Attraverso i balcani – estate 2007

Kotor (Cattaro)- Montenegro Prizern, Dejani, Pristina- Kosovo Skopj, Okrid-Macedonia Salonicco-Grecia Sofia,Plovdiv-Bulgaria Istanbul-Turchia Il seguente diario si riferisce al viaggio Kotor (Cattaro)- Istanbul, iniziato il 7-7-2007 dal porto di Bari e conclusosi a Istanbul il 21-7-2007. Ho fatto il viaggio in compagnia del mio caro amico...
Scritto da: nello.all
attraverso i balcani - estate 2007
Partenza il: 07/07/2007
Ritorno il: 22/07/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Kotor (Cattaro)- Montenegro Prizern, Dejani, Pristina- Kosovo Skopj, Okrid-Macedonia Salonicco-Grecia Sofia,Plovdiv-Bulgaria Istanbul-Turchia Il seguente diario si riferisce al viaggio Kotor (Cattaro)- Istanbul, iniziato il 7-7-2007 dal porto di Bari e conclusosi a Istanbul il 21-7-2007. Ho fatto il viaggio in compagnia del mio caro amico portoghese Vasco. L’idea alla base del viaggio: quella di attraversare i Balcani utilizzando mezzi pubblici, viaggiare/pernottare low budget, cercare contatto con le persone del posto, provare a capire le diffeenti culture e i loro rapporti, fare fotografie, seguire le vibrazioni della musica. 1 Bari- Kotor (Cattaro) Dopo aver lasciato una Bari caldissima e ‘africana’, mi sono imbarcato per Kotor sulla Azzurra Line per Kotor in Montenegro dove un giorno piu’ tardi mi raggiungera’ Vasco in arrivo da Dubrovnik. Ho cenato in nave, non male. La ragazza bosniaca alla reception, gentile come tutto il personale, mi dice che suoneranno dopo due gorni i Rolling Stones sulla spiaggia di Budva, e la cosa me la segno subito! Per dormire, dal momento che le sedie sono scomode e l’aria condizionata e’ letale, ho fatto un up-grade, senza spendere molto (se ricordo bene nell’ordine delle 12/15 euro), per avere un letto in cabina. Alle 4 e mezza ho avuto bisogno di un dottore perche’ un graffio che avevo al dito ha iniziato a fare infezione. L’ho dovuto svegliare e senza problemi ha preso il tempo per medicarmi. Sono rimasto poi sveglio e l’arrivo alla baia di Kotor non mi e’ parso cosi’ sconvolgente come mi avevano fatto credere. Forse puo’ dare qualche emozione (tutta geografica..) sapere che entrando nella baia si costeggia a sinistra la punta piu’ meridionale della Croazia.. Ci si addentra comunque tra montagne piuttosto alte. Sento dire a dei turisti italiani, passando a fianco a due isolotti, che uno di questi e’ artificiale, costruito per devozione non so piu’ a quale santo, e durante una festa del luogo viene letteralemente preso ‘a sassate’ per ricordare la sua formazione. Gli isolotti sono di fronte alla bella cittadina di Perac (?).

Kotor e’ magnifica, nella sua pietra bianca e la sua posizione adagiata sulla collina, circondata da insolite mura che scendono a valle creando un disegno inconfondibile, soprattutto di notte. Tutta chiusa al traffico la citta’ e’, credo, patrimonio dell’Unesco. La gente e’ socievole e prende tempo per darti informazioni. Difficile e’ stato pero’trovare una camera. Alla fine ci son riuscito ma non tramite le tre agenzie di viaggio che si trovano intorno alla piazza (una era sempre chiusa e gli orari di apertura sono intervallati da lunghe pause nell’ora di solleone). Il punto per le informazioni non e’ ufficiale ma anche li’ la gente e’ disponibile. Grazie ad un passaparola ho trovato una stanza (15euro a notte perche’ ci sto due notti) dal signor Luca, vecchietto sorridente alto e snello che mi ha aperto (wow!) la porta in calzoncini del Napoli (e’ tifosissimo!). Il signor Luca ha due figli ufficiali di marina imbarcati di cui mi mostra le foto. Non essendoci loro, due stanze sono libere. Sua moglie e’ a Belgrado per una operazione, qualcosa di serio per quanto capisco. Lui la raggiungera di li’ a qualche giorno. Globalmente i prezzi sono piu’ che abordabili, solo bisogna (come in Italia) stare attenti a ordinare seduto in piazza (6 euro un long drink).

Mangio ad un ristorante che mi segnala Luca, un po’ fuori mano sulla litoranea verso Dubrovnik, si trova dopo san Mattia: ottimo. La discoteca dove son stato la sera e’ molto ‘hot’. Si trova dentro, o meglio sotto le mura, e’ dotata di un impianto video e laser e di un’acustica eccezionali. C’era il concerto live di una “coppia neo-melodica” strappacuore, a quanto mi dicono serba, che cantano dalla musica (anche per me) molto coinvolgente con sonorita’ arabo-balcaniche. Grande atmosfera.

