Impressioni di viaggio
L’impressione è comunque che in Giordania si galleggi letteralmente su di un mare di sedimenti archeologici di epoche e civiltà diverse, dai popoli più antichi che qui sono transitati a Nabatei, Romani, Bizantini, Arabi e architettura crociata. Come tutte gli spazi di transito di civiltà, la ricchezza è immensa e millenaria.
Ho l’impressione che, in alcuni casi, “scoprano” e salvino solo ciò che capiscono possa interessare il turista, ma comunque fra cristiani, arabi, nabatei, crociati, popoli di passaggio, la Giordania ha un potenziale culturale ancora tutto da valorizzare.
Anche a Petra, di fronte al tempio principale giacciono sotto sette-otto metri di terra, tombe e ipogei coperti poi dai Romani, ma pare non interessino nessuno e quindi non si scava. Ma sarà vero che a Jerash hanno costruito sulla vecchia città romana? Certo le potenzialità sono quelle di una Pompei del middle east e anche di più, ma ci vorrebbero vagonate dinari giordani per completare gli scavi. Ma già l’imponenza di quello che vediamo è di stupefacente bellezza.
Ad Amman il teatro romano è incastonato nel bel mezzo di un rosario di palazzine bianche che sono sorte a ridosso della cavea senza alcun criterio; anche questo, venendo dal meridione d’Italia, non mi stupisce, ma lo noto. Amman è una città bianca, come il colore della pietra con cui sono costruite tutte le case, dalle più umili, come quelle dei profughi palestinesi, ai villoni pacchiani della città occidentale, tutto attorno alla fortezza-ambasciata americana. Questo bianco che “spara” la sua luce intensa già ora che siamo ad aprile, in estate sotto la canicola deve essere qualcosa di abbacinante, alla maniera di Montale. Ma i colori delle città marocchine o tunisine sono un’altra cosa… Piuttosto da nord a sud, dalle città ai paesini di montagna, molte case giordane ad un piano, sono state costruite lasciando fuoriuscire, in bella vista, i tondini del cemento armato dei pilastri, che svettano verso l’alto, dando un infinito senso di precarietà e approssimazione in attesa di costruire piani rialzati e superfetazioni per i figli e i figli dei figli, e quelli che verranno; ma quanto è simile questo skyline a quello di molte orribili cittadine dei sobborghi di Palermo, terra dell’orrore edilizio e dell’abusivismo più sfrenato! Ma ad Amman non cercate suq e mercati, la nostra guida era alquanto perplessa alla nostra richiesta di andare a trascorre qualche ora nei mercati, ed in effetti, non sono un gran che, ma, per fortuna, le voci e i colori sono quelli dappertutto dal mercato del Capo, a Ballarò alla medina di Fez.
Lo spirito della legge Khalid, la nostra guida mi ripete che in Giordania le leggi sono fatte dagli uomini e non scritte da Dio come in Arabia Saudita; ma non nutre grande fiducia sul parlamento da come ne parla; l’antipolitica deve essere un abito mentale diffuso! Mi ha colpito l‘assenza di motociclette per le strade, mio figlio Federico dice di averne viste solo tre. Io ho visto solo delle vecchie Honda della polizia e una BMW tedesca a Petra. Mi sono informato: sino a due anni fa era vietato vendere motociclette. Il perché è abbastanza dubbio, ma pare che qualcuno le considerasse uno strumento per incentivare la criminalità o che inquinassero troppo, ma allora non sono mai stati a Marrakesch dove l’aria è appestata dagli scarichi dei due tempi che vanno a miscela. Ora che la benzina costa un bel po’ in più, il diktat è caduto. Penso invece che le moto fossero vietate perché al vecchio re Hussein non se le filava, mentre il figlio è decisamente più dinamico anche nella scelta dei mezzi di trasporto.
Le donne La nostra guida ripete puntualmente che le donne in Giordania sono libere, che le loro leggi sono fatte dagli uomini e non da Dio come la svaria saudita, ma poi scopro che lui si è sposato con un ingegnere che gli ha dato tre figli, e che nel contratto di matrimonio stilato davanti al tribunale islamico, lui le ha imposto di non lavorare sino a che i figli crescano. Ma ormai lei ha 35 anni ed è tardi. Obietto che lo Stato ha investito denaro per la formazione di un ingegnere e che forse le aspettative di sua moglie erano diverse; ma lui ribatte gentilmente, ma fermamente che loro non hanno mai avuto la possibilità di essere aiutati dai genitori nella cura dei figli e quindi l’onere è toccato per forza alla moglie.
