Viaggio di Nozze in Yucatan
Viaggiamo con volo di linea Iberia abbastanza organizzati dall’Italia grazie alla “rete” di tanti amici viaggiatori e viandanti, turisti per caso e non (i consigli di tutti, anche di quelli diversissimi da noi, saranno molto molto preziosi) conosciuti su Internet; arriviamo a Cancun via Madrid e sbrigate le prime e relativamente veloci pratiche di ingresso, ivi compresa quella del pase-no pase ci ritroviamo quasi al tramonto nel parcheggio dell’aeroporto.
Fa caldo ma non troppo, il cielo è coperto ed il buio si avvicina. Umidità. L’aria è pesante, appiccicosa; è un liquido caldo che riduce il respiro. Gli odori (nuovi) si mescolano e riemergono a tratti ben distinti, zaffate dolciastre e profumi acuti, che penetrano dritti nello stomaco. Piacevolissimo.
Ci guardiamo un po’ intorno per cercare di ambientarci e capirci qualcosa; scegliamo il nostro taxi (colectivo) che sarà però solo per Noi; contrattiamo elegantemente senza esagerare e partiamo con destinazione imbarco per Isla Mujeres.
Sfioriamo solo velocemente il traffico ed il caos di Cancun e siamo sempre più contenti di aver fatto questa scelta; ci imbarchiamo su un veloce motoscafo alla volta della prima tappa del nostro viaggio, la piccola e vicina isola delle donne di cui scorgiamo a malapena le luci.
Sono le 19 ora mexicana, siamo in viaggio, ivi compreso il trasferimento dal nostro Abruzzo a Fiumicino-Aereoporto da sole 25 ore; siamo a pezzi, stanchi, anzi stanchissimi ma con forze nascoste; l’odore del mare ci avvolge completamente, qualche schizzo d’acqua ci bagna, guardiamo Cancun e la sua immensa bandiera tricolore che si allontanano. Voglia di pace e serenità.
Dopo una tranquilla mezz’oretta di navigazione entriamo nella lagunita della piccola Isla, la percorriamo quasi internamente a bassissima velocità; arriviamo nel piccolo molo appena di fronte a quello che sarà il nostro splendido hotel e dove veniamo accolti subito benissimo; sbrighiamo le veloci pratiche di ingresso mentre sorseggiamo un fresco e buonissimo vino bianco offertoci nella hall dell’hotel; veniamo accompagnati poi nella (nostra) bellissima stanza al secondo piano, corro ad aprire subito la finestra come faccio sempre quando entro in una (nuova) stanza di un hotel; la vista è spettacolare, direttamente sulla piccola bianca spiaggia sottostante illuminata solo discretamente dalle luci del piccolo e romantico ristorantino sul mare; veniamo informati che la cucina in Mexico chiude tardissimo. Abbiamo dunque tutto il tempo per cercare di riprendere sembianze umane.
Mi dilungo forse troppo su questo primo contatto con il Mexico, la sua gente e la bellezza di questi luoghi che credo rimarranno per sempre dentro di noi ma giuro è inevitabile, leggo e rileggo la prima parte del “viaggio” attento a non saltare nulla, a non dimenticare nulla…; eh già il Mexico ti resta dentro, credo sia vero.
Mangiamo divinamente pescado; i piatti sono gustosi, i ragazzi che ce li servono gentilissimi; insomma non sarà il Mexico vero della “calle” ma vi assicuro è Mexico anche questo.
Il tavolino che ci ospita è quasi a pelo d’acqua, vi restiamo seduti per parecchio tempo ed il tempo sembra davvero essersi fermato; siamo entrati in una altra dimensione. Abbiam cercato, riuscendoci, di vivere interiormente le sensazioni ricevute, abbiam cercato di fissare nella nostra mente quelle visioni e quei luoghi come se volessimo portarne via piccole fette con noi.
Lasciamo una ricca propina ai gentilissimi ragazzi e andiamo al letto. Dormiamo poco ma dormiamo e questo si rivelerà importantissimo.
