Zanzibar nel cuore 2

Difficile non ripetere ciò che altri prima di me hanno scritto dopo una vacanza a Zanzibar, mi soffermerò più che altro sulle emozioni vissute e non tanto sulla descrizione paesaggistica che comunque è incantevole e stupenda. Settimane prima della nostra partenza, avevo già consultato “turisti per caso” ed altri siti internet, in merito a...
Scritto da: Michele60
zanzibar nel cuore 2
Partenza il: 31/07/2007
Ritorno il: 15/08/2007
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 3500 €
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Difficile non ripetere ciò che altri prima di me hanno scritto dopo una vacanza a Zanzibar, mi soffermerò più che altro sulle emozioni vissute e non tanto sulla descrizione paesaggistica che comunque è incantevole e stupenda.

Settimane prima della nostra partenza, avevo già consultato “turisti per caso” ed altri siti internet, in merito a qualsiasi testimonianza di chi prima di me aveva visitato quel luogo, leggendo tutto il possibile per informarmi al meglio…

Sulla base di affermazioni scritte da altri ( ringrazio chi lo ha fatto ), in merito al bisogno di quella gente ( gli Zanzibarini ) di qualsiasi cosa, partiamo il 31 luglio 2007, io, mia moglie e mia figlia di 13 anni, alla volta dell’aeroporto di Milano Malpensa, , dove di sera ci attende un Aerbus A 330 della Livingston, carichi di troppi bagagli per 3 persone, consistenti in 4 valige enormi e 2 zaini strapieni.

Ho fatto i bagagli in modo che se qualcosa è rifiutato al check in, lascio la valigia coi miei vestiti, in quanto nelle altre ho messo quaderni, matite, temperini, penne biro, scarpe, vestiti usati e quello che posso portare…

Al momento dell’accettazione bagagli, mi vergogno un poco per quanto metto sul nastro trasportatore con annessa pesa ( mi vergognavo perché ancora non sapevo), ma alla fine tutto il bagaglio viene accettato ed anch’io potrò avere i vestiti per “potermela tirare” di sera nel villaggio turistico che ci avrebbe ospitato.

All’arrivo a Zanzibar, la mattina seguente, quando l’hostess apre il portello dell’aereo, un’ondata di aria incredibilmente umida ci assale, da quel momento, posso constatare da me se corrisponde a verità, quanto descritto da altri, sulle richieste di mance a iosa da parte di tutti, polizia inclusa… Inebetito dal viaggio notturno senza chiudere occhio e intimorito dalla nuova esperienza ( mai vista l’Africa ), paghiamo i fatidici 50 dollari a testa per il visto d’entrata presso sportelli per l’immigrazione affollatissimi.

Il ritiro dei bagagli è quanto di più “folkloristico” potessi aspettarmi, trovo inutile reclamare ( siamo in un piccolissimo aeroporto in Africa ) e fra gente stupita ed indignata dall’assenza di nastri trasportatori, mi trovo anch’io il volenteroso locale, che cerca fra la miriade di valige, quelle che corrispondono alla mia descrizione, da qui il mio primo dollaro speso per una mancia, sono comunque tranquillo in quanto sono provvisto di una certa cifra in biglietti da uno.

La polizia mi chiede un’ulteriore mancia o l’apertura dei bagagli, non mi oppongo ed accetto di aprire le valige, ma da dietro arriva un segnale ( non ho capito da chi ) ed il poliziotto ci libera.

Nell’attesa di salire sul nostro piccolo autobus che ci porta al villaggio, vedo sfilare un camion con tutte le valige incluso le nostre caricate alla rinfusa sul cassone e sopra di esse, vi siedono 3 Masai, ci assicurano che le avremmo ritrovate in camera.