Talik, talik, talik. In Giordania, come in molto paesi islamici, basta pronunziare tre volte questa formula davanti ad un tribunale islamico e avrete divorziato da vostra moglie. Ovviamente non è affatto possibile il contrario, ovviamente! Dimenticavo! Le scuole statali son divise per sesso: quelle dei maschi e quelle delle femmine. Se si vuole provare la promiscuità delle classi miste, occorre iscriversi in una delle molte scuole private specie quelle straniere che sono le più prestigiose.
La sera a Madaba dopo cena abbiamo fatto due passi sulla strada principale e abbiamo incontrato solo uomini e appena un paio di ragazze.
Cristiani musulmani mosaici ed altre storie Eppure Madaba è una città speciale, dove vive una corposa comunità cristiano- ortodossa, che fa capo alla Chiesa di S. Giorgio, quella del mosaico. Così nel comodino dell’albergo ho trovato accanto a due edizioni del Corano, una della Bibbia; mentre nella hall fa bella mostra una foto della famiglia dei proprietari in visita da papa Ratzinger, perché a Madaba la maggior parte degli alberghi appartengono a famiglie cristiane. Insomma qui cristiani e musulmani vivono assieme pacificamente, forse perché lì vicino c’è il monte Nebo e se non venissero i cristiani a vedere quella che dicono essere la tomba di Mosè, o il luogo dove è stato battezzato Gesù, le cose andrebbero peggio visto che, certo, qui gli ebrei non si possono far vedere. Questo mi dice ancor di più che la Giordania è come l’occhio del ciclone: bufera attorno e qui la quiete assoluta.
A Madaba ho trovato una cosa curiosa, una scuola di mosaici, benignamente finanziata dal Re che dà lavoro a ragazzi portatori di handicap. La visita a questo centro è inserita in qualunque tour che passi da queste parti e in qualunque reportage pubblicitario, a cominciare da quello che scorre sullo schermo dell’aereo che ci porta in Giordania.
Ovviamente i ragazzi giordani non sapevano un bel nulla dell’arte del mosaico, fino a quando negli anni trenta del secolo scorso i francescani o chi per loro si misero a scavare e trovarono le chiese bizantine nel sito dove, secondo la Bibbia, si dice Dio abbia fatto vedere la terra promessa a Mosè e poi… Amen. Così hanno trovato o inventato la tomba di Mosè. Così in quelle chiese ci sono dei mosaici bellissimi che ci dicono della vita quotidiana in quelle zone predesertiche, di qualche secolo fa. Così guardando i mosaici è nata una nuova passione per i giovani giordani e un nuovo business. Ma a me che vengo da una delle patrie dei mosaici bizantini, fra Monreale e la chiesa della Martorana a Palermo, la “scoperta” di quest’arte, insediatasi qui a ruota dell’archeologia cristiano-missionaria contemporanea, mi è sembrata esemplare della circolazione delle culture, dei corsi e ricorsi e delle sedimentazioni carsiche della storia che ha prodotto la rozza semplicità di quei lavori, al confronto con gli originali come il Cristo Pantocratore di Monreale.
Comunque all’entrata del complesso del monte Nebo, come recita la guida Lonely planet, c’è un “gigantesco nuovo centro commerciale”; ma dopo, il panorama a 270 gradi vale molto e si capisce come mai Mosè abbia scelto questo luogo per morire.
Mance Nel programma di viaggio troviamo acclusa una dettagliata tabella sulle mance da destinare alla guida e all’autista al giorno e per persona; solo per la guida sono 4 euro al giorno. Ma l’avvertenza è che non devono essere considerate un obbligo ma una cortesia per il gradimento del servizio: è ovvio e quindi la cosa non ci stranezza. All’inizio la cifra ci sembra un po’ esosa ma poi, arrivati in Giordania, capiamo che si tratta di una somma adeguata. In altre esperienze, per esempio in Marocco, avevamo lasciato un bel regalo ad Abdul, che si era rivelato ben più di un semplice autista, e con il quale ci sentiamo ancora dopo tre anni a Natale e per il Ramadan ci scambiamo gli auguri.
Fortunatamente Khalid, il nostro accompagnatore giordano si è dimostrato una bella persona, affabile, gentile, discreto e disponibile, ma anche noi come gruppo non eravamo affatto dei rompiscatole. Solo l’ultimo giorno siamo riusciti a pranzare insieme perché lui ha sempre rifiutato con una scusa o con un’altra di mangiare insieme per discrezione e d educazione. Alla fine quella che inizialmente ti appariva una specie di sovratassa, diventa invece un segno di riconoscenza fatto con affetto, per ringraziare chi, pur svolgendo un lavoro, ti ha accompagnato con calore e sincerità e ha smussato, con efficienza, la pur minima difficoltà che si profila all’orizzonte, un orario non rispettato, il pullman in avaria, una prenotazione non chiara.
