Marocco 3
Non é forse questo il motivo per cui viaggio?” (Aime) 1. MARRAKECH Due cose non mancano mai in un viaggio, la partenza e la diarrea. La prima è per sua natura più dura, molto più dura se per uno sciopero del personale di terra, di cielo e di mare l’area gruppi di Malpensa sembra un’osteria durante il raduno degli alpini. In questa osteria dovremmo ritrovarci in dodici: per ora mi son trovato solo io. Metto lo zaino in testa con l’adesivo dell’agenzia come richiamo per i dispersi. Una vecchietta mi stritola l’alluce con la Samsonite, si ferma, sbircia da sotto il foulard, sotto il k-way, sopra un vestito del trenta pieno di croci e madonne: “Cercherà il volo per Lourdes?… no, noooo per favore… noooo”.
– Marocco? É lei il capogruppo? – – Siiiiii, piacere Dario? – – Elisabetta. Ci siamo sentiti al telefono, si ricorda? – – Beh, si… dalla voce… – dalla voce le avevo dato 45 anni di meno.
– Ci sono gli altri? – – Lo spero, tra un pò c’imbarcano…
Altre valige su ruote, 150 anni in due: “Saranno del G.G.C.D.M. Gruppo Geriatrico Cattolico Duri a Morire… il volo per le Canarie?” Mi fissano. “No, no, nooooooo, ti prego…”.
– Marocco ? – – Oasi? Sicuri eh, perché … c’é anche l’altro viag… – – Oasi, Oasi. Io sono Ettore, mia moglie Adele. É lei l’accompagnatore? – – Lei chi? – – Lei… tu. Dario? Ci siamo sentiti al telefono ieri…- – Si, sono io. Piacere. – – Gli altri…? – – Elisabetta! Piacere, per ora siamo solo noi. – Crollo sullo zaino studiando una via di fuga. “Telefono per salutare la mamma… Un infarto… Non posso partire… La mia mamma… Scusa mamma… E questa cosa vuole? Piccolina, guardi già gli uomini, aho biondina! Ti piace l’adesivo, vuoi l’adesivo?” – Papà! Lui ha l’adesivo!- “Oddio, no! Non ci credo… non é possibile, no,no,no…” – Dario? – si alzano, tre in uno: papà, mamma e bambina… BAMBINAAAA!!! – Ehmmm.. Si… Voi siete… Scotti? Giusto? Ci siamo sentiti… – Al telefono sembrava novanta chili di meno. Ha chiesto se poteva una Mercedes invece della R4, però non pensavo così. Mentre siedo incredulo tra il ricovero e l’asilo arriva Simona… Cioè, le tette erano già qui, adesso é arrivato il resto: una cascata bionda e uno zaino ciclopico, perfetto contrappeso a quel ben di dio. Scarica lo zaino e ritrova a malapena l’equilibrio… ooooop! – Dario? – – Si, ciao. Tu sei… Paola? – – Simona! – – Paola sono io ! Ciao a tutti. – mezzo metro in più di altezza e mezzo in meno di profilo, comunque un po’ di sana gioventù. Ma dov’é Marcello? Marcello é un amico ma se non arriva entro dieci minuti lo pianto qua. Teste brulicanti, teste pelate, teste bionde, teste brune, cappelli di paglia, berretti da baseball, coppolette, baschi, fez, bandane, bandana rossa! É lui.
– Marcelloooo! Ahoooo! Marcelloooo! Siamo qua?- – Pensavo di non… stronzi di piloti, s’ammalassero davvero! – Sempre lui! Stessa bandana, stesso zaino, stessa maglietta, stessa… No… La moglie non sembra la stessa. – Lei é Cristina, una… Collega di lavoro. Lui é Dario, il capo. – Carina é carina, bel musetto, cosine a posto, sorriso simpatico ma… Collega?! E il distacco della spina? E il cordone ombelicale dell’abitudine come l’hai chiamato tu? Una collega! “Come mai quello non é stato promosso e quell’altra com’é stressata e, sai cos’ha fatto tizio e sai cos’ha detto caio?” Oddio! E io con chi cazzo dormo, con la nonna di Bernadette? Ci siamo tutti, manca uno, ci siamo quasi tutti. Lettere e numeri frullano sul tabellone, “frrr…Frrr…Frrr… Casablanca…Frrr…Frrr… 13,55 …Frrr…Frrr…Frrr… Terminal 2… Frrr… Frrr… Check”.