Apro una piccolissima parentesi: adoriamo viaggiare, non ci piacciono i viaggi per forza alternativi; mi rendo conto che lo stesso viaggio che abbia fatto noi lo avranno fatto in tanti, persone anche diversissime da Noi, embè..
Sono stufo di sentirmi dire: “…Il Chiapas è il vero Mexico, lo Yucatan è pieno zeppo di turisti etc. Etc. Etc…”, che palle! Credo che non si possa scegliere come meta del proprio viaggio il Mexico e non visitare lo Yucatan, questione di gusti tutto qui e comunque rispetto per tutti quelli che decidono di vivere in perenne movimento dovunque e comunque essi siano e dovunque essi intendano andare.
Ci piace stare in un luogo conoscerlo bene, magari tornarci anche più volte; non ci piace invece fare incetta di km per sfiorare solo velocemente i luoghi e dire ci siam stati, insomma siamo fatti così.
Ed in Chiapas, se Dio vorrà, ci andremo di certo, ma questa sarà un’altra storia.
La mattina ci svegliamo presto e ci mettiamo subito alla ricerca di un taxi che troviamo senza difficoltà appena vicino all’Hotel; abbiamo assoluto bisogno di pesos. Il taxista è gentile e pregno di consigli; ci porta ovunque, ci consiglia da dove è possibile telefonare in Italia a basso costo; ci indica un Banco per prelevare e cambiare denaro; ci consiglia un paio di officine dove poter noleggiare uno scooter ad un prezzo ragionevolissimo; ci indica poi Playa Norte dove andremo domani; insomma una brava persona, con una pecca, una sola: fan sfegatato di Laura Pausini che dice essere la sua fidanzata e che il suo stereo spara ad altissimo volume ripetutamente. Orrore! Ma non riusciamo a dirglielo.
Torniamo in hotel con il nostro piccolo scooter appena noleggiato, indossiamo due caschi tipo nazi che qui sono di gran moda ma non so quanto sicuri; ci tuffiamo subito in acqua che è turchese davvero; in lontananza chiazze di un blue intenso che assomigliano agli occhi di qualche fotomodella; la spiaggia è deserta; ah settembre, se non ci sono uragani è il periodo migliore per visitare il Mexico ci dissero ed è davvero così; prendiamo in prestito un kayak e ci allontaniamo un poco, sembriamo (o lo siamo davvero) sospesi, sospesi sull’acqua; arriviamo sin sugli occhi blue dove l’acqua è più profonda,molto profonda, ci tuffiamo e rituffiamo continuamente; siamo in paradiso, se mai esistesse vorremmo fosse così.
Dopo un’altra succulenta cena sempre a base di freschissimo pescado decidiamo di passeggiare nel piccolo e tranquillo pueblito; chiacchieriamo con i Messicani ogni volta che ci capita e capita davvero spessissimo. Cerco e trovo poi il ristorante gestito da una coppia di italiani conosciuti su internet dove, per sentito dire, si mangia divinamente; purtroppo e questo già lo sapevamo, è chiuso e loro sono via per qualche giorno; tra negozietti di artesania ecco spuntare il ristorante ALBACHIARA; ho promesso a Lucio di lasciargli la copia della Gazzetta dello Sport portata dall’Italia e lo faccio senza problemi! Alla prossima amigo mio.
L’atmosfera tranquilla dell’isola ci affascina, poca gente, pochi stranieri e quei pochi che ci sono sembrano avere l’aspetto sveglio e poco turistico; qualche vagabondo navigato, proliferazione di locali e bar bellissimi da vedere e da provare.
