Rajastan in pratica

Siamo stati là , io e la mia compagna Nadia, dal 29 luglio al 10agosto, volando con Swiss per circa 850 € ciascuno. A dire il vero non so bene da dove cominciare, comunque la mia intenzione è più che altro quella di dare qualche consiglio pratico che possa essere utile a chi si appresta ad un viaggio in un paese tutt'altro che facile, anche...
Scritto da: elliott
rajastan in pratica
Partenza il: 28/07/2008
Ritorno il: 11/08/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Siamo stati là , io e la mia compagna Nadia, dal 29 luglio al 10agosto, volando con Swiss per circa 850 € ciascuno. A dire il vero non so bene da dove cominciare, comunque la mia intenzione è più che altro quella di dare qualche consiglio pratico che possa essere utile a chi si appresta ad un viaggio in un paese tutt’altro che facile, anche se qualche considerazione per quanto possibile obiettiva credo che me la concederò.

Dunque, il cambio €/rupia era di circa 65 al nostro arrivo, poi con il rafforzamento del dollaro contro euro è sceso alla fine del viaggio a 59, quind,i considerando un cambio medio a 62, 100 rp corrispondono a 1,61 €. Una delle poche notizie che sono riuscito a cogliere dalla terribile televisione indiana è che il tasso d’inflazione è alto, superiore al 10%, quindi i prezzi che troverete sulla Lonely (che tutti, dico tutti i viaggiatori che abbiamo incontrato avevano e che secondo me nel volume “India del Nord” ha dato il peggio di sè) vanno per lo meno moltiplicati per due. Gran parte degli indiani masticano l’inglese. Il nostro è abbastanza scarso, ma comunque ce la siamo svangata. Se non ne parlate una parola, potreste avere dei problemi.