– Com’é che sul nostro c’é terminal 2 ?- – Terminal 2? Vado a chiedere…- Così noi siamo a Malpensa 2000, Terminal 1, e invece la Royal Maroc é a Malpensa 1999, terminal 2. “Ma se ho telefonato ieri e m’avete detto…” Via di corsa. E Roberto? Sulla navetta ripasso tutti, anche Marcello che con l’aria da rincoglionito succhia il naso della morettina. Papà orso con la bimba appesa all’ascella brontola qualcosa sull’accompagnatore che sbaglia aeroporto, cominciamo bene! Suor Betty siede composta con la borsetta sulle ginocchia, Ettore é di fianco all’autista, Adele di fianco a me: – Non si preoccupi per noi, Dario. É tanto che viaggiamo, abbiamo girato mezzo mondo; siamo vecchi ma vedrà, ci andrà bene tutto. – – Io non sono preoccupato, siete abbastanza grandi…- anche troppo! Al check-in non c’é ressa, eravamo tutti al terminal 1, la ressa inizia adesso.
– Pensavo di aver sbagliato aeroporto, non c’era nessuno.- il Mare della Tranquillità in confronto é il Triangolo delle Bermuda. Sdraiato per terra, con la testa sul saccone, sembra venire fuori da una dormita piuttosto lunga.
– Roberto? – – Detto Bobby. Tu sei il capo? – – Dario. Come sta tua madre? Sono quattro giorni che telefona. Non sembrava entusiasta…- “Signora, scusi, ma io cosa c’entro con le decisioni di suo figlio?” “Non sono per niente d’accordo con questo modo di viaggiare!” “Questo l’avevo capito ma chi l’ha obbligato…” “Il mio bambino non é mai andato da nessuna parte…” “Il suo bambino ha trent’anni …” “ Ma non é mai andato da solo… Queste sono cose pericolose, posti sconosciuti, tra i selvaggi, nel deserto! Sa quanta gente é morta nel deserto?” “Insomma, signora, il Marocco non é proprio … Cioè…” “Mi raccomando non fate pazzie, lei é responsabile … e comunque io continuo a non essere d’accordo su questi viaggi così… Così… Magari ci saranno delle ragazze…” “ No, no, questo no, stia tranquilla, niente ragazze, per chi ci ha preso?” – Non farci caso, si preoccupa sempre. Com’é che siete arrivati tutti insieme?- – Eravamo all’altro terminal. Tu piuttosto cosa fai qui?- – Non dobbiamo partire da Malpensa? Cosa sarebbe l’altro terminal?- – Malpensa 2000. – – Malpensa 2000?! Io mi sono fatto portare a Malpensa, Malpensa e basta.– – Cioè… Tu non sai del nuovo aeroporto… Non hai mai sentito parlare di Malpensa 2000?! Giornali e telegiornali non parlano d’altro, ci sono aerei parcheggiati in aria da una settimana, bagagli seminati in ogni angolo del mondo, passeggeri accampati nelle sale d’aspetto… Lasciamo stare. – Check-in senza problemi, a parte i santini usciti dal passaporto di Elisabetta e sparpagliati sul nastro trasportatore. In attesa dell’imbarco soliti acquisti utili (sigarette, caramelle, penne, libri) e inutili (preservativi). L’elezione del cassiere-aiutante-capogruppo é tribolata. Con Marcello eravamo d’accordo… Marcellooo! Niente, continua a ciucciare la punta del nasino raggrinzito.
– Cosa deve fare il cassiere? – – Lascia perdere Bobby, é un casino! – – Beh… Se mi fai vedere… – – É difficile, entrate, uscite, prestiti, cambi, togli di qui, metti di là, restituisci, aggiungi, insomma é più il tempo che passi a far conti. Se non sei un po’ pratico…- – Sono ragioniere… – – Non vuol dire, non vuol dire, poi se non quadri cominciano i litigi, le discussioni, ci vuole esperienza, non é semplice. Tu, Simona, hai fatto tre viaggi, non hai mai tenuto la cassa? – – Mai. – spalanca gli occhioni azzurri – Però posso provare, non so…- – Va bene, presa! – dovremo quadrare tutte le sere, immagino già che dovremo quadrare tutte le sere, mi vedo già mentre quadriamo…
– Scusa non hai detto che é un casino… – – E dai Bobby, non siamo la Banca d’Italia! – É una giornata di Novembre così limpida che persino i morti la festeggerebbero all’aperto; anche Milano, là sotto, sembra contenta. Moltiplichiamo questo caldo anomalo per le tre ore di discesa verso Sud e immaginiamo cosa sarà l’Africa. Immaginiamo male: a Casablanca una nebbia impenetrabile ingessa l’aeroporto per più di sei ore. Potevamo andare a Marrakech in bicicletta e saremmo arrivati alla stessa ora dell’aereo, all’una di notte, classica ora di controlli veloci e uffici chiusi. Per fortuna abbiamo cambiato i franchi a Casablanca mentre snebbiava.