2 Kotor Giornata tranquilla, faccio il bagno in una zona vicino al porto, assestamento, gran caldo. Vasco arriva alle 19:30. Facciamo in tempo a mangiare qualcosa dal panificio di fronte all’appartamento dove stiamo, per deciderci poi ad andare al concerto dei Rolling Stones a Budva, senza biglietto!…Ma divertimento assoluto. Anche perche’all’inizio non volevano farci entrare al concerto, ma ci hanno aiutano dei ragazzi, serbi e croati, generosissimi e ci daranno pure un passaggio al ritorno a casa.. La vacanza e’ iniziata nel migliore dei modi! A proposito: vedere Mick Jagger che salta come un ragazzino per tutto il concerto azzardando frasi in serbo, croato e montenegrino e che ogni volta ricevono in ritorno un’ ovazione e’ stampato nella mia memoria. 3 Kotor – Cetinje – Prizern Partenza nel pomeriggio per Podgorica non senza avere comprato una macchina fotografica d’occasione della marca tedesca Practica a sole 175 euro che si rivelera’ utilisima durate il viaggio (digressione: c’erano problemi col rilascio della garanzia, avrei dovuto aspettare un’ora e il bus ci partiva. Il rivenditore mi assicura che me la spedira’ al mio domicilio. E’ arrivata!). Si prende il bus per Podgorica, lambiamo Budva, vediamo da lontanissimo la celebre Sveti Stefan, ci fermiamo a Cetunje, tranquilla ex-capitale montenegrina conficcata tra le montagne di un altopiano fatto di saliscendi. Visitiamo un bel monastero cristiano ortodosso e poi ci si riavvia dopo esserci rinfocillati a una taverna intorno all’ariosa piazza centrale dove sorge il museo che pero’ e chiuso perche’ son le 17 passate.

Podgorica non offre granche’ d’altro per il visitatore, a parte la piazza e il corso con i bistrot passiamo tra file di palazzoni grigi, anonimi e parecchio brutti. Si prende direttamente il bus notturno per Pristina, destinazione Kosovo. Si entra e la scena cambia, e’ Albania! Musica di sottofondo a volume sostenuto (e’ piena notte..) le facce dicono di gente che ne ha viste di brutte. L’espressione generale e’ quella della rassegnazione. Ci sentiamo pero’ in un ambiente di sicurezza generale e piuttosto disinteressato a noi due viaggiatori occidentali zaino in spalla, dagli occhi famelicamente curiosi di ttuo quel che ci capita sott’occhi. Ma noi che volevamo andare a Prizern,saltando Pristina (il bus era gia’ partito Podgoriza), troviamo l’occasione per scegliere questo percorso. Svolta del viaggio. A un’area di servizio che sembra un set cinematografico zigano, pieno di pullman, luci, gente, un ristorante, gente che vende un po’ di tutto, musica e fumo, odore di carne arrosto Vasco ed io decidiamo di cambiare bus e dirigerci a sud, giu’ costeggiando la catena di montagne, frontiera naturale con l’Albania, direzione Prizern, citta’ bella e a meno di 100 km dal confine macedone. Prima ancora della frontiera, iniziano pero’ “dei problemi”. Ho una seria infezione a un piede e dopo un viaggio lunghissimo – arriveremo intorno alle 4 di mattina a Prizern – mi tocchera’ andare al pronto soccorso. Servizio e medicamenti: dico solo che trovo una grande umanita’ ma qualche difficolta’ di comunicazione linguistica con il medico (non con l’infermiere che ha vissuto a Pescara per qualche mese dove si trova tuttora la sua famiglia e ha anche esercitato in loco). La prima diagnosi risultera’ errata ma piu’ tardi altri medici kosovari si riveleranno espertissimi. Il tassista per un euro (o due euro, non ricordo, ma questi sono i prezzi medi per una corsa in citta’) ci porta all’hotel Tirana (carissimo, 15 euro a notte a persona, ma colazione – scarsa – inclusa). Albergo di quelli buoni per conferenze (una volta..)cade letteralmente a pezzi ma per noi va bene cosi’. PS – il numero telefonico di emergenza per turisti 24 ore su 24 che troverete alla frontiera molto probabilmente non vi servira’ a nulla in caso di bisogno, come e’ successo a me…In caso di emergenza affidatevi, ad amici e se potete a conoscenti (anche se da 5 minuti..), vi aiuteranno. 4 Prizern – Dejani – Prizern Mattina presto vado in ospedale, dove mi fanno un intervento alla ferita al piede che nel frattempo e diventata una palla (solo sul dorso, meno male, e cosi’ posso camminare senza grosse difficolta’). Il medico parla un buon inglese e gli infermieri cercano di rincuorarmi. In tarda mattinata facciamo un giro in citta’ e visititamo la stupenda moschea che da’ sul fiume che scorrendo taglia in due la citta’. Prizern e’ fantasticamente adagiata ai piedi di una catena collinare. Non troppo in alto un castello guarda la valle. Dicono che da lassu’ la vista e’ mozzafiato, vediamo anche qualche foto e ci crediamo ma non facciamo a tempo a salire su (20 min a piedi).Vediamo anche una chiesa in centro recintata da una doppia serie di fili spinati e abbiamo il sospetto che sia ancora minata.. Nel 2004 ci sono stati tumulti in Kosovo che hanno avuto per centro proprio a Prizern e una quarantina di chiese son state date alle fiamme. L’aria che si respira e’ invece tranquilla, la gente indifferente alla nostra presenza anche se a quanto pare siamo gli unici turisti in citta’.. Forze militari francesi e tedesche passano di tanto in tanto in piccole jeep. Vediamo anche un’auto dei carabinieri di servizio in citta’. Prizern si rivela piacevolissima e deve essere stata una meta turistica nell’anteguerra dei Balcani. Ne abbiamo conferma quando, dopo aver chiesto info turistiche alla sede di un partito (ci han mandati la’!), siamo stati ricevuti al municipio, dove una gentile signora che parla un perfetto italiano ci ha dato delle brochures. Visitiamo le rovine di un bel hammam, dove troviamo una guida d’occasione e ci accodiamo. A fianco c’e’ un negozio di strumenti musicali dove vendono le cose piu’ strane e belle. Addirittura una specie di ud con due bracci, dove i tasti segnano intervalli e albanesi e occidentali classici. Sulla cassa l’aquila albanese a due teste. Lo stesso simbolo lo ritroviamo nei tanti negozi che vendono magliettine e altri gadgets, oltre a occhiali da sole di marca – sembrano davvero, forse sono originali- a prezzi irrisori.