Noi ci siamo spostati autonomamente con i mezzi locali, usando treno e corriera. Nelle città ci siamo mossi per lo più con gli autorisciò nell’indescrivibile caos senza regole che è il traffico urbano. Una corsa costa circa 30/100 rp a seconda della lunghezza del percorso, se poi lo si allunga uscendo dal centro di qualche chilometro più o meno la tariffa raddoppia. Abbiamo trovato questo mezzo piuttosto pericoloso anche se molto più economico del taxi (ca. 400 rp aeroporto/Delhi centro), inoltre spesso è l’unico mezzo disponibile. Molti guidatori di risciò (detto anche took-took) non dicono la tariffa, alla fine dicono “as you like” (quanto vuoi tu) quando gli chiedete il costo, ma io consiglio di pretendere di saperlo perchè se poi il “quanto vuoi tu” non è abbastanza storcono la bocca ed è piuttosto seccante. Sappiate subito che vi troverete a dover fronteggiare l’attesa di una mancia praticamente per ogni cosa, sarete attorniati da gente che vorrà vendervi qualcosa o prestarvi qualche servizio o semplicemente vi chiederà soldi, così , senza motivo. La mancia di 20 rp il qualche caso è stata accolta con delusione/fastidio, d’altronde, c’è l’inflazione. In ogni caso una trentina di rupie secondo me sono abbastanza se si vuole dare una mano a più gente possibile senza restare in braghe di tela. Occhio che ogni pur banale richiesta di informazioni mette in moto un’invisibile rete di relazioni in cui ogni componente della catena spera di spremere qualche soldo. Un esempio: ad Agra siamo stati accompagnati in giro per varie ore da una guida, un signore distinto e preparato (tra i pochi) al quale ho, sventatamente, detto che avevamo bisogno di cambiare degli € in rp. Mi ha portato in un’agenzia dove, oltre alla delusione palese per un cambio di soli 50 €, si sono inventati lì per lì una commissione del 12% che ci è costata 350 rp. C’era evidentemente da far uscire la commissione per la guida, per l’autista dell’auto e anche per l’impiegato dell’agenzia, forse. Da quel momento ho sempre chiesto, quando ho cambiato, se il cambio era al netto di “fees”. Più in generale, le guide cercheranno di accompagnarvi in negozi dove prendono commissioni, gli autisti di risciò in ristoranti od hotel dove…, i receptionist di hotel per prenotarvi il prossimo trasferimento utilizzeranno agenzie con cui hanno accordi, etc…Non è una cosa così terribile e talvolta può anche essere utile, ma se, per esempio, non avete intenzione di fare acquisti in una gioielleria che fa stranamente parte di una visita guidata in giro per Agra o Jaipur, cercate di chiarirlo subito. Considerate comunque che la miseria è davvero terribile e questa gente non fa altro che cercare di mettere insieme il pranzo e la cena. Questo non ha impedito, a me e Nadia, di fare qualche amara riflessione, forse troppo pessimistica ma oggettiva, sul modo in cui il turista venga visto più che altro come “macchinetta da soldi”, la richiesta in tal senso essendo spesso esasperante, non si riesce a sostare per un attimo di fronte ad un negozio che subito qualcuno si avvicina, non puoi fermarti ad ammirare una haveli di Jaisalmer che subito sei accerchiato, fermarsi a consultare la guida, scendere da un bus, sono cose che attirano procacciatori di…Qualcosa. Avvicinarsi ad un gath di Pushkar, un luogo sacro per gli indù, mette in moto desideri “commerciali” nei ragazzotti o nei finti brahmini che si aggirano perennemente lì attorno, che certo non rendono onore all’idea di ascetismo, spiritualità e pace interiore che molti europei forse ingenuamente hanno di quella religione. Qualche volta abbiamo avuto l’impressione che l’induismo, che del resto premia la ricchezza e considra disdicevole la povertà e di certo non mette in discussione la socialmente deleteria stratificazione in caste (nel samsara, il ciclo di morte e reincarnazione, la speranza del poveraccio è reincarnarsi in uno ricco, d’altronde, come dargli torto?) sia in realtà una religione monoteista che ha nel Dio denaro il suo vero faro (con buona pace delle milioni di divinità accessorie). Ma forse eccedo in cinismo. Fatto sta che persino tra le dune del deserto a ovest di Jaisalmer abbiamo faticato a trovare mezz’ora di pace. Anche lì, oltre alle “spediziioni” cammellate per turisti, c’è stato da fronteggiare decine di ragazzini che vendevano coca cola, strumente musicali, escursioni in cammello, o semplicemente chiedevano soldi. Ma torniamo agli aspetti concreti. Una prima cosa che voglio dire è questa: chi dovesse arrivare in India con le idee ancora poco chiare su come muoversi, e magari, anche in seguito ad un primo impatto con il paese che può essere piuttosto “duro”, cominci ad essere preoccupato, non scarti l’idea di affidarsi ad un agente di viaggio in loco (per trovarne basta rivolgersi al proprio hotel) il quale potrà, senza compromettere la vostra voglia di autonomia, fissarvi gli hotel nelle varie città e i trasferimenti. Noi l’abbiamo fatto solo per le prime tre notti (una ad Agra e due a Jaipur) ed i primi due trasferimenti (entrambi in treno, da Delhi ad Agra e poi fino a Jaipur). Questo ragazzo non si è arreso di fronte alla nostra poca voglia di starlo a sentire (ci eravamo rivolti a lui solo per un giro guidato a Delhi) e ci ha reso un ottimo servizio: gli hotel sono stati i migliori in cui abbiamo dormito, (ma anche quelli un po’ più cari, circa 25 € a notte). Scegliendo di farsi prenotare tutto fin dall’inizio si spenderà certo un po’ di più ma si risparmieranno alcuni fastidi e fatiche poco gratificanti. Un altro consiglio. Noi abbiamo fatto il giro in senso orario: Delhi – Agra – Jaipur – Pushkar – Udaipur – Jodhpur – Jaisalmer – Jodhpur – Jaipur – Delhi. Non si è rivelata una buona idea: a due giorni dalla partenza da Delhi per l’Italia ci siamo ritrovati nella città più lontana da Delhi stessa, cioè Jaisalmer, così abbiamo dovuto dedicare le ultime 48 ore di viaggio a riavvicinarci all’aeroporto di partenza per l’Italia con trasferimenti a tappe forzate, noiosi e toccando città già visitate e poco vivibili (l’orrenda Jodhpur e la vivace ma caoticissima Jaipur), considerando anche il fatto che avevamo diciso, ritenendolo poco interessante, di evitare il ritorno da Jaisalmer via Bikaner. Secondo me è meglio sobbarcarsi subito la faticaccia del lungo viaggio da Delhi a Jaisalmer e di lì risolvere il viaggio in un progressivo riavvicinamento a Delhi. Naturalmente sono considerazioni che valgono per gli sfigati come noi che avevano a disposizione due sole settimane. Il 29 luglio abbiamo girato per Delhi con un autista per sole 350 rp, toccando i luoghi turisticamente più rappresentativi della città, che non sto ad elencare (potete saltare il Red Fort) e mangiando molto bene, anche se lo spettacolo della miseria urbana, a Delhi come ad Agra, è stato pesante. Le città sono spaventosamente inquinate dai mezzi di trasporto, camminarvi per ore mette a dura prova i polmoni, ed il traffico è quasi comico nella sua assenza di regole, con i clacson perennemente strombazzanti. Intorno alla Jama Masid abbiamo avuto il primo vero impatto con la realtà urbana indiana, la miseria, l’incrdibile sporcizia, il traffico.

