La Pause Normanne

Lasciati a malincuore Langhe e Monferrato, partenza l’8 settembre per la Francia, via San Bernardo, dopo due giorni di: - colori e profumi delle colline del Monferrato, tra vigneti ordinati, nello splendore della vendemmia (tra parentesi, quest’anno, di altissima qualità) e prati dai verdi intensi, quasi irlandesi; - visita di cantine: a...
Scritto da: Holderlin
la pause normanne
Partenza il: 06/09/2007
Ritorno il: 20/09/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Lasciati a malincuore Langhe e Monferrato, partenza l’8 settembre per la Francia, via San Bernardo, dopo due giorni di: – colori e profumi delle colline del Monferrato, tra vigneti ordinati, nello splendore della vendemmia (tra parentesi, quest’anno, di altissima qualità) e prati dai verdi intensi, quasi irlandesi; – visita di cantine: a Vinchio per il Barbera superiore, a Santo Stefano Belbo, per Dolcetto, Arneis e Gavi, e a Dogliani, già noto per Einaudi, per l’inarrivabile Barturot Ca Viola; – emozioni e commozione, sempre a Santo Stefano Belbo, al museo Pavese, architettonicamente assai interessante, grazie alla torre con scala a chiocciola, le pareti percorse, dal basso in alto, dalla calligrafia nervosa e ricca di interessanti correzioni, di Pavese, tra le lettere e stralci da “I dialoghi di Leucò”, “La luna e i falò”, “Il mestiere di vivere”, in un percorso che ho voluto seguire a ritroso, dal messaggio precedente il suicidio alle prime lettere agli amici, persuaso che si debba partire dalla fine per capire l’inizio di un artista; cucina delle Langhe, pretenziosa, sussiegosa e con personale troppo presente per anticipare qualsiasi desiderio, a scapito della discrezione, quella del Caffi, ad Acqui Terme (consigliato un ansiolitico prima della visione del conto), più alla mano, ancorché di alto livello, quella del Belbo dal Bardon, a San Marzano Oliveto, specie negli antipasti, nello stinco e, soprattutto, nella grazia dei tagliolini finissimi, ricoperti da una candida montagna di tartufo.

Prima tappa ad Autun, dopo circa 600 chilometri, in pittoresca hostellerie con vista sul fiume, per il resto cittadina tutto sommato anonima, degna di nota solo per l’ottima cucina vietnamita, in locale nuovo in centro.

Il 9 partenza per Civray De Touraine, attraverso paesini incantati, in un trionfo di fiori. L’hostellerie prenotata, con annesso parco e laghetto, particolarmente suggestiva all’esterno, evidenzia all’interno tutta la sciatteria del gestore, sia nella totale assenza di cura dei particolari che nell’ignobile petit dejener, il peggiore degli ultimi 30 anni. Per fortuna vicino c’è la deliziosa Chenonceaux, ancor più affascinante di notte, la Loira e i suoi riflessi, e poi Blois, bellissima e regale, impreziosita dal mercato mensile del brocante, per la felicità di mia moglie e dei venditori (bagagliaio occupato da 2 sedie che ci seguiranno per tutta la Francia) e, naturalmente, il castello di Chambord, imponente e suggestivo, specie visto dai canali che lo circondano.

Il 10 partenza per Rennes, sosta in Citotel (eccellente) per posare i bagagli, e via per Paimpont e la sua foresta incantata, nel cuore della Brocelandia. Da vedere Plélan le Grand, l’abbazia di Paimpont, se possibile con passeggiata nel bosco, che consente di ammirarne i riflessi sul lago, la tomba di Merlino, il piccolo castello di Treffendel, adagiato sull’acqua, Bourg de Comte e La Val sans Retour, il tutto in un continuo di foreste e corsi d’acqua, tra rarissime case ed un’atmosfera sospesa.

