Kwaheri Zanzibar
Visto che le cose che ho da dirvi sono tante e questo racconto di viaggio rischia di diventare oltremodo lungo, lo suddividerò in paragrafi, in modo che possiate leggere solo quello che vi interessa anche se, ovviamente, mi farebbe piacere che fosse letto per intero.
PRIMA DI PARTIRE È BENE SAPERE CHE… CENNI GENERALI SU ZANZIBAR Zanzibar è la maggiore delle tre isole che formano l’arcipelago di Zanzibar, insieme a Pemba e Mafia, e si trova sotto l’equatore, di fronte alla Tanzania.
I dati sulla popolazione sono discordanti: chi dice 650.000, chi 800.000. La maggiore concentrazione di abitanti però si trova a Zanzibar city, capitale di Zanzibar o Unguja, come la chiamano i locali.
Dal 1964 Zanzibar fa parte delle Repubbliche della Tanzania.
La lingua ufficiale è lo swahili, o come lo chiamano i locali kiswahili. Nelle zone più turistiche comunque l’inglese è parlato correntemente, oltre all’italiano.
La moneta locale è lo scellino tanzaniano (1100 Tsh= 1 € oppure 1000 Tsh= 1 US$), ma ovviamente sono ben accetti sia € che US$.
La religione più diffusa è l’Islam, anche se ci sono anche adepti al Cristianesimo e Induismo. È buona regola, nel rispetto della cultura e della religione di questo paese, che le donne non si vestano in modo provocante – vale soprattutto per la visita alla città, la vita all’interno dei villaggi turistici non tiene conto di questa regola, e che non venga praticato il nudismo o il topless.
In più, l’ingresso alle moschee è proibito a tutte le donne ed agli uomini non musulmani.
A Stone Town – parte vecchia della capitale Zanzibar city, sono comunque presenti Chiese Cattoliche ed Anglicane.
Il clima di Zanzibar è soggetti ai monsoni: soffiano da nordest da novembre a febbraio e da sudovest da aprile a settembre. Questo fa si che all’inizio di ogni stagione monsonica il clima sia caratterizzato da piogge.
Le grandi piogge vanno da aprile a giugno, mentre le piccole piogge si concentrano a novembre. Non è comunque da escludere il presentarsi di brevi acquazzoni durante le stagioni secche.
Per quanto riguarda la mia personale esperienza, la settimana che abbiamo scelto si è dimostrata davvero azzeccata: soleggiata, più calda al mattino e ventilata al pomeriggio. Temperature gradevolissime per la sera. Davvero il mio clima ideale.
Come sapete Zanzibar è una zona malarica, anche se il Ministero della Salute non ha reso obbligatorio la profilassi anti-malarica per l’ingresso a Zanzibar. Dall’aprile 2001 non è nemmeno più necessario effettuare il vaccino contro la febbre gialla, a meno che chi entra a Zanzibar non provenga da un paese in cui vige l’obbligo per questa vaccinazione. Questi principi si applicano – sia per la malaria che per la febbre gialla – anche alla Tanzania (informazione utile a chi ha intenzione di fare un safari in Tanzania).
Non essendo io un medico mi sono rivolta all’USL del mio paese ed ho scoperto che alcune USL hanno istituito un servizio che si chiama IL MEDICO DEL VIAGGIATORE che fornisce informazioni ai viaggiatori in merito a vaccinazioni e norme comportamentali in termini di salute.
Partendo dalla base che nessuna vaccinazione è obbligatoria, io mi sono sentita proporre tutte le profilassi o vaccinazioni contro: malaria, febbre gialla, colera, tifo, epatite A, epatite B e tetano.
Non mi è stato però spiegato come si contraggono queste malattie e gli effetti collaterali che queste vaccinazioni possono avere. In poche parole non mi sono stati dati elementi sufficienti per decidere responsabilmente se farle oppure no. Alla fine ho optato per non fare alcuna vaccinazione, a parte l’antitetanica che, Zanzibar a parte, è sempre meglio aver fatto.
A mio avviso, la regola principale è buonsenso e accorgimenti. Premunitevi di uno spray antizanzare forte (quello migliore è l’autan blu che si acquista in farmacia), spruzzatevi copiosamente con lo spray prima di uscire, usate indumenti che coprano gambe e braccia e preferibilmente di colore chiaro e di notte utilizzate le apposite zanzariere che ricoprono i letti. Se volete potete anche portarvi una di quelle “macchinette” contro le zanzare, come precauzione aggiuntiva.