Mi avvicina un ragazzo, chiaramente di colore, che con molta gentilezza mi chiede di cambiare 5 Euro di moneta, in carta, accetto, avendone nel portafoglio, due minuti più tardi, altre 5 persone simultaneamente mi chiedevano la stessa cosa… Non esistono microspie, non mi rendo ancora conto che il passaparola fra gli Zanzibarini è efficientissimo, da quel momento comunque, non avrei più smesso di cambiare moneta in metallo con Euro in carta, ma ancora non lo sapevo… Il piccolo autobus parte dall’aeroporto alla volta di Kiwengwa, togliendomi da davanti venditori di noccioline che mi fissano con uno sguardo che trasmette onestà e miseria, non capiscono perché, dato che ho cambiato così tanta moneta e ne ho le tasche piene, non compero le loro noccioline, ma io ho letto e sentito di stare attento a qualsiasi cosa per non essere contaminato d infezioni intestinali o epatite A … Nel tragitto riprendo con la mia videocamera qualsiasi aspetto del luogo, mi stupisce la troppa gente per strada, il poco ma comunque caotico traffico, le biciclette con caricate sul posteriore ceste enormi piene di galline vive, i Dala Dala (autobus locali ) carichi di gente anche appesa all’esterno e merci sul tetto, gente sopra le merci se vi è la possibilità, i loro “negozi”, le “case”, il pesce in vendita steso in terra ( sulla terra ) e le molte cose cui i miei occhi abituati solo all’Europa, non hanno mai visto, decido allora che riprenderò tutto, mi porterò a casa qualsiasi immagine e volto che avrei incontrato nella mia vacanza ed i 10 mini DVD che ho con me, sono veramente pochi.

5 minuti dopo il nostro arrivo in villaggio non resisto alla curiosità di vedere quello che offre il paesaggio, mia moglie è sconvolta dal viaggio e riposa, ma con mia figlia mi dirigo verso il mare, penso di essere il primo dei nuovi arrivi a presentarmi sulla spiaggia, il mare è lontanissimo e quasi non si vede, le maree lo fanno arretrare anche per più di 300 Mt. Fino oltre la barriera corallina, ma i tanto decantati Beach Boys ( venditori di tutto ) esistono davvero e sono in molti, tutti schierati al di fuori dell’area di pertinenza del villaggio verso il mare, l’acqua è lontanissima e loro hanno tanto posto per poter urlare e richiamare la nostra attenzione; intimorito mi fermo, un ospite steso su di un lettino mi dice: ”Vai vai, guarda che non mordono”, allora mi faccio coraggio e proseguo assieme a mia figlia verso l’acqua, una guardia del villaggio mi si affianca e mi scorta, i Beach Boys, appena lascio di un solo passo l’area protetta, mi si fanno intorno, sono tutti volti sconosciuti e quindi dentro di me vi è comunque un po’ di timore, la guardia si avvicina come per proteggermi con un manganello di ebano in mano, faccio un gesto calmo e dico che non vi è nessun problema, la guardia indietreggia e subito un Beach Boy mi ringrazia per averlo allontanato ed avere dato loro il permesso e l’opportunità di parlarmi.

Il solo problema è che tutti vogliono dire un sacco di cose tutti assieme e nello stesso momento, tutti hanno qualcosa da offrire, chi escursioni, chi lavori d’artigianato locale in legno e le Beach Girls che vogliono fare le treccine a mia figlia… Tutti parlano italiano, inizio a non avere più timore e mi lascio accompagnare nella passeggiata verso l’acqua, si fanno chiamare tutti con nomi di italiani anche famosi. Vendono oggetti di legno o qualsiasi altra cosa.

Oggi, a vacanza trascorsa e già nel mio ufficio, mi chiedo come si possa in 15 giorni farsi degli amici nel mondo degli adulti, di adulti di altre culture e religioni, di un altro colore di pelle, dico amici, perché se stò scrivendo queste righe è perché stò pensando a chi, a differenza di me, che sono seduto sulla mia poltrona, è in spiaggia cercando di sprigionare fiducia verso i nuovi turisti arrivati, in modo da potergli vendere qualcosa od offrire loro un’escursione all’interno dell’isola, in modo che col ricavato, possano garantirsi la quotidiana sopravvivenza, per loro e le loro famiglie, ma questa spiegazione la darò durante il mio racconto…

Al rientro nel villaggio turistico, dalla passeggiata alla ricerca del mare vi è il briefing da parte dello staff di animazione, fra le altre cose, ci dicono di non accettare i servizi o i prodotti dei Beach Boys, in quanto il loro lavoro è svolto senza pagare tassa alcuna e danneggiano le casse e le entrate del villaggio che invece le tasse le paga, di non dire come ci chiamiamo, altrimenti non troveremo più pace… I primi 3 giorni di vacanza trascorrono per riprendere le energie perse durante l’anno ed il viaggio che mi è veramente pesato, ogni qualvolta metto piede in spiaggia, ho una miriade di persone che passeggiando sul bagnasciuga urla il mio cognome o nome salutandomi, chiamandomi per vendermi qualunque cosa, il fatto comincia ad infastidirmi e mi chiedo se non sbaglio dare loro il mio nome e cognome. Mi annoio, non riesco mai a stare nullafacente per più di 10 minuti, decido quindi di passeggiare sulla spiaggia nella zona ai Beach Boys vietata, ovvero a ridosso del villaggio.