L’11, giorno di mercato a La Guerche de Bretagne. Le due ore di disperazione tra le bancarelle di tessuti ed abiti femminili, sono compensate, in parte, dalla vista della coloratissima esposizione di frutta e verdura, tra carciofi e carote enormi, mentre su tutto aleggia il profumo di salsicce e di pane. Poi a Vitrè, assolutamente da vedere, le fortificazioni imponenti ingentilite da edera e dalla vite canadese variopinta che ricopre le torri, un parco bellissimo con piante e fiori affascinanti, oltre ad un laghetto dove la fanno da padrone quattro cigni neri ed un solo cigno bianco, a riscattare antiche discriminazioni ballettistiche, il tutto immerso in un’atmosfera festosa, grazie a centinaia di giovani studenti che consumano il pranzo sui prati, o giocano a carte, seduti in cerchio in vari angoli di strada. In confronto Fougeres, pur meritevole di una vista della bellissima cinta muraria dalla Cattedrale, è permeata da una sorta di cupa rassegnazione, alla maniera della pur interessante Tréguier. L’avevamo programmata come tappa, ma ci deprime e decidiamo di proseguire per la Normandia. Arrivati a Caen scopriamo che tutti gli hotel sono pieni, c’è solo una stanza libera all’Holiday Inn (95 euro): decidiamo che non ne vale la pena, città troppo caotica e troppo piena di semafori. Proseguiamo per Cabourg, e ci innamoriamo subito della poesia del suo corso centrale, pieno di luce, tra case a graticcio e brasserìe. Troviamo posto all’Hotel de Paris, meno pretenzioso e, per fortuna, molto più economico del suo omonimo monegasco, e così scopriamo il piacere di passare la notte in una tipica costruzione a graticcio e in una stanza piena di luce. La sera, a cena, tra un bicchiere e l’altro di Muscadet, scopriamo il piacere de “la pause normanne”, una sorta di sorbetto alla mela annegato nel Calvados, assunto tra una portata e l’altra (al confronto, il nostro sorbetto è roba da dilettanti!). Per fortuna non si deve guidare per rientrare in albergo, e così, schiamazzanti e reggendoci a vicenda, rientriamo euforici, prima di precipitare in una sorta di sonno comatoso: lo consiglierei come alternativa, molto più gradevole e meno tossica, ad anfetamine e ad altri euforizzanti prima, ed al Tavor o ad altri ipnoinducenti poi.

Il mattino del 12, soddisfatti e di nuovo lucidi, partenza per Honfleur ed Etretat, con attraversamento del famoso e bellissimo ponte. Due paesini da non mancare, per l’atmosfera il primo, come osservato dall’alto dall’occhio curioso di Monet, e per lo spettacolo unico delle falesie, su un mare incredibile, il secondo.

La sera, al rientro, sosta programmata a Mont Saint Michel, in magnifica chambre d’hotes, ove stazioneremo per tre giorni. Dopo discreta cena all’Auberge de la Baie, passeggiata notturna verso Mont Saint Michel, con la quale mi riconcilio, grazie alla pochissima gente, al fascino dell’illuminazione, che la rende una sorta di miraggio splendente sul nulla, e ad un conturbante cielo stellato.

Il 13 giorno di libertà, con prima tappa a Cancale, dopo l’amore a prima vista suscitatoci l’anno scorso da questo imperdibile centro vivaistico di ostriche e mules. Arriviamo con la marea che si ritira, regalandoci il divertente risveglio di un marinaio che si affaccia dal boccaporto del suo piccolo cabinato, scoprendosi sollevato sulla terra. E ancora la rumorosa allegria del porticciolo, i colori dei balconcini e della miriade di ristorantini sul mare e, soprattutto, i cinque banchi coperti, al limitare del porto, con la degustazione di tutte le varietà di ostriche, dalle creuses alle sauvages ed alle plat, dalle numero quattro alle numero uno, con prezzi dai 3.80 ai 5 euro la dozzina, aperte con incredibile velocità (quale invidia!) dalle proprietarie dei banchi, e servite in vassoi bianchi, per essere consumate seduti sul muletto prospiciente il mare, mentre i gabbiani si litigano i gusci vuoti lanciati dall’alto. C’è chi si è organizzato con tovaglietta, vino e baguette, ma l’impressione d’insieme è di un godimento informale, specie per sapore e ricchezza delle ostriche. Alla fine, passeggiata con i piedi nell’acqua tra i vivai, ad osservare lo straordinario metodo di allevamento dei molluschi, sia liberi in vasca che in sacchi di rete rigida.

E poi, la strada lungo la baia di Cancale, fino alla punta di Grouin, con annesso omonimo hotel (100 euro le doppie, tutte vista mare – e che vista! -, una piccola follia da non trascurare per un week end romantico e magico), mirabile visu tra isolotti, scogliere e mare con colori greci. Infine escursione marina nella lunga spiaggia che precede San Malò, passeggiando a piedi nudi tra i paguri e gli scheletri di cozze e conchiglie.

La sera doverosa visione dell’alta marea a Mont Saint Michel, inizio alle 11.24, domani si replica mezz’ora più tardi.

Il 14, raggiunti dai nostri amici per il week end, stesso itinerario del giorno precedente (in due giorni 52 ostriche a 0 per mia moglie, una vera disfatta…).

