Rajasthan

“…perché è vero che l’India ti ricorda continuamente la tua caducità ,ma è anche vero il contrario; Si, ti prende per la gola, ti prende allo stomaco, ti prende alle spalle, ti prende in giro, l’India non ti lascia mai in pace , ma è proprio con le sue mille costanti, aggressive, ripugnanti contraddizioni che l’India ti da...
Scritto da: duckling
rajasthan
Partenza il: 08/08/2007
Ritorno il: 24/08/2007
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
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“…Perché è vero che l’India ti ricorda continuamente la tua caducità ,ma è anche vero il contrario; Si, ti prende per la gola, ti prende allo stomaco, ti prende alle spalle, ti prende in giro, l’India non ti lascia mai in pace , ma è proprio con le sue mille costanti, aggressive, ripugnanti contraddizioni che l’India ti da stranamente pace.” Potrei scrivere mille ed ancora mille parole per descrivere il viaggio in India ma non riuscirei a trasmettere sguardi, profumi, odori, polvere, sorrisi, maestosità e povertà; In poche righe, il buon Terzani c’è riuscito molto bene; Io ho impiegato un po’ di tempo per metabolizzare il tutto, e mi è servito una seconda viaggio in Nepal per avere le idee più chiare; ma torniamo all’India: trascinato dall’ entusiasmo di mia moglie per questo viaggio mi sono fatto imbarcare su un volo per Nuova Delhi dove il caos della modernità s’intreccia con il caos della tradizione, dove la nuovissima metropolitana segna la voglia di progresso, in netta contrapposizione con la Jami Masjid e la confusione che la circonda.

Poi la strada per Agra, dove auto mucche cammelli e Tuc Tuc si riversano in un caotico fluire, accanto ai pellegrini, con le loro portantine d’acqua sacra. Agra è Taj Mahal, simmetria perfetta, maestosità e purezza architettonica,toglie il fiato, merita anche il tempio delle scimmie ossia la tomba di Itimad-ud-Daulah un piccolo Taj più curato nei dettagli anche se antecedente, il quartiere è ‘caratteristico’ e la folla di bambini inevitabilmente caotica; vi strapperanno caramelle, penne e non solo, i più ci hanno sconsigliato i soldi perché alimentano lo sfruttamento di questi piccoli.

Si prosegue per Fatephur sikri, città fantasma, inquietante nella sua particolarità, poca gente ,le urla di alcuni ragazzini intenti nel tuffarsi in una vasca di raccolta piovana con putride acque verdastre rompeva il monotono silenzio delle donne che accudivano la struttura.

E poi ancora via verso Jaipur, verso il Rajasthan, si passano alcuni posti di controllo, dogane dice l’autista, e finalmente la città, diciamo che le strade indiane non sono proprio l’A4, ma non l’ho rimpianta neanche un po’ comodità a parte.

Jaipur appare come una città dai canoni classici, con strade fontane e ‘rotonde’ , spettacolare la vista delle strade dai tetti su badi Chaupar ,più rocambolesco il giro in rischo , un’esperienza la passeggiata per i porticati pieni di negozi con ogni mercanzia, dalla frutta alle ceramiche dagli orafi ai bellissimi braccialetti laccati, ed il tutto intervallato da fiorai, con le loro ghirlande di fiori arancioni da offrire alle divinità; Il tempio, luogo di preghiera, incontro, rispetto e tolleranza, e non parlo solo di quelli affollati dai turisti dove la tolleranza è verso il turista che ‘profana’ il luogo sacro, ma anche nei ‘templi di quartiere’ dove tu occidentale portato dall’incoscienza di un accompagnatore studioso d’Indi e innamorato di quella cultura, ci finisci quasi per caso dopo, aver attraversato su un tuc tuc impazzito le strette e buie calli di mezza città.

Ti levi le scarpe, e le depositi in una gabbia dove un vecchietto le riporrà in un angolo ben protette vedendoti occidentale e ti avvii al tempio, ed è proprio li in quel lento roteare in senso orario attorno alla divinità che percepisci per un lieve attimo l’idea di religiosità di questo popolo.

Ma gl’indiani hanno alle spalle anche una tradizione astronomica invidiabile espressa al massimo nello Jantar Mantar merita vederlo, più frivola e rilassante la salita in elefante all’ Amber Fort, da farsi rigorosamente nella prima mattinata per evitare le orde di turisti.

Lasciata la ‘Capitale’ si procede per Pushkar , tranquilla meta di pellegrinaggio, caratterizzata da 52 ghat dove i fedeli si bagnano nelle acque del lago sacro per espiare i peccati.

