Un mestiere pericoloso
Ho dei bellissimi ricordi dell’affascinante e misteriosa Ruta Maya, ma la Ruta (strada) di cui vi voglio parlare in questo reportage è un po’ meno conosciuta, per percorrerla, una volta atterrati a Città del Messico, bisogna dirigersi esattamente dalla parte opposta, verso il brullo nord, alla scoperta cioè della Ruta de la Independencia.
Volendo distinguere in modo romanzesco le due vacanze, la Ruta Maya è il Messico delle antiche culture precolombiane, degli imponenti siti archeologici e dei cruenti riti sacrificali. La Ruta de la Independencia invece è il Messico delle città coloniali, degli eroi della rivoluzione, delle strade polverose e dei cactus a forma di totem, in poche parole il Messico di Zorro.
Nel prosieguo vi accompagnerò nelle città che hanno visto nascere i moti rivoluzionari e indipendentisti del Messico, parteciperemo alle caotiche processioni religiose e alle affollate fiere di paese, viaggeremo sulla funambolica ferrovia all’interno della Barranca del Cobre e per finire ci concederemo un po’ di mare nella brulla Baja California… Ma che stiamo aspettando, si parte! LA RUTA DE LA INDEPENDENCIA Muovendoci verso ovest, a 300 chilometri da Città del Messico incontriamo Morelia, la prima città coloniale del nostro viaggio; arrivati allo zócalo è difficile resistere alla tentazione di accomodarsi in uno dei caratteristici bar sotto i portici, gustarsi una fresca birra messicana, e nello stesso tempo ammirare (stando attenti a non farsi venire il torcicollo) la maestosa cattedrale barocca.
Lo zócalo, elemento urbanistico onnipresente in ogni città messicana che si rispetti, è la piazza principale, punto di aggregazione della maggior parte della cittadinanza: finito l’orario di ufficio questa parte della città si trasforma da sonnolenta a vivace, gli abitanti conversano sulle panchine, ascoltano distrattamente i predicatori alticci che li ammoniscono per i loro peccati, assistono ai concerti delle bande di paese che si esibiscono nel gazebo centrale o invitano i mariachi a suonare canzoni nostalgiche. E’ un rito che si ripete ogni pomeriggio, feriale o festivo che sia, e per noi viaggiatori è molto rassicurante, infatti quando vogliamo mangiare in un buon ristorante oppure semplicemente ci siamo persi, basta chiamare un taxi e dire le parole magiche “Zócalo por favor!”. E’ anche per questo che mi sento sempre di tranquillizzare coloro che mi chiedono se il Messico è adatto ai viaggiatori fai-da-te alle prime armi: muoversi all’interno della nazione è molto semplice, la fitta rete di autobus raggiunge ogni angolo del paese, con soluzioni differenti a seconda del budget disponibile, dalle carrette con le valige legate sul tetto e i polli che svolazzano all’interno, a corriere di lusso con sedili che si trasformano in letti, cinema e caffè a bordo. Una volta arrivati a destinazione ormai avete capito quanto sia facile trovare un hotel: si sale semplicemente su un taxi (le stazioni degli autobus ovviamente ne sono piene) e si pronunciano le solite parole magiche “Zócalo por favor!”.
Morelia è anche il nostro primo incontro con la tumultuosa storia messicana, la città originariamente si chiamava Valladolid e fu ribattezzata Morelia in onore di un suo illustre concittadino: José Maria Morelos fu un prete rivoluzionario che nel 1811 assunse il comando delle forze ribelli, dopo che lo scombinato esercito di Hidalgo venne sconfitto e il suo comandante decapitato. Morélos liberò molte città, arrivò a circondare Città del Messico e a proclamare i suoi Sentimientos de la Nación (tra i quali figurava anche l’indipendenza dalla Spagna). Nel 1815 fu ovviamente catturato dall’inquisizione spagnola e fucilato. Dico ovviamente, perché come diventa progressivamente chiaro a chi affronta la storia del Messico per la prima volta, coloro che si dedicano al mestiere di presidente/rivoluzionario hanno un’aspettativa di vita molto ridotta, in Messico è molto più sicuro fare l’ammaestratore di scorpioni.
LA FESTA DEI COLORI Spostandoci di 200 Km a nordest raggiungiamo San Miguel de Allende, incantevole cittadina coloniale frequentata da artisti e da stranieri che attratti dal clima mite e dalla qualità della vita vengono a svernare. Caratteristica della città è la Parroquia de San Miguel Arcángel, la zuccherosa cattedrale barocca di colore rosa, che più che una chiesa sembra una torta di compleanno. E’ veramente piacevole passeggiare per questa tranquilla cittadina, i coloratissimi muri delle case fanno venire voglia di continuare a scattare foto e quando alla fine siete stanchi ci si può sempre recare… Indovinate dove… Allo zócalo per fumarsi un puro messicano godendosi la frescura del tramonto (non dimenticate che gli altipiani centrali del Messico hanno un altitudine media di 2000 metri).
Nel 1779, Ignacio Allende, figlio del missionario Miguel Allende da cui deriva il nome della città, fu un fervente assertore della necessità di ottenere l’indipendenza dalla Spagna. Assieme al sacerdote Manuel Hidalgo organizzò vari rocamboleschi tentativi di insurrezione. Il 16 Settembre 1810 Hidalgo radunò la popolazione e annunciò che era venuto il momento di fare le cose sul serio (questo evento è segnato nei libri di storia messicani come il famoso Grito de Dolores o Grito de Hidalgo). Dopo alcuni successi iniziali Hidalgo e Allende decisero di rispettare il classico copione rivoluzionario: furono catturati e giustiziati.
Un posto carino e tranquillo dove alloggiare è la Posada de las Moncas (www.Posadalasmonjas.Com), un vecchio convento convertito in hotel.
LE MACABRE TRADIZIONI Ad una cinquantina di chilometri a ovest si trova la cittadina di Guanajuato, dichiarata dall’UNESCO patrimonio dell’umanità. Oltre a possedere tutti i connotati classici delle città coloniali che abbiamo visitato fino ad ora (zócalo, case colorate, mariachi, ecc…), ha la peculiarità che le vie sono strettissime, alle volte sporgendosi da un terrazzo si può toccare il muro della casa di fronte. Uno dei posti più angusti è il Callejon del Beso, talmente stretto che esiste una leggenda… Doña Carmen era la bella figlia di un uomo caparbio e violento, che aveva in programma per lei il matrimonio con un vecchio nobile Spagnolo. Ma all’amor non si comanda, Doña Carmen si innamorò di Don Luis, un giovane di bell’aspetto. Il padre, che era contrario a questa storia d’amore, rinchiuse Doña Carmen in casa e minacciò di mandarla in convento. La casa di Doña Carmen era nello stretto Callejon del Beso ed era vicinissima alla casa del dirimpettaio: Don Luis non si fece perdere questa occasione, comprò a peso d’oro quella casa per fare una sorpresa alla sua amata. Immaginate l’emozione di Doña Carmen quando si affacciò al suo terrazzo e vide il proprio innamorato di fronte a lei, praticamente guancia a guancia. Secondo voi come può finire questa dolce favola messicana? Doña Carmen non fece neanche in tempo a dargli un bacio, che il padre dalla strada li vide e iniziò ad imprecare, salì su per le scale e le conficcò un pugnale nel petto. Non so che effetto faccia a voi, ma questa triste storia è talmente mielosa e tragica, che paradossalmente ogni volta che la sento mi fa sganasciare dal ridere. E poi tutti piangono per la morte di Doña Carmen, ma nessuno pensa al povero Don Luis: ha fatto un mutuo per comprarsi la casa e ora si ritrova con uno stronzo di vicino! Le miniere della regione hanno prodotto per 250 anni il 20% di tutto l’argento mondiale e quando nel 1810 la città si ribellò seguendo gli incitamenti di Hidalgo, gli Spagnoli la riconquistarono e per ricompensa attuarono la simpatica “Lotteria della Morte”, ovvero estrassero a caso i nomi dei cittadini che per rappresaglia furono torturati e impiccati.
Anche se molti dissentiranno su questo, secondo me la cosa più interessante è il Museo de las Momias, perfettamente in linea con l’idea macabra e allo stesso tempo ironica che i Messicani hanno della morte. Nel 1865, riesumando alcuni cadaveri del cimitero per far posto a nuove tombe, si scoprì che i corpi erano in un ottimo stato di conservazione, poiché si erano autonomamente mummificati. Non si sa perché, si suppone che sia dovuto all’alta concentrazione di carbone del sottosuolo che contribuisce a disidratare velocemente le salme, ma comunque da allora è iniziata una curiosa e macabra usanza: quando una famiglia non paga più le tasse di sepoltura dei propri antenati, questi vengono riesumati e messi in un museo. All’interno del monumentale cimitero cittadino, un’ala è stata dedicata all’esposizione delle mummie; lungo i tetri corridoi di bare trasparenti illuminate con una flebile luce viola, potrete mettere alla prova il vostro gusto noir, vedrete corpi sepolti vivi con le mani ancora nella posizione di un disperato tentativo di uscire dalla bara, madri incinte con il feto mummificato ben visibile e simpatici personaggi spelacchiati che vi guarderanno con il solo occhio ancora non decomposto. Lo slogan che meglio si adatta al museo è: “Vieni oggi a trovare le mummie del museo, che poi stanotte loro verranno a trovare te…”. LA FERIA DE ZACATECAS Continuando il nostro percorso verso nord, dopo 250 Km raggiungiamo Zacatecas, altra città coloniale contesa durante i moti rivoluzionari poiché esportatrice di grandi quantità d’argento. Fu a Zacatecas nel 1914 che il rivoluzionario Pancho Villa sconfisse 12000 soldati fedeli all’impopolare presidente Huerta. Dopo la battaglia Pancho Villa visse felice e contento per molti anni fino a che non si spense di vecchiaia… Ovviamente sto scherzando, morì il 20 Luglio 1923 all’interno della propria automobile, crivellato da 46 proiettili. La città è l’ennesimo gioiellino architettonico del nostro viaggio, ma il vero motivo perché siamo venuti qui è che tra il 5 e il 21 Settembre si svolge una vivacissima fiera annuale, la Feria de Zacatecas. Bisogna premettere che il 16 Settembre è la festa nazionale Messicana, il Dia de la Independencia, solo che a differenza di noi Italiani che il 25 Aprile ci limitiamo a stare a casa come fosse un giorno festivo qualsiasi, in Messico praticamente tutto Settembre è una festa dietro l’altra, ogni finestra ha la sua bandiera e tutte le strade sono adornate di stendardi, gagliardetti e luminarie verdi, bianche e rosse come fosse Natale.
Zacatecas non è da meno, la fiera oltre a darci la possibilità di acquistare tutto il necessario per diventare dei novelli caballeros, dal cappello a tesa larga agli stivali in pelle di serpente, ci darà l’occasione di mangiare le prelibatezze della cucina Messicana a prezzi popolari e di assistere a charreadas (rodei) e corridas. Se pianificando il vostro viaggio avrete avuto l’accortezza di prevedere di essere a Zacatecas l’8 Settembre, oltre alla fiera potrete assistere alla ricorrenza religiosa della Virgen del Patrocinio; anche in questo caso gli eccessi messicani non si smentiscono, la colorata processione è uno spettacolo da non perdere, le delegazioni di ogni villaggio circostante arrivano in città per far sfilare i propri carri religiosi, i propri santi e le proprie icone. Tra marce in costume, musica, balli, colpi di archibugio e detonazioni varie, il tutto si conclude con i fuochi artificiali ed un persistente ronzio alle orecchie che durerà fino alla mattina successiva. Un discreto posto dove alloggiare, ma soprattutto un eccezionale posto in prima fila da dove assistere alla processione è la Posada de la Moneda (www.Hotelposadadelamoneda.Com).
Nel caso arrivati a questo punto del nostro tragitto, pensiate con rammarico al Messico del sud e ai suoi antichi siti archeologici, a 45 Km a sud-ovest di Zacatecas potrete visitare La Quemada, ovvero la vostra unica occasione in questo viaggio verso nord per vedere un sito archeologico Azteco. Il sito è raggiungibile con gli autobus urbani che vi lasceranno lungo la statale, da lì per arrivare a destinazione dovrete solamente fare una rinvigorente camminata di 2 chilometri sotto il sole cocente, circondati da un ambiente desertico con tutti i cliché che si rispettino, termitai e covoncini rotolanti nel silenzio. Dopo che avrete visitato i templi e le piramidi, al ritorno vi consiglio di alzare il dito pollice… Sempre che passi qualcuno.
UN MONDO IN BILICO Spostandoci di altri 700 Km a nordovest, potremo prenderci un po’ di riposo dalla confusione delle fiestas per dedicarci alla natura e ai paesaggi. La Barranca del Cobre è un gruppo di oltre 20 canyon scavati nella Sierra Tarahumara, complessivamente 4 volte più grandi del Grand Canyon in Arizona; già solo per questo meriterebbe una visita, ma quello che la rende veramente appetibile è il Ferrocarril Chihuahua al Pacifico. Lungo i 650 Km che collegano Los Mochis a Chihuahua, passando sopra 39 ponti e dentro 86 gallerie, la ferrovia vi permette di godere dei vertiginosi panorami e di sperimentare acrobazie che non pensavate un treno potesse fare: vi troverete ad esempio percorrere i binari disposti ad asola, per permettere al treno di prendere la rincorsa necessaria ad inerpicarsi su una salita particolarmente ripida; oppure entrerete in galleria avendo la valle a sinistra e quando ne uscirete la valle sarà dal lato opposto, poiché all’interno della galleria avrete fatto un tornante senza accorgervi. Sin da quando ho iniziato ad organizzare questo viaggio, ho sempre pianificato di fare una sosta all’interno della Barranca del Cobre e non limitarmi solo a percorrerla in treno. Due sono le località più famose per fare delle escursioni, Divisadero e Creel, ma dalle guide a mia disposizione e dalle informazioni reperite in Internet non sono stato in grado di capire a priori quale fosse la migliore. La risposta mi è stata invece evidente una volta arrivato sul posto, bisogna assolutamente vederle entrambe, poiché sono diverse e complementari: solo a Divisadero potrete ammirare la Barranca de Urique con i suoi strapiombi mozzafiato di 1800 metri di altezza e percorrere improbabili sentieri a cavallo, pregando che il vostro destriero non decida di inciampare proprio quel giorno e farvi passare gli ultimi due minuti della vostra vita a volare accanto alle aquile. Se il vostro budget ve lo permette, vi consiglio di concedervi il lusso di una notte nell’hotel Posada Barrancas Mirador (www.Mexicoscoppercanyon.Com/mirador). L’hotel a 4 stelle è stato costruito, o sarebbe meglio dire appeso, sulla parete a strapiombo, tutte le camere danno verso il canyon e offrono visuali sconsigliate a chi soffre di vertigini.
Creel invece è già oltre la zona dei dirupi, però vi permette di fare comunque bellissime escursioni e, cosa più importante, di venire a contatto con i Tarahumara: gli avi degli oltre 50.000 indios che vivono nei numerosi canyon della Sierra Tarahumara, agevolati dalla conformazione del territorio, hanno avuto la fortuna di non incontrare mai i conquistadores spagnoli. Possiedono ancora oggi l’incredibile abilità di correre velocissimi sulle lunghe distanze, pensate che la loro tecnica di caccia del cervo consiste nel rincorrerlo fino a che non si stanca… Con questo ho detto tutto. E’ facilissimo incontrarli e, dati i loro vistosi costumi, è anche facilissimo riconoscerli; alcuni di loro vivono ancora nelle grotte e non sorprendetevi se durante le vostre passeggiate vi capiterà di vedere qualche coppietta che tuba amabilmente, in posti in cui voi non osereste nemmeno se assicurati da un’imbracatura e con un paracadute sulla schiena.
I GRANDI INCONTRI Terminata la visita delle terre emerse, ogni viaggio che si rispetti comprende anche un’occhiatina alle terre sommerse. Da molto tempo accarezzavo l’idea di visitare i mari della Baja California (Baja per gli amici), conosciuti ai subacquei soprattutto per essere frequentati dai grandi pelagici. Se come me non avete occasione di recarvi in Baja d’inverno quando le balene grigie giungono qui dopo una nuotatina di 9700 Km, potrete comunque fare incontri interessanti anche d’estate. Tanto per farvi capire, il bilancio della prima giornata di immersioni è stato: uno squalo balena, tre leoni marini, una decina di delfini e, la cosa più strana che abbia mai visto, un gruppo di aquile di mare che sbattendo le ali uscivano dall’acqua e si libravano in aria di un paio di metri.
L’unico punto dolente della Baja Sur (cioè la Baja California meridionale), è che dovrete scordarvi i prezzi a buon mercato incontrati fino ad ora, qui le etichette sono in dollari. Un buon posto dove villeggiare è La Paz, graziosa cittadina a misura d’uomo con un romantico lungomare che mette in scena ogni sera tramonti hollywoodiani. A La Paz i prezzi sono più abbordabili rispetto a quelli di Cabo San Lucas, rinomata località marittima sull’estremità meridionale della Baja (assai frequentata dal turismo statunitense), che però di messicano ha ben poco, perlopiù centri commerciali, ristoranti di lusso e hotel faraonici.
La Baja Sur, oltre agli enormi cactus stile Far-West, non offre molti spunti interessanti per escursioni nell’entroterra, niente potrà reggere al confronto con San Miguel de Allende o gli altri posti visitati nella prima parte del viaggio. Forse vale la pena andare a Todos Santos, simpatico paesetto di artisti in cui potrete acquistare souvenir a prezzi accettabili… Certo che se siete passati per la Feria de Zacatecas e per i villaggi Tarahumara aspettando la Baja per fare acquisti, avete commesso un grave errore.