Adiacente al villaggio vi è una sorta di recinzione di canne di bambù con interno poche capanne, appoggiata ad essa una miriade di bancarelle costruite artigianalmente zeppe di qualunque genere di braccialetti e gestite da persone che si dicono essere Masai, non credo che lo siano, per la mia conoscenza i Masai, non vivono sulle spiagge vendendo ninnoli, i Masai secondo la mia istruzione vivono nell’entroterra fra la Tanzania ed il Kenya, occupandosi di bestiame e pascoli, delle loro mucche e della loro caccia; Resto colpito dalla pacatezza nei loro modi di fare, non sono insistenti, mi fanno vedere i loro lavori e mi dicono che se voglio, prima della nostra partenza, sarebbero ben felici di venderci qualcosa, anche loro si presentano con nomi di battaglia… Ho ormai trascorso 4 giorni e tutto mi diventa quasi famigliare, anche l’insolito.

Con l’organizzazione del villaggio, partecipiamo alla ns. Prima escursione, il Safari Blu, non sia mai detto che ci affidiamo ai Beach Boys, che si dice non abbiano nemmeno l’assicurazione, col nostro tour operator siamo tranquilli, facciamo stupende immersioni nell’oceano indiano, guidati da un locale che dopo ogni risalita ci spiega quello che ci ha mostrato, è gentilissimo e molto disponibile ed è solo per noi 3, gli altri avevano altre guide divisi in gruppi di massimo 5 persone.

Siamo fortunatissimi, nel trasferimento in barca verso l’isola che ci ospiterà per il pranzo sono avvistati in lontananza sbuffi di vapore acqueo delle balene, infischiandosene dell’appuntamento con il cibo ( era ormai quasi mezzogiorno ), il responsabile dello staff locale e del gruppo di barche, comincia l’inseguimento, sopra siamo in 14 per ognuna, urla alle altre 3 imbarcazioni di seguirlo, in 10 minuti siamo a ridosso delle Balene, riesco a filmarle per oltre 20 minuti, sono 4 Megattere grigie che pigramente nuotano ed emergono dall’acqua per respirare, sono vicinissime, a non più di 3 / 4 metri, enormi, bellissime, l’adrenalina mi fa dire anche parole poco consone da riascoltare nelle mie preziose riprese con la videocamera, pazienza, metterò una colonna sonora di fondo ed annullerò quanto detto, arriviamo in ritardo al punto d’incontro per il pranzo, ma tutti noi continuiamo a ringraziare per l’esperienza vissuta.

Rientriamo alla sera, stanchi ma felici per il contatto con le balene e pensare che eravamo salpati di mattina con la speranza di vedere almeno un paio di delfini…

Impressionati anche dal fatto che, alla nostra prima uscita, abbiamo visto e conosciuto la realtà locale, molto povera ma molto dignitosa, dove i bimbi giocano con giocattoli creati dal nulla e con forme che solo loro, con la loro fantasia, riescono a trasformare in un’automobilina, un camion, una bambola, ma bimbi che con un sorriso ti salutano sempre con i loro Jambo e Hakuna Matata, ti salutano per primi, rincorrendoci, questo succede in ogni villaggio che attraversiamo; trovo molto strano che sull’autobus con noi, vi sia gente che per il viaggio di trasferimento ( circa 1h,30 min. ) si sia portata un libro e sia totalmente indifferente a quanto scorra fuori dai nostri finestrini… Le “strade” o meglio, le piste, non sono asfaltate e piene di buche, facciamo molti salti che ci sollevano dai sedili, pensiamo che l’autista sia un po’ pazzo, ma i Dala Dala stracarichi, ci sorpassano a velocità molto superiori, mi chiedo in continuazione come fanno le persone con i libri in mano, a leggere e non perdere il segno, forse sono indifferenti anche a quanto stanno leggendo… Dopo ore di spiaggia, ed avere ormai approfondito i dettagli con parecchi Beach boys, decido di fidarmi ed accetto di prendere parte ad una loro escursione con la mia famiglia ed altri italiani conosciuti durante la nostra permanenza, fatico a convincere gli altri che non vi saranno pericoli, lo staff del nostro villaggio con poche parole ha convinto quasi tutti a non affidarsi a loro.