Agra città è tremenda, ma ci sono alcuni degli edifici e complessi architettonici più belli: Taj Mahal, Agra Fort, la bellissima Fathepur Sikri. A Fathepur occhio ai ragazzini finti studenti che vi fanno da guida “gratuitamente” salvo poi spingervi a forza verso la bancarella amica per rifilarvi qualche cianfrusaglia. Ci arriviamo da Delhi con lo Shatabdi Express (dal treno in prossimità dei centri urbani si vede parecchia gente che defeca senza nascondere nulla, quindi occhio), bello e comodo (e caro). Si dorme al Royal Residency, molto buono per gli standard locali ma altrettanto caro.

Jaipur tutto sommato è una piacevole sorpresa visto quello che avevo letto. E’ caotica ma indaffarata, lo spettacolo della miseria è meno costante ed opprimente delle precedenti città. Non è affatto turistica, i bazar (cioè i porticati con i negozi) sono per lo più per i residenti (e la qualità dei tessuti sembra buona). Poi c’e, nelle vicinanze lo splendido Amer Fort, una delle cose più belle viste nel viaggio. La maestosità della facciata arroccata sul colle mi ricorda la città di Lhasa (mai stato, vista solo in Tv). Proprio ad Amer, il paese che si raccoglie attorno al forte, dormiamo presso l’Hotel Amer View, molto buono ma ancora caretto, da qui in poi si scenderà come costi ma anche come qualità.

Il palazzo dei venti di Jaipur è una porcata secondo me, Nadia è meno severa, forse perchè ci trova dei bagni “potabili”, merce rara, mentre è interessantissimo lo Jantar Mantar (“Strumento di calcolo”) ma ha senso la visita solo se accompagnati da una guida, a meno che non siate astronomi o matematici. A Jaipur ci arriviamo in treno sleeping, un po’ accampati in mezzo alle lenzuola sporche dei coraggiosi che hanno viaggiato di notte. Raccomando le stazioni ferroviarie, veri gironi infernali in cui si sfiorano, senza toccarsi ovviamente, l’India rampante e indaffarata a far soldi e l’infinita moltitudine dei miserabili che cercano di arrivare a sera.

Il 2 agosto si va a Pushkar via Ajmer in bus De Luxe (definizione piuttosto ingannevole, ma aria condizionata sparata a manetta, si prende al terminal 3 dell’autostazione di Jaipur), in due ore e mezza per circa 300 rp a testa. Da Ajmer a Pushkar in mezz’ora per 7 rp con bus locale. Occhio che ad Ajmer è scritto tutto solo in caratteri sanscriti, quindi chiedere. Un inciso: per i trasferimenti in bus e sempre meglio arrangiarsi per i biglietti, recarsi all’autostazione e vedere, anche la mattina stessa della partenza.. Sono spesso inesatti i dati della Lonely ed anche gli orari dati dalle agenzie, che propongono solo i de luxe. Pushkar è forse la maggior delusione dopo quel che avevamo letto. Il lago, come tuti gli altri nelle città “lacustri”, è solo una pozza semisecca, i gath sono presidiati da furbastri in cerca di mistici europei, lettori di Kerouac e Ginsberg, il centro è piccolo ma mal ridotto, intasato di moto e di negozi per turisti. Colgo l’occasione per qualche considerazione sulle città. Sono tutte piuttosto dure da vivere, assai poco “passeggiabili”. Il traffico stradale è assordante, gli attraversamenti roba per veri temerari, non esistono marciapiedi, ma soprattutto non esistono o quasi luoghi in cui rifiatare un po’. Non le piazze (al massimo delle rotatorie in cui il traffico se possibile diventa ancor più infernale), qualcosa di simile alle benedette Plaza de Armas per chi ha viaggiato in America Latina proprio non c’è, non i parchi (quei pochi sono luridi e comprensibilmente trasformati in dormitori), non i bar, almeno come li intendiamo noi, al massimo piccole terrazze sui tetti, con pochi tavoli e poca ombra, in cui rilassarsi non è così facile (anche per i consueti dubbi legati all’igiene, esempio classico l’intollerabile riciclaggio delle cannuccie quando ordinate una coca).

