Piste Berbere

Il fascino del Sahara Piste Berbere Un viaggio affascinante alla scoperta di un paese ancora misterioso, legato alla sua cultura, dove l’incontro con il deserto ci segna dentro, lasciandoci profondamente cambiati. Arriviamo a Djerba dopo una lunghissima attesa: tre ore di ritardo aereo, ci dicono che per queste destinazioni il ritardo...
Scritto da: Enrico_Elisa
piste berbere
Partenza il: 07/01/2007
Ritorno il: 14/01/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
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Il fascino del Sahara Piste Berbere Un viaggio affascinante alla scoperta di un paese ancora misterioso, legato alla sua cultura, dove l’incontro con il deserto ci segna dentro, lasciandoci profondamente cambiati. Arriviamo a Djerba dopo una lunghissima attesa: tre ore di ritardo aereo, ci dicono che per queste destinazioni il ritardo è nella norma.

Comunque verso le 23 arriviamo a Djerba e già il clima per essere Gennaio ci fa ben sperare. Il giorno successivo di mattina presto incontriamo la nostra guida; si presenta a noi con il suo inseparabile turbante ed il mantello di lana beige, la divisa che indossa non è altro che il costume tipico del suo villaggio.

Dopo aver sistemato i bagagli sul tetto del nostro 4×4 siamo pronti per partire. Prima di lasciare l’isola di Djerba visitiamo la sinagoga ebraica “La Griba” la più antica di tutto il nord Africa. Risale infatti al 586 a.C., rifatta ai primi del novecento, è stata al centro di un attacco terroristico che ha portato alla morte di alcune persone ai primi degli anni ‘90. All’ingresso principale bisogna passare attraverso un metal detector e l’entrata è sempre sorvegliata da una vigilanza armata. La sinagoga presenta interni in piastrelle blu e azzurre e arredi in legno scuro. L’esterno è completamente dipinto di bianco con porte e finestre in azzurro, rispetta i colori degli edifici dell’isola.

Prendiamo il traghetto che ci porta sul continente e vediamo in mare gruppi di fenicotteri rosa che stanno pigramente con le zampe nell’acqua.

Un venditore di souvenirs offre a mio marito 100 cammelli per me.Mi sembra tanto, ma scopro da Tayeb che un cammello costa dai 100 ai 1000 euro, ci dice che l’offerta non è alta.

Tayeb è un’ottima compagnia in auto ci parla della vita in Tunisia, della gente, dei turisti e delle loro abitudini e richieste strane.

Giungiamo in una zona montuosa ricoperte di ghiaia e pietre rosse. In mezzo al nulla ci appare la cittadina di Toujenne, villaggio berbero costruito in pietra in mezzo alle rocce. Un simpatico ragazzo ci offre una tazza di tè al timo. Ringraziandolo con un dinaro ce lo gustiamo guardando il panorama mozzafiato. Proseguiamo il nostro percorso e raggiungiamo il villaggio di Matmata. Visitiamo una casa troglodita ancora abitata. Queste case vennero costruite dai berberi per sfuggire al caldo torrido estivo e ripararsi dagli inverni freddi. Queste case sono scavate sotto terra, partendo da un pozzo centrale dove si diramano poi le varie stanze e corridoi. Il tutto è ricoperto da calce bianca.

La famiglia che vi abita ci offre la possibilità di visitare le varie stanze e ci cucinano del pane e preparano del tè alla menta, mostrandoci la loro usanza di intingere il pane in olio e miele. Salutata la famiglia riprendiamo la strada per Kebili, facciamo una breve sosta per il pranzo a base di couscous e briq.

Al nostro risveglio troviamo con gioia un cielo terso di un azzurro intenso, l’aria è frizzante e facciamo colazione con piacere. Alle 7.30 siamo pronti, carichiamo tutti i bagagli sul tetto della jeep e lasciamo la città di Kebili, per vedere appena fuori le famose dune pietrificate: specie di massi formatisi grazie agli agenti atmosferici, vento e umidità combinati insieme alla sabbia.

Queste dune pietrificate di sabbia gialla illuminate dal sole pallido del mattino sono uno spettacolo surreale.

Tayeb richiama la nostra attenzione mostrandoci sulla cartina il percorso della giornata poi ripartiamo verso il lago salato. Chot el Jerid è un immenso lago salato di oltre 5000 mq che si estende a perdita d’occhio a sud della strada tra Kebili e Tozeur. E’ tagliato da una sola strada asfaltata rialzata a circa 2 metri sopra il livello del lago, da dove si può ammirare lo splendido panorama quasi lunare.

Nelle ore più calde, quando evapora l’umidità della notte, il lago è completamente asciutto e diventa di un bianco accecante con i cristalli di sale che brillano al sole, rendendo questo posto ancora più suggestivo.

Tayeb ci dice che il sale che viene raccolto è poi destinato al mercato europeo e usato per sciogliere il ghiaccio sulle strade nelle giornate invernali.