Le vie cittadine sono caratterizzate dal bazar ,dai mercanti, dall’incessante mercanteggiare della gente.

Era la notte di san Lorenzo e noi sul tetto di una antica residenza storica adibita ad alloggio abbiamo condiviso quel lento susseguirsi di stelle cadenti con il silenzio e la sacralità del luogo.

Ma è già tempo di ripartire per Udaipur ,dove il City Palace con la sua maestosità fa rivivere i fasti dei maharaja, il luogo è da ‘mille e una notte’ con i suoi preziosi decori (parte saccheggiati durante la dominazione ) le cupole e le balconate che danno sul lago; Da questo fasto profano, con qualche ora di tragitto attraverso le tortuose strade dei monti Aravalli arriviamo a Ranakpur , uno complesso di tempi giainisti, la ricchezza di particolari negl’interni, i bianchi colonnati e i rosoni finemente decorati , danno l’idea della ‘ricchezza’ di questa minoranza religiosa ma non trasmettono il rigore e la regola che ci vengono descritta dalla guida.

La prossima meta ci porta a Jodhpur, la città blu, così definita per il colore di buona parte delle case, le motivazioni spaziano dal pratico alla leggenda, chi dice che l’azzurro delle sue mura tenga lontani gl’insetti, chi dice che il colore è in omaggio a Shiva … l’effetto è a dir poco pittoresco specialmente se osservato da Mehrangharh fort, altra residenza imperiale degna di visita.

Con un po’ di buona volontà si può affrontare la discesa a piedi dal forte al bazaar, che regala pian piano scorci coloratissimi, i contrasti tra l’azzurro delle mura e i sgargianti veli delle donne occupate nella loro quotidianità, gl’odori, le spezie, i tessuti del mercato, l’olio fritto con miriadi di impasti, la vita comune.

Il tempo stringe e la strada sempre più polverosa ci preannuncia Jaisalmer, siamo giunti nel deserto del Thar dove questa città definita la città d’oro per le sua costruzione in arenaria rigorosamente a secco (ora per arginare la friabilità del materiale ci sono varie opere di recupero in cemento) ci stupisce con le sue haveli, con le sue strette sudice viuzze, con le mucche e i detersivi monodose, con la cordialità della gente e l’insistenza dei mercanti.

La periferia è caratterizzata da basi militari per ricordarci che siamo a pochi chilometri dal Pakistan, ma il via vai della gente mette tranquillità, questo ci spinge a prendere prima delle jeep poi dei cammelli, ed addentrarci nella realtà del deserto; durante il tragitto facciamo tappa in alcuni villaggi le strutture ricordano più una realtà africana con muri di fango e tetti in paglia, le donne vanno al pozzo e con le giare in testa riforniscono d’acqua il villaggio.

La giornata è fosca ed il tramonto nel deserto non è nitido, intenso, quasi come un miraggio la luce cala fievole davanti ai nostri occhi.

Jaisalmer sembrava l’ultima tappa di questo bel viaggio, la strada per Delhi era spianata verso di noi e verso il ritorno, ma a Bikaner ci attendeva una nuova ‘esperienza’ , il tempio di Karni Manta , più conosciuto come il tempio dei topi, ce ne sono a centinaia, si entra rigorosamente scalzi come in tutti i templi indù attraverso una porta d’argento e ci si mischia ai fedeli che coccolano questi animaletti con latte e dolcetti, infatti essi vengono considerati reincarnazione degli abitanti del paese.

Sul viale del ritorno in una piana polverosa siamo rimasti fermi un po’, ad un passaggio a livello, e dopo tanta attesa ecco il treno, noi tutti lì come nel ‘Ragazzo di campagna’ ad aspettare il treno, è sempre bello il treno, specialmente quelli indiani, che quando passano ti sbalzano a terra e ti rialzi bianco come un pupazzo di sabbia, nell’occasione sono riuscito a salire su uno dei loro bellissimi camion, decoratissimi, con addobbi, disegni, insomma ,TATA.

Il viaggio volve alla fine, tempo di una visita a Mandawa antica città di mercanti abbandonata quando le vie carovaniere si sono spostate verso i porti, e poi il ritorno a Delhi dove abbiamo approfittato per completare la visita della città.

La mia immagine dell’india passa attraverso il finestrino di un autobus in manovra e stà in un vecchietto dai lineamenti marcati, in testa un turbante arancione un po’ sbiadito,indossava una camicia color ‘ canna di zucchero ’, la barba appena accennata e grigiastra, mi fissava, nel suo quieto far nulla mi fissava … forse … aspettava solo il momento giusto per fare la cosa giusta mentre io passavo di là … e la vostra?



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