A costo di essere ripetitivo, il punto di forza di questa regione sono le immersioni, molto diverse da quelle che potreste fare sulla costa caraibica: a Cancun e Playa del Carmen trovate i colori, qui i “pezzi grossi”.
La baia di La Paz —————– La baia è frequentata tutto l’anno dagli squali balena e i diving non si fanno certo scappare questa ghiotta occasione. Se volete però esser certi di non mancare l’obiettivo, è meglio che vi rivolgiate ai diving più attrezzati: vi consiglio il Baja Diving & Service sito all’interno del Club Cantamar (www.Clubcantamar.Com), che la mattina passa con un pulmino per tutti gli hotel di La Paz a recuperare i clienti. Con questo diving avrete la migliore possibilità di avvistamento, infatti rispetto agli altri offre un servizio aggiuntivo: come supporto alla barca viene utilizzato un ultraleggero, il cui unico compito è quello di avvistare dall’alto gli squali balena e comunicare via radio le loro coordinate geografiche.
Los Islotes ———– Questa è l’immersione più famosa di tutta la Baja Califiornia, sull’isoletta di Los Islotes risiede una colonia di 350 leoni marini, immergersi con loro è un emozione unica. Mentre i maschi territoriali se ne stanno al largo (se vi vengono vicini vuol dire che siete nei guai), le femmine invece vi vengono vicinissime per curiosare e i cuccioli arrivano addirittura a morsicarvi dolcemente per giocare. Non ho dubbi, questa è una di quelle immersioni a cui bisogna dedicare una pagina speciale del vostro log-book.
Relitto C-69 ———— Si tratta di una fregata americana lunga un centinaio di metri, affondata appositamente per creare un reef artificiale. Quello che rende intrigante questa immersione è che il relitto è totalmente penetrabile per tutta la sua lunghezza e, data la sua notevole stazza, potreste passare due intere immersioni senza passare mai due volte per lo stesso punto. Non c’è alcun rischio di perdersi, la visibilità è eccellente e, poiché il relitto è coricato su un lato, tutti gli interni sono illuminati dalla luce del sole.
El Bajo ——- E’ l’immersione più impegnativa, si tratta di un’immersione profonda, in corrente e nel blu, alla ricerca dei squali martello che battono spesso questa zona di mare. Per riuscire ad ottenere che il diving vi ci porti, dovrete attuare sin dal primo giorno una strategia di sfiancamento, cioè dovrete rompere le scatole in continuazione fino a che non vi ci portano (l’abbiamo spuntata l’ultimo giorno).
Il lungomare di La Paz dispone di molte soluzioni per alloggiare, buono è l’Hotel Los Arcos (www.Losarcos.Com), forse un po’ fatiscente, ma non gli manca niente, nemmeno la piscina. Anche per mangiare La Paz vi permetterà di assecondare il vostro palato ormai assuefatto alle spezie messicane; se volete una chicca, all’angolo tra Marquez de Leon e Belisario Dominguez c’è il Rancho Viejo, una casetta con cortile interno in cui potrete mangiare la tradizionale cucina messicana a prezzi messicani.
Giunto alla conclusione del mio terzo viaggio in Messico, mi è difficile dire cosa mi sia piaciuto di più, la sua caratteristica è appunto quella di essere caleidoscopico, di soddisfare tutti i sensi, il gusto con la sua articolata cucina, l’olfatto con gli odori dei suoi mercati, l’udito con la sua musica chiassosa e la vista con i suoi saturi colori.
Chiunque potrà trovare quello che cerca, dal punto di culturale, naturalistico ma soprattutto umano; non c’è stata una sola volta che non mi sia fatto degli amici, persone che ho avuto modo di conoscere anche per solo poche ore ma che hanno lasciato il segno: Rafael, il frate francescano che ci ha fatto da guida a Puebla per tre giorni senza volere mai niente in cambio, nemmeno che gli offrissimo il pranzo; Arturo, che a Jerez mi ha portato per la prima volta in una autentica cantina malfamata; Javier, che a Los Mochis mi ha fatto prendere una sbronza micidiale, che non mi ha fatto andare a dormire fino a quando non è riuscito ad offrirmi le sue tequile preferite ed insegnarmi tutti i modi in cui la bevono i Messicani; Carina di Ciudad Juarez che… Beh… E tanti altri ancora, citarli tutti sarebbe impossibile.
Di questo interessante itinerario mi rimane nel cuore la convinzione che il Messico sia un grande paese, che è in grado di offrire tanto al viaggiatore, troppo per un unico viaggio, troppo anche per tre…
Per vedere le foto del viaggio: www.Andataritorno.Com/Reportage/Messico_Nord