Nel primo pomeriggio decidiamo di andare a visitare il celebre monastero di Dejani che si trova piu’ a nord vicino a Djacova, in tutto un 50 km. Prendiamo un autobus fino a Djacova, poi un altro fino a una cittadina che forse si chiama come il monastero, poi taxi fino al check point. Si’ il monastero e’ all’interno di un’area protetta dalle forze internazionali, e in questo caso italiane.. Li’ troviamo un maresciallo forzuto che ci fa subito passare e con il quale scambiamo due chiacchiere. Il monastero geopoliticamente parlando si trova in una situzione paradossale: e’ il tempio simbolo della chiesa serbo-ortodossa, ma e’ circondata da un reggimento di soldati italiani, che, a sua volta, sono circondati da popolazione kosovara, cioe’ albanese.. Per il resto paesaggisticamente e architettonicamente il luogo e’ da togliere il fiato. Incastonato in una cornice idilliaca, in un piccola valle che si chiude poco piu’ avanti come due braccia che la cullano, il monastero e’ di un equilibrio perfetto, e vien baciato dal sole al tramonto. Il materiale di cui e’ costruito cambia prograssivamente colore fino a infuocarsi quando il sole tocca la cima delle colline. Un assai sorridente monaco (vista la situazione..) ci illustra un po’ qua un po’ la’ l’interno della chiesa. Fuori silenzio, (quasi) nessun turista, pace assoluta. Alle 18:00 un monaco esegue dei rituali girando intorno al tempio in circolo e emettendo vocalizzi ritmati del bastone con con cui batte le pareti attorno attorno. Non sappiamo il significato, ma ci sembra che il monaco voglia cosi’ proteggere il tempio prima che venga la notte. Il buon Vasco – di nascosto – videoregistra il rituale..

Al ritorno salutati i militari, scoviamo un cucciolino abbandonato a pochi metri dal check-point. Necessita cure per cui lo portiamo al maresciallo che dice lo passera’ al dottore del campo. Sapendo che io sono delle parti di Napoli, dicono che lo chiameranno Maradona, anzi Pibe… Torniamo a piedi al paesino (e’ vicino, 10 min a piedi) da dove parte il bus per Djacova. Per tornarte a Prizern, sotto consiglio di un piuttosto furbetto controllore, prendiamo un taxi con il cui tassista, Quemail, facciamo un accordo, e cioe’ che a meta’ strada ci fermiamo a mangiare in una trattoria che si trova vicino a un grande fiume (prezzo pattuito 10 euro – mi dicono che un tassista ne guadagna al massimo intorno ai 250/300 euro al mese in Kosovo). Chiediamo se vuole mangiare con noi, rifiuta cortesemente e ci aspetta una mezz’ora. A Prizern usciamo dal taxi ed io (non lo dite a mia madre!) mi dimentico il passaporto nel Taxi. Sarebbe troppo lunga da spiegare e forse scrivero’ un libro prima o poi su questa avventura, ma dico solo che il giorno dopo tra una peripezia e l’altra ci rincontriamo con il bravo Quemail e il viaggio potra’ proseguire senza prima far una tappa nella capitale del Kosovo, Pristina.

6 Prizern – Pristina – Prizern A Pristina, passiamo un pomeriggio tranquillo, la citta’ e’ circondata da orribili palazzoni di stampo sovietico. Dalla stazione degli autobus regionali dove ci troviamo, parecchio fuori dal centro, prendiamo un taxi per il grand hotel, da cui iniziamo la nostra passeggiata. Nonostante la grigiezza del posto, la vita e’ animata e a volte ci si sente proprio di essere in una ‘qualunque citta’’ europea di media grandezza. Un enorme manifesto inneggiante a Bill Clinton capeggia su un palazzone, ricordo propagandista del passato piu’ recente. Sorprendentemente non vediamo segni della guerra, come invece c’e’e capitato tutte le volte che ci siamo spostati da una citta’ all’altra, e in un mio viaggio precedente a Mostar. Non per la distruzione di edifici ma per la frequenza di cimiteri nei campi, le cui lapidi sono disposte in modo inquitante proprio la’ dove i colpi sono stati ritrovati, il che da’ il senso di un drammatico fermo immagine. Pranziamo a prezzo contenuto in un bel ristorante, dall’aspetto lounge. Ottime le pietanze albanesi a base di carne e servite in piatti di terracotta. In pieno centro troviamo la statua equestre di Skanderbeg, eroe nazionale albanese. Anche qui come in altre citta’ kosovare ci sono monumenti a militanti dell’UCK. In lontananza ci sono un gruppo di moschee ma non facciamo in tempo ad arrivarci. Devo medicare il mio piede per cui vado in ospedale dove cortesemente un infermiera mi cambia la fasciatura. L’ultimo autobus per Prizern dicono che parte alle 19:00 ma lo prendiamo – a volo! – alle 18:30… Si torna alla base, il che significa un paio d’orette di viaggio lungo un tragitto disseminato di lapidi, di militari e civili, e case fuori dai centri abitati in ricostruzione (quasi tutte, credo ci siano fondi ingenti nazionali e internazionali a disposizione). Flash, ancora nella mia memoria, un uomo che lava la sua macchina letteralmente dentro un ruscello, e un centro all’ingrosso di centinaia di pompe di benzina disposte in fila a centinaia. Passeggiata serale, e poi all’albergo per una bella, meritata nanna. Di nuovo, non dimentichero’ mai la simpatia e la profonda umanita’ dei tassisti di Prizern e di Djakova.

