Viaggio di nozze: ritorno nella mia terra
Domenica 10 Settembre 2006: Mi sono sposata con il mio amore Andrea il 9 settembre. Dopo una giornata di festa e baldoria con amici e parenti, il giorno dopo ci siamo alzati prestissimo per preparare le valigie e in meno di un’ora ci siamo catapultati all’aeroporto di Malpensa: prima destinazione Amsterdam. Abbiamo viaggiato con la compagnia olandese KLM.
) Il viaggio è andato bene: lo staff era molto organizzato, il servizio di ristorazione molto buono (potevi scegliere il tipo di menu e passavano spesso con bibite, gelati, tramezzini etc.) Abbiamo fatto scalo per rifornimento in Malesia a Kuala Lumpur. Bellissimo aeroporto, supertecnologico e ultramoderno. Il volo è durato 23 ore effettive.
Lunedì 11 Settembre 2006: Arrivo a Jakarta Alle 15.00 a.M. (ora locale) atterriamo nella misteriosa e affascinante terra indonesiana, precisamente nell’aeroporto della capitale Jakarta. Molti pensieri affollano la mia mente: vedere il “mio” paese d’origine, sentire parlare la lingua indonesiana Bahasa, sentire i profumi, il calore del vento, vedere la gente con i miei stessi tratti somatici … e l’emozione di vivere questa grandissima avventura con mio marito Andrea. L’aeroporto di Jakarta è piccolo ed ordinato rispetto ai nostri grandi aeroporti italiani. In ogni angolo si trovano statue di Garuda (la divinità uccello, da cui prende il nome l’omonima compagnia di bandiera) circondate da fontane con fiori di loto e bellissime piante tropicali.
Prima di ritirare i bagagli siamo passati all’ufficio “immigrazioni” dove abbiamo consegnato “la carta di sbarco”. Da qui è cominciata la mia rocambolesca avventura nella mia terra d’origine: l’addetto allo sportello mi ha salutato in indonesiano. Nonostante abbia risposto in inglese, ha continuato a parlarmi in bahasa…Ma io non capivo niente… E’ stata dura spiegare che ero in vacanza, che ho sempre vissuto in Europa e che non parlavo la lingua del posto.
Fuori dall’aeroporto cinque uomini ci hanno circondato e hanno cominciato a tempestare di domande mio marito affinché trattasse con loro per la scelta del taxi. Sulla Lonely Planet avevamo letto che qui è usanza trattare il prezzo (anzi gli indonesiani apprezzano i turisti che sanno trattare – ciò è indice di conoscenza dei prezzi e dei costumi locali): quindi per recarci in taxi all’Hotel Sheraton di Jakarta da 10,000Rp siamo riusciti a scendere a 7,000Rp. Mentre Andrea trattava il prezzo con uno del gruppo, altri uomini si sono uniti a noi e, facendoci intendere che erano insieme al nostro addetto alle PR, mi hanno preso le valigie dicendomi che era tutto OK e che me le avrebbero portate sul taxi. Si, peccato che poi volevano essere pagati solo per il servizio di facchinaggio! Ovviamente non li abbiamo pagati, ma erano davvero molto insistenti. L’hotel che abbiamo prenotato dall’Italia via internet è lo Sheraton Bandana: http://www.Starwoodhotels.Com/sheraton/property/overview Qui accettano solo carte di credito e rifiutano le carte pre-pagate del circuito Electron. L’albergo, a prima vista, dà un’idea di grande magnificenza; prima di entrare nella proprietà c’è un check-in con tanto di soldati che, dopo aver aperto le portiere della macchina, aver dato una sbirciatina nel cofano, ti lasciano accedere. La camera si affacciava su un laghetto ( spettacolare la vista al tramonto con il sole che si incendia di rosso) : bella posizione ad eccezione del rumore causato dall’atterraggio e dal decollo degli aerei visto che si è prossimi all’aeroporto. Martedì 12 Settembre 2006 e Mercoledì 13 settembre: Yogyakarta.
