ripartire. E’ tempo di lasciare anche questa esperienza meravigliosa alle spalle. L’Iowa ci attende, per rivivere gli scenari da sogno del film “I ponti di Madison County” e per immortalare nei nostri ricordi altri momenti indimenticabili. E noi abbiamo fretta di arrivare.
I chilometri in effetti scorrono veloci e la strada che ci conduce verso l’Iowa inizia ad arricchirsi di saliscendi, di distese infinite di fiori di campo. Questo e’ l’Iowa, meraviglioso nella sua semplicità. Siamo ormai nei pressi di Winterset e sulla strada, una quarantina di chilometri prima della nostra uscita, ci fermiamo presso delle Rest Rooms dotate anche di un Visitor Center: mai scelta fu piu’ azzeccata. Veniamo infatti riempiti da una simpatica signora di ogni opuscolo, cartina, depliant possibile, nonché di informazioni e dritte che si riveleranno preziosissime per la nostra visita. Ci spiega tra l’altro che la casa di Francesca/Meryl Streep e’ stata parzialmente distrutta da un incendio nel 2004 e che ora non e’ più visitabile ma che si può comunque vedere da fuori. Impazienti come non mai (questo e’ in assoluto uno dei nostro film preferiti) arriviamo finalmente a Madison County e iniziamo la ricerca (muniti di cartina dettagliata) dei 6 ponti e della casa natale di John Wayne che e’ proprio nel cuore di Winterset. Per avere informazioni preziose su Madison County, sui ponti e sulla casa natale di Jonh Wayne date un’occhiata a http://www.Madisoncounty.Com/ dove troverete aneddoti, curiosità e soprattutto la cartina che vi guiderà ai ponti (che eventualmente e’ disponibile anche alla Chamber of Commerce a Winterset).
Piccola trama per chi il film non l‘ha visto: il film narra della storia d’amore fra una casalinga quarantacinquenne di origine italiana, Francesca e un fotografo del National Geographic sessantacinquenne, Robert, che nell’estate del 1965 deve preparare un servizio sui famosi ponti coperti di Madison County. Ma non conosce bene la strada. E si ferma a chiedere informazioni proprio a lei, Francesca, una donna di origini italiane, madre di due figli in quel momento sola perché il marito è fuori città impegnato in una fiera del bestiame. Il feeling tra i due e’ immediato e da subito instaurano un rapporto intensissimo, da cui i due protagonisti vengono travolti a causa dei conflitti di coscienza di lei. Posta dinanzi alla scelta di dover lasciare la propria famiglia e una vita scontata e monotona per rifarsi una vita finalmente appagante con l’uomo che, per la prima volta, aveva saputo esaltarne interiorità e sensualità, lei ripiega sull’esistenza di sempre. Ma il rapporto durerà – sia pure idealmente – tutta la vita, quasi a voler mostrare come solo l’ideale sopravvive al tempo, che, invece, logora persino i sentimenti più veri.
I ponti sono bellissimi…Straordinari…Meravigliosi…Ecco i nomi dei ponti (uno di essi e’ ancora percorribile in auto): Holliwell Covered Bridge, costruito nel 1880, e’ il ponte più lungo Cedar Covered Bridge, costruito nel 1883. L’originale fu distrutto da un incendio nel 2002 e fu ricostruito usando gli stessi materiali e i progetti originali nel 2004 Cutler-Donahoe Bridge, costruito nel 1870 e restaurato nel 1997 Hogback Covered Bridge, costruito nel 1884 e restaurato nel 1992 Imes Covered Bridge, costruito nel 1870 e il più antico tra I ponti rimasti Roseman Covered Bridge, costruito nel 1883 e restaurato nel 1992 in occasione delle riprese del film. Si tratta del ponte che Robert Kinkad cercava quando chiede indicazioni a Francesca e quello dove Francesca lascia un biglietto per invitare Robert a cena.
Le ore scorrono velocemente perchè i paesaggi sono straordinari. Scattiamo davvero decine e decine di fotografie…E’ ormai mezzogiorno inoltrato e decidiamo di cercare il Northside Cafe (altro famoso luogo del film) per mangiare qualcosa e scattare una fotografia alla sedia dove era seduto Robert/Clint Eastowood (la quarta a partire dall’ingresso del ristorante). Il locale e’ proprio al centro di Winterset e in effetti lo troviamo molto facilmente. Qui optiamo per hamburger e patatine e anelli di cipolla fritti: semplici e davvero squisiti. Nel centro di Winterset troviamo facilmente anche la casa di John Wayne ma evitiamo di entrare al museo perchè vorremmo vedere da fuori la casa di Francesca e rimetterci in viaggio poi per Chicago. Trovare la casa di Francesca non e’ facile e prima di ricevere le indicazioni giuste da alcuni operai stradali sbagliamo parecchie volte strada: ciò ci ha permesso però di esplorare in lungo e in largo Madison County e direi che ne e’ valsa davvero la pena vista la bellezza del luogo.
A malincuore (davvero a malincuore…L’Iowa e’ una delle cose che più ci hanno colpita in questo viaggio e dovendo disporre di qualche giorno in più ci saremmo sicuramente fermati un altro giorno) ci rendiamo conto che e’ davvero ora di ripartire: il viaggio fino a Chicago non e’ breve, quasi 500 km, e siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia. Come appena detto, essendo in ritardo di circa un paio d’ore sulla tabella di marcia (senza rimpianti comunque, in Iowa abbiamo lasciato un pezzetto di cuore) decidiamo quindi di non fermarci agli Amana Colonies precedentemente inseriti in itinerario per spezzare il lungo tragitto verso Chicago.