7- Skopje Oggi si va a Skopje. Al nostro hotel Tirana dove l’uomo dell’albergo ci dice che sarebbe passato l’autobus, sconsigliandoci di andare dall’altra parte della citta’ alla stazione dei bus. Il pullman e’ invece preso con difficolta’, a volo e per fortuna! Vasco e’ bravo a placcarlo, letteralmente. Davanti porta la scritta in cirillico (si va difatti Macedonia) e oltretutto e’ di una compagnia diversa da quella che noi abbiamo sul biglietto (la Vector). Boh, ci caricano e si va.. Viaggio tra rilievi montuosi che fanno da barriera naturale tra i due Paesi, una volta uniti nella Jugoslavia di cui rappresentavano il sud piu’ estremo. Poi arriviati a Skopje, siamo quasi letteralmente assaltati da un numero imprecisato di persone che vogliono poertarci all’ostello della gioventù internazionale dove noi maldestramente abbiamo detto di voler andare. L’ostello è invece a due passi dalla stazione e ci arriviamo a piedi, e si rivela una scelta azzeccatissima al livello strategico. Il centro dista solo 10 minuti a piedi. Ci dicono che il nome della città, Skopje, dal greco ‘scopein’ cioé ‘guardare’. E’ tagliata in due da un fiume, e non solo geologicamente, ma anche culturalmente, difatti una parte è ‘comunista’, l’altra ‘turca’.

Visitiamo la parte più bella e caratteristica, ‘la turca’ (che però contiene anche monumenti e edifici cristiani). Ci sono vari hammam, entriamo in uno oggi diventato centro per esposizioni di arte contemporanea e, piu’ tardi in una chiesetta costruita per un terzo sottoterra (non vorrei sbagliarmi ma credi ci fosse un divieto di qualche tipo, chi ci va s’informi e ci faccia sapere..). Saliamo infine sulla cittadella dove ammiriamo tutta la città. La cosa più bella da fare è pero’ perdersi nel dedalo di stradine della parte turca, andare da una moschea all’altra e girovagare nel suo immenso mercato all’aperto. Ci sono moltissimi ROM, vicino a Skopje (se non nella stessa municipalita’) vi e’ un enorme quartiere, il più grande del mondo a quanto pare, che alcuni dell’ostello ci sconsigliano di visitare ma non per ragioni di sicurezza. Ci dicono che è caotico come l’India ma che vi si vende solo robaccia, ed e’ un gran casino, insomma ci scoraggiano e scegliamo, anche visti i tempi, di fermarci in centro. Vasco entra in un negozio musicale e prova insieme al negoziante vari strumenti della tradizione macedone. Costa troppo quello che gli piace, una specie di mandolino a nove corde, pregiatissimo. Lo potrebbero spedire anche ma non se ne fa nulla. Nella parte comunista c’è un vero e proprio shopping centre di fianco al canale. Non vogliamo entrarci pero’ ma ci limitiamo a passeggiare sul piacevole e alberato lungofiume con tutti i bistrot a lato, sedie e tavolini sulle terrazze che si inizianoa popolare di giovani gia’ in prima serata. Poi ci imbattiamo in una geometrica piazza, leggermente scoscesa, dove in passato sorgevano probabilmente più cinema, come capiamo da un’indicazione, una specie di multisala, e al lato della piazza c’è addirittura un Nuovo Cinema Paradiso -chiamato davvero cosi’ – la cui insegna riporta gli stessi caratteri del celebre film – ma che – come nel film… – e’ chiuso da tempo e purtroppo in rovina. Una persona seduta sulla panchina ci dice che è una metafora della Macedonia distrutta dai conflitti, e, a sua detta, a causa della popolazione macedone albanese che nel Paese rappresenta una percentuale del più del 35 per cento degli abitanti. Lui era ovviamente di parte oltre che balcanicamente molto assertivo, ed anche un po’ deficiente quando dice che tutta l’Europa dovrebbe essere macedone…

In centro, ancora da segnalare la statua di Maria Teresa di Calcutta, famosa missionaria guaritrice macedone, che pare, si scopre oggi dai suoi diari, fosse divenuta atea nel corso dei suoi ultimi anni. Una coinvolgente scultura di recente posta davanti al municipio attira la nostra attenzione, una donna martoriata nel corpo. Le lancette dell’orologio dle palazzo comunale sonosimbolicamente ferme ad un preciso orario quello di quando anni fa scoppio un violentissimo terremoto che distrusse gran parte della città.

