Viaggio di nozze dall’altra parte del mondo di 1
Per ragioni di tempo abbiamo dovuto escludere la parte ovest, con Perth, ma proprio per lo stesso motivo, ogni giorno è stato vissuto a occhi spalancati, per catturare ogni singolo particolare.
Il tour: 25-27 maggio 2005 – Darwin e Kakadu National Park 28-29 maggio 2005 – Ayers Rock 29 maggio-1 giugno 2005 – Kangaroo Island (arrivo e rientro su Adelaide) 1-3 giugno 2005 – Sydney (scalo tecnico a Melbourne) 3-6 giugno 2005 – Cairns Dal momento della partenza all’arrivo a casa, abbiamo fatto 56 ore di volo. Le tratte più lunghe (Milano-Francoforte-Singapore-Darwin e, al ritorno, Hong Kong-Londra-Milano) hanno avuto una durata di circa 16 ore e 12 ore rispettivamente. All’interno dell’Australia, ovviamente, i voli interni erano all’ordine del giorno (d’altronde, l’unico mezzo per muoversi in spazi così estesi è l’aereo).
Darwin e il Kakadu National Park Siamo entrati in Australia da nord. Darwin è stata la nostra prima tappa: una città che ha sofferto la distruzione per colpa degli uragani, ma che gode di una posizione geografica straordinaria, alle porte del Kakadu National Park, il nostro primo passo verso un ambiente naturale favoloso, fatto di uccelli in libertà e animali, che, se mai mi era capitato di vedere nel nostro continente, era stato in uno zoo.
Siamo arrivati a Darwin da Singapore alle 4 del mattino (ora locale) e, a bordo di un taxi, abbiamo raggiunto il nostro hotel (Mirambeena Resort), notando come, per strada, la gente stesse facendo jogging: “normale -ci ha detto il taxista- più tardi fa troppo caldo”… Già… Come abbiamo fatto a non pensarci? L’indomani (qualche ora più tardi, per la verità, ma noi eravamo così provati dal fuso orario che non sapevamo bene dove e “quando” fossimo) abbiamo fatto una passeggiata esplorativa in città. Una località dal sapore coloniale, di frontiera, dove sono sbarcate numerose famiglie europee, che Darwin ha scelto di ricordare con diverse file di piastrelle incastonate nella pavimentazione dei parchi della città. Una città talmente recente, da annoverare tra le attrattive culturali i serbatoi di carburante sotterranei, nascosti durante la seconda guerra mondiale.
In questa città abbiamo visto i primi negozi aborigeni, i primi uccelli strani e abbiamo scoperto un locale che consigliamo vivamente: The Hog’s Breath Café (hamburger, T-bones, patatine fritte e birra). Non si può dire “tutta salute”… Ma certamente è un’esperienza! Gli elementi più belli di questa parte dell’Australia sono preziosamente conservati all’interno del Kakadu National Park. Una distesa di piante e animali liberi davvero spettacolare. Un tour (o più di uno) in questo ambiente è davvero da fare. Soprattutto sulla Yellow Water o sull’Alligator River (acque abitate dai coccodrilli), partendo dal Gagudju Lodge Cooinda e dormendo almeno una notte al Gagudju Crocodile Hotel, un albergo fantastico a forma di coccodrillo, dove simpatici dépliant in stanza ricordano che i veri abitanti del posto sono gli animali e invitano gli ospiti a non sopprimerli qualora ne trovassero qualcuno (per lo più lucertoline o formiche) sotto il letto. A proposito, al risveglio, con tutta probabilità, vedrete gli alberi neri. Non spaventatevi: sono centinaia di pipistrelli addormentati.
In questa zona vivono anche alcune comunità di aborigeni… Non si potrebbero fotografare, perché sono convinti che una foto possa rubare la loro anima… In verità reminescenze di storia moderna mi fanno ricordare che il furto dell’anima avviene attraverso gli occhi… Per cui ho osato fotografarli di spalle (forse è una scusa, ma devo giustificare la mia fotomania).
Da segnalare, inoltre, la pazzia degli australiani, che attraversano i loro “billabong” (letteralmente, pozzanghere, ma trattasi di distese enormi simil-paludoso-acquose) direttamente in macchina, sprezzanti del pericolo-coccodrilli… Ma è anche per questo che li abbiamo follemente amati… E, per adeguarci al loro stile di vita, ci abbiamo mangiato sopra… Una colazione a base di caffè americano (con latte, per carità!) e supermegaspectacular muffin (ai mirtilli, ma qualsiasi “berry” va bene -strawberry, blueberry, raspberry…) in quello che per lontana similitudine abbiamo definito “autogrill”.
Al ristorante, invece, il menu è quanto di più originale si potesse sperimentare: non sono mancati infatti canguro, coccodrillo ed emu. Quando ho detto a mio fratello che li avevo provati, mi ha intimato: “se tocchi il koala, non tornare più a casa!”… Ho ascoltato il “consiglio”.