Visita a Borobodur – Kraton e Water Castle in Yogyakarta – Prambanan La mattina avevamo l’aereo con la compagnia di bandiera Garuda Airlines: destinazione Yogyakarta. Abbiamo pagato circa 3.000 Rp a testa per l’imbarco aereo, ovvero l’equivalente di 3 euro scarse. Appena giunti a Yogya (come la chiamano affettuosamente i suoi cittadini ) il paesaggio cambia totalmente rispetto a Jakarta. La città è caotica, calda, e sporca. Giunti in strada ci è sembrato di tornare indietro di una cinquantina d’anni. Qui si parla la forma più pura della lingua javanese e le arti e le tradizioni dell’isola sono maggiormente coltivate. Abbiamo preso un taxi (quelli blu della compagnia nazionale) dopo aver comprato il biglietto direttamente in aeroporto. (In ogni caso, i taxi in Indonesia abbondano e una volta capiti i prezzi è facile trattare il percorso e la tariffa). Il nostro hotel era il Jogia Village Inn. www.Jvidusun.Co.Id indirizzo email: dusunjivi@yogya.Pesat.Net.Id. Questo hotel è un elegante boutique nello stile tradizionale javanese, c’è una bella piscina circondata da piante esotiche, un’area dedicata ai massaggi (chiedete della Sig.Ra Reza che, oltre a fare degli ottimi massaggi crea dei bellissimi batik, anche su commissione dall’Italia). All’arrivo in hotel, il proprietario ci ha accolto con un grandissimo sorriso e con tipico inchino di saluto. Ci hanno portato un vassoio di legno con due asciugamani bollenti per lavarci le mani e per asciugarci dal sudore del viaggio. Dopo aver percorso il bellissimo giardino con piscina del Village, siamo giunti alla nostra camera, sita al piano rialzato. Sul letto a baldacchino c’erano petali di fiori e con mia grande sorpresa ho trovato un grandissimo batik la scritta in inglese “Welcome back Purwati” (il mio nome indonesiano che significa “ragazza pura”). Lì l’emozione ha travolto la mia ragione: in quel momento ho capito perché, alla reception, i signori che ci hanno accolto mi guardavano e sorridevano fra loro…Aspettavano di sapere la mia reazione a quella bellissima sorpresa.
Il ristorante di Jojya Inn è eccellente: i piatti principali costano tutti all’incirca 35.000 Rp (ovvero poco meno di 3.50 Euro) e sono molto abbondanti.
Con lo staff dell’hotel abbiamo organizzato un mini-tour: abbiamo affittato un Toyota monovolume (nuovissimo con tutti i comforts) compreso di autista e benzina. Costo del noleggio : 475.000Rp = 45 Euro circa.
Partenza dall’hotel alle 4,00 a.M: ci hanno preparato la colazione da portare via e ci siamo diretti verso il bellissimo templio buddista di Borobodur con il nostro autista, diventato poi nostro amico. Questo magnifico templio è sopravvissuto alle tempeste di cenere del Gunung Merapi, agli attacchi terroristici ed ha circa 1200 annni. Il suo nome deriva dalle parole in sanscrito “Vihara Buddha Uhr” la cui traduzione è “monastero buddhista sulla collina”.
Dato che abbiamo visitato il templio nelle prime ore del mattino, abbiamo dovuto pagare un po’ più del previsto in quanto ci hanno anche dotato di torce elettriche. Costo all’incirca: 23 dollari, includendo la colazione (caffé solubile o the e banana fritta con formaggio grattugiato) servita dall’hotel che gestisce il sito, il Manohara Hotel.