Per quanto riguarda il cibo, se vi trovate all’interno di un villaggio turistico non dovrebbero esserci problemi – dico così perché ci sono villaggi che in quanto a pulizia lasciano molto a desiderare.
È sempre comunque buona norma non bere mai acqua dal rubinetto, bere bevande con ghiaccio – a meno che sappiate che è stato fatto esclusivamente con acqua minerale, mangiare frutta senza averla sbucciata e verdura cruda. Io personalmente evito sempre anche latte, yogurt e formaggi.
Non dimenticate mai che la carica batterica di questi luoghi è ben diversa e maggiore rispetto a quella cui il nostro fisico è abituato, quindi onde evitare spiacevoli e lunghi soggiorni in bagno, è opportuno e consigliabile seguire questi piccoli consigli! IL VILLAGGIO BRAVO CLUB KIWENGWA VOLO E DURATA SOGGIORNO Premesso che i voli ed i giorni possono variare, noi abbiamo scelto di partire il sabato sera da Milano Malpensa con volo diretto verso Zanzibar ed arrivo dopo 8 ore circa. Il volo di ritorno è stato schedulato per la domenica successiva, con partenza di prima mattina, scalo tecnico a Mombasa ed arrivo a Milano Malpensa nel tardi pomeriggio.
I voli sono operati da Iceland Air, con staff italiano della compagnia Neos, con un Boeing 767. Gli aerei non erano nuovissimi – c’erano file di sedili con fantasie diverse l’una dall’altra – ma comunque pulitissimi e sufficientemente confortevoli per un viaggio di 8 ore.
AEROPORTO DI ZANZIBAR CITY Piccola premessa: penso sia bene non dimenticare mai da che paese partiamo e in che paese arriviamo. Dico questo perché alle 7.30 di mattina, dopo 8 ore di volo e mesi di stress sulle spalle, mi è venuta voglia di prendere a sberle parecchi dei TURISTI che erano in viaggio con noi.
Avrei voluto gridare SIAMO IN AFRICA RAGAZZI, NON A NY! Per quanto questo popolo si stia dando tanto da fare per mettersi al passo coi tempi, non bisogna mai comunque dimenticare le loro difficoltà economiche e di sviluppo.
È vero, l’aeroporto internazionale di Zanzibar City è quasi più piccolo dell’aeroporto di Reggio Emilia – aperto al traffico aereo turistico, comunitario e commerciale nazionale – ma svolge comunque la funzione per cui è stato creato: l’arrivo e le partenze di voli internazionali.
All’arrivo, gli stanchi e spossati TURISTI vengono stipati in una minuscolo stanza, priva di aria condizionata, per il pagamento della tassa d’ingresso (50 US$ a testa) ed il ritiro del bagaglio. E qui inizia la festa: nonostante i caratteri cubitali dei cartelli che proibiscono di dare mance onde evitare il controllo del bagaglio, tutti i locali si avvicinano con fare più o meno velato e chiedono soldi per non aprire il bagaglio. È sufficiente mostrare un po’ di fermezza e rendersi disponibili ad aprire la valigia piuttosto che pagare la mancia ed uscirete senza problemi dall’aereoporto.
All’uscita c’è il desk Bravo Club e l’assistente consegna i documenti per il ricevimento ed assegna il numero di stanza. Le valigie vengono caricate su un enorme camion e anche qui i facchini non si dimenticano certo di chiedervi una mancia per avanzare lungo la fila e caricare le vostre valigie.
Ho lasciato per ultima la descrizione del comportamento che più ha indispettito i TURISTI arrivati dall’Italia: un numero imprecisato di zanzabarini si aggira per l’aereoporto con “chili” di monete alla ricerca di cambi con € di carta. È sufficiente armarsi di tanta santa pazienza, rispondere con educazione e le loro richieste rimarranno solo un ricordo 😉 E se l’arrivo vi è sembrato pittoresco, la partenza lo è ancora di più. Immaginate circa 300 TURISTI italiani, scaricati in un piazzale di terra rossa che non riescono a formare una fila ma si ammassano davanti ai 4 check in dove solerti impiegati pesano le valigie sulla pesa da mulino ed assegnano i posti togliendo le etichette da un lungo foglio prestampato… e prendete sempre questi TURISTI e fate loro capire che in una stanza non più larga di quella dell’arrivo devono, nell’ordine, caricare le valigie sul nastro trasportatore, fare la fila per pagare la tassa d’uscita (25 US$ a testa – se il volo non fa scalo in Tanzania, altrimenti sono 33), fare un’altra fila per il controllo ELETTRONICO – si signori, nemmeno in Italia lo abbiamo 😉 – dei passaporti, passare un ulteriore controllo, fare il controllo del bagaglio a mano – anche qui vi sarà chiesta la mancia per non aprire il bagaglio a mano, ma con la stessa fermezza dell’arrivo non dovrete sborsare nulla né tantomeno aprire il bagaglio, ed infine incamminarsi sulla pista per raggiungere il tanto agognato volo di ritorno 😉 Con il senno di poi è divertente, con lo stress e la stanchezza del momento però i nervi saltano. Ma come dicono a Zanzibar… “Pole, pole” e cioè piano piano. E per concludere “Hakuna Matata” – Non c’è problema.