Passiamo il pomeriggio in macchina gustandoci uno splendido tramonto: il sole ci saluta nello specchietto retrovisore e si addormenta dolcemente lasciando spazio a una notte stellata. Non c’e’ traffico sulla Interstate. Ma non ci sono più nemmeno i fiori di campo accarezzati dal vento. Di fronte a noi compare presto lo skyline di Chicago e le luci dei grattacieli ci danno il bentornato. Approdiamo presto all’Hard Rock Hotel e affidiamo l’auto al servizio di Valet Parking. Siamo stanchi e vogliamo rinfrescarci un attimo prima di uscire a cena. Dopo una doccia veloce passeggiamo un po’ per le strade ancora brulicanti di gente e decidiamo di addentare dei gustosi panini al volo, prima di abbandonarci totalmente alla stanchezza.
Giorno 17/08/08 Chicago (Illinois) Oggi e’ domenica e si decide di fare le cose con calma. Per colazione decidiamo di riprovare Jamba, ai piedi del John Hancock e rinvigoriti da un’ottima spremuta di arance ci avventuriamo per Chicago. Dato che per la serata abbiamo in mente di fare una crociera e viste le code notate la sera prima, decidiamo di acquistare subito i biglietti in modo da assicurarci il posto per la “Sunset Cruise” che ovviamente e’ la più richiesta. Il botteghino di Wendella, e’ situato al SouthWest Corner del Michigan Avenue Bridge. Tempo una paio di minuti ed eccoci con i nostri bravi biglietti in mano ($ 25 a testa per una crociera di circa 2 ore). Puntiamo quindi alla Sears Tower (il John Hancock l’abbiamo infatti riservato al primo giorno) per un paio di foto. La giornata e’ limpida e non fa eccessivamente caldo, quindi girare non pesa, almeno per il momento. Passeggiamo per le vie di Chicago alla ricerca dei ”must” da vedere: il Chicago Theater e il Bean, il “fagiolone” gigante che riflette lo skyline della città ed e’ situato al Millenium Park (il fagiolone niente altro e’ che la scultura “Cloud Gate” di Anish Kapoor del peso di 110 tonnellate, soprannominata The Bean per la sua curiosa forma a fagiolo), la Water Tower. Etc. Decidiamo poi di pranzare e passare parte del pomeriggio al Navy Pier che però ci delude (avendo visto quello di San Francisco eravamo convinti di trovare una cosa simile…Ci sbagliavamo…)…Il Navy Pier un tempo era il molo principale di Chicago. Lungo poco meno di 1 km, offre diversi negozi e ristoranti (che più turistici non potrebbero essere…), una ruota panoramica ecc…Forse e’ anche il caldo che diventa presto insopportabile, forse e’ la stanchezza che inizia a farsi sentire…Ma resistiamo ben poco e addentato un hamburger ce ne torniamo (molto lentamente) in hotel. Decidiamo di cenare da Friday’s prima di imbarcarci per la crociera e non ci pentiamo affatto della scelta. Si tratta della nostra ultima cena americana per quest’anno e come sempre Friday’s non ci delude. La serata non poteva concludersi meglio: la crociera e’ favolosa e ci permette di ammirare lo skyline di Chicago da un’altra prospettiva e sotto luci diverse: dal tramonto che tinteggia il cielo di colori pastello, alla notte che però sembra non calare mai definitivamente viste le luci allegre dei grattacieli che la tengono sveglia. La crociera ci permette di toccare luoghi e punti della città che altrimenti non avremmo fatto in tempo a vedere. Le ore passano in fretta ed è un peccato perchè e’ davvero piacevole lasciarsi accarezzare dalla brezza discreta che questa sera la Windy City ci offre stasera. Ma e’ tempo di sbarcare: occorre preparare i bagagli, domani si torna a casa.
Giorno 18/08/08 Chicago – Italia Ed eccoci qui: 8 mesi a preparare il nostro viaggio e un secondo per viverlo. Prendiamo per l’ultima volta la nostra auto che ci conduce velocemente in aeroporto. Un paio di fotografie per immortalarla e i complimenti dell’addetto Hertz: 6049 km in 12 giorni non e’ cosa da poco e noi, orgogliosi della riuscita di questo viaggio siamo assolutamente d’accordo. Ci avviamo così alla navetta Hertz che in pochi minuti ci scarica davanti al nostro Terminal. Il nostro volo ha un po’ di ritardo ma ormai la tabella di marcia non ci preoccupa più: e’ tempo di tornare a casa. Con i nostri ricordi. E con nessun rimpianto.
CONSIGLI Benzina: è possibile fare rifornimento in due modi: pagare alla pompa con la carta di oppure andare alla cassa e dire al cassiere quanti dollari mettere alla pompa numero 1,2,3… Se fate male i calcoli e l’erogazione risultasse inferiore alla cifra comunicata alla cassa, il cassiere vi darà il resto.
Hotel: i prezzi sono intesi per camera e non per persona. Ricordarsi sempre di specificare la vostra preferenza :non fumatori” o “fumatori”. La differenza a volte e’ notevole.
Prezzi: Tutti i prezzi esposti sono sempre senza tasse.
Limiti: osservare scrupolosamente i limiti di velocità. Le pattuglie sono situate nei posti piu’ impensati e le multe sono molto salate.