La sera cena a Mont Saint Michel con visione della marea che sale, in diretta dal ristorante.

Il 15 giorno di partenza per rivedere la Cote di Granit Rose. Prima tappa a Cape Frehel, trionfo di erica a degradare su scogliere a picco e scenari mozzafiato, fino al suggestivo Fort La Latte. Poi a St Quay Portrieux, per camminare sulla Plage de la Comtesse, durante la bassa marea, tra distese di cozze, ostriche, patelle giganti e veloci fughe di granchi. La sera, vicino a Paimpol, alla chambre d’hotes Pondervan, di una bellezza da togliere il fiato, non solo per le dimensioni delle chambres (50-60 metri), ma per il parco con bellissimo laghetto e la vista sulla baia, con i suoi numerosi uccelli. Si esce per cena a Paimpol, al ristorante Escale, che ci ricorda come anche tra i francesi esistano gestori cafoni e inutilmente furbetti, Il 16 arrivo a Ploubazlanec, con vista della graziosa chambre e partenza per giro della Cote di Granit Rose, con rivisitazione di Perros Guirec, Tréguier e passeggiate sul mare. La vista dell’itinerario costiero di Plougrescant, con camminata tra le barche insabbiate, vale da sola, a mio avviso, un viaggio in Bretagna. La sera simpatica cena a “Le moulin de la galette”, creperia – pub a Lezardrieux, con gentilissimo proprietario con le fattezze di Asterix, poi a dormire presto, domattina i nostri amici partono per Parigi per rientrare in Italia.

Il 17 prima ed unica giornata di pioggerellina. Prima tappa all’incantevole Malestroit, sul canale di Redon, da non perdere (in questo “ritorno in Bretagna l’anno dopo”, abbiamo dovuto tralasciare gli indimenticati Le Conquet e Pont Aven) e poi giù verso la Loira Atlantica, la Vandea e la Charente Maritime, posti da dimenticare, se non per allevatori ed acquirenti di cavalli. La sera arrivo all’Ile de Re, dopo lunghissimo ponte che la collega a La Rochelle, e pernotto in modesta chambre d’hotes a prezzo salato, riscattato da cena deliziosa a “Le Jardin du Pelican”, divertente locale gestito da 4 ragazzi, originale per arredi (minimalisti) e menù. Al rientro, lo spettacolo di decine di leprotti, ipnotizzati dai fari, in piedi ai bordi della strada.

La mattina rapida visita dell’isola, ricchissima di spiagge, vigneti, prati e passeggiate tra gli alberi, sotto un cielo completamente azzurro, spazzato dal grecale.

Ma sono gli ultimi fuochi, si riparte per tappone di 750 chilometri fino a Grenoble, camera carinissima all’hotel Trianon, proprietaria deliziosa, eccellente cena libanese. Al mattino, visita al castello della Bastiglia, che sovrasta la città, raggiunta in inquietante ovovia, con vista da non perdere di Grenoble, con i suoi tetti caratteristici, dell’Isére e di tutti i monti circostanti, infine ritorno in Italia, via Frejus e soggiorno di 2 giorni in Lunigiana.

Il gusto del primo vero caffè espresso, in anonima stazione di servizio (altra cosa quelle meravigliose e verdissime francesi), non vale ad attenuare la tristezza.

E del resto, lo spettacolo deve continuare.

Ringraziamenti, scuse e consigli.

Ringraziamenti: – all’ufficio turismo francese che, a dispetto delle catastrofiche previsioni, per il secondo anno consecutivo ci ha offerto 11 giorni di sole su 12 (indispensabile l’ottimismo preventivo e la riservatezza, sulla meta, nei confronti di noti catalizzatori di catastrofi metereologiche); – a mia moglie, per aver sopportato qualche mio sbalzo d’umore, specie di fronte ad alcune sue riprese “singolari” con riguardo alla centratura dei soggetti e, soprattutto, per le mie esagerate manifestazioni di godimento ad ogni saluto femminile “bonjour messieurs-dames”, che faceva precedere il “signori” alle “signore”: lo so, è una soddisfazione meschina, ma ho imparato ad accontentarmi di poco, visto che, tra l’altro, non amo nemmeno i frutti di mare; – agli animali incontrati nella foresta di Paimpont, da un magnifico cavallo dallo sguardo intenso, che si è prestato a numerosi primi piani, ad un fantastico gattino rosso, sperduto nella foresta della Val Sans Retour, che abbiamo provato a prendere per portarlo con noi, senza successo. Alla fine abbiamo ritenuto che si trattasse del cucciolo di un gatto selvatico, data la lontananza da qualsiasi centro abitato e le perfette condizioni di nutrizione, o la reincarnazione di una dama o un cavaliere bretone, che ci ha fatto l’onore di appalesarcisi; – al caso, che ci ha fatto imbattere, nelle tappe non programmate, in paesini da sogno, atmosfere sospese, suoni e silenzi di corsi d’acqua e canali, chambres d’hotes piene di fascino e di luce; – alla cortesia ed alla simpatia dei francesi, malgrado la contemporaneità degli scontri calcistici e rugbistici internazionali, a conferma di disponibilità, sense of humor ed educazione (certo aiuta il fatto che abbiamo saltato Parigi); – a nostro figlio, che si è occupato di accudire e consolare, in nostra assenza, la tribù di gatti e cani al completo.