Ma certo non sempre le cose vanno in questo modo. Al nostro arrivo all’aeroporto di Amman siamo stato accolti da un addetto dell’agenzia e dall’ autista del pulmino; il primo affabile e gentile, mentre il secondo, dopo averci aperto il vano di carico posteriore del mezzo, è rimasto a braccia conserte a chiacchierare amabilmente con il suo collega, senza muovere un dito, magari per aiutare le signore. La scena mi ha colpito perché nei paesi maghrebini ho sempre assistito a ben altra disponibilità. Dopo averci portato in giro per un giorno tra il Mar Morto e il Wadi Mujib l’agenzia ha capito che il mezzo era troppo piccolo per ospitare il gruppo, la giuda e tutti i bagagli, così ci ha messo a disposizione un altro mezzo e un altro autista. La mattina dopo l’agenzia giordana ci ha fatto trovare un pullman di … 54 posti, per noi che eravamo in 8 più la guida, da quel momento sul pullman abbiamo pure giocato a ping pong ed è stato un bel viaggiare.
Così la sera prima abbiamo congedato il primo autista con… Tanti saluti, memori dell’accoglienza che ci aveva riservato; ma la cosa non gli è andata giù tanto è vero che qualche giorno dopo lo abbiamo rincontrato nel parcheggio degli autobus a Jerash. E lì ha cominciato ad assediare Kahlid chiedendogli di intercedere per avere quella mancia, che non aveva avuto tre giorni prima, ma senza chiedergli come mai a nessuno di noi era passato in testa di lasciargli alcunché visto la scarsa cortesia e professionalità.
Solo un’altra volta ci è capitato di aver ricevuto dei silenziosi improperi per una mancia che una guida occasionale non ha ritenuto adeguata, ma noi sì; e allora ci siamo chiesti se effettivamente, si tratti di un reciproco scambio di cortesia o di un sovraprezzo comunque dovuto; ma poi, a questo punto ci siamo chiesti, “quando sarà ritenuta congrua una mancia e quando no?” Luoghi si e luoghi ni Quando viaggio, siccome non sono un turista, non esistono luoghi no, veramente brutti e che tornato a casa, ti sei pentito veramente di non avere visitato, perché l’altrove è sempre conoscenza e quando viaggi si parte per conoscere la diversità e quindi deve prevalere la conoscenza su ogni altra sensazione.
Ecco una personalissima scelta.
Di Petra non dirò nulla, se non che al Monastero occorre salire a piedi, a meno che non siate obesi o cardiopatici, oppure lagnusi (in siciliano “pigri”), gli asinelli lasciamoli a loro. Gli oltre 800 gradini, (mio figlio Federico li ha contati e sono 842), vano fatti lentamente, assaporando il paesaggio sottostante che, a poco a poco, si allontana; chiacchierando e mercanteggiando con le donne beduine che vendono i loro monili, scambiando sorrisi con i loro tanti figli, che come microscopici stambecchi, saltellano da una roccia ad un’altra, senza che le madri se ne curino, ma non per incuria, ma solo perché, probabilmente hanno un altro senso dell’educazione. Se uno dei nostri bimbi avesse fatto quello che fanno questi, come minimo avremmo chiamato l’elicottero del soccorso alpino, ma, come dice un proverbio siciliano “picciriddi e ‘mbriachi, dio l’aiuta”, che qui sarebbe Allah; quindi saltate felici bambini, inshallah! Post scriptum Petra. Avevamo fatto tanto per alloggiare nel Taybet Zeman, quest’albergo che riproduce un villaggio ottomano in pietra, pare sia uno dei più caratteristici della Giordania; per trovarci posto, Roberto, il nostro paziente amico della NBTS, ci ha più volte modificato l’itinerario di viaggio. Alla fine abbiamo trovato senza dubbio, un luogo suggestivo per lo splendido panorama, ma né più né meno che uno dei tanti villaggi in stile “indigeno” che popolano le coste mediterranee, dalla Tunisia alla Grecia, per giunta un po’ decaduto negli arredi e nelle suppellettili; buona la cucina.
Prima di lasciare Petra, fate un salto in paese in uno dei pochi bagni turchi della Giordania, il Salomè. Dopo gli 842 gradini è quello che ci vuole: i massaggiatori sono egiziani e il personale è assai cortese e la pulizia buona come il the all’anice che vi verrà offerto. I giordani non usano l’hammam, quindi approfittatene.
Se mi dovessero dire cosa veramente vale il viaggio in Giordania, dopo Petra, direi senz’altro la riserva naturale di Dana, un luogo di una bellezza mistica. Una o più notti presso la Dana Guest House, confortevole e accogliente come una baita alpina, ma senza i tratti spartani di queste, vi lascerà un ricordo indelebile. Il tramonto dalla terrazza della Guest House è uno dei luoghi della memoria, che vi porterete dentro per la vita. La riserva si percorre agevolmente per i molti sentieri e itinerari; flora (piante officinali, odori e fiori) e fauna (specie una grande varietà di uccelli) sono presenti in quantità e varietà. Per chi ama il contatto con la natura, più a valle c’è il Rummana Camp, un campo tendato lindo e ordinato, con un’area servizi nuova e pulita. Non altrettanto si può dire del campo tendato che ci ha ospitato alle porte del Wadi Rum, il Jabal Rum, un complesso di tende militari e quindi non beduine che, comunque, pare essere la sistemazione più dignitosa, nei dintorni della riserva poter potere partire la mattina alla scoperta del wadi Rum.
Tuttavia se abbiamo notato che lo stato dei servizi è fatiscente, lo diciamo non perché ci si aspetti o si pretenda chissà cosa, ma perché ci siamo resi conto che basterebbe poco per rendere più accogliente, anche con una cura minima degli arredi, un luogo di per sé non male, anche se non ha il fascino dei campi tendati del Sahara marocchino. Invece al Jabal Rum siamo stati accolti con grande attenzione dai proprietari, che ci hanno assistito in ogni momento; la sera poi, abbiamo cenato con l’agnello arrostito nella sabbia, insieme a due comitive di studenti palestinesi di Ramallah, quasi cento ragazzi. Con loro, che hanno allestito una finta cerimonia nuziale tradizionale palestinese, con musiche e danze, abbiamo ballato sino a notte fonda, e pazienza se hanno fatto casino sino alle quattro di mattina! Di fronte alla spensieratezza di questi ragazzi vestiti come tutti i coetanei del mondo, la nostra guida Khalid ha sospirato mostrando una certa nostalgia per quando, un ragazzo e soprattutto una ragazza araba, si vestivano in un certo modo. Gli ho risposto, per non urtare troppo la sua sensibilità che, forse, questo loro essere e volere mostrarsi come i ragazzi di tutto il mondo potrebbe essere anche una voglia di reagire ad una condizione decennale di lutti e tragedie. Per chi si lascia alle spalle la tragedia palestinese, una serata come questa, sebbene a pochi chilometri da casa, è certamente una boccata di normale adolescenza.
L’acqua Alla fine quello che ti rimane del paesaggio della Giordania più che la sabbia del deserto, che pure n alcuni punti del Wadi Rum assume ben tre gradazioni di colore, è la varietà di forme dell’acqua. La risalita delle gole del Wadi Mujib, appena sopra la zona degli alberghi sul Mar Morto, con le sue acque fredde e impetuose, è qualcosa di insolito. Magari ci ricordava Tamerza e le oasi di montagna tunisine, con un’abbondanza di acque decisamente superiore. E poi il Mar Morto, il Giordano e soprattutto Hammamat Ma‘in il complesso termale appena sotto Amman ma più vicina a Madaba.
E’ stata la nostra ultima meta prima di tornare ad Ammam. L’acqua, ricca di minerali sgorga a circa 60 gradi; ma se vi mettete nella piscina sotto la cascata la temperatura sarà sopportabile. Questa piscina è frequentata da famiglie con donne e bambini e sembra più “nazionalpopolare” di quelle del grande albergo che sorge in fondo alla vallata. E’ perciò un’occasione per stare a contatto con le persone in maniera informale, infatti anche se di regola le piscine dovrebbero essere divise per sesso, tuttavia in quella sotto la cascata trovi uomini e donne e bambini. Che però le donne più anziane siano vestite non deve stupirvi; anche le bambine, appena sulla soglia della pubertà indossano calzoncini e magliette. Una di loro che faceva il bagno con noi in maglietta bianca, ad un certo punto è stata invitata dal padre ad uscire. E’ tornata poco dopo con una seconda t-shirt scura indossata sulla prima, che evidentemente faceva troppo effetto “miss maglietta bagnata”, anche se parliamo di una bambinetta ancora per nulla sviluppata Improvvisamente a bordo vasca è però apparsa una giovane donna assai attraente, ben truccata con i suoi jeans neri firmati, la camicetta nera attillata e gli occhiali Dior a fermare i capelli. Si è avvicinata tenendo per mano la figlioletta e, sotto lo sguardo attento del marito e della sua macchina fotografica, con grande naturalezza è entrata in acqua, così vestita come se scendesse da una spider.
Questa Anita Ekberg giordana è stata l’ultima immagine simbolica del nostro viaggio in un paese, come molti fra quelli arabi, dalle moltiplice facce e identità.