Delusione Cina

Ammetto di avere visitato della Cina solo una piccola parte e di aver inserito questo spezzone tra due viaggi importanti in paesi che lasciano un segno indelebile (Tibet e Mongolia). Ma il risultato è che la Cina mi ha lasciato del tutto freddo. Sono stato un po’ di giorni a Beijing, che, come città, mi è sembrata semplicemente un agglomerato...
Scritto da: episteme
delusione cina
Viaggiatori: in coppia
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Ammetto di avere visitato della Cina solo una piccola parte e di aver inserito questo spezzone tra due viaggi importanti in paesi che lasciano un segno indelebile (Tibet e Mongolia). Ma il risultato è che la Cina mi ha lasciato del tutto freddo. Sono stato un po’ di giorni a Beijing, che, come città, mi è sembrata semplicemente un agglomerato mostruoso di fabbriche inquinanti, abitazioni e uffici per un totale che varia, a seconda delle fonti, dai 14 ai 18 milioni di persone. E’ una megalopoli che non ha una sua natura e struttura: accanto ai piccoli quartieri nati attorno ad un pozzo, con le vie intricatissime e le case basse (hutong), si stanno costruendo enormi grattacieli tipo “architettura moderna” (come si trovano a Lorenteggio, nella periferia ovest milanese). Un intellettuale locale lamentava che di questi piccoli agglomerati di una ventina di casette nati attorno ad un pozzo ne hanno già spianati più di 600. Infatti con la scusa delle Olimpiadi la speculazione edilizia si sta divorando la città. Insieme con il terribile inquinamento ed il traffico in tilt mi ha (male) impressionato la formicolante marea di gente che c’è ovunque si vada. E attenti ai piedi: lo sport nazionale cinese è infatti la rumorosa scatarrata con sputo per terra. Le Olimpiadi sono fatte vivere alla gente comune come un forte momento di esaltazione collettiva nazionalista. Il Partito Comunista Cinese, per nascondere la mancanza di democrazia, l’occupazione militare del Tibet, il cibo adulterato venduto in occidente, i giocattoli non conformi alla sicurezza, la mancanza di lotta all’inquinamento, la ricollocazione forzata di centinaia di migliaia di persone (dalla Mongolia cinese, ad esempio), la corruzione, il divario economico sempre crescente tra la classe politico/fiananziaria/commerciale ed il popolo, soprattutto contadino… e qui mi fermo, gioca tutto sul coinvolgimento emotivo della gente in questo evento, che , stando alla propaganda, sarà “il più grande della storia”. Fino alla nausea in tv ripetono questo ritornello declinato in una infinità di spot, slogan (“We are Ready”) e iniziative varie, del tipo “Can I help you”, cioè insegnare l’inglese ad una popolazione che l’inglese non lo conosce affatto. Neanche i giovani. L’aria di imbonimento esasperato tipica di ogni paese totalitario è davvero pesante. Un’altra nota estremamente negativa per la mia esperienza è stata il tour operator cinese e la guida locale che ci ha messo a disposizione. Prima di tutto il nome dell’agenzia: China Odissey. Evitatela. Perché non è affidabile, non è in grado di far fronte alle emergenze e, in caso di problemi, li ribalta sui clienti. Senza tirarla troppo per le lunghe riporto solo due esempi: la guida che non si fa trovare all’aeroporto perché è rimasta a casa a dormire e l’autista che anziché arrivare alle 5 del mattino si presenta insonnolito alle 5,30 rischiando di farci perdere l’unico e prenotassimo volo diretto a Lhasa. E a proposito di aerei: diffidate di China Airlines. Ecco il motivo: dopo un volo di due ore da Ulaanbaatar a causa del cattivo tempo l’aereo atterra anziché a Beijing in un aeroporto sconosciuto a sud della capitale. E lì veniamo sequestrati. Per più di sette ore rimaniamo prigionieri nell’aereo fermo sulla pista, con i portelloni chiusi, in un aeroporto chiuso e senza luci, senza alcuna informazione da parte del comandante e con un equipaggio che d’inglese spiaccica solo “Tea or coffee?” e che in sette ore non offre neanche un caffè. Naturalmente, quando si riparte il comandante si guarda bene di informare i passeggeri su che cosa stia succedendo e non dimostra neanche quel minimo di professionalità nel chiedere scusa ai sequestrati. Avete presente il momento del disimbarco: c’è sempre almeno una hostess vicino al portellone di uscita che, sorridendo, saluta e ringrazia. Ebbene questa volta l’equipaggio è letteralmente svanito! All’aeroporto di Beijing un gruppo di americani che intende fare una protesta scritta per poi intraprendere un’azione legale contro la compagnia non riesce a trovare un interlocutore: il caposcalo svanisce nel nulla e nessun rappresentante della compagnia di bandiera cinese è reperibile. Oltre alla scarsa professionalità dimostrata dal suo equipaggio China Airlines si è inoltre fatta notare per i ritardi dei voli. Addirittura la Autorithy cinese gliene ha bloccati un paio proprio per gli eccessivi ritardi. E’ chiaro il quadro? Xian è la mia seconda meta cinese. Ci arrivo con un viaggio di 36 ore via treno da Lhasa. Il viaggio è defaticante ma molto bello perché hai modo di osservare bene il paesaggio. Dai finestrini del treno si ammirano valli erose dai fiumi in piena, distese immense dove gli unici esseri viventi che vediamo sono branchi di gazzelle. Il treno entra come un intruso in poveri paesini di contadini e fra i palazzoni popolari di brutte periferie di grandi città. E ovunque si passi sia il personale delle ferrovie sia i numerosi poliziotti e soldati dislocati lungo il percorso appena transita il treno scattano sull’attenti e se ne stanno lì impalati a fissare il vuoto finchè non è passato l’ultimo vagone. Xian fu un tempo capitale, con il nome di Chang’an, della dinastia Tang e nell’ VIII e IX sec fu occupata più volte dagli eserciti tibetani. Capitale mondiale della coltivazione del melograno conta adesso (forse) 10 milioni di abitanti ed è famosa per i Guerrieri di Terracotta. In tre grandi capannoni si può ammirare l’esercito (composto da 8.000 guerrieri di terracotta con le loro armature e cavalli) posti a guardia della tomba del primo imperatore Quin. Il colpo d’occhio è impressionante. Molto bello anche il film proiettato su schermi a 360° che ne racconta la storia. Il grande muro di 14 km che circonda la città storica è un altro must turistico, ma inferiore alla grandiosità dei Terracotta Warriors. Xian è semplicemente una città grande con marciapiedi affollati, strade intasate, macdonald’s e kfc, negozi su negozi che sparano aria condizionata e musica squassatimpani pieni di ragazzini con i capelli schizzati e ragazzine vestite da lolite che girano e girano senza comprare nulla.

Mentre mi gusto un ottimo hot dog in un locale cinese con soli clienti cinesi (è in questi locali che finalmente traboccano turisti occidentali) mi domando se la Cina vale la pena di un viaggio. Il potente rutto del cinese che sta bevendo coca cola accanto a me mi fa propendere per un caloroso “no, grazie”.



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