La sera, la città si illumina, ceniamo nella parte turca, che per il resto e’ deserta, ed allora si va a bere qualcosa nella parte comunista non molto più popolata della prima (ma è estate e pare che molti siano fuori citta’).

8 Ocrid Gran confusione alla stazione di Skopje: vogliamo andare a Ocrid col bus delle 10:00 ma ci dicono che è pieno. Il prossimo sarebbe alle 14:00. Dopo una rocambolesca serie di domande agli sportelli, troviamo un (mini)bus per Skruga, che dista solo 10km da Ocrid. Perche’ non ce l’hanno detto prima? Boh.. Comunque si parte e alle 15 si e’ gia’ sulle rive dello stupendo lago di Ocrid. Dall’incrocio dove il bus ci lascia, un locale ci carica molto gentilmente ed un’altra famiglia e ci porta in città (scopriamo solo dopo che e’ un taxi abusivo..Ma prezzi contenuti). La città dorme sotto il sole cocente ma la temperatura è piacevole grazie alla presenza del microclima lacustre. Troviamo non facilmente una camera dove pernottare da una gentile signora che ce ne affitta una in casa sua, con terrazzino a mare, 10 euro a persona. Dubbi non ce ne sono: ci stabiliamo a Ocrid per le prossime due notti, con gran piacere. Conosceremo poi tutta la famiglia e le simpatiche figlie molto disponibili a darci informazioni su dove mangiare. Ocrid e’, oltre ad essere un patrimonio d’eccezione di bellezza e cultura, e’ una localita’ balneare molto ben equipaggiata. Abbiamo tempo per rilassarci sul terrazzino, di lavare i panni e appenderli lì fuori. La sera, la trascorriamo all’insegna del dolce far niente. Il turismo è locale. Piacevole il passeggio, Ocrid è una destinazione turistica storica dei balcani e si vede. Ideale per tutti, dalle famiglie ai giovanissimi. Fortunatamente non soffre ancora (forse la stagione, forse la mancanza di voli low-cost in Macedonia e vicinanze) di sovraffollamento. Mangiamo tardi sulle rive del bel lago. Prendo una trota che mi dicono non è pescata nel lago (ero ben informato: la venidta della trota è bandita per i prossimi tot anni data la pesca indiscriminata che ne ha messo a rischio l’esistenza stessa). Ma a quanto pare è preparata in spregio a leggi e ambientalisti i ntutti i ristoranti della zona (se richiesta), e Vasco oltre che a canzonarmi, me ne rammenterà nei giorni a seguire. Ma non era male devo dire…La sera nel locale Jazz-In, con musica jazzy, funky, soul, assolutamente da provare! Io mi trasferisco pero’ ben presto nelle braccia d’Orfeo, dal momento che sto ancora sotto potenti antibiotici (infezione al piede in fase di convalescenza, vedi sopra, Kosovo) 9 Ocrid – 2 Ci svegliamo tardi, ma riposatissimi. Io però prima dell’ancora dormiente compagno di viaggio e ne approfitto per andare a vedere le splendide chiese di Ocrid, quasi tutte aperte ma per le quali bisogna pagare un piccolo pedaggio all’entrata. I mosaici dei templi romani e gli affreschi delle chiese paleocristiane visitati, come in altre zone della Macedionia, sono di altissima fattura. Prendiamo lo scooter nel pomeriggio per andare a Sveti-Naum, dove c’è una delle più importanti chiese ortodosse della regione, dall’altra parte del lago al confine con l’Albania (lo vediamo a 200 metri). La chiesa è piccolina circondata da un ex-monastero, un grande edificio che oggi ospita in parte un hotel neanche troppo caro (soprattutto fuori stagione, consigliato). La sera mangiamo lì dell’ottima carne alla griglia alla foce di alcuni fiumi che sboccano nel lago, vicino al monastero. Atmosfera molto rilassata, tramonto mozzafiato. Poi, ritorno a Ocrid e di nuovo Jazz-In…

10 Ocrid – Bitola Vasco s’è innamorato di Ocrid, non la vuole più lasciare. Io ancora sotto antibiotici mi sveglio presto e decido di procedere sulla rotta designata. Siamo d’accordo, il prode portoghese mi raggiungerà. A Bitola, trovo facilmente un albergo, pero’ lontano dal centro, grazie all’indicazione di una bella e bionda edicolante. Visito la città che ha una forte impronta turca e le donne davvero tra le più belle che abbia visto durante il viaggio. Molte devono essere le etnie che hanno dato luogo a fisionomie molto varie, alle quali ci vuole addirittura un po’ ad a bituarsi. Alcune persone hanno un taglio degli occhi orientale, ho la decisione nelle forme di un profilo greco, senza contare i tratti slavi ovviamente. Nel pomeriggio ho la possibilita’ di visitare Eraclea dove una guida gratuitamente mi riassu8me 3000 anni di storia macedone e, come altri, ribadisce il concetto che la parte macedone in Grecia dovrebbe essere la loro così come la parte della macedone in Bulgaria che anche apparterrebbe loro. Va detto qui per inciso che in Grecia e in Bulgaria mi diranno l’esatto contrario. Mi dirigo poi a Maloviste, borgo agricolo valacco, apparentemente fermo nel tempo, nel parco del Pelister. Una vecchietta mi porta a visitare una chiesa di cui lei custodisce le chiavi. Nell’oscuro interno l’illuminazione artificiale pero’ non funziona. La chiesa è stata costruita con i risparmi di piu’ di secoli della gente del paesino. La vecchia rimane sorridente fin quando le do un obolo alché cambia espressione. Capisco solo a quel punto che e’ la tenacia di questa gente ad aver consentito la costruzione dell’imponente complesso chiesastico sulla collina. Correggo la mia donazione ma il sorriso diventa indifferenza e la vecchietta dal passo svelto tra i ciottoli delle impervie vie aggrappate alla collina, scompare nel buio della sera.