Quattro taxi beige sfumati ruggine ci scaricano in centro città, davanti al Gazelle. Stanchi e assonnati non trattiamo con i tassisti e così paghiamo il servizio notturno, il servizio pre e post festivo, le medicine di uno dei tassisti e il prepensionamento del nostro autista che avrà novant’anni ed é senza denti e senza diottrie. Dall’Italia ho prenotato il Gazelle non perché il Foucault e l’Ali fossero pieni ma perché gestito da una famiglia di Berberi purosangue, e comunque il Foucault e l’Ali erano pieni. Ci “accomodiamo” in due bimatrimoniali tirate a sei grazie ai lettini extra. L’albergo é una casa a ringhiera, le camere sono al secondo piano suddivise per età: a destra la famiglia, i nonnetti e la suora, a sinistra gli altri. Bobby si addormenta sulla seconda stringa, io e Marcello leviamo il disturbo mentre le ragazze si docciano. Siamo a cento metri dalla piazza degli “impiccati”; uscendo dall’hotel subito a destra poi ancora a destra c’é la passeggiata tra bar e negozi chiusi. La piazza é deserta, non sembra neanche lei, delle bancarelle é rimasto l’odore acre delle lampade e quello saporito delle grigliate. La Koutubia svetta elegante tra il Med e la luna. – Allora, cosa mi racconti di nuovo? – – Di nuovo niente, cioè… ti avevo detto di Cristina? É una collega… – – E succhi il naso a tutte le colleghe? – – Beh, collega… suo marito é un MIO collega. – – E succhi il naso anche a lui? – – Hai capito dai, abbiamo in piedi una storia…- – Ma va?! Non si capiva. E tua moglie? – – Cristina é una SUA collega di lavoro… – – Bello! Dove lavorate? In un’agenzia di scambisti? – – Ci “vediamo” da qualche mese. Ufficialmente io sono in Marocco e lei a Formentera …- – Scriverete a casa? – – Non scherzare, siamo già incasinati. Come ti sembra il gruppo? – – Boh! Hai visto, c’é un po’ di tutto: dai vecchi ai bambini. Speriamo bene… – – Però che tette la bionda! – – L’importante che faccia bene i conti…- – Ma va a cagare! – In camera c’é odore di mela verde e una temperatura di quaranta gradi sopra le coperte e cinquanta sotto. Mi butto sul letto libero sotto l’unica finestra della stanza. É aperta ma la tendina arancione sembra di pietra, invece dell’aria filtra un chiarore rossastro che evidenzia i profili dei corpi sui letti. Guardo in controluce Simona ed é come essere a Merzouga, in pieno tramonto sulle dune. Quando apro la porta, per far corrente, invece dell’aria trovo Carlo col braccio alzato e il pugno chiuso.
– Marxista-leninista? – – Incazzato-sudato. Facciamo cambio di stanza o l’ammazzo. – – Chi? – – Quella rompic… come si chiama… Elisabetta, non vuole aprire le finestre; ci sono 50 gradi e lei dorme con la vestaglia e la berretta. Io in camera con quella non ci sto, passi per il segno della croce e i pater-ave-gloria, ma sotto vuoto non ce la faccio. Fammi il favore di andare tu di là. – – Non che qui ci sia l’aria condizionata, ma… se insisti. – Però la mela verde sulle dune non era male. Non cominciamo con le camere o do le dimissioni! Dormono tutti, dove sarà?… ecco! La prima notte a letto con la moglie di un altro. Che storia! Che caldo! Buona notte Marrakech! Al mattino la piazza è piena di luce e fresca come un giardino. Di fianco all’hotel Ali ci sono i telefoni a scheda, di fianco ai telefoni i venditori di schede usate, di fianco ai venditori il negozietto delle schede nuove. Costano uguale.