Arriviamo a Chebika proseguendo per Tamerza e Mides, antichi villaggi berberi che sorgono nei pressi del confine algerino sull’aspra dorsale montuosa del Jebel En-Negeb. La loro posizione dominante sulle montagne serviva per difendersi dalle tribù sahariane. Questi villaggi sono abbandonati dal 1969 quando la regione fu colpita per 22 giorni da violenti acquazzoni distruggendo le case in terra e costringendo la popolazione a spostarsi.

Restano visibili i resti dei villaggi abbandonati e scendendo lungo un percorso arriviamo all’interno di un canyon roccioso dove scorre una sorgente con una cascata, tutt’attorno palme di datteri e silenzio. Ci sono diversi bambini che ci chiedono soldi e cercano di venderci finte ametiste colorate. A Tamerza ci fermiamo lungo la strada per ammirare il profondo canyon roccioso, in fondo c’è un ruscello alimentato da una cascata.

Ci sono tante bancarelle con turbanti di tutti i colori che si muovo all’aria e tante altre che vendono datteri. La sorgente alimenta un vasto palmeto per la produzione dei datteri.

Tayeb è molto bravo a spiegarci la coltivazione e la lavorazione dei datteri: sotto le palme sorgono piccoli orticelli grazie all’ombra e all’acqua che scorre in piccoli canali chiusi tra di esse.

Ripartiamo percorrendo una strada sterrata fino ad arrivare ad una strana montagna ONG JEMAL che ha tutte le sembianze di un cammello.

Dalla cima di questa montagna si possono vedere una pianura sconfinata e dune di sabbia bianca.

La nostra guida ci fa risalire a bordo della jeep e ci fa divertire con un fuori programma arrampicandosi su alte dune di sabbia. Arriviamo in una zona desertica dove sono ancora posizionati pezzi di set del film Guerre Stellari. Ci spostiamo sulle dune in posto tranquillo dove poter ammirare il tramonto.

E’ un esperienza bellissima e tutti insieme ci abbracciamo restando in silenzio per ammirare e goderci questo momento. Come tramonta il sole il cielo prende colori bellissimi rosa, rosso, viola tante sfumature che danno anche alle dune di sabbia un tocco di magia. Mi commuovo. Sono felice.Saliamo sulla jeep per arrivare alla nostra meta di questa giornata Tozeur. Dopo cena usciamo con Tayeb mano nella mano per una passeggiata in città. Tra noi tre si è instaurato un bellissimo rapporto. Adoro ascoltare le sue storie sulla vita e usanze tunisine. Tozeur è ricca di palmeti per la coltivazione dei datteri ed è famosa per le facciate delle case ricoperte di mattoncini d’argilla. Il mattino successivo visitiamo una di queste fabbriche di mattoni, dove un piccolo gruppo di operai ci spiegano il procedimento della lavorazione eseguito tutto a mano. Ripartiamo e visitiamo uno dei tanti palmeti che circondano la città e poi arriviamo al museo di Dar Charait dove all’interno delle stanze sono state rappresentate scene di vita tunisina passata e presente. Bella collezione di ceramiche, gioielli e costumi. Tayeb ci lascia un ora di libertà nel centro di Tozeur, ci perdiamo tra bancarelle di datteri (i migliori della Tunisia), mercato ortofrutticolo e negozi di argento e cianfrusaglie. Partiamo per Nefta, lungo la strada ci fermiamo a raccogliere tra le dune le rose del deserto. Ce ne sono tantissime di tutte le dimensioni, è incredibile, sono molto belle ed è difficile resistere alla tentazione di riempirsi le tasche.

Ripartiamo costeggiando il lato ovest del Chott el Jerid e prima di arrivare a Douz ci fermiamo per effettuare una gita sul dromedario. Io e mio marito decidiamo di farla; bellissimo i dromedari sono docili, alti e molto morbidi. E’ il tramonto, silenzio attorno a noi, le dune si colorano dei colori caldi del cielo. Fa freddo e la nostra guida, un giovane ragazzo dagli occhi verdi, ha voglia di chiacchierare con me in francese. Al nostro ritorno ringrazio Tayeb perché è stata un’esperienza bellissima, il deserto ci ha conquistato.

A Douz pernottiamo all’hotel Tuareg; attorno c’è il deserto, il nulla.

Il giorno successivo dopo la colazione visitiamo Douz con calma. Compro il tè alla menta, un tappetino in lana fatto a mano, ed un cd di musica tunisina. Mi fermo a fotografare la bottega di un calzolaio che con abilità confeziona scarpe e ciabatte in pelle. Ci invita nella sua bottega, scopro che adora gli italiani e che ha un sacco di foto mandate dai turisti di tutto il mondo. Gli lascio il nostro indirizzo e ci facciamo le foto assieme, per contraccambiare mi regala un braccialetto in pelle porta fortuna.