Nota curiosa: in Australia esistono i termitai più grandi del mondo (nel sito Cathedrals of the North ce ne sono di giganteschi) e, per completare la conoscenza della cultura aborigena non può mancare l’ascolto di un australiano che suona il “didgeridoo”… La tentazione di provare è davvero fortissima, ma occorre sapere che, se lo suona una donna, c’è il rischio che rimanga incinta (io ve lo dico, poi vedete voi). Ayers Rock, il cuore rosso dell’Australia Fra le cose più affascinanti di questa terra sicuramente spicca ULURU (leggi “ulurù”). E’ un macigno gigantesco sopravvissuto a un’erosione millenaria che, con venti fortissimi, ha spazzato via tutto quello che c’era attorno. Si narra, infatti, che in una pianura alta quanto la cima di questa montagna si creò un immenso buco. Questo buco fu riempito di rocce e sabbia e quando venne il tempo dei grandi venti tutta la pianura fu spazzata via e rimase intatto solo il contenuto del buco, ormai profondissimo. Questi sedimenti finiti nel buco, appunto, sono oggi Uluru. Accanto a questo monte, sacro agli Aborigeni (si può scalare, ma siccome la comunità aborigena non gradisce, io e mio marito abbiamo preferito evitare) c’è un’altra formazione dalla stessa origine: Kata Tjuta. Queste rocce sono formidabili: sono di un rosso vivissimo all’alba, diventano arancione nel corso della giornata e si tingono di viola al tramonto. Uno spettacolo strabiliante, da rimanere senza fiato.
Sembra quasi di non aver mai visto tanta natura tutta insieme…
Quando si arriva qui occorre fare almeno 2 cose fondamentali.
LA PRIMA: il tour attorno a Uluru prima dell’alba.
Si parte da Ayers Rock -dove alloggerete (noi, all’Ayers Rock Resort)- verso le 4 del mattino (per carità, copritevi, se non volete diventare blu o assumere uno splendido colorito verdastro! Questo è il deserto… E quando è buio si gela!).
Si arriva a Uluru e si inizia a camminare attorno alla montagna, fino ad arrivare esattamente davanti al punto in cui sorge il sole… E qui lo spettacolo vale i meno 10 gradi patiti! Si continua poi la passeggiata osservando i vari crepacci nella roccia, carichi di storia e leggenda, tra cui un anfratto in cui ancora oggi si dice che le donne aborigene vadano a partorire. Il tour (una decina di km a piedi) permette di vedere da vicino la particolarità del deserto australiano: terra rossa, come fosse aridissima, popolata però da arbusti e vegetazione verdissimi! LA SECONDA COSA DA FARE: la cosiddetta “Sound of Silence dinner”.
All’imbrunire si viene accompagnati nel deserto per una cena nel silenzio e nell’oscurità di questo spazio immenso (come sopra: raccomandato coprirsi!). Un’area è appositamente allestita con tavoloni rotondi (noi abbiamo avuto la fortuna di sedere con gente proveniente da tutta l’Australia – lo Stato è più grande dell’Europa, per cui per chi vive in questa nazione la visita ad Ayers Rock sarebbe come una nostra visita a Oslo, non come un “normale” spostamento Milano-Roma).
Qui gli chef cucinano autentiche prelibatezze all’aperto, finché il sole non cala completamente. Rimane solo la luce delle candele e, ultimato il secondo, si spegne tutto. Si è seduti in silenzio nel buio. E non rimane che GUARDARE IL CIELO… Dove è visibile, con tutto il carico emotivo che può trasmettere una meraviglia del genere, la VIA LATTEA. E’ indescrivibile. Al limite della commozione: uno sciame di stelle che in Europa non si possono vedere. E una guida, avvalendosi di un faro (di quelli che noi usiamo fuori dalle discoteche per richiamare i ragazzini!), puntava verso le stelle più brillanti e, una dopo l’altra, come unendo i puntini della Settimana Enigmistica, mostrava la costellazione dello Scorpione, che nel nostro continente non si vede, e illuminava Giove (che noi dall’Italia non vedremo mai!). Queste immense montagne sono nel centro del deserto australiano, nei pressi di un piccolo centro turistico che si chiama Ayers Rock, dove ha sede, oltre al villaggio-albergo, anche il piccolo aeroporto, da raggiungere per arrivare nel “cuore rosso dell’Australia”.
E dall’alto lo spettacolo non ve lo descrivo neanche!!! Kangaroo Island Kangaroo Island è l’Australia selvaggia. L’isola di Kangaroo è stato l’ultimo territorio civilizzato dell’Australia e per questo ha conservato la sua primordiale forza naturale. Qui i canguri, i koala, i leoni marini, le echidne (mai vista una?), le foche, strani uccelli giganti, tipo struzzi primitivi, con un corno in testa e persino i cigni neri sono a casa loro e noi, che non avevamo mai visto niente di simile prima, abbiamo attraversato quest’isola letteralmente a bocca aperta.