Sarà una giornata altrettanto magnifica, rilassata e priva di pericoli o tensioni, veniamo portati in villaggi interni all’isola, dove probabilmente le giude turistiche non ci avrebbero portato, possiamo distribuire oggetti di qualsiasi genere ai bambini, la nostra guida di 20 anni è simpaticissimo e non ci annoia mai, riesce a distribuire qualsiasi cosa nei villaggi a tutti, mantenendo un ordine perfetto fra i bimbi, quando ho voluto farlo io, mi sono ritrovato circondato da una miriade di bambini che mi strappavano tutto dalle mani, ma io non parlo Swahili…

Dimenticavo… Nel pulmino ( pulito e confortevole ) noleggiato dai Beach Boys per l’escursione, mentre visito un villaggio, dimentico sul cruscotto il portafoglio con i soldi e le carte di credito, l’autista mentre ci aspetta lo mette al sicuro e me lo rende appena tornati, non manca nulla !!! Raccontando in spiaggia questi aneddoti, altri turisti cominciano a fidarsi e anche i Beach boys cominciano a lavorare ad un buon ritmo con le loro escursioni, nessuno rientra scontento.

I giorni passano, ho ormai comprato di tutto dai Beach Boys e dai Masai, ho continuato a cambiare monete di ferro per soldi in carta, passeggio con tanta moneta in tasca fino a far cadere i pantaloni, ho regalato pantaloni e magliette mentre passeggiavo, regalo una maglietta e mi ringraziano in 10 persone perché aiuto uno di loro… Compro un paio d’occhiali da sole per uno di loro che soffre di una forte congiuntivite e gli e li consegno assieme al collirio… Ad un certo punto sono loro, i Beach Boys che cominciano a fare regali a me e mia figlia, mi chiamano, quando mi avvicino a loro non mi chiedono di comperare, vogliono regalare, chi la catenina chi la targa col mio nome inciso nell’ebano, chi il braccialetto, chi una sua moneta da portarmi a casa per non dimenticarmi che loro esistono, leggo amicizia in ogni loro saluto e mi salutano 1000 volte il giorno, i più non capiscono perché continuano a passeggiare davanti, chiamarmi e salutarmi e come me cominciano ad essere chiamati e salutati altri turisti, buon segno, avrà il collirio anche da altri turisti, altri Beach Boys avranno vestiti anche da altre persone…

I Masai sono reali, sono proprio Masai autentici, ci spiegano che da loro in Tanzania adesso fa freddo ed ai pascoli hanno lasciato quelli che non possono recarsi fino alle spiagge di Zanzibar, loro con le loro ciabatte infradito costruite con pezzi di copertone della Vespa, comunque regali e dignitosi nel portamento, sempre puliti, mi hanno accompagnato nelle innumerevoli passeggiate quotidiane di chilometri con la mia famiglia, sulla magnifica spiaggia di finissima sabbia bianca, raccontandomi delle loro genti in Tanzania, delle loro tradizioni e dei loro sogni, incluso quello di Simone ( il vero nome è difficilissimo ) 16 anni che vuole diventare dottore per curare il suo popolo, ma non sa come fare per pagarsi la retta…

Un altro BB, orgoglioso delle sue cicatrici sul braccio destro perché sono un segno di riconoscimento fatto dal loro popolo perché ha ucciso i leoni, di 16 anni, confessa a mia figlia Nicole di 13 che anche lui ha ucciso un leone in Tanzania, …Ma era un leone piccolo… UN bb mi stringe 100 volte consecutivamente la mano e sorride sempre… Tutti sorridono sempre e a tutti manca un dente davanti, che è tolto loro in tenera età per permettere di crescere sani e dritti agli atri… Se mi fermo a chiacchierare con altri, loro pazienti aspettano fin che non finisca, ma non mi abbandonano mai, se chiedo scusa per averli fatti aspettare rispondono: “Hakuna Matata”.

Tutto è Hakuna Matata, anche se sono ammalati, anche se non hanno i soldi per mangiare tutti quanti, chi può di loro, compra per tutti e la proprietà ha un significato diverso rispetto al nostro.