La mattina dopo facciamo tutto il periplo della piccola isola in scooter che è lunga solo 8 km, larga da 300 a 800 mt, per fermarci ogni volta che ne abbiamo voglia e lo scooter si rivelerà comodissimo; sostiamo un poco nella estremità sud dove ci sono le piccole rovine maya degne di una piccola e veloce visitina; ci fermiamo nella estremità nord dove c’è la splendida Playa Norte. La spiaggia è in lieve pendenza e l’acqua nemmeno a dirlo cristallina e calma e arriva solo fino al petto anche se ci si allontana dalla riva per molti metri; ci sistemiamo all’ombra di una palma e decidiamo di non fare nulla. Non abbiam sentito assolutamente la mancanza di qualcosa da fare tranne che bagnarci, asciugarci e passeggiare un poco. Mangiamo un buonissimo cocco per pranzo e nel primo pomeriggio decidiamo di fare snorkelling; contattiamo direttamente in spiaggia due pescatori che accettano di accompagnarci; ci immergiamo prima vicino al faro viejo dove c’è un piccolo relitto e poi ci spostiamo vicino al nostro hotel, poco prima del delfinario; stupende barriere coralline coloratissime e abitatissime.
Difficile da descrivere per troppa bellezza, le parole immiserirebbero davvero.
Che bella sorpresa Isla Mujeres domani a malincuore dobbiamo salutarla; il clima è splendido, la temperatura costante sui 28°, poca umidità per queste latitudini e assenza quasi totale di zanzare, solo fortuna? Lasciamo l’isola come detto a malincuore dopo aver consumato una buonissima colazione nel solito tavolino a pelo d’acqua e dopo esserci bagnati per l’ultima volta nelle sue splendide acque. Navighiamo tranquilli verso Cancun; all’arrivo al piccolo porticciolo contattiamo un taxi e via velocemente verso la riviera Maya lontano ancora una volta da Cancun e Playa del Carmen, direzione TULUM.
Vi arriviamo dopo circa 3 ore; ci sistemiamo in un Hotel a qualche km da Tulum Publo e direttamente sulla lunghissima e bianchissima Playa Paradiso.
Solita ottima, gentile e professionale accoglienza che ci accompagnerà per tutto il viaggio ovunque andremo; per un paio di giorni saremo al mare dalla mattina alla sera; splendide cenette romantiche direttamente sulla spiaggia e lunghe passeggiate al chiaro di luna; il solo camminare ai bordi del bagnasciuga si rilevava un’esperienza piacevolmente indimenticabile.
Dopo i due giorni di pieno relax visitiamo il sito Maya di Tulum spostandoci in taxi (il taxi è un modo comodo per muoversi, costa un po’ più del bus ma i taxisti sono gentilissimi ed è utilissimo parlare con loro).
Il sito è poca cosa anche se a me personalmente è piaciuto molto; è il primo assaggio Maya; come dice la preziosa Lonely Planet “…Le maestose rovine in cima alle scogliere, che dominano vasti tratti di spiaggia dall’aspetto incontaminato, sembrano fatte apposta per figurare sulla copertina di una rivista”; fa molto caldo ed un bagno rinfrescante nella splendida piccola spiaggia sottostante El Castillo è una necessità fisica.
Prima di tornare in hotel ci rechiamo a Tulum Crucero, ossia l’incrocio tra la statale 307 e la vecchia strada che conduceva alle rovine e dove c’è un supermercato; vi entriamo con tanta curiosità, facciamo un po’ di spesa comprando un po’ di cose inutili, qualche succo, un po’ di frutta ed un repellente, usciamo e prenotiamo un carro per recarci a Cobà che dista 50 km da Tulum.
Ci alziamo presto, ritiriamo la macchina e via verso Cobà.
La strada è bella, larga e dritta almeno per i primi Km, mi stupiscono i numerosi cantieri per il miglioramento della viabilità e la continua cartellonistica stradale che invita a “manejar piano perché la famiglia tutta ci aspetta a casa”; numerosissime sono le topas che fanno ormai parte del paesaggio ci dice più di qualcuno, aiutano a guardarsi meglio attorno, fanno riflettere ed osservare, son fatte per i turisti; appena c’è un paesino, un agglomerato di case si è costretti a rallentare ed inevitabilmente ci si guarda attorno; non credo sia vero e Noi ne faremmo davvero a meno, sono fastidiosissime.