IL VILLAGGIO: BRAVO CLUB KIWENGWA Quando abbiamo deciso di andare a Zanzibar non ho avuto bisogno di sfogliare altri cataloghi: quando ho visto questo del Bravo Club me ne sono subito innamorata ed ho prenotato immediatamente. Ho anche visto il villaggio del Venta Club – ci siamo stati un pomeriggio per la Kiwengwa Cup di pallavolo – e vi posso assicurare che sono ancora più certa di avere fatto la scelta migliore.
Il villaggio si trova sulla costa opposta rispetto a Zanzibar e si raggiunge in 40 minuti di pullman. Durante questi 40 minuti avrete l’occasione di vedere più da vicino la vera Zanzibar: la stridente povertà, le case di fango e legno – le più “lussuose” in pietra”, uomini donne e bambini lungo le strade a salutare il passaggio dei TURISTI, vacche magrissime e galline ancor più magre, tavoli ai bordi delle strade con tranci di pesce al limite della decomposizione, la fitta vegetazione e la terra rossa, fatiscenti negozi che cercano di elevarsi a moderni negozi del continente, gli innumerevoli sacchetti di plastica abbandonati ovunque… Poi d’incanto si entra nel villaggio, la miseria rimane – apparentemente – alle nostre spalle, ed una folta schiera di locali ci accoglie con caloroso benvenuto. I ricordi che ho dell’arrivo sono un po’ scomposti: la stanchezza, il caldo e le scene che avevo appena visto mi avevano un po’ frastornato. Ricordo però la gentile Mami che ci ha accompagnati nella stanza e ci ha lasciato con un Karibu – Benvenuti! Il villaggio non è gigantesco – ragione in più che me lo ha fatto amare fin da subito, e le camere sono solo 107. Sono dislocate in costruzioni bianche con il tetto in makuti, alcune indipendenti, altre in costruzioni a due piani, tutte con giardinetto o balcone privato.
La camera è sufficientemente spaziosa per due persone, anche tre. È un po’ spoglia, ma nel complesso pulita. La sensazione che si avverte però entrando è quella di un luogo ammuffito, con il senno di poi l’odore non è quello della muffa ma dei prodotti che utilizzano per pulire i mobili misto all’insetticida.
Il letto è previsto di zanzariera. La stanza è dotata di condizionatore privato e pale al soffitto.
Apro una parentesi: la direzione di questo villaggio è italiana, così come il supervisore alla ristorazione ed alla manutenzione sono italiano. Hanno alle loro dipendenze un equipe zanzibarina, ma chi decide proviene dal nostro paese. Ed è a loro che va questa nota di demerito: i sanitari del bagno sono visibilmente “consunti” ed avrebbero bisogno di una rimessa a nuovo. Così come la biancheria da letto e da bagno che risulta logora ed ingiallita dall’uso e dai lavaggi. Non pretendo lenzuola di seta né asciugamani nuovi da negozio ogni giorno, ma un minimo di accortezza in più per la pulizia. Questo è l’unico aspetto negativo del villaggio che posso segnalarvi e che ho comunque evidenziato anche ad Alpitour.
Il resto del villaggio è composto dal teatro per gli spettacoli: è a gradinate con comodi divanetti in legno e corde intrecciate provvisti di cuscini per rendere ancora più morbida la vostra seduta.
La reception: un largo bancone dietro ad una bianca parete affrescata con dipinti tipici del luogo ed un altro, enorme, tetto in Makuti.
L’area comune che ospita il Bravo Shop, l’ufficio dell’assistenza, il bar con il par terre per le preservate.
Il ristorante, la piscina, la spiaggia e per finire l’interminabile pontile.