Mi sono ritrovato nel mezzo di loro balli che avevo visto solo in televisione, mi hanno invitato a danzare con loro, hanno riso di me perché non sapevo saltare alto quanto loro e non ho battuto i piedi al suolo quanto loro, però posso assicurare che, passeggiare con le loro ciabatte di copertone della vespa fa venire vesciche immani ai piedi ma loro ci fanno chilometri… Il mio racconto risulta patetico ? Inutile raccontarvi delle bellezze del luogo, i tramonti sono mozzafiato, le albe magnifiche, il cibo buono e fresco, altri hanno già raccontato tutto questo, io ho voluto raccontare l’umanità, l’onestà e valori di rispetto verso il prossimo cui non sono forse abituato ( o non lo ero ), una realtà che fin che non l’ho vissuta, non la credevo.

La fine della vacanza arriva inesorabile e veloce, troppe cose ho avuto da scoprire e il tempo mi sfugge inesorabile.

L’ultimo giorno più di 20 Masai iniziano una danza di saluto per me e la mia famiglia sulla spiaggia, la gente comincia a radunarsi a guardare, riprendo con la videocamera un momento che non immagino quando potrò rivivere, da buon occidentale suggerisco loro di mettere in terra una ciotola per raccogliere denaro fra gli spettatori, comincio io ad offrire, gli altri seguono, raccoglieranno 120 Euro… La sera prima della partenza una sorpresa…

Tutti i Beach Boys arrivano davanti a noi in spiaggia per i saluti, non urlano solo il mio nome, chiamano anche quello di chi, assieme a me ha portato aiuto, comprando o regalando medicine od indumenti, un BB aggira le guardie di sicurezza che lo lasciano fare e si avvicina allo sdraio, mi stringe in un abbraccio, dicendomi che il suo Dio mi farà rincontrare a loro… I Masai ci presentano il loro capo appena arrivato e ci riempiono di regali, non mi guarda negli occhi mentre mi saluta, guarda lontano, ma aspetta di essere l’ultimo e con un abbraccio fortissimo mi fa sentire che siamo e saremo amici.

Il semi quasi capo, nella sua serietà e portamento regale, mi scorta fin dove può verso l’ingresso del villaggio, ci dice che ci aspettano al loro villaggio in Tanzania il prossimo Aprile e ci assicura che non ci daranno da bere sangue di mucca come usano loro… …E fin che non lo perdo d’occhio continua ad inviare baci di saluto con la mano a me ed alla mia famiglia… Una morsa mi attanaglia la gola, sono imprenditore, sono abituato a lottare e ad impormi, non capisco il perché di questo disagio, non riesco a trattenere le lacrime e nascondo il viso, se fossi stato un Masai avrei guardato lontano senza abbassare lo sguardo.

Sono a casa, ma il mio cuore è a Zanzibar, non tanto per i luoghi stupendi, ma per l’umanità di chi in 15 giorni mi ha insegnato tantissimo.

Ringrazio chi, 45 anni, nativo del posto, che ( e questa è un’altra stranezza del luogo ) è partito da Stone Town per dirmi: “ Tu sei Michele?” Ho risposto: “Si ma non posso comprarti nulla” Lui mi dice: “Non sono un Beach Boy, non ti vendo nulla e non ho bisogno niente, mi chiamo G., sono cristiano come te, non sono più un ragazzino, sono venuto col Dala Dala per conoscerti e per ringraziarti per quanto hai fatto per tutti questi ragazzi sulla spiaggia, dividendo i tuoi acquisti in parti uguali fra loro, permettendo loro di vivere” Il passaparola degli Zanzibarini continua a stupirmi… Concludo: Loro non sanno che non ho fatto proprio nulla, ho speso dei soldi per portare regali a casa, ho diviso i miei acquisti in parti uguali fra tutti e ho detto ad altri di fidarsi di loro… Ho portato vestiti e scarpe che né io, né la mia famiglia avremmo più indossato.

Il resto me lo hanno insegnato quotidianamente loro stessi, con la loro onestà ed umanità, con la loro sopravvivenza… Un grazie a loro per la mia splendida vacanza, se dovesse esserci una prossima volta, porterò nella valigia, ancora meno vestiti per me e più cose da lasciare loro, perchè in Africa non importa come siete vestiti, ma ciò che siete…

P.S. Ho mangiato e bevuto con loro e non preso l’epatite A, infezioni intestinali o quant’altro… F.To Michele apprendista Masai, forse…



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