Superiamo un paio di bus zeppi turisti e accellerando un poco in modo da poterci godere in solitudine, almeno per un pò, il sito di Cobà; il parcheggio è semi vuoto, entriamo e siamo subito avvicinati una simpatica guida, ne approfittiamo e la sua spiegazione sarà davvero esaustiva.
Scegliamo di visitare la seconda parte di questo vastissimo sito da soli affittando le bici che ci permetteranno di visitare gli angoli più remoti di Cobà e godere nel mentre, di una piacevole brezza rinfrescante.
Forse ci attardiamo un pochino ed arriviamo, che sono le 13, sotto l’edificio più importante di Cobà: la Grande Piramide; come tutti gli edifici di queste antiche rovine è restaurato alla meno peggio e questo gli conferisce, come al resto del sito, un fascino davvero particolare e misterioso. Fa veramente caldo ma vogliamo salire prima dell’arrivo dei turisti; lo facciamo con attenzione ma abbastanza velocemente, la vista che si gode dalla sommità è spettacolare.
Arrivano anche gli altri visitatori, sono nello slargo sottostante e sembrano delle piccole formichine, iniziano a salire anche loro; scopriremo poi che sono spagnoli, molto caciaroni, un po’ troppo; ma quelli del baffo nero, del mandolino, degli spaghetti e del sempre rumore non siamo forse NOI? Scendiamo senza la minima difficoltà ma sempre con la medesima attenzione e via con le nostre utilissime biciclette verso l’uscita, fermandoci spessissimo a curiosare dove capita.
Il viaggio a ritroso scorre tranquillo, ci fermiamo ad acquistare un po’ di artesania grazie alla solita topas; poi via in spiaggia. La serata la passiamo a Tulum Centro che altro non è che un piccolo pueblito nato e costruito intorno alla strada principale trafficatissima.
Ci piace da matti stare in strada, un frenetico andirivieni di persone, carretti, camion giganteschi, macchine, moto, bambini e cani randagi; negozietti che vendono la mercanzia più strana; molte peluquerie; decido di radermi i capelli, non che ne abbia davvero bisogno; scelgo la peluqueria sulla strada principale, quella dipinta di azzurro; la signora è coloratissima e formosa; c’è mucha jente ma non sono tutti clienti, decido dunque di aspettare; il locale è piccolissimo, c’è una tv in mezzo alla stanza che trasmette una partita in diretta del campionato mexicano e molti tifano per il D.F.. La signora taglia e guarda la tv; al goal del D.F. Dal retro , che altro non è che una casa, appare, in tutto il suo splendore, il marito della peluquera, assonnato ed a dorso nudo …Insomma uno spettacolo…2-0 ed è il mio turno…
Di fianco alla mia sedia una signora, neanche a dirlo coloratissima, in bigodini aspetta la messa in piega (credo); la peluchera è simpatica, scambio quattro chiacchiere mentre fa il suo facile lavoro, et woilà sono pronto e mia moglie sembra apprezzare.
La mattina dopo siamo in spiaggia, il tempo è bellissimo anche se, all’orizzonte, ci sono delle nuvole nerissime; mucha iuvia in arrivo nel pomeriggio; decidiamo allora di organizzarci e sempre in spiaggia prendiamo contatto con i ragazzi del maya diving per l’escursione al cenotes; ci porteranno al dos ojos alle 15.
Aspettiamo in spiaggia sotto un sole caldissimo, le nuvole nere si avvicinano minacciose (e bellissime) sempre più; dopo poco inizia a piovere e non ce ne accorgiamo quasi ma ben presto alla iniziale pioggerellina si sostituisce un acquazzone “biblico”; la temperatura rimane però costante.
L’escursione al cenotes,per non risolverla in un semplice bagno in una grotta, vi consigliamo vivamente di farvi aiutare da una guida, la nostra nemmeno a dirlo è gentilissima e pregna di consigli; facciamo un sopralluogo in superficie visitando le grotte nel bel mezzo della giungla, poi, finalmente ci immergiamo indossando la preziosa e indispensabile muta. Seguiamo diligentemente la nostra guida, iniziamo l’esplorazione. L’acqua è freschissima e limpidissima, il fondale bellissimo; ogni tanto qualche piccolo pesciolino e qualche gambero ci nuotano vicino; ci spostiamo nella parte più buia della grotta che si stringe sempre più sia in larghezza che in altezza; accendiamo le torce, nuotiamo aiutandoci anche aggrappandoci alle rocce; quasi camminiamo; ci muoviamo a fatica in spazi angusti e bui, l’unica luce è quella della nostra torcia; la luce alla nostre spalle è ormai sparita, buio totale, proseguiamo e dall’altra parte comincia a filtrare un bagliore, prima fioca e man mano che avanziamo più luminosa; siamo nell’altro occhio, lo esploriamo; il fondale è forse più profondo e colorato dell’altro; oltre alla roccia c’è sabbia finissima e bianchissima; le sensazioni che proviamo sono uniche, riesco anche a graffiarmi superficialmente la cabeza battendo contro la roccia ma nulla di grave, solo un ricordino sulla pelle. Torniamo indietro attraverso un altro cunicolo e siamo di nuovo al punto di partenza; in tutto poco più di una oretta, sentiamo un po’ freddo ma appena usciti dall’acqua già rimpiangiamo di aver già finito; il tempo di scaldarci al caldissimo sole e via verso l’Hotel per l’ultima notte a Tulum. Da TULUM il viaggio per Chitzen –Itza è lungo, la strada è comoda, percorriamo la 180 che è dritta da annoiarsi, una lingua d’asfalto che taglia la giungla in due; facciamo poi una breve sosta in un autogrill nei pressi di Valladolid; siamo in autobus e con Noi ci sono altri italiani; arriviamo a Chichèn che è ancora abbastanza presto e ci accorgiamo da subito che la pace ed il misticismo di Cobà son solo un ricordo.
Veniamo letteralmente assaliti da venditori di ogni genere di mercanzia che ovunque e comunque cercano di venderci artesania; disturbano non poco e soprattutto è difficile davvero estraniarsi e calarsi nella dimensione Maya, un vero peccato. I venditori sono ovunque, all’interno del sito ce ne saranno a centinaia, giovani, vecchi, bambini.
Il sito merita tempo, noi ne abbiamo e cerchiamo di non farci distrarre ma è davvero difficile, impossibile.
Il sito è molto bello, imponente, forse troppo perfettamente restaurato, a volte mi sembra finto; inoltre non è purtroppo più possibile salire sul famoso Castillo e ce ne rammarichiamo non poco; camminiamo, curiosiamo e seguiamo passo passo la nostra guida. Finita l’escursione ci dedichiamo all’acquisto di qualche piccolo ricordino e dopo un veloce pasto piccante, ma non troppo, ripartiamo in direzione Mèrida. Vi arriviamo con un tempo uggioso ma la pioggia è poca, pericolo scampato anche oggi; il tempo di una doccia, e ne abbiamo davvero bisogno, e via verso lo Zocalo, la Grande Piazza.
Merida è una fiorente città con strade strette, edifici coloniali, numerosi caffè e ristoranti in stile, nonché centro culturale della penisola.
Ci piace subito, caotica nel suo ordine nascosto; è una gigantesca scacchiera con le strade che si intersecano; la gente è forse più cittadina, meno gentile e disponibile del solito ma nessun problema nel girarla anche di notte.
La piazza è davvero enorme e molto bella; tutt’intorno edifici coloniali di antico splendore; mangiamo in un ristorantino appena dietro la piazza; in questo periodo di temporada baja insieme a noi mangiano solo meridanos e una coppia di tedeschi.
La carne è strepitosamente buona; la presentazione dei piatti è poi curatissima; e per finire spettacolino col classico caffè maya, caffè turistico che a me personalmente non piace, ma è davvero un bel vedere.
Il mattino dopo si parte alla volta di Uxmal; arriviamo anche qui prestissimo, c’è meno folla di Chitzen, nessun venditore all’interno e la odierna guida è davvero preparata.Il sito è bellissimo; la posizione incantevole, i palazzi meravigliosi; camminiamo tantissimo e saliamo e scendiamo per forse km; inizio ad avere un dolorino al piede dx,una terribile vescichetta.
Torniamo la sera a Merida distrutti, Uxmal ci è piaciuta molto più di Chichèn; dopo la quanto mai necessaria doccia usciamo per la seconda ed ultima serata Meridena, a caccia di cibo, siamo pazzi di questa cucina! Prestiamo molta attenzione però all’acqua, beviamo solo quella purificada e cerchiamo di eliminare le bevande con ghiaccio che purificado non è.
Mangiamo e beviamo benissimo anche stasera pagando il giusto e pensando che nella nostra amata italia è sempre più difficile mangiar bene pagando un prezzo ragionevole.
Sveglia presto e direzione Ek Balam nei pressi di Valladolid, sito poco conosciuto ma sarà davvero una sorpresa.
Siamo gli unici visitatori, c’è solo una famiglia di messicani con figli al seguito, per il resto il sito è solo nostro; ingresso angusto, nessuna struttura ricettiva solo un piccolo chioschetto per le bibite chiuso e soprattutto nessuno strano braccialetto da mettere al braccio.
Appena dopo l’ingresso c’è l’immancabile campetto per il gioco della pelota, qualche altre piccola struttura come l’osservatorio e poi dopo un piccolo e ombroso boschetto ci appare la facciata del maestoso edificio principale, una struttura alta e massiccia che sfoggia una enorme bocca di giaguaro, affascinante davvero.
Salire in cima è una esperienza memorabile; dalla cima si possono vedere le piramidi di Cobà e Chichèn; è il sito più bello che abbiam visitato, davvero felici di esserci stati e siam sicuri che tra qualche anno ruberà la scena ai siti più blasonati.
Ci trasferiamo per il pranzo della vicina Valladolid; molto bella la piazza principale e molto bello (e buono) il ristorante dove mangiamo; un classico edificio coloniale con patio interno; quando ci sediamo a tavola inizia a piovere fortissimo e la pioggia rende l’atmosfera ancora più piacevole.
Finito il pranzo salutiamo i nostri compagni di viaggio che proseguiranno il loro viaggio verso Cancun per un paio di giorni di mare; noi invece abbiamo altre intenzioni, vogliamo andare ad Holbox, una località balneare rimasta in gran parte allo stato originario.
Guardando la mappa non siamo poi così lontani, proviamo a cercare un bus ma il trasferimento è quasi impossibile per la lunghezza esagerata dei tempi di percorrenza; contattiamo e contrattiamo il solito taxi che per circa 50 dollari, in 2 ore circa di viaggio ci accompagna ad Holbox; il taxista sembra stranito dalla nostra richiesta; è una isola al di fuori di tutte le rotte turistiche e dove ci dice “lui, sua moglie e la sua amaca trascorrono le vacanze al mare”.
Ma dai, sarà vero? La strada è però infame e lo è da subito.
Il nostro taxi corre tanto, troppo.
Comincia a piovere o meglio a diluviare; Monica dorme, ma come fa? Io no ma questa non è una novità.
Attraversiamo villaggi oppressi dalla vegetazione che sembra soffocarli. La guida diventa un continuo frenare e accelerare, ogni parvenza di abitato si manifesta con gli immancabili topas.
La strada principale è interrotta, siam costretti a deviare su una parallela che passa giusto in mezzo alle case; guadiamo pozzanghere gigantesche dove per i bimbi è tutta una festa; osserviamo scene di vita quotidiana; poveri ma felici, povertà e dignità.
Nulla sembra togliere il sorriso a questa gente anzi basta una pioggia o un raggio di sole per fare festa.
Immancabili i coloratissimi negozi che vendono refrescos come immancabili un paio di posti di blocco della polizia che superiamo indenni con un semplice cenno di assenso…PASE!Que te vaya bien.
Poi la giungla si dirada ed un cartello all’improvviso dice: Chiquilà.
Siamo arrivati all’imbarco.
Holbox è li di fronte a Noi; il traghetto è appena salpato, dobbiamo aspettare una oretta sulla banchina ma non abbiam voglia e ci facciamo volutamente fregare qualche pesos in più da un gordo pescatore del luogo che con la sua lancia ci accompagna sull’isola; sbarchiamo dopo una veloce traversata in un porticciolo minuscolo; solo lance, niente motoscafi o velieri; ci orientiamo a naso, dobbiamo recarci dall’altra parte dell’sola, la parte più riparata e sfruttata turisticamente. I nostri zaini sono pesantissimi, facciamo un po’ di fatica, comminiamo su una strada di sabbia, ci superano piccoli carritos che scopriremo essere gli unici mezzi di locomozione dell’isola, entriamo nella piazzetta in piena ristrutturazione ed evidenti risultano i segni del recente uragano Wilma (ottobre 2005) che aveva quasi totalmente allagato l’soletta; piccoli negozietti, taverne ristoranti, un bel posto; camminiamo ancora un po’ e siamo sulla spiaggia; bellissima, sono le 16, il cielo è un po’ coperto; scegliamo una posada bellissima e coloratissima direttamente sulla/nella playa; la nostra abitazione è di colore giallo intenso con verandina direttamente sulla spiaggia; il tempo di posare i bagagli e siamo già in acqua.
Che pace ragazzi, che incanto… La serata la passiamo nella verandina chiacchierando e bevendo birra; soffia una brezza freschissima e piacevolissima, anche qui non sentiamo assolutamente la mancanza di qualcosa da fare.
Nei mesi estivi nelle acque di Holbox nuotano inoffensivi e giganteschi squali balena e troverete tantissimi tra tour operator e semplici pescatori che vi accompagneranno in un costosa ma irripetibile esperienza; purtroppo per Noi in questo periodo niente squali balena!Sigh La mattina dopo appena svegliati e prima di fare qualunque altra cosa ci alziamo dal letto e corriamo ancora mezzi addormentati in spiaggia; ci tuffiamo in acqua e ne usciamo davvero rigenerati; crogioliamo al sole per tutta la giornata intervallando il tutto con brevi passeggiate sulla battigia. Il solo camminare ai bordi del bagnasciuga si rilevava un’esperienza piacevolmente indimenticabile. L’unico movimento o tramestio era dato dai versi dei pellicani e dai loro tonfi nell’acqua quando si tuffavano alla ricerca di cibo.
Una menzione particolare spetta alla colazione del bar colibri proprio nella piazzetta principale, non aggiungo altro ma fateci una visitina.
Le giornate trascorrono così, troppo velocemente; c’è una brezza che passa attraverso le maglie dell’amaca e rende meno faticosa la spinta impercettibile che ci diamo per dondolare. Beviamo la terza birra e continuiamo a non sentire assolutamente la mancanza di qualcosa da fare, la fretta è assolutamente insensata.
In spiaggia però quando cala la brezza bisogna trovare riparo per cercare di sfuggire ai fastidiosissimi mosquitos, piaga di questa isoletta ma con qualche accorgimento riusciremo, in parte, a farla franca. Nel tardo pomeriggio vaghiamo per il simpatico pueblo dalle case dai colori pastello compriamo qualche souvenir, bellissime e consigliatissime le t-shirt, facciamo un po’ di spesa, compriamo un pò di frutta, qualche immancabile habanero, qualche cerveza e immancabili le patatine in sacchetto per l’aperitivo.
Decido poi di “cogliere” una noce di cocco per rendere il nostro aperitivo ancora più tipico; lo faccio senza difficoltà; tento di aprirla con il mio fido coltellino svizzero ma l’impresa è davvero titanica e soprattutto pericolosa, infatti la lama affilatissima del coltellino mi scivola e mi buca letteralmente la mano destra; sembra un piccolo taglietto ma probabilmente la punta della lama ha “forato” proprio e direttamente una vena, il sangue esce a fiotti, la sabbia sotto i nostri piedi diventa rossa, corro in acqua cercando una medicazione alla meno peggio…Riesco dopo poco a bloccare il sangue tenendo la mano verso l’alto e decido,accudito da mia moglie, di recarmi nella reception in cerca di aiuto;la mano intanto è gonfia anzi gonfissima…Beh appena pigiato il campanello della reception mi corrono in soccorso due gentilissime messicane e poi…Svengo, si sono svenuto davvero proprio davanti a loro!mi sono risvegliato dopo poco tutto pieno di sabbia, intorno a me si era formato un capannello di persone che cercavano di aiutarmi, chi facendomi aria, chi rinfrescandomi;insomma un semplice calo di pressione dovuto allo spavento ma che spavento; gli amici messicani decidono comunque di chiamare il medico che si rivelerà un ragazzino di appena 18 anni (o forse meno)che non farà altro che misurarmi la pressione trovandola tra l’altro bassissima; gentilissimo ma comicissimo.
Passata la paura ci organizziamo per la cena; scegliamo il ristorantino Evelyn dove mangiamo pescado freschissimo e buonissimo; il ristorante è di proprietà di un gordo mexicano con lunga militanza come cuoco in italia, simpaticissimo, bravissimo e soprattutto non “contaminato” negativamente dalla cucina italiana…Noi vogliamo mangiare mexicano! Il resto della serata la passiamo seduti al tavolino del ristorante bevendo qualcosa ed osservando lo scorrere semplice della “vita” dagli abitanti dell’isola; ragazzini che si rincorrono, ragazze sui carritos in cerca dell’amore, un paio di amici ubriachi che sembrano prima litigare per poi brindare insieme; domani si riparte per l’Italia e siamo un po’ tristi.
Ci svegliamo presto, solito tuffo per il solito buon inizio di giornata, riempiamo velocemente i nostri zaini cercando di non rompere le cosine acquistate nel nostro girovagare e via di corsa in spiaggia; aspettiamo così al mare l’ora del nostro imbarco prevista per le 13 orario ragionevole visto che abbiam l’aereo per Roma da Cancun alle 19.30.
Ci imbarchiamo all’ora prevista; il traghetto è pieno zeppo di giovani operai che tornano a casa per il fine settimana, sono gli operai che lavora ai danni causati dall’uragano Wilma; noi abbiamo poca voglia di parlare.
Arrivati a Chiquilà contrattiamo velocemente con il solito taxi e via in direzione aeroporto di Cancun. Il tempo è bruttissimo, nuvoloni neri, diluvia; il nostro autista è muto; il taxi è vecchissimo e sporchissimo ma questo non è un problema siamo come dicono qui constumbrati; il viaggio prosegue tranquillo a parte una stradina sterrata imboccata all’improvviso dal nostro taxi che si rivelerà preziosa per evitare il traffico di Cancun; l’accesso e l’uscita della stessa prevedono però il pagamento di una mancia agli operai che vi lavorano; ultimo saggio del Mexico; in Aeroporto ci imbarchiamo quasi subito; mangiamo qualcosa, compriamo un paio di bottiglie di Tequila e di Mescal e ci prepariamo al viaggio di regresso; l’aereo è pieno zeppo, speriamo di riuscire a dormire un po’; appena dopo il decollo ci riemozioniamo guardando dall’alto la piccola Isla Mujeres sotto di noi; la riconosciamo subito, la mia Monica è convinta di scorgere persino il tavolino che è stato nostro per un po’ di tempo so che non è vero ma mi piace pensare che sia così. Il nostro viaggio è finito adesso ci aspetta il viaggio di una vita con un po’ di Mexico dentro.
Que te vada bien. Hasta luego. Que viva Mexico