Un’Olanda da guidare

Io, lei e un amico. Destinazione Olanda. Vi sembra una bella idea? Certamente si, se la lei di turno è un’auto, magari una spider due posti, e la voglia di macinare chilometri non vi manca. Verrete ripagati con paesaggi da cartolina e cittadine incantevoli. La formula del viaggio è piuttosto intensa: sei giorni, cinque notti e, partendo noi...
Scritto da: Artanz
un'olanda da guidare
Partenza il: 25/04/2008
Ritorno il: 30/04/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Io, lei e un amico. Destinazione Olanda. Vi sembra una bella idea? Certamente si, se la lei di turno è un’auto, magari una spider due posti, e la voglia di macinare chilometri non vi manca. Verrete ripagati con paesaggi da cartolina e cittadine incantevoli.

La formula del viaggio è piuttosto intensa: sei giorni, cinque notti e, partendo noi da Torino, circa 3.200Km complessivi. Fidanzate a casa, purtroppo non avevano giorni di ferie dal 25 al 30 aprile.

Ritmo da maratoneti. Quando non si guida, si visitano città, oppure si dorme (poco). Meglio riposarsi a viaggio concluso. E gli alberghi si prenotano di volta in volta arrivando in città, un po’ per il gusto dell’avventura, un po’ per non avere obblighi nel raggiungere una meta.

Fissate queste regole e ultimato un bagaglio quasi da motociclista, si può partire.

Il primo giorno è una tappa di avvicinamento. Torino, Ivrea, Aosta, Tunnel del Gran San Bernardo (il passo era chiuso), Martigny. Al confine con la Svizzera il gendarme con aria severa e accento tedesco ci ha chiesto dove eravamo diretti: la tentazione era dirgli Amsterdam, per vedere che faccia facesse, ma per evitare che si segnasse la targa per fermarci poi al rientro, ci siamo limitati a indicare l’austera Basilea, sul confine tedesco. Per tutta risposta ci ha indicato di comprare il “bollino” autostradale, e giù 26euro… Costeggiamo quindi il lago di Losanna, direzione Berna, raggiungiamo Basel ed entriamo in Germania. Poco dopo Friburgo il primo cambio alla guida, più che una pausa, qualcosa che assomiglia di più a un pit stop, quindi costeggiamo la regione della foresta nera in direzione Karlsrue, poi la bellissima Koblenz sul Reno, già nostra meta (sì, sempre noi tre) in una precedente impresa e in serata l’arrivo a Colonia. Avendo alle spalle un migliaio di chilometri non ci siamo impegnati troppo nella ricerca della sistemazione. Ci è bastato veder entrare una ragazza con dei libri sottobraccio in una porta con su scritto Hotel, per credere di aver trovato un residence universitario o qualcosa di simile. In realtà, vista già la persona alla reception e gli altri ospiti durante la colazione del mattino seguente, deve essere stata la “Casa dell’Anziano” di Colonia o qualcosa del genere. Poco importa, smaltita la serata di pub, era mattino ed era tempo di entrare in Olanda.

Lasciata Koln, entriamo nei Paesi Bassi passando da Venlo: foto d’obbligo accanto al cartello “The Nederlands” (era l’auto che ci teneva) e raggiungiamo Nijmegen. Ero curioso di vedere questa cittadina perché alcuni miei amici vi erano stati per il progetto universitario Erasmus e ne tessevano le lodi. Si tratta infatti di una cittadina dall’aria giovane, con un ampio mercato che riempie tutta la piazza centrale, ricca anche di dehors. Ve li consigliamo per uno spuntino di mezzogiorno con l’immancabile birra olandese Heineken che da li in poi sarà una presenza costante in tutte le soste.

Pausa pomeridiana ad Apeldorn, città di provincia con un chiassoso giostrame che ne riempiva il centro pedonale, o per meglio dire il centro ciclabile.