Quando siamo giunti al sito il templio era ancora avvolto dal manto della notte. Dopo aver salito la gradinata principale che porta alle sei terrazze, siamo arrivati alle ultime tre basi trovandoci di fronte ad un panorama ineffabile. Nel cielo brillava ancora uno spicchio di luna e da lontano si sentivano i richiami delle scimmie e uccelli del posto. Andrea si è messo subito a scattare subito 10.000 foto alle campane fatte di mattoni di pietra lavica (simbolo del buddismo) che, con l’avvicinarsi dell’alba, cambiavano continuamente colore… Prima nere, poi marroni, poi arancioni, gialle-dorate.. Insomma un paesaggio fantastico incorniciato dalla foschia e dalle palme che punteggiavano l’orizzonte. Mentre ammiravo il sole nascente, un signore indonesiano (l’addetto alle pulizie) mi ha sorriso e, prima parlando in indonesiano, poi con i gesti, mi ha fatto intendere che dovevo seguirlo. Andrea ed io ci siamo messi a correre dietro questo signore che ci indicava tutti i punti strategici per scattare le foto più suggestive con il sole che si alzava in cielo. Era emozionato ed eccitato nello steso tempo. Faceva uno strano effetto pensare a questo signore che, ogni mattina, può osservare l’alba, mentre noi, ogni mattina, ci rechiamo in ufficio con la nebbia e la pioggia nel traffico della città. Dopo aver fatto colazione, siamo partiti per visitare la città di Yogya. Prima tappa: Kraton.
Situata nel cuore della vecchia città, è l’immensa reggia del sultano; è una sorta di città nella città. All’interno ci vivono ben 25.000 persone (le guardie del sultano con le loro famiglie, i musicisti e le danzatrici). L’attuale sultano risiede ancora qui con la sua unica moglie ( gli antenati avevano più di 10 mogli) e le sue 5 figlie.
Prezzo del biglietto: 12.000 Rp. (All’ingresso vi chiederanno di pagare anche il biglietto per la macchina fotografica o la telecamera, ma una volta dentro non c’è alcun controllo, quindi dite che non usate apparecchi fotografici). Il palazzo è un bellissimo esempio d’architettura giavanese: vi sono sale sontuose, sale da ballo, sale per accogliere i diplomatici o persone di rilievo. Gli anziani inservienti che si occupano del Kraton vivono ancora lì e indossano i tradizionali abiti javanesi, alcuni portano sulla schiena una grande sciabola. All’interno potete trovare numersi musei: quello dei doni offerti dai monarchi europei, dei gamelan, degli oggetti privati del sultano (es. Collezione di macchine fotografiche, foto ricordo del sultano da piccolo con la divisa da BoyScout). Una signora di mezza età ci ha fatto da guida e ci ha illustrato minuziosamente tutti i particolari del Kraton, inneggiando il suo sultano e la sua tradizione. Ovviamente mi ha chiesto come mai avessi tratti indonesiani ma non parlavo il bahasa. Usciti dal Kraton, ci siamo diretti al Water Castle, in indonesiano “Taman Sari”: prezzo 7500 Rp. Un tempo era un parco con palazzi, vasche e canali per allettare il sultano e la corte. Oggi il Water Castle é in stato d’abbandono, vi sono vicoli polverosi e case dotate di piccole gallerie di batik. Nel centro ci sono due vasche con una torre in mezzo che le divide. Quella grande era per tutte le mogli del sultano, invece quella piccola era per il sultano e la moglie che aveva scelto tra le tante che aspettavano nella vasca comune. La nostra guida–autista ci ha accompagnato per tutto il giro per assicurarsi che non ci capitasse niente di male, visto che molti abitanti del posto si spacciano per guide ufficiali truffando i turisti inesperti. Stanchi morti, abbiamo fatto una piccola pausa pranzo e siamo tornati al nostro albergo per pranzare e riposarci prima di ripartire verso l’ultimo sito in programma: il templio di Prambanan al tramonto (10 dollari). Il templio è mezzo distrutto per via dei terremoti. Tutte le pietre sono accatastate per terra. Ora gli operatori stanno cercando di archiviare i mattoni integri in modo da poter ricostruire il templio, ma ci vorrà molto tempo e soprattutto molti fondi economici.
Giovedì 14 -15-16 settembre 2006: Surabaya ( la mia cità natale) Siamo nuovamente obbligati a svegliarci prestissimo per prendere l’aereo in mattinata. Andrea per tutta la notte non è riuscito a dormire per i forti dolori allo stomaco. Inoltre, con i mussulmani che pregano ogni tre ore, anche di notte, dormire è stata un’ardua impresa. Abbiamo volato con LionAir http://www.Lionair.Co.Id/ con biglietti comprati in loco (all’agenzia di viaggio di Jogya hanno accettato la carta pre – pagata). Partenza puntuale. In Italia avevamo programmato sommariamente tutti gli spostamenti interni, ma senza comprare i biglietti on line. Sul posto tutto è stato più semplice e anche più conveniente. Non vi preoccupate se partite senza il tour operator. Gli aerei sono organizzati, eccetto qualche piccolo ritardo nella partenza… Costo della tratta aerea : 84.000Rp (8 euro a testa) + 25.000 Rp (2,4 Euro) come tassa di imbarco. Appena scesi dall’aereo siamo avvolti da un caldo afoso. Strano! Nelle altre città indonesiane non ho mai patito così tanto il clima.
Finalmente dopo 25 anni “cammino” sul suolo del paese dove sono nata! Comincio, quasi con ossessione, a scrutare tutte le persone di fianco a me. Non so per quale motivo: forse volevo vedere se trovavo ragazze con tratti somatici molto simili ai miei… impossibile, c’è una miscellanea di razze che direi che è difficilissimo trovare uno standard comune di bellezza indonesiana.
Andrea per tutto il viaggio è stato male, probabilmente è stata una congestione o una semplice “malattia del viaggiatore”. Quindi, ho dovuto fare tutto io: dopo aver recuperato i bagagli, ho prenotato un taxi dal box informazioni dell’aeroporto (anche se, una volta usciti, vi sono tantissimi taxi con cui potrete contrattare il prezzo della tratta. Alla fine accettano sempre la vostra proposta, anche se bassa). Appena fuori, mi sono catapultata in mezzo alla strada per fermare un taxi e, a mio malincuore, mi sono accorta che avevo saltato una coda di circa 40 persone in attesa. Perciò mi è toccato attendere. Sarà che io sono “occidentalizzata”, ma gli indonesiani sono tranquillissimi e lentissimi. Armatevi di santa pazienza!! Mio marito dice che, a causa della mia continua frenesia, io sarei un “caso anomalo” in terra indonesiana! Per arrivare all’hotel Sheraton abbiamo impiegato più di un’ora. La città è molto caotica ed inquinata. Tutti viaggiano con i taxi o con i motorini. Magari una famiglia intera di 4 membri sono sullo stesso mezzo. Guardandomi attorno ho notato che la “mia” città ha una fortissima presenza dell’architettura olandese, ormai in decadenza, e una forte influenza cinese, oltre che araba. Inoltre, è palese lo spaccato fra i due ceti sociali: vi sono lussuosissimi edifici, banche, hotel e poi case fatte di lamiera che si affacciano sui canali pieni di rifiuti.
L’hotel Sheraton in Surabaya è “il migliore fra le varie catene alberghiere”. Anche qui, prima di entrare, dei poliziotti ci perquisiscono la macchina. La hall è fantastica: per entrare ci sono i metaldetector.Un’ immensa scalinata in marmo scuro sovrana nel centro della sala. Di lato ci sono delle salette aperte dove i managers possono degustare il tè in compagnia delle bellissime fanciulle vestite con abiti indonesiani. La nostra camera è nella torre principale, al 25° piano. Dalla finestra possiamo vedere l’intera città: enorme, con il suo cielo grigio per il forte inquinamento, con i suoi grattacieli occidentali che si stagliano fra un mare di capanne e tetti mezzi diroccati. Nella piazza vicino al viale principale dell’hotel c’è un parcheggio… studenti che scioperano con tanto di cartelloni e bandiere; più in là un crocicchio d’uomini che gridano e ridono. Nel centro vedo due piccoli punti che lottano.. Sono i “famosi galli” su cui gli indonesiani amano scommettere. Mentre osservo il panorama, nella mia mente scorrono mille domande che non avranno mai risposta : chissà dove sono nata? Chissà cosa farei ora a 25 anni in Surabaya? Mi sposterei con il motorino portando dietro sacchi di riso? Guardando dalla finestra mi pare di vivere un film, un po’ come in una scena di Sofia Coppola in “Lost Translation”: vedi il mondo dalla finestra di un grattacielo. Una città piena di luci e colori, una città piena di rumori che continua a vivere anche se non la vivo di persona. La guardo dall’esterno come un essere “superpartes”, ma nel contempo mi sento legata da qualcosa che razionalmente non comprendo. La nostra suite è veramente uno “scialo”: una suite con tutti i comforts possibili: un bagno di marmo, con tanto di vasca e doccia, un megaletto (direi “non matrimoniale”, ma da tre piazze!) con le lenzuola soffici e pulite. Dopo aver ammirato la nostra camera siamo crollati dal sonno e ci siamo svegliati entrambi dopo 24 ore! Nel prezzo della camera era incluso anche il cocktail serale (ovvero una vera e propria cena con sushi, sashimi, wurstels, cucina cinese, indonesiana, giapponese e vietnamita. Ma con nostra sorpresa c’erano anche i grissini piemontesi!) Ecco il sito : http://www.Eastjava.Com/hotel/sheraton/. Costo per notte della suite di 45 mq: 108 $ + 11$ per tasse statali comprendendo la colazione (praticamente un pranzo), cocktail serale, sauna, palestra, affitto campo da tennis, connessione internet, cesto di frutta per il benvenuto, lucidascarpe quotidiano e Java Post – il quotidiano nazionale Il giorno dopo decidiamo di organizzare un mini – tour nella “mia tanto immaginata città”. Una volta sul posto avrei voluto visitare l’ospedale dove sono nata e l’orfanotrofio che mi accolse 25 anni fa, ma nella fretta dei preparativi del matrimonio e nelle ansie/ dubbi dei miei 25 anni non ho mai chiesto ai miei genitori i vari recapiti che potevano aver conservato nel loro viaggio. Perciò ho rinunciato all’idea di visitare i pochi posti che “idealmente” mi legano a Surabaya. Quindi ci accontentiamo di affittare un altro Toyota con tanto di autista privato (Mr. Joseph – come ha saputo che eravamo appena sposati, che ero di Surabaya e che eravamo cattolici ci ha abbracciati con grande calore. Probabilmente perché, a Surabaya, la gran parte della popolazione è mussulmana e ci sono pochi cattolici. Comunque ci ha fatto molto piacere conoscere le persone del posto e confrontarci con loro). Il nostro giro è stato: House of Sampoerna La storica città degli eroi: è un museo, situato nella vecchia parte della città. Costo ingresso : 2.000 Rp.
Il monumento degli eroi Rimane nel centro della principale piazza della città, vicino al Parlamento. L’alta statua a forma d’obelisco è stata costruita in onore degli eroi caduti nella battaglia di Surabaya per rendersi indipendente dal Giappone Cheng Hoo Mosque Questa è la prima moschea costruita in Indonesia con l’arte cinese. Ingresso gratuito.
Kalimas traditional Harbour Il principale porto indonesiano. Non vi dico come caricavano la merce sulle navi!! Costo : 3,000 Rp Quartiere Arabo con visita alla moschea Sunam Ampel e al bazar.
Qui gli odori sono intensissimi così come i clacsons, gente che grida e l’Imam che prega dall’alto della torre. Parcheggiamo il nostro Toyota in tripla fila e con la nostra guida ci addentriamo nel mercato. Qui tutti sono arabi: alcuni ci guardano in malo modo, soprattutto le donne e gli uomini anziani, invece i bimbi e i giovani ci salutano gridando “Hi mister!” Joseph ci raccomanda di non dare confidenza a nessuno, ogni tanto ci soffermiamo in alcune bancarelle. Alcune sono curiosissime: ci sono dei carretti con una fornetto all’interno di un bidoncino e di lato hanno una sorta di vetrinetta con la frutta/ verdura già sbucciata. Tu scegli il tipo di minestrone e loro te lo preparano sul momento, servendoti in piatti che riutilizzano e che, suppongo, non lavino mai. Quello che mi ha colpito è la fiumana di pellegrini e mendicanti all’ingresso della moschea. La Mesjid Ampel è la moschea più venerata della città, perché nel 1481 venne sepolto Sunan Ampel, uno dei wali songo (trad. Santi) che portarono l’islam in Indonesia.
Costo del tour con noleggio del Toyota e autista Joseph : 257,000 Rp ( 24 euro circa).Costo pernottamento allo Sheraton per tre notti nella Suite Imperiale con colazione = 2780108,00 Rp.
16- 17 – 18- 19 Settembre 2006: Bali, Ubud Visita a Ubud villaggio, le risaie del posto, templio Gunung Kawi – Goa Gajah – Sacred Monkey Forest Sanctuary – Pura Dalem Agung – Goa Gajah (grotta dell’elefante) – Tirta Empul Atterati all’aeroporto di Bali, a Dempasar la musica del gamelang ci dà il benvenuto con un dolcissimo profumo d’incenso e riso proveniente da scatoline fatte con foglie e fiori disposte praticamente ovunque. I balinesi sono hinduisti, adorano la trinità formata da Shiva Brama e Vishnu. La loro presenza è in ogni luogo, ci sono piccoli santuari o troni vuoti sufficienti a rappresentare la trinità. Il nostro hotel è il Kubudi Sakti, il cui indirizzo è: Jalan Gautama 10 Padangtegal Kaja Phone + 62. 361975415, indirizzo mail : info@nirvanaku.Com. Http://www.Nirvanaku.Com/kubudisakti.Html (Vi risponderà Putu, un ragazzo simpaticissimo, nipote del proprietario). La nostra camera è una vera e propria casetta secondo lo stile balinese, all’interno di una proprietà privata con tanto di cortile e piscina. Dopo varie peripezie per trovare il nostro albergo, ci addentriamo nel cortile, ma nessuno ci accoglie. Solo un bellissimo giardino con palme e flora del posto.In ogni caso, si sente il suono di una chitarra e una canzone di Bob Marley. E’ Putu, più o meno un diciassettenne-diciannovenne, che suona con i suoi cuginetti. Non appena ci vede si catapulta da noi e ci fa gli onori di casa. Ci saluta con l’inchino induista e ci accompagna nella nostra dépendance. Il portone è tutto lavorato con rappresentazioni di Shiva. Il tetto è in finta paglia perché sotto ci sono i mattoni ma con una base di sostegno in legno. Abbiamo un bellissimo terrazzino che si affaccia nel giardino dove abbiamo preso spesso il tè.
Ubud è il luogo perfetto per conoscere la cultura balinese. Il centro della città si concentra in un’unica via Jl RayaUbud dove si trova il frenetico mercato, le fermate dei bemo, i vari ristoranti e negozi. Per visitarla al meglio vi consiglio di noleggiare la bicicletta Costo = 2.000 Rp per il noleggio di un giorno. Vi avviso: ci sono tantissime salite e cani randagi che vi inseguono per la strada.. Almeno vi spronano ad andare avanti, perché con quel genere di salite è facile fermarsi per riposarsi e non ripartire più. Il proprietario della pensione, Nyoman, è venuto di persona a darci il benvenuto insieme a sua moglie Rai e alla sua nipotina. La sua casa è aperta al pubblico, ma viene usata spesso dagli artisti . Nyoman tiene anche corsi di Batik e di arte Balinese. Ha girato parecchio e fatto numerose esposizioni in tutto il mondo.Una sera siamo andati a vedere lo spettacolo di strumenti e danza del Jegog Group. Il Jegog è il gamelan di canne di bambù. Una canna di bambù è uno strumento gigante che è costituito da 8 larghi bambù, ognuno dei quali ha un diametro di 20 cm e 3.5 metri di lunghezza.Costo = 50.000 Rp Il giorno dopo siamo andati a fare un mini tour con la nostra guida e autista Benot, un simpaticissimo ragazzo balinese che parla perfettamente inglese e molto preparato sulla storia balinese. Vi lascio il suo indirizzo mail: wbenot@yahoo.Co.Uk Il suo numero di phone: +081 23977452. Con lui siamo andati a vedere le risaie che circondano Ubud , il templio di Gunung Kawi.
Siamo scesi per una lunga scalinata di pietra che porta al fiume. Al fondo di questa discesa ci siamo trovati di fronte a uno dei più antichi monumenti di Bali. Le sculture sono scolpite nella roccia tanto da sembrare delle statue. Esse sono delle tombe (candi in lingua locