Normandia e Bretagna, 3666 km in 8 giorni
Per chiunque altro progetti di portare con sé il cane in Francia, ribadiamo ancora una volta come là sia estremamente più facile accedere a ristoranti e alberghi (nei ristoranti dopo i primi giorni abbiamo anche smesso di chiedere, per loro era talmente logico che scoppiavano a ridere!).
Gran parte degli alberghi e chambres d’hote prenotati su internet e qualcuno con routard e lonely, sempre molto puliti e mai sopra i 50 euro in “2+1”, molte gallettes (crepes di grano saraceno) impensabili (ad es. Al pesce…) e ottime e qualche mangiata di pesce senza però strafare… Totale 1200 euro fra tutti e tutto, dal gasolio ai biscotti per il cane.
Partenza dal Trentino, la prima giornata si conclude a Beaune, tappa in Borgogna per spezzare il viaggio. Spostarsi in macchina sui lunghi itinerari certamente allunga i tempi, ma le vaste distese coltivate e gli immensi campi di fiori gialli allietano le ore. Beaune si rivela una cittadina carina, utile a una tappa serale, albergo decoroso per 32 euro in 2 e passeggiata fra le case di pietra e sotto l’Hotel Dieu con il suo tetto di piastrelle colorate.
Il secondo giorno si riprende la via della Normandia, ma non resistiamo a una breve passeggiata a Auxerre, bella cattedrale e caratteristiche viuzze del centro storico, costeggiata da un fiume “abitato” da molte barche e house boat colorate.
Nel pomeriggio eccoci a Etretat e all’affascinante falesia. Potendo scegliere vi consiglio di visitarla al mattina, altrimenti il “ponte” più alto e lo spuntone a fianco vi restano controsole… Qui il cane fa il primo bagno e facciamo una passeggiata sopra le falesie (attenzione a scegliere i percorsi sicuri), mentre il paesino sembra troppo “perfettamente turistico” e così ci dirigiamo verso Honfleur.
Nel farlo passiamo sul Pont de Normandie, 5 euro, struttura imponente e al tempo stesso leggera.
Honfleur ci accoglie in tempo per il tramonto. Sistemati in una camera carina anche se decisamente piccola sopra a un piccolo bar, facciamo una passeggiata attorno al vieux bassin circondato dalle alte case in ardesia e visitiamo l’affascinante chiesa interamente in legno, con il tetto costruito come uno scafo di nave rovesciata memoria di una fase in cui le pietre erano riservate alle fortificazioni e la costruzione della chiesa fu lasciata ai maestri d’ascia navali. Cena secondo Guide Routard e passeggiata sul lungomare ad ammirare le luci notturne di Le Havre e del Pont de Normandie (si potrebbe parcheggiare vicino e percorrerlo gratis a piedi, ma la stanchezza infine ci dissuade) prima di crollare.
Il giorno dopo ancora una breve passeggiata a Honfleur prima di dirigerci a Bayeux. Bella la cattedrale, assolutamente speciale la “tapisserie”, il ricamo lungo 70 metri realizzato intorno al 1000 che racconta le vicende franco-inglesi con una vividezza e colori estremamente espressivi. Un passaggio veloce a Arromanches, per mettere a posto la coscienza storica e permettere un bagno al cane, dove ci colpiscono i resti del porto marino americano, che ci aspettavamo meno imponenti.
Si arriva infine a Mont Saint Michel, che appare come un fantasma sullo sfondo dei prati brulicanti di pecore (specialità del luogo pare essere il mouton pre-salé, presalato dal mangiare sui prati salati dal mare, ma non mangiando carne non posso giudicare…).
Sul monte ormai tutto s’è detto e scritto, decidiamo di concederci il lusso di dormire proprio sul monte per assaporarne l’atmosfera alla scomparsa della fiumana di turisti.
La mattina dopo visita sul bordo del parcheggio ci bagnamo le scarpe con l’impressionante salita della marea e poi visita all’abbazia, particolare per l’incredibile sovrapporsi di locali ognuno studiato come sostegno a quello superiore, in un delicatissimo gioco di equilibri.