Vasco è già arrivato e quando torno in albergo si sta festeggiando, nel grande salone per le cerimonie, un matrimonio albanese. La musica a mille (con ritmi che Vasco, musicista, mi dice essere, come quasi sempre nei Balcani, caratterizzata da una metrica ben diversa da quella canonica che noi conosciamo), la gente veste abiti eleganti, i bambini sono imbacuccati e corrono a destra e a manca inseguiti dai genitori, insomma un matrimonio. Si esce la sera e si mangia in un locale tradizionale non senza prima aver fatto una passeggiata in un viale alberato (in direzione di Eraclea), e passando proprio di fronte a un concerto di un giovane musicista olandese con sullo sfondo una graziosa chiesetta, nella piazza centrale. Il Vranec che assaggiamo è inferiore a quello bevuto a Skopje ma l’atmosfera in città è piacevole. Poi ci si infila in una discoteca popolata dai giovanissimi di Bitola, frizzanti ed instancabili nel ballare. La struttura e’ in un grande soterraneo, ottima l’acustica. Poi si torna all’albergo in taxi (dista 2/3 km).

11- Bitola – frontiera Greca – Salonicco La mattina arriva un tassista con cui Vasco il giorno precedente si era accordato per portarci al confine greco. Però una volta arrivati al prezzo da stabilire, il tassista appare visibilmente contrariato e se ne va in malo modo. Tutta scena pero’, perché poco dopo ne troviamo un altro che ci fa il prezzo che noi avevamo proposto al primo: 16 km, 5 euro. Il passaggio della frontiera, a piedi, rimarra epico per me e Vasco. Richiede una quindicina di minuti tra percorso che bisogna fare tra un checkpoint e l’altro e dogana. A meta’ tra un check-point e l’altro, in piena no man’s land un contadino semina la terra arida e mi evoca forti suggestioni. Dal momento che crediamo che oltre il confine greco, a Florina, un centro a pochi km dalla frontiera, un treno parta entro breve per Salonicco, alla fine accettiamo la proposta da un taxista greco, pazzo totale che guida a 180 allora e quando gli dico di rallentare non cala di due km orari l’andatura. Aspetto da criminale, e ovviamente e’ un… Ex-poliziotto. All’arrivo alla stazione si pulisce la faccia con i soldi che gli diamo per il viaggio a mo’ di farsi la barba e romba via.. (avremo mica negoziato troppo con lui alla frontiera? forse questo il perche’ di questi ‘atteggiamenti’? rimarremo con un dubbio che voremo dimenticare al piu’ presto..). Noi siamo in tempo ma il treno è però già partito..Ci siamo sbagliati. Dunque, due gentilissime ragazze si offrono di accompagnarci alla stazione degli autobus e dopo poco saremo in viaggio (3 ore ) per Salonicco (resta da dire, per la cronaca che in quel posto che non abbiamo visitato, Florina per l’appunto, c’e’ morto nel ’94, durante le riprese di un film, il grande Gian Maria Volonte’) Salonicco è caotica, c’è un traffico che mi ricorda Napoli e un centro informazioni non si trova manco a pagarlo. Eppure la città è vitalissima, le persone diponibili e in qualche modo comunicative, nonostante l’inglese lo parlino in pochi. Ma tutto gira veloce e siamo a dire il vero spaesati. Si nota che la città sta abbastanza bene economicamente dal tono delle persone e dal prezzo di un gelato (5 o 6 euro, siamo anni luce dalla Macedonia!) in centro nella Piazza Aristotele (mi faccio anche una foto vicino alla sua statua moderna dove stato seduto come un imperatore piuttosto che come un filosofo). Non abbiamo manco una guida (la tappa non era prevista), ma incrociamo un musicista e gli chiediamo informazioni: ci dà l’indirizzo dei due alberghi più economici di Salonicco, situati uno di fronte all’altro in zona centrale, sulla via Egnazia, la via che un tempo serviva ai romani per raggiungere Costantinopoli attraverso Brindisi, poi Durazzo e appunto Salonicco. Si pagano 22 euro a persona. Arriviamo e scopriamo perché sono così economici. Il primo è davvero infimo, il secondo un po’ meglio, fa al caso nostro. Anche se non ci sono mai stato, sembra di stare in Messico. La sera si va a zonzo, si mangia un giros dalle parti delle rovine di un hammam. In città ci sono tante esposizioni collegate alla biennale di Salonicco. La città abbonda di resti ottomani. Qui è tra l’altro nato il padre della patria turco Ataturk. Per mangiare, dietro il nostro hotel c’è un carinissimo locale dal taglio artistico (c’e’ un teatro, allora chiuso, nelle vicinanze)ma dove mangiamo succulenti piatti locali e ascoltiamo ottima musica in compagnia di gente socievole con cui scambiamo chiachiere fino a notte fonda. La Grecia che abbiamo incontrato ci ha conquistato, tant’è vero che andarcene il giorno dopo un po’ci fara’ male.. 12 –Salonicco e partenza per Sofia La mattina, gran caldo, insopportabile, andiamo a vedere l’arco romano e ‘la Rotonda’ antico edificio una volta tra di loro collegati. Si va poi, passando tra resti romani ovunque disseminati, alla torre bianca, sul mare. Dopodiché visitiamo due stupendi musei, l’ archeologico e il bizantino, uno a fianco all’altro. Assolutamente da non perdere!! Nel pomeriggio partenza per Sofia (dopo a dire il vero aver chiesto informazioni per la penisola calcidica e Monte Athos. Per quest’ultimo bisogna prenotarsi, il tutto è comunque molto lontano e la Bulgaria finisce per prevalere nelle nostre grazie). Tappa bulgara quindi, ma decidiamo di fermarci e far tapa notturna prima di arrivare a Sofia. Il viaggio è lungo e stancante, scendiamo a Blagouvgrad. Shock! E’ tardi, dopo il taxi a 1,50 euro che ci porta in centro nessuno spiccica una parola d’inglese (incluso il tassista), ci sentiamo guardati anche un po’di traverso a dire il vero. L’arrivo all’hotel è da film. Breakdown comunicativo ma alla fine ci si intendera’ in qualche modo. E meno male che era la città degli studenti… Prezzi tornati a livelli pre-Grecia, intorno alle 15 euro per persona, in ottimo hotel, pulito, in piazza centrale. Pizza e bevande 4/5 euro. Entriamo in una delle tante discoteche in centro e ci troviamo in un pick-up club con donne che ballano sui tavoli in un ambiente bizzarro. Ne proviamo un altro, questo è ‘normale’ ma siamo stanchi, si va a nanna.

13- Monastero di Rila e Sofia-1 Tarda mattinata. Vasco non ha un granche’ voglia di svegliarsi e la donna alla reception (un’altra) si arrabbia in malo modo. Noi si prende il primo bus per il monastero di Rila, il piu’ importante in Bulgaria. Ci vorra’ un cambio di bus a meta’ percorso. La’ incontriamo un danese che studia biomedicina e che ci dice che sta facendo una tesi di dottorato su come insegnare alle cellule (!?) a reagire a quella cancerogene. La cosa ci par strana perche’ il giovane dice che ‘l’insegnamento’ di cui parla e’ letterale. Gli auguriamo di farcela nella sua impresa. Intanto s’arriva al monastero. Il complesso e’ massiccio. Una gran chiesa cinta da mura che ospitano abitazioni e spazi museali. Vi e’ anche un hotel ma il prete ortodosso alla reception e’ di un’antipatia e scostanza davvero sorprendenti. Il danese ci presenta la sua bella compagna suggerendoci di restare per godere il monastero lontano dalle ore turistiche diurne dove l’orda barbarica toglie poesia alle magnificienze del luogo. Io e Vasco pero’ siamo decisi. Non rimarremo. Diamo uno sguardo frettoloso all’interno e agli strabilianti affreschi di altissimissima fattura(!!). Rubo un po’di immagini con delle foto amatoriali (cerco ancora un libro sugli affreschi del monastero, anche se qualcosa si trova sulla Rete). Abbiamo anche tempo per assistere ad una celebrazione della messa serale. Poi pronti per andare, ma [sic!] non ci sono piu’ mezzi.. Non ci diamo per vinti e grazie a dei bulgari ‘turisti’ troviamo un passaggio fino alla statale da dove dovremo fare autostop (che i locali, a dovere di cronaca, ci sconsigliano vivamente..) per raggiungere la prima stazione ferroviaria. Gran risate in macchina del filantropico signore che ci carica su perche’ ad ogni domanda che gli ponevamo, ci rispondeva, se era un ‘si’’ con un cenno di ‘no’ con la testa, e viceversa (eh, si’, bisogna abituarsi in fretta, i bulgari fanno tutto questo al contrario!). Prendiamo l’ultimo treno per Sofia e come un treno riesca a impiegare 3 ore per fare soli 70 chilometri questo resta un mistero.. A Sofia i tassisti, vista l’ora tarda, hanno gioco facile a farci un prezzo maggiorato, che noi tuttavia non rinunciamo a negoziare.. Pagheremo qualcosa come 8 euro per andare in centro. Solo il triplo rispetto al normale…

Comunicazione ancora difficile. Andiamo all ‘internet’un ostello a gestione molto familiare..SI tratta di un appartamento con un paio di stanze ed un dormitorio. Gran caldo..