Al ritorno alla jeep siamo elettrizzati per la simpatia e la cordialità dei tunisini.

Scorgo negli sguardi degli altri ragazzi una punta di invidia per non essere riusciti a loro volta a relazionarsi con le persone, ma io sapendo un po’ di francese sono avvantaggiata.

Compriamo le baguettes e partiamo per l’Oasi di Ksar Ghilane, attraversiamo il deserto della steppa e ci fermiamo per un tè. Arrivati all’Oasi, dopo pranzo, io ed Enrico decidiamo di non fare il bagno nella pozza di acqua termale, ma di avventurarci a piedi per le dune rosse.

La sabbia è sottilissima, rossa ed entra ovunque. Tayeb ci raggiunge con la jeep e ci porta per un fuori programma in mezzo alle dune. Vuole farci una sorpresa visto che conosce la nostra passione per la fotografia, ci porta sopra una collina su cui ci sono i resti di una fortezza romana e da dove si può vedere il deserto sconfinato. Dune rosse a perdita d’occhio.

Tornati all’Oasi di Ksar Ghilane ripartiamo con gli altri per il campo di Ain Sbat. Al nostro arrivo ci sistemiamo nelle tende e ripartiamo per un altro giro tutti assieme sulle dune. Una breve sosta per raccogliere legna, poi Tayeb ci lascia liberi di goderci il silenzio e la solitudine, per fare foto e lasciarci stregare dal deserto. Lui ci sta preparando una bella sorpresa: accende il fuoco, prepara del tè alla menta e ci cuoce del pane sotto alla sabbia con il calore delle braci. Ci raccogliamo attorno a lui mentre il sole comincia a tramontare. Ci raggiunge un giovane pastore beduino che con suo figlio viene a salutarci. Gli offriamo, come vuole la tradizione tunisina, pane e tè. E’ ormai buio e noi ci stringiamo attorno al fuoco, è un momento magico, molto toccante, fa freddo e noi ci godiamo il tepore delle fiamme. Torniamo all’accampamento a malincuore.

Dopo cena con Tayeb ed i ragazzi dell’accampamento ci riuniamo attorno al fuoco. Uno di loro suona il tamburo, Tayeb ed un altro cantano le loro canzoni popolari ed il fuoco ci scalda. Fumiamo tutti assieme il narghilé e danziamo al ritmo della musica tradizionale.

Quando si spegne il generatore restiamo completamente al buio. Sopra di noi appare, o meglio, si accende un cielo con milioni di selle. E’ uno spettacolo bellissimo. Le tende sono all’interno di un recinto e fuori si trovano i bagni ed il resto dell’accampamento. E’ strano muoverci con pila e candele. Il freddo è pungente. Prepariamo il letto: un panno sul materasso, un lenzuolo e cinque panni sopra. Dormiamo vestiti con calze e cuffia di lana. Dietro la nostra tenda c’è un asino che si lamenta e ci sveglia costantemente. Ci alziamo alle 7 e ci raduniamo attorno al fuoco per scaldarci.

Caricati i bagagli partiamo, sono triste perché lascio il deserto. E’ stato molto emozionante vivere questi momenti, il silenzio, il fuoco ed il deserto, sentimenti ti contrastanti come solitudine ed affetto tra noi del gruppo. Tayeb mi dice che molti turisti piangono, anch’io nel mio cuore piango.

Giungiamo con questo stato d’animo malinconico al villaggio berbero di Chenini. E’ situato su una collina in una posizione spettacolare ed un sentiero sale ad una moschea bianca da dove si gode di una vista mozzafiato. Si vedono attorno le montagne dove è visibile il segno dell’acqua lasciato nel periodo preistorico.

Ripartiamo per visitare un antico granaio della regione. Questi edifici venivano costruiti per proteggere le scorte di frumento e cibo. Uno ksar è formato di tante camere lunghe e strette con volta a botte, costruite in pietra e gesso e rifinite in fango. La scarsa umidità combinata con il fresco all’interno dello ksar permetteva di conservare i cereali per anni. Si accedeva al cortile per una sola porta fortificata per evitare i furti. Mentre giriamo per questo cortile incontro lo sguardo malinconico di Tayeb. Ci abbracciamo, anche lui è triste perché siamo alla fine del viaggio. Lo ringrazio per tutte le emozioni che ha saputo regalarci. E’ stato per me, una guida ed un amico impagabile.

Partiamo per ritornare a Djerba, percorriamo l’antico ponte romano sul mare lungo ben 7 km e visitiamo la fabbrica della ceramica.

L’ultimo giorno in Tunisia lo dedichiamo al relax in piscina e alla visita della capitale Houmt Souq facendo acquisti nelle viuzze piene di tappeti e ciabattine.

Passeggiando sulla spiaggia spero di riuscire a organizzare presto un altro viaggio in Tunisia, nel deserto. Non sono ancora partita e già mi manca.



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