A proposito di igiene: cose da portare, oltre a quelle solite consigliate: salviette umidificate e amuchina, giusto per concedersi ogni tanto una botta di pulizia, un sacco lenzuolo, abbiamo trovato lenzuola luride anche in hotel all’apparenza decorosi; per lo stesso motivo, asciugamani. Queste cose le scrivo su invito di Nadia, io di mio sono un po’ zozzone (ma è meglio dar retta a lei).

A Pushkar si dorme nel mediocre Sun Set Hotel per 400 rp. Poi il 3 si va ad Udaipur in bus normale (h 10 del mattino, le agenzie ci davano solo gli orari dei de luxe che sono due al giorno, nel pomeriggio e a sera) per 190 rp a testa in ca. Sette ore. Le strade, in questo tratto ma anche altrove, sono sorprendentemente in buono stato. L’autobus normale è appena peggio del de luxe come comodità ma almeno ci sono i finestrini aperti invece della dannata a.C. Sul collo. Altro lago paludoso, altro centro storico incasinato con fognature “aperte” sempre a rischio in stagione piovosa. Bello il City Palace ma anche l’hotel Wonder View (2700 rp per due notti). La sera ceniamo in terrazza, al crepuscolo, con bella vista sul Palace illuminato e grande stormo di pipistrelli che sorvola il “lago”. Il palazzotto bianco, trasformato in hotel, che dovrebbe sorgere dalle acque è invece bruttino, sia per la secca sia per il colore e lo stile architettonico che lo fanno sembrare un’immensa torta nuziale.

Il quattro mi becco contemporanemente le prime scariche di diarrea e una laringite che mi fa salire una brutta febbriciattola che per fortuna Nadia mi aiuta a cacciare a suon di antibiotici (accompagnati da pillole di fermenti lattici). La mattina riusciamo a visitare il Palace accompagnati da una guida (150 rp più mancia) che spiccica un po’ di italiano, e viste le mie condizioni mi invita continuamente a sedermi. In giro per la città vecchia è tutto un hello. Tutti ti salutano ma, non so, sembra una sorta di marchio di fabbrica che la città si è voluta dare, come se in realtà ti dicessero “guarda come siamo ospitali, siamo o non siamo simpatici. Sei in India, qui tutti siamo sereni e rilassati”. Insomma, una cosa poco spontanea, esagerata, che lascia un gusto di melassa. Ma io forse sono troppo scettico, se a voi piacerà lasciatevi pure coinvolgere senza stare troppo a rimugginare.

Per quanto riguarda i pasti per tutto il tempo alterneremo tentativi non felicissimi di mangiare indiano (non c’è modo di sapere cosa si ordina, il glossario lonely non serve a niente) alle pizze che sono discrete e ci fanno stare più tranquilli dal punto di vista sanitario.

Il cinque ancora 7 h di bus (190 rp a testa, partenza alle 7.45 del mattino) per arrivare nella terrificante Jodhpur, romanticamente definita “citta blu” dalla Lonely che chiama anche “città rosa ” Jaipur e, raggiungendo livelli siderali di surrealismo, Venezia d’Oriente l’anonima Udaipur.. Il pezzo forte è il Meheranghart che domina la città. Ci arriviamo tardino, a un’ora dalla chiusura, per 100 rp in risciò. E’ bello (spesso il forte è la cosa più bella delle città) ma il centro urbano è semplicemente invivibile, un continuo invito a starsene chiusi in hotel. Andiamo in risciò al mercato della Torre dell’orologio, un’oasi di colore e caotica operosità in questa città secondo me ampiamente evitabile (ma è difficile non farvi tappa dirigendosi verso Jaisalmer). Qui hotel Govind, appena discreto ma buona pizzeria sul tetto, per 600 rp. Fuga il sei verso Jaisalmer, ancora in bus (320 rp) con il panorama che cambia diventando savana, con terreno brullo e vegetazione bassa. Durata cinque ore e mezza, siamo gli unici stranieri e i modi delle persone cominciano a stufarci: rutti, sternuti in mano con successivo scuotimento, piedi che ti spenzolano davanti alla faccia dalle cuccette che sovrastano i sedili, bambini rompicoglioni.

Già che sono in tema di abitudini, le donne, specie se di una certa avvenenza, sappiano che gli indiani, maschi, le guarderanno molto. Nadia è stata gratificata di moltissimi sguardi, oltrechè di tentativi di fotografie clandestine e persino di film con telefonini (assai diffusi). Lei ha la mia età, 44, la porta molto bene, ma si è beccata occhiatine non platoniche da maschi indiani dai 13 anni in su.

Restando in tema di “buone maniere”, gli indiani son piuttosto deficitari. Oltre ai vari scatarramenti, rutti, sputacchi, sembrano avere un’idiosincrasia per le code: tendono a passare avanti senza troppi complimenti, spintonando tranquillamente. Alla stazione ferroviaria di Agra c’era un poveraccio cieco che cercava di salire su un treno e a più riprese è stato ricacciato giù da avventori frettolosi, senza tanti complimenti.

A Jaisalmer due notti all’Hotel Paradise (dentro al forte), stanza abbastanza buona con a.C. Per 2200 rp. La città è finalmente bella, piccola, tutta color ocra, anche la zona che si estende oltre le mura del forte non è male. Solito caos, solite mucche dappertutto, ma il Palazzo del Marajah, proprio subito dopo la porta d’ingresso del forte è davvero bello, e lo sono le molteplici haveli disseminate per la città, con i loro balconi traforati color della sabbia, che si susseguono nell’intricato dedalo di stradine. Il Palazzo lo visitiamo la mattina del 7 agosto: l’interno è un po’ palloso e il costo della visita è di 500 rp a cranio. Poi si cazzeggia in giro annichiliti dal caldo, si mangia una pizza al ristorante italiano “La purezza” (???) poi verso le 4 si parte con un driver locale verso il deserto (costo dell’escursione 700rp). Il viaggio dura una quarantina di chilometri poi il tizio ci molla in un parcheggio in prossimità delle dune, facendoci intendere che possiamo prendercela calma, lui intanto si schiaccerà un pisolo. Ho già detto dell’atmosfera non proprio mistica, il tramonto non è infuocato come tutti speravano, è un mesto scomparire del sole nella nebbiolina crepuscolare, comunque bello , anche se la cammellata ci pare troppo, per non parlare di quella che comprende la nottata in tenda. La sera si cena indiano (male) al ristorante 8 luglio (in piazza!) la cui insegna dice che il proprietario è australiano, questo fa affluire parecchi turisti desiderosi almeno di pulizia, ma il tizio è peloso, serve a petto nudo, ti rifila anche lui le cannucce usate e non sembra proprio un australiano.

Il giorno 8 inizia il riavvicinamento all’Italia, di cui ho già detto.

Un’ultima annotazione pratica. Noi siamo arrivati all’Indira Gandhi Airport in taxi (500 rp dal punto in cui il bus da Jaipur ci aveva mollati, un vero furto ma eravamo troppo stanchi per discutere) ed in fortissimo anticipo, infatti eravamo già lì alle tre del pomeriggio quando il volo era solo all’una di notte, ma quegli ultimi due giorni ci hanno proprio fiaccati, e non vedevamo l’ora di entrare in un posto fresco, pulito e con un bar degno di questo nome dove riposare tranquillamente. Invece siamo stati dirottati verso un’orrenda sala d’aspetto, a pagamento, perchè non è permesso entrare nell’aeroporto prima di tre ore dal volo.

Per non farmi mancare niente, il tempo libero. Io mi sono portato due libri, e l’i.Pod. Se volete liberarvi della lagnosetta musica indiana senza rinunciare alle atmosfere orientali, consiglio di scaricare pezzi dei Dead Can Dance, bellissimi. Ascoltarli viaggiando in autobus, osservando le immagini di questo paese terribile e straordinario può avere un curioso effetto straniante.

Questo è tutto, Prendetevi i consigli pratici, se li ritenete interessanti, e lasciate perdere le altre cazzate.



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