Sofia Sofia non offre grandi attrattive ma e’piacevole e dinamica anche se rovente per il gran caldo, intorno ai 40 gradi. Visitiamo la piu’grande sinagoga sefardita di europa. Il suo custode e’un vigoroso e appassionato (non si sa bene di cosa) ex-ufficiale dell’esercito bulgaro (ma lui e’ cristiano e ci tiene bene a sottolinearlo). Ci traccia le vicende del tempio nel tempo. Interessante, pochi metri piu’in la’ e’ situata una grande moschea. Mentre in mezzo c’e’ un grande e monumentale supermercato di prodotti alimentari alla bulgara. Molto varia e influenzata dagli ottomani e’ la gustosa cucina bulgara. C’e’ da dire (e c’e’ da credermi, sono napoletano..) il caffe e’sempre ottimo. Ci rechiamo poi alla chiesa piu’importante di Sofia che a Vasco piace molto mentre a me mi angoscia terribilmente. Passiamo anche dalla basilica che da’il nome alla citta’, S.Sofia (quasi interamente ricostruita, e da’ di finto anche senza saperlo). Tante e sempre interessanti pero’ le altre chiesette, romaniche, russe e chi piu’ne ha piu’ne metta, sparse per il centro, una antichissima di cui non ricordo il nome e’cinta da un edificio ministeriale, mentre un’ altra e’ad un piano’piu’basso di quello stradale dove sofrasta la grande colonna sulla cui sommita’ svetta la statua dorata di una donna alata, Sofia. Non manca una puntatina all’ internet cafe’di piazza …Garibaldi, eh si’ anche lui un rivoluzionario, anche se da noi, nelle piazze italiche, ha l’aria di uno statista. Poi nel pomeriggio, son stanco, lascio il buon Vasco e faccio un break. La sera tutto e’tranquillo perche’molta gente, dicono, e’al mar (Nero) per vacanze e bagni. Nella citta’spopolata passeggiamo nei grandi viali e nelle piazze, aperture dove giovani siedono su panchine, bevono birra e suonano chitarre come in ogni altra grande citta’ della nostra piccola Europa. In albergo conosciamo un simpatico regista frisone che e’li’per un festival e ci dice che i bulgari sono molto aperti e socievoli. A me e Vasco non sembra lo stesso. Niente contro di loro, ma abbiamo rilevato solo una certa distanza. Ma da turisti chiaramente siamo lontani dalla realta’ sociale piu’ profonda, e ci affidiamo a percezioni e sensazioni che possono naturalmente portarci in errore. Ma il viaggio prevede ancora un’ultima a tappa, davvero speciale, Plovdiv, e noi siamo fiduciosi che accadra’ qualcosa di importante, soprattutto ora che il viaggio attraversa una fase di stanca..

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Plovdiv Sone emozionato. Stiamo per arrivare con il bus della mattina a Plovdiv, ovvero la citta’ che fu di Filippo il grande, Philippopolis. Tappa obbligata sulla direttrice Trieste-Istanbul, la citta’, che giace all’interno di un bel territorio collinare, offre spettacolari rovine romane, in pieno centro come nei dintorni. Plovdiv s’arrampica poi su una collinetta su cui si trova la parte medievale-primo moderna, con palazzetti signorili, in un tessuto reticolare spontaneo. Sulla cima della collina si gode un bel panorama, ma si notano anche delle brutture edilizie sullo sfondo del periodo socialista, grandi scatoloni grigi assolutamente di disturbo, viste soprattutto le curve gentili del territorio. Ma si sta bene, il clima e’ piu’ ventilato nonostante il gran caldo pomeridiano. Mangiamo bene al ristorante Diana (dove torneremo anche la sera) e nel solleone visitiamo la citta’che si offre a noi semideserta. L’ostello PBI e’ centrale, ed e’ sicuramente il peggiore alloggio nel quale abbiamo dormito. Siamo in una camerata dove non passa un filo d’aria, il servizio e’ molto poco professionale, e non si capisce bene chi gestisce cosa. Lo sconsigliamo vivamente. La sera pero’ la citta’ si anima, rivela un aspetto – comunque – mediterraneo, nonostante alcune persone locali si dimostrino un po’ scorbutici in una discoteca con musica tradizionale bulgara. La’ – meno male – riesco a convincere il mio compare ad andarcene prontamente..Erano davvero brutti ceffi attaccabrighe quelli la’, e non capivamo una parola di quello che ci dicevano ad alta voce, tanto veementemente, occhi negli occhi. Sembra che non avremmo dovuto ordinare una Rakja (bevanda alcolica nazionale, come il Raki turco piu’ o meno). Ma, dalle stalle alle stelle, e’ la svolta della serata, perche’ conosciamo due simpaticissimi ragazzi del posto con cui passeremo la serata fino al mattino in un locale dove ci fanno sentire dal ‘flamenco bulgaro’ alla chalga, passando per misteriosi canti che ricordano la voce di Vincent Price in Thriller..

La mattina dopo, sveglia presto, il viaggio e’ giunto quasi al termine, e per me e Vasco si divide. Lui prosegue per il mar Nero, io raggiungo Istanbul dove mi aspetta la mia compagna. Considerazioni finali: un gran bel viaggio che ci ha portato a conoscere persone dalla grande umanita’ e luoghi di grande suggestione. La musica, nostra compagna di viaggio, ci ha accompagnato dappertutto, aiutandoci a capire popoli e culture cosi diverse dalle nostre. Abbiamo il piu’ delle volte mangiato bene (e bevuto ancora meglio..), soprattutto perche’ molti dei prodotti sono genuini, la carne in particolare (ma le cose ahime’ cambiano velocemente e il mostro dell’industria alimentare di stampo occidentale sta per affermarsi anche nel cuore dei Balcani). Sarebbe infine stato bello fermarsi piu’ a lungo in certe zone ma purtroppo tempo e portafogli non sono mai infiniti.. Andate nei Balcani con uno spirito di amicizia e disposti alla comprensione e sarete ripagati da fantastiche avventure.



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