Lituania, in moto alla scoperta del Sahara Baltico
Il tempo si è rimesso e ci accompagna al confine con la Lituania. Entriamo nella repubblica baltica. Il paesaggio è come lo avevamo immaginato, dominato dal verde delle foreste e dall’azzurro del cielo. Anche le strade sono migliorate, ben tenute, si può riprendere a fare qualche piega. E’ caldo! La strada corre accanto al letto di un fiume che ci porterà verso il Mar Baltico. La campagna è semplice, ma curata. E’ evidente la tradizione rurale di questo popolo. Le case, piccole, a uno o due piani e colorate di vivaci tinte, sono in legno, come anche i campanili delle chiese. Immancabili le cicogne, che nidificano dappertutto. Nel tardo pomeriggio siamo vicino al mare, a Silute, che scegliamo per passare la notte. Alloggiamo in un curioso hotel, stile primi novecento; le moto sono state riposte in due fondi dietro l’albergo, siamo vicini a zone di traffico marittimo, la prudenza non è mai troppa. C’è difficoltà a comunicare, l’inglese è poco conosciuto, meglio sarebbe il tedesco. Una calda mattinata ci accompagna al traghetto che da Klaipeda conduce in pochi minuti nella penisola di Neringa. E’ uno zatterone che porta di tutto: automezzi di ogni genere, biciclette, passeggeri. Le moto attirano interesse e curiosità. Sbarcati sulla penisola lasciamo la zona prettamente turistica per addentrarci nel parco, verso sud, al confine con l’enclave russo di Kaliningrad. Il nero nastro d’asfalto taglia le foreste che scendono al mare e il traffico è quasi inesistente. Turisti sempre meno, un paradiso. Cominciano a comparire le prime dune che danno il cambio alle pinete. Sostiamo per addentrarci nel bosco della “Collina delle Streghe”, una originale raccolta di statue scolpite sul legno, testimonianza di tradizioni popolari molto diffuse in queste regioni e che affondano le radici nell’antico politeismo e nel totemismo. Ripresa la strada continuiamo verso la parte meridionale; il paesaggio si fa più aspro, ormai le dune di sabbia si susseguono sempre più maestose e alte, fino a gettarsi sul mare. Nida è l’ultimo paesino, prima del confine russo. Ordinato, silenzioso, con le dacie dai colori vivaci; qui passeremo la notte. Ma intanto, via verso le bianche dune, che “si muovono” sotto le raffiche di vento. E’ finalmente il “sahara lituano”, a oltre 2.500 km. Da casa. Il tramonto ci vede lungo il mare, una spiaggia sterminata, battuta dal vento; alcuni, veramente coraggiosi, si tuffano nelle acque del gelido Baltico. Ci sistemiamo in una confortevole dacia, gestita da una severa e militaresca signora, che proprio non vede di buon occhio le nostre moto parcheggiate sul retro giardino. E da domani inizia il ritorno.
Lasciate le dune di Neringa ci dirigiamo ad est, meta Vilnius, la capitale. Attraversiamo una zona prevalentemente pianeggiante. Il paesaggio è caratterizzato da sconfinati campi coltivati, di color giallo e verde, che vanno a incontrarsi, all’orizzonte, con il cielo azzurro. Superata Siauliai, deviamo per Kryziu Kalnas, la Collina delle Croci. Si tratta di una collina interamente coperta di croci, centinaia di migliaia, milioni, di più, di ogni taglia, di ogni materiale, anche appese le une alle altre. La sua origine si perde nel tempo, ma è dall’epoca zarista e, poi, nel secondo dopo guerra, durante gli anni del governo sovietico, che ha iniziato a divenire luogo di devozione; un pellegrinaggio contrastato dalle autorità e divenuto per questo anche un simbolo di resistenza. Saliamo su per il sentiero che percorre la collina; il sole a fatica passa tra le fessure della giungla di croci e riflette ombre strane, sembra di perdere l’orientamento. E chissà di notte, magari col vento, sembrerà di sentire anche le voci. Acquistiamo in una delle bancarelle una piccola croce di legno; non siamo venuti per pregare, vogliamo solo testimoniare la visita alla collina simbolo. L’appendiamo con su scritto: ”che si possa continuare a viaggiare con il pensiero, con la parola, con la moto”. La sera una sosta nella capitale lituana, Vilnius. Da domani il ritorno attraverso le micidiali strade polacche e le ampie strade austriache, passando per il Grossglockner.