Il tutto senza porte né finestre… un vero “sogno”. Niente aria condizionata, né viziata. La luce ed il clima naturale del luogo sempre! Oltre all’impatto visivo, questo è un enorme vantaggio per l’adattamento del nostro fisico al nuovo clima…E questo aiuta ad evitare quegli spiacevoli inconvenienti cui vi ho accennato righe fa 😉 Il cuoco è italiano, anche se il suo staff è completamente zanzibarino. La cucina non è male, ed essendo io di gusti parecchi difficili, è sicuramente una garanzia. C’è veramente una buona scelta fra primi, secondi, dolci e frutta ad ogni pasto. Per non parlare della panetteria, le focacce e bruschette.
Ad ogni pasto almeno un primo ed un secondo sono a base di pesce.
Non vi mancherà poi l’occasione di assaggiare le specialità zanzibarine in occasione dell’omonima serata. Il mio piatto preferito è il manzo cotto nel latte di cocco e le patate cotte in una pastella all’uovo, davvero buone.
Il trattamento è all inclusive e comprende: colazione, pranzo e cena con consumo illimitato di acqua, soft drinks e vino e birra nazionali – mitica la Safari Lager 😉 – sia a pasto che fuori pasto.
Per chi lo desidera, sul pontile c’è un secondo ristorante, à la carte, con menù fisso a 30 € a persona, a base di pesce e comprende anche l’aragosta. Dovete però mettere in conto il forte vento che c’è sul pontile che non è decisamente gustoso durante una cena… Ma veniamo al pezzo forte di questo villaggio: la spiaggia. La bianchissima ed infinita spiaggia di Kiwengwa. Non ho veramente parole per descriverla: il borotalco e la farina setacciata si avvicinano vagamente alla consistenza impercettibile di questa spiaggia. Lunga 8 kilometri, la larghezza varia a seconda delle maree. E l’acqua, ragazzi che acqua, dal trasparente al blu più profondo, che in confronto la bottiglia di vitasnella che ho di fronte in questo momento sembra inquinata… La barriera dista più o meno 300 metri dalla costa ed è consigliabile raggiungerla in barca – a questo proposito vi consiglio di chiedere di Capitan Ferrari: un signore che vi accompagnerà volentieri con la sua barchetta in legno fino alla barriera e ve la mostrerà in tutta la sua bellezza. Chi è innamorato alla barriera del mar rosso rimarrà un po’ deluso, ma a mio avviso rimane sempre un bellissimo spettacolo.
La location migliore cmq sia per il diving che per lo snorkeling è la vicina isola di Pemba, raggiungibile con le uscite organizzate dal diving oppure durante il Blue Day, del quale vi parlerò più avanti.
La spiaggia di Kiwengwa è una spiaggia demaniale, quindi “assaltata” dai locali per proporre ai turisti escursioni, collanine, artigianato locale: in due parole i beach boys.
E i diversi Tour Operator hanno “assoldato” tribù Masai provenienti dalla Tanzania per “proteggere” i TURISTI.
Scomponiamo il concetto: i TURISTI non corrono alcun pericolo ed i Masai sono i primi ad avere le bancarelle con l’artigianato da vendere ai TURISTI e contrattare la mercanzia. Questi beach boys si sono assegnati un nome italiano e propongono in un italiano più o meno buono quanto detto sopra. E se non li fermate sono capaci di ripetervi le cose anche 3 volte a fila. L’importante è non DIMENTICARE MAI la BUONA EDUCAZIONE ed il fatto che i TURISTI siamo noi e siamo loro che stiamo “invadendo” la loro terra. È sufficiente comunque declinare le loro offerte e se ne vanno dal TURISTA successivo con un semplice Hakuna Matata – non c’è problema.
È invece più difficile non accogliere le richieste dei bambini locali che si aggirano per la spiaggia alla ricerca del TURISTA che regala loro caramelle, magliette, biro, quaderni o addirittura zainetti. Fa veramente un bellissimo effetto vedere gli occhi pieni di gioia di un bambino cui è stata regalata una nuova maglietta pulita, dai colori brillanti, od una semplice biro con un foglio su cui scrivere… quindi se siete in partenza per Zanzibar non dimenticate di prendere alcune di queste cose da regalare loro… a noi costano poco e a loro portano un po’ di felicità.
Una cosa che ricordo con piacere sono i pomeriggi in spiaggia: i bambini, i beach boys, i Masai, gli animatori, i TURISTI, tutti insieme, in questo paradiso a ridere, scherzare, ballare. Davvero uno spettacolo che riempie il cuore.