– Siamo arrivati questa notte… In ritardo, non abbiamo potuto ritirare le macchine. Si, si, ho i voucher per tre auto. Va bene! Al Gazelle, dietro l’Ali, mi raccomando, massimo massimo alle otto. No! Alle otto! Si… tre R4… no! R4… come non ci sono più?! – Come non ci sono più? Mi prendono per il culo; passano solo R4 qui davanti! Tra i telefoni e l’Ali c’è il paradiso dei dolci, non so quale scegliere e per non tirar sera prendo tre tipi diversi di bomboloni e un bicchierone di latte di mandorle buono da morire! Al Gazelle stanno estraendo Elisabetta dal cesso dov’é rinchiusa da stamattina, quando si é alzata per pisciare e mi ha visto a letto con Anna. Io fingevo di dormire, si é avvicinata, ha spostato il lenzuolo per guardare meglio, con l’aria di volermi sputare addosso. Si é aggiustata la berretta, s’é tirata su le calze e s’é ripulita gli occhiali con la sottana, ha guardato di nuovo me, poi la bambina, poi ancora me. A questo punto mi sono accoccolato contro la schiena di Anna accarezzandole i capelli. Elisabetta con la bocca spalancata è fuggita al cesso così sconvolta che chiudendo le é rimasta in mano la maniglia. Quando un’ora dopo Paola ha cercato di aprire la porta è finita a terra con l’altra mezza maniglia in pugno. Adesso Carlo, in piedi sulla sedia, aiuta Elisabetta a scalare la parete tra i due bagni. Lei non vuole essere presa in braccio così quando si lascia scivolare con le mani aggrappate al muro, la sottana scopre un intrigante paio di mutandoni mezza coscia. Appena atterra le siamo attorno ma mentre cerco di sorreggerla, esplode l’ira di dio: – Non mi toccare! Tu non mi toccare! Stai lontano da me… – – Cosa? Ma… Betty… – – E NON CHIAMARMI BETTY… P E R V E R T I T O ! – Marcello é raggomitolato per terra dal ridere, Adele e Ettore restano a distanza di sicurezza. Elisabetta rientra sdegnata nella camera dello scandalo.
– Cosa le hai fatto? – chiede Bobby incuriosito.
– Niente! – – Sarà per quello che s’é incazzata. – Sghignazza Carlo. – Anche se qui l’INCAZZATO DOVREI ESSERE IO! – – Esatto! – urla Elisabetta dalla camera – Pervertiti! – Dopo qualche minuto passiamo davanti alla camera per tornare in cortile; ne escono rumori indistinti, borbottii incomprensibili e Bobby, scaraventato fuori dall’ennesimo: – Pervertito! – – Ma che le hai detto? – – Le ho chiesto perché stava là sopra a guardare nel cesso dei maschi. – Lo guardiamo stupiti, lui ci guarda con aria interrogativa, poi sulla porta si staglia la figura imbacuccata con in mano la valigia e ci viene spontaneo: – PERVERTITA!- Finisco di ridere quando arrivano le auto dell’Europcar nessuna delle quali é una R4. Non che sia affezionato alle vecchie carrette ma stavolta l’itinerario prevede strade sterrate. Le Quattrelles hanno il culo alto, non toccano sotto e sono ridotte così male che qualche botta in più non si nota. Fuori dall’hotel l’impiegata dell’autonoleggio e le tre auto hanno una carrozzeria da far invidia a Valeria Marini, due Uno bianche e una Pegeut 205 nuova di zecca. Insisto senza convinzione ma alla fine se vogliamo partire devo accettare e firmare una carta in cui mi impegno a non andare fuori dall’asfalto, tranne che a Merzouga.