Infine arrivo in serata a Zwolle con un primo assaggio di barche e canali. Centro molto ordinato e silenzioso con numerosi locali per cena e discopub per il dopocena. Soggiorniamo al Le Campanile dove ci accolgono alla reception due ragazze sorridenti: la somma delle loro età non raggiungeva quella della signora di Colonia. Meglio così, pensiamo, poi capiamo che erano sorridenti perché avevano capito a chi dare la stanza mansardata dell’ultimo piano, praticamente un forno, nonostante l’aria fuori fosse frizzante.

Per la cena scegliamo un locale italiano: in due giorni aveva consumato più l’auto che noi, quindi meglio andare sul sicuro e fare esperimenti sulla cucina più avanti. Conosciamo il simpatico gestore della pizzeria Bella Napoli, nella piazza centrale, che ci racconta un po’ la sua vita, dicendo di essere capitato a Zwolle in vacanza e di essere rimasto li dal ’78. E se lo facessimo anche noi? Vedo già il mio dentista che per primo verrebbe a cercarmi (gli devo il saldo…).

Torniamo all’Olanda. Il mattino seguente pianifichiamo il tragitto: rinunciamo ad Assen e Groningen troppo a nord, per spostarci verso Ovest e attraversare le due grandi dighe con cui l’uomo ha strappato queste terre al mare. A Nunspeet l’altimetro segna -11 sul livello del mare. A Lelystad imbocchiamo la prima lunga diga che ci porta ad Einkuizen, dopo aver atteso ad un semaforo al di là del quale la strada si è aperta ruotando di novanta gradi ed è transitata una fila di barche a vela: stranezze olandesi. La seconda diga, da Den Oever ad Harlingen, è un lembo di terra di circa 30Km stretto tra due porzioni di mare a due livelli diversi, con uno scarto di circa 15 metri. Percorrerla su un auto scoperta dà la sensazione di guidare una barca.

A metà della diga è d’obbligo una fermata sul belvedere. La statua di un operaio al lavoro ricorda lo sforzo fatto per la costruzione dell’opera: la sua curiosa posizione ricorda tuttavia che và bene chinarsi per il lavoro, ma occorre sempre essere guardinghi alle spalle… Harlingen è una graziosa cittadina di pescatori, con alcuni ristorantini di qualità. Affacciata sul Mar del Nord, dà l’idea di essere un posto di villeggiatura e di grande tranquillità.

Ripercorrendo la lunga diga siamo giunti a Den Helder che invece è un centro più industriale e portuale: in attesa del traghetto per l’isola di Texel ci ha affiancato una Ford Mustang anni sessanta, con gli adesivi del raid Amburgo – Shangai: beh, c’è sempre chi esagera… Texel è la maggiore delle isole Frisone e si raggiunge dopo una mezzora scarsa di traghetto. Vale la pena visitarla se si vuole apprezzare un angolo di natura e di tranquillità: grandi distese di campi coltivati a tulipani dal rosso vivo, all’arancio, al viola. E poi prati verdissimi popolati da greggi di pecore o dalle vacche pezzate bianche e nere. Ampie spiagge sabbiose che vista la stagione erano completamente deserte.

Di rientro da Texel, in direzione Amsterdam, facciamo tappa per cenare ad Alkmar. Ecco un Olanda più trasgressiva, più vivace. Come è tipico dei Paesi del nord la notte prende il sopravvento velocemente e la via centrale brulica di locali molto gremiti. Esiste anche qui un quartiere a luci rosse, più che un quartiere una singola stretta via con alcune vetrine “vive” ed invitanti. L’atmosfera è molto meno turistica di quella che troveremo ad Amsterdam: tutto più reale, qualche via sporca, qualche scena di spaccio, qualche volto dall’espressione losca, insomma più degrado, direbbero i benpensanti. Cena in un ristorante greco molto curato con l’immancabile Mussaka e quindi tappa notturna, come ci piace chiamarla, fino ad Amsterdam.