Per concludere il discorso su beach boys a Masai: sia sulla destra che sulla sinistra della spiaggia del Bravo Club ci sono diverse “capanne-negozio” dove potete acquistare artigianato locale, statue Masai, Batik, gioielli in legno… sappiate comunque che c’è un’intera giornata zanzibarina ogni settimana e dalle 6.00 alle 9.00 i Masai espongono la merce nel par terre del bar. Non mancheranno quindi le occasioni per fare buoni affari. Sempre durante la serata zanzibarina poi ci sarà un momento dedicato alle danze Masai – dimenticavo di dire che alcuni di loro sono veramente molto belli 😉 – ed all’esibizione di un gruppo di acrobati zanzibarini davvero bravi.
Parliamo brevemente di escursioni: Zanzibar è conosciuta anche come l’isola delle spezie. Una delle escursioni che più avrei voluto fare era quella all’interno delle piantagioni di spezie. Poiché però il 30 ottobre prossimo ci saranno le nuove elezioni, lo stato è un po’ in rivolta e ci sono frequenti rivolte e sommosse. Alpitour, per la sicurezza dei TURISTI, ha deciso di annullare sia l’escursione delle spezie che la visita a Stone Town – motivo in più per tornarci 😉 Altre escursioni interessanti che ci sono state proposte sono Kizimkazi con i delfini e le scimmie rosse, o Prison Island per vedere le tartarughe importante dalle Seyshelles oltre 200 anni fa. Ci sono poi varie opzioni di safari, con prezzi assolutamente proibitivi, almeno per le mie tasche.
Premessa: come vi ho detto prima, i beach boys propongono le stesse identiche escursioni proposte dal villaggio (in più però offrono anche la gita a Stone Town e tour delle spezie, non curanti delle sommosse cittadine a Stone Town) – a prezzi inferiori ovviamente ma senza alcun tipo di assicurazione. A voi la scelta, noi abbiamo sempre preferito rivolgerci al tour operator.
L’unica escursione che abbiamo fatto – perché, e non mi vergogno a dirlo, anche il dolce far niente non ci dispiace affatto e la spiaggia di Kiwengwa si presta benissimo a questo – è il Blue Day.
Si parte di buona mattina dal villaggio e dopo un’ora e mezza di pulmann – di cui l’ultima mezzora su strade accidentate e sterratissime – si raggiunge la spiaggia di Fumba da cui si prende una barca e si parte alla volta delle mangrovie che crescono nel mare: una sorta di piscina naturale che si alimenta con l’alta marea e nella quale si può fare il bagno. Davvero un panorama d’incanto. Si arriva poi all’isola che non c’è: una lingua di sabbia che compare e scompare a seconda delle maree ed è circondata dal mare blu blu blu. Su quest’isola i solerti zanzibarini montano una tenda sotto la quale i TURISTI si possono riparare onde scottarsi come aragoste alla fine della giornata. E vi devo confessare che il dolce far niente, con questo panorama, allietato da un pezzo di cocco o una fetta di anguria è davvero un antistress miracoloso. Chi vuole può comunque andare sulla barriera con la barca. E per il pranzo si attracca su un’isola vulcanica, disabitata e ricca di fitta vegetazione dove però i sapienti zanbarini hanno attrezzato tavoli e panche coperti dai makuti ed una “cucina da campo” per servire il pranzo ai TURISTI: riso al sugo di granchio, e pesce alla griglia. Assolutamente superba! Quello che non mi è piaciuto di questa giornata è la guida. Un ragazzo di Zanzibar che per fare ridere i TURISTI parla in toscano, recita i prefissi telefonici, conosce i piatti tipici regionali. Divertente si, ma della sua terra non ci ha raccontato praticamente nulla… e se non lo faceva lui chi doveva farlo?!?!? E il finale l’ho lasciato per coloro che hanno reso indimenticabile e frizzante – ovviamente aiutati dal luogo e dagli abitanti del luogo – sono i ragazzi dell’animazione. Davvero un bellissimo gruppo: 8 ragazzi compreso capo villaggio e capo animazione che ci hanno fatto sentire come se fossimo sempre stati lì con loro. A mio avviso è importante e, alla fine della vacanza e quando ci ripensi è inevitabile che ti salga il groppo alla gola.
Bravi ragazzi, ancora una volta un applauso a voi ed allo splendido lavoro che avete fatto e credo continuerete a fare! E così finisce qui il mio racconto della nostra settimana a Zanzibar. Vi ho parlato del villaggio, delle impressioni, dei ricordi, delle emozioni.
Asante sana a tutti voi che avete letto fin qui!