La giornata prosegue con Saint Malo, il giro delle mura e delle fantastiche galette al pesce e una crepe suzette di cui continueremo a provare nostalgia. Qui invece la marea cala mentre siamo a pranzo, e vediamo l’effetto impressionante delle isolette prima impensabili da raggiungere ora emerse. Inutile dire che il nostro peloso amico non si fa pregare a entrare in acqua mentre passeggiamo affascinati sul lunghissimo bagnasciuga.
Cap Frehel e Fort La Latte, pieni di turisti, ci accolgono con un vento fortissimo, e ben presto ci dirigiamo a Ploumanach. Questo si rivela essere un posto veramente magico… Enormi massi di granito rosa dalle forme tondeggianti modellate dal vento e dal mare occupano un lungo tratto della costa; su un piccolo promontorio un faro costruito con il medesimo granito. La tirata fatta per godere da lì il tramonto (che comunque qui è già in aprile intorno alle 9 di sera) è assolutamente ripagata, solo noi e altre due persone a guardare il colore delle rocce cambiare e il sole infuocarsi.
Un’ottima cena in un ristorantino con veranda panoramica e padroni simpatici, poi il giorno dopo concludiamo la visita del paese con la piccola chiesetta del quartiere della Clarté, anch’essa in granito rosa e con all’interno 3 modellini di nave ex-voto.
A questo punto decidiamo di volerci spingere al limite ovest della Francia affacciandoci sull’oceano e si parte verso l’Ile d’Ouessant. Tappa pranzo a Roscoff, dove ancora una volta restiamo sbalorditi dalla portata delle maree, ed eccoci imbarcati.
Piccole raccomandazioni per chi decide di avventurarsi in questo posto, che ci si rivela estremamente affascinante: prenotate prima, altrimenti difficilmente troverete accoglienza; non crediate che la rinomata scorbuticità locale sia solo un mito ma siate pronti a vedervi rifiutare la cena alle 8 di sera perché gli pare di aver lavorato abbastanza; la bici è un ottimo modo per girare, magari prendetela in paese (dallo sbarco altrimenti è salita), poi potrete lasciarla comunque all’imbarco. Noi abbiamo trovato un tetto in una simpatica chambre d’hote, mentre per la cena sbarcando alle 7 è stato quasi un miracolo rimediare un pseudo-kebab (non ci è stato rifiutato proprio perché quell’unico esercizio viene considerato e si considera “altrove” e straniero sull’isola, ultima e unica possibilità scovata per caso).
E ora… Godetevi questo luogo fantastico! Sembra di trovarsi veramente fuori dal tempo, casette sparse, pecore e capre in questa brughiera lambita dall’oceano… Poche spiagge, ma soprattutto scorci molto suggestivi fra le rocce che scendono al mare. Anche qui arriviamo in tempo per il tramonto e per vedere il faro di Creach iniziare a illuminarsi. 6 i fari “di pertinenza” dell’isola, di cui due su terra, il potente Creach e il più antico Stiff, che con il calare del buio la spazzano incessantemente con i loro fasci di luce.
Passata serale al pub di Lampaul, dove il giorno dopo al piano superiore pranzeremo con soddisfazione, luogo d’atmosfera dove si incrociano i pochi turisti e la popolazione locale.
Il girno dopo un giro in bici esaurisce le energie del povero cane, che entusiasta dell’isola non si risparmia le corse fino ad arrivare al traghetto stremato.
Proseguiamo senza sosta fino a Carnac, dove i megaliti se non colpiscono particolarmente per le loro dimensioni sicuramente affascinano per il loro numero, alcune migliaia disposti in file ordinate, fra cui pascolano le pecore. La cartina dell’ufficio turistico non è molto precisa sui siti minori, così ci limitiamo alle zone degli allineamenti e al gran gigante (un menhir di circa 6m) che guarda un quadrilatero delineato da altri menhir molto più bassi. Per il ritorno scegliamo una strada diversa da quella indicataci dalla michelin che ci avrebbe riportato verso Parigi; così ci troviamo a percorrere circa 250 km di statali con anche un buon numero di camion, ma tutto sommato si procede abbastanza spediti e così attraversiamo paesaggi diversi, in particolare la Loira.
Tappa notturna a Macon, con un bel ponte ben illuminato e una caratteristica casa in legno ma poco altro, e l’ottavo giorno ci riporta in Italia, dopo 3666 km.