Trovare l’Hotel che avevamo prenotato da Zwolle, non è stato immediato, per usare un eufemismo. La periferia di Amsterdam dopo mezzanotte è praticamente deserta e le cartine di noi turisti si fermano alla zona centrale. Inevitabile quindi fermarsi a consultare la cartina alla fermata di un autobus orientandoci con una bussola: ecco come ci piace viaggiare: periferia deserta di Amsterdam, l’una di notte, bussola alla mano: altro che Tom Tom… Giornata successiva dedicata alla visita della città. Facciamo riposare i cavalli nel parcheggio dell’Hotel “Le Campanile” nel quartiere Zuidoost e ci muoviamo con la comoda metro. Svegliati dall’allarme antincendio alle sette del mattino (ci è stato spiegato che qualcuno ha fatto la doccia troppo calda!) abbiamo potuto sfruttare in pieno la giornata. La periferia di Amsterdam, almeno quella che abbiamo visto dalla metro prima che si interrasse, è un susseguirsi di grandi condomini popolati da persone di colore forse meno integrate di quanto si voglia credere pensando all’Olanda.

Il centro, dirò un’ovvietà, è un susseguirsi di canali e di un enorme quantità di biciclette legate in ogni dove: fossimo stati in bici, avremmo comunque avuto problemi di parcheggio! Museo delle cere Madame Tussaud, casa di Anna Frank, museo Van Gogh, tutti visti da fuori perché ai posti troppo turistici preferiamo vagare per le vie assaporando il profumo della città, di questa come di altre, magari passando per un mercato rionale o un giardino pubblico. Questione di gusti (e di tempo a disposizione, ahimè).

Amsterdam di notte è un passeggio di turisti e non solo, tra le vetrine viventi del quartiere a luci rosse e i tanti coffee shop dal sapore strabordante di cannabis.

Quinto giorno di viaggio: ci muoviamo nuovamente verso il mare, visitando Haarlem e l’antica cattedrale di San Bavone con il suo mastodontico organo, per giungere alla cittadina costiera di Zandvoort. Un nome che gli appassionati di motori conoscono bene: fra le dune sabbiose si snoda uno dei due circuiti per corse di auto e moto dei Paesi Bassi (l’altro è ad Assen). La formula 1 e i suoi nomi blasonati mancano dall’Olanda dal ’85, quando proprio a Zandvoort vinse Niki Lauda sulla McLaren ma per chi nutre, come noi, la passione per le auto da corsa, una tappa qui è d’obbligo.

Proseguendo il viaggio, ecco una località tratta questa volta dalle guide turistiche: Kinderdijk. Si trova al centro dell’Olanda e la si raggiunge procedendo su strade locali, superando vari canali con chiatte e ponti girevoli. E’ una zona dove sorgono ancora una ventina e più di mulini a vento d’epoca (quelli moderni sono dei pali mostruosi e aguzzi) che ci riportano in un’Olanda bucolica e da cartolina.

E’ tempo di pensare al rientro: costeggiamo Dordrech, Breda, Tilburg ed Eindhoven proseguendo in notturna verso la Germania, entrandovi da Aachen, la vecchia e storica Aquisgrana.

Delle sue antiche vestigie storiche nulla si nota dall’autostrada, da dove invece si vedono le luci tecniche e l’intricato profilo di una grande centrale nucleare: ne è passata di “strada” dai mulini di Kinderdijk… L’ultima tappa è nella cittadina tedesca di Kerpen, da consigliare come sosta tecnica per un viaggio in Olanda in auto. Se non vi fosse nato il celebre Michael Schumacher pochi saprebbero dell’esistenza di Kerpen: tuttavia probabilmente non vi sarebbe neanche l’ottimo Park Hotel che ci ha ospitato con un ottimo rapporto qualità/prezzo.

Infine un migliaio di chilometri per rientrare a casa, compreso un nubifragio all’altezza di Friburgo e una fresca nevicata nei pressi del Gran San Bernardo. Noi ripartiremo ora, e voi? Un saluto da Gianni, dall’amico Gianluca e dalla fedelissima Mazda Mx-5.



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