– Mi raccomando la 205; é nuovissima, é praticamente la mia e non ve l’avrei mai data se non fosse l’ultima auto disponibile. Però mi assicuri che non andrete fuori strada.- – Nessuna pista, non si preoccupi, non abbandoneremo mai l’asfalto. – Controlliamo le auto centimetro per centimetro segnalando le ammaccature e i pezzi mancanti; facciamo gonfiare le gomme dal meccanico davanti al Gazelle, controlliamo le ruote di scorta, gli attrezzi, le luci e il motore. Salutiamo i berberi prenotando le camere per il ritorno e facciamo colazione alla pasticceria vicino ai telefoni abbuffandoci di paste e latte di mandorle. Mentre Elisabetta sfoga la sua rabbia nel più calorico peccato di gola mai visto, la piccola Rebecca, nonostante le insistenze dei genitori, ignora i croissants alla marmellata, alle mandorle, al cocco, al cioccolato, al pistacchio e contribuisce solo allo svuotamento della teiera. Tirandoci dietro un paio di borse stracolme di biscotti finalmente si parte. Prendo la testa della comitiva per guidarla fuori dalla matassa di stradine ingarbugliate attorno alla medina. Destra, sinistra, piazza, senso vietato, torna indietro, destra, sinistra. In coda dietro la carrozzella per un quarto d’ora, poi gira, medina, no… Evitiamo la medina, passiamo di là sembra una strada grande… Dove? Qui ci giochiamo gli specchietti… Sposta quell’asino, puttana eva! Dove minchia siamo finiti…? Ci sono gli altri dietro? Eh? Ci sono o no! Cosa cazzo lampeggia quel pirla… Seguo quel taxi andrà fuori… Destra… Sinistra… Dov’é il Mamounia? Là c’é uno spiazzo grande… Dei cartelli… Calma nessun problema adesso usciamo… Piazza… Hotel Ali… Come hotel Ali? Ok, calma ricominciamo. Togliti con quel motorino… Spostati! Non voglio un hotel… No, non ci serve una guida… Cioè… Servirebbe ma non per il suk. Non voglio tappeto… Fuori dai coglioni… E staccati da quel finestrino… Sinistra… Destra… Senso vietato … Mi vien da piangere… Indietro… Proviamo di qua… Il Mamounia! Guarda i cartelli… Ouarzazate… Ouarzazate… Eccolo lì: Ouarzazate! Di là. Fuori! Fuori da questo casino! Ci siamo! Le mura di Marrakech nello specchietto retrovisore. Siamo fuori! Ce l’ho fatta ancora, ma è sempre peggio. Adesso datemi la P31, voglio vedere un segno che siamo sulla p31, voglio leggere Ouarzazate 250, dov’è? Ecco, Ouarzazate 245, meglio! É la p31, rilassati! – Cavolo, come hai fatto a venir fuori da quel casino! Sei grande! – e tu sei un angelo, Simona, un angelo! – Beh sai, sono venuto tante di quelle volte! Per me é come essere a casa… – Marcello sogghigna: – Anche a casa fai tre volte il giro della sala prima di trovare la porta?- – Vuoi guidare tu? Vuoi venire davanti e guidare tu? – La P31 scende verso Ouarzazate e poi a Zagora, fino al deserto, dove muore con un altro nome tra la sabbia di Mahmid. La strada sale ai 2600 metri del passo Tichka, noi ci fermiamo ai cinquanta di Ait-Ourir, neanche trenta chilometri da Marrakech, la 205 lampeggia, accosta e si ferma. “Ma non era nuova di zecca?!” Non é una foratura, e neanche una rottura. Non del motore.
– Mi sono rotto le palle! Scusa, vai su un’altra macchina, non si può stare chiusi in scatola! – Carlo, é Carlo che s’é rotto.
– Cosa c’é? – – Voglio aprire il finestrino! – urla Carlo imperlato di sudore.
– Io non voglio rischiare un mal di gola o peggio! – protesta Elisabetta dentro il foulard a fiori da dove spuntano solo i due pezzetti di cielo degli occhiali. “E mettere uno zaino sul sedile e la megera nel baule, eh! Che ne dici se ti chiudessimo nel portabagagli, eh! É abbastanza chiuso il portabagagli eh!”.
– Cerchiamo di ragionare ragazzi… – – Ci saranno sessanta gradi nella macchina, io non ce la faccio! – – Vengo io, a me non da fastidio il caldo. – “Bravo Bobby” – e magari sulla 205 riesco a mettere la terza…- Coraggio, é appena cominciata! p.S. Tratto da “SOLO GUARDARE – Storia di un viaggio in Marocco” di Alighiero Adiansi ediz. “La bottega del caffè letterario – Roma”. Chi e’ interessato al libro lo richieda a ALIADI all’interno del sito o alla e-mail: aliadi@tiscali.It