La foresta è padrona dell’isola e tra la sua vegetazione vivono i wallaby (una razza di canguro, più piccolo di quel canguro per cui l’Australia è nota), i koala (addormentati -dormono 20 ore al giorno!- sugli alberi di eucalipto -tra cui l’Eucaliptus Fichifolia) e appunto i canguri, da cui l’isola prende il nome.
Sulle spiagge, guardando verso sud, di fronte al Polo, sono liberi i leoni marini e le foche pelose (queste nei pressi di Marble Arch). Il vento in un angolo della costa ha scolpito nei secoli alcuni massi (che con originalità sono stati chiamati “Strange Rocks”) che oggi hanno forme strane e bizzarre.
Straordinariamente, le api liguri sono qui. In Italia non esistono più. Furono trasportate qui da antichi emigranti e qui riuscirono a riprodursi e a lavorare serenamente (questo è almeno quello che raccontano in una fattoria del posto!). Ovviamente olio di eucalipto e tutti i derivati di questa pianta qui non mancano (in una delle distillerie più note potete acquistare il prodotto che preferite –dal burro di cacao alle caramelle, all’olio per massaggiare i piedi-), ma purtroppo qui i gatti in cattività sono malvisti (e addirittura uccisi e le loro pelli vendute). Sembrerà strano, però è una cattiveria “comprensibile” (anche se non giustifica in alcun modo il commercio delle pelli!) … il fatto è che il gatto non ha nulla a che fare con questo ambiente. È stato importato dall’Europa e non ha nemici naturali, per cui rischia di distruggere l’ecosistema.
A parte questo “dettaglio”, l’isola è semplicemente splendida e si visita in 2 giorni con un tour in pullman (SeaLink tour operator). Si arriva la mattina da Adelaide, si dorme qui una notte e si riparte la sera successiva, sempre per Adelaide. Noi abbiamo dormito in un bed and breakfast (Sea View Lodge) straordinario gestito da una coppia che la mattina ci ha fatto trovare una colazione magnifica a base di marmellate, dolcetti e un sacco di leccornie.
Siamo arrivati a tarda sera e loro non preparavano la cena. Ci hanno quindi consigliato di andare nel centro del paese, nel ristorante di un albergo e, indicandoci la via (un chilometro circa), ci hanno dato una torcia… la cosa ci sembrava strana, ma una volta fuori, fatti due passi, ci siamo accorti che il paese era completamente al buio e, ai lati della strada, nella baia, si sentivano solo le “voci” dei pinguini. Un po’ faceva paura, ma una volta arrivati al ristorante e, dopo cena, rientrati, abbiamo davvero apprezzato l’esperienza: abbiamo pensato che doveva far parte del “pacchetto avventura” dell’isola.
Sydney e Cairns… Ultime tappe in Australia Le ultime due tappe in Australia sono state sulla costa orientale. Sydney è una città entusiasmante: gente che gira scalza in città, businessman in giacca e cravatta, uomini e donne di centinaia di nazionalità diverse perfettamente integrati in una metropoli di cui fai subito parte. Non ti senti straniero a Sydney. Anche tu sei uno di loro. E appena arrivati (pernottamento al Corus Hotel), ovviamente tappa obbligata ai luoghi simbolo della città: Opera House, Harbour Bridge e la vista sul porto by night. Passeggiare per Sydney è proprio bello. Dal quartiere più antico, che si chiama “The Rocks”, dove i bar di un tempo sono diventati alberghi (per dare ospitalità a coloro che si ubriacavano e non riuscivano più a tornare a casa), fino a ChinaTown, una città nella città, dove il mercato, gestito totalmente dagli orientali, dà l’impressione di essere a Pechino e dintorni. Sydney è una città piena di contrasti architettonici: l’antico e il moderno convivono in un’armonia strabiliante…
… Ed è un autentico set a cielo aperto. Qui hanno infatti girato Matrix e Mission Impossible, tanto per citarne giusto un paio… E una delle scene di quest’ultimo è stata ripresa a Cockle Bay.
Una cosa da fare quando si è a Sydney è il tour in barca entrando nel porto, per un colpo d’occhio mozzafiato. E non si può perdere Manly, la spiaggia dei surfisti: spiaggia bianca e onde da capogiro. Lasciata Sydney, abbiamo concluso il nostro viaggio australiano a Cairns, sulla barriera corallina. In particolare, eravamo al Kewarra Beach Resort, un gruppo di villette in legno perfettamente integrate nella foresta pluviale, dove, tra gli altri, spiccavano gli alberi della carta. Tra i sentieri, molte indicazioni che suggerivano il percorso per la spiaggia. Ingenui, noi pensavamo si trattasse di una spiaggetta attrezzata, invece ci siamo trovati in una baia enorme, tutta per noi.
Un autentico paradiso e, quando purtroppo siamo stati costretti a partire, sulla strada per l’aeroporto c’era ancora un dettaglio tipicamente australiano che abbiamo portato con noi… Un segnale stradale che ci ricorderà per sempre che lì occorre fare attenzione ai canguri che attraversano la via…