Scuse: – a Silvia, “voce guida” del navigatore satellitare, per le centinaia di volte che ha dovuto ricordarmi che avevo superato i limiti di velocità, o che ha dovuto “ricalcolare il percorso”, suggerendomi inversioni ad “u” od itinerari alternativi, oltre che per i frequenti sbeffeggiamenti di cui l’ho fatta oggetto, senza possibilità di replica ( per altro non facendole mancare, a tratti, il conforto di un moto di apprezzamento, durante itinerari particolarmente complicati); – a mia moglie, per qualche sguardo di troppo a “bellezze francesi”, per non aver condiviso appieno il godimento da lei provato nell’abbuffarsi, in solitaria, di svariate dozzine di ostriche, e per non aver manifestato entusiasmo durante le 2 ore in cui si è soffermata tra le bancarelle di Guerche de la Bretagne; – all’irresistibile (ed obeso) basset hound di una famiglia di camperisti francesi, il quale, a causa delle nostre entusiastiche effusioni, è stato costretto dai proprietari, per un tozzo di pane, ad un’esibizione da circo poco dignitosa e, per lui, particolarmente faticosa.

Consigli: – i posti molto turistici, come le Mont Saint Michel, Honfleur, Etretat, sono circondati da decine e decine di chambres d’hotes, alcune a prezzi bassissimi: a mio avviso non ha senso prenotare via internet o agenzia dall’Italia, molto meglio valutare sul posto e decidere secondo ispirazione: – cercare di rispettare i limiti di velocità, se non altro perché i controlli sono frequenti. In particolare, anche gli automobilisti meno disciplinati, all’ingresso in paesi e/o città, rallentano a 30 o a 50 km/h, il che non è, tra parentesi, cattiva abitudine: – evitare di usare il clacson se non strettamente necessario, in Francia difficilmente vi ricorrono: ho personalmente assistito, in più di una circostanza, al comportamento civile di uomini e donne alla guida che, dopo più di un minuto di attesa dietro a macchine ferme a semafori verdi, o che bloccavano la circolazione, si recavano a piedi a chiedere al responsabile del blocco se c’era qualche problema (e tutto sommato il contatto umano diretto è molto meglio di quello mediato da colpi nervosi di clacson); – evitare di rimanere in riserva: in Francia, con l’esclusione di alcune autostrade, i distributori sono tutt’altro che frequenti; in particolare solo Agip e Shell hanno il gasolio senza zolfo, ancor meno quelli con GPL; – accarezzare senza problemi cani e gatti, i francesi amano particolarmente i propri animali (nessun randagio in giro!) e sono felici ed orgogliosi nel vedere che anche voi li amate; – approfittare con discrezione dei frequenti alberi di deliziose mele rosse che si incontrano sulle strade bretoni: nessuno vi riprenderà per l’occasionale sottrazione di una mela, altro discorso se vorrete farvene una scorta; – qualora ne cogliesse l’ispirazione, evitare di gettare carta o bucce di banane (ho assistito personalmente – per caso la macchina era italiana – al lancio di 3 bucce, e non c’erano scimmie a bordo) dai finestrini, o di lasciare buste o lattine in giro. In Francia sono disponibili gratuitamente, in tutti i parchi, persino i sacchettini per la raccolta degli escrementi animali; – nel caso non nutriate particolare trasporto per vino e/o birra, cercate di provvedere a cambiare prima della partenza (c’è sempre tempo per migliorare): il costo medio di mezza bottiglia di acqua minerale, al ristorante, si aggira sui 4.50 euro, il che è francamente ai limiti della moralità ed invoglia a passare a scelte diverse, per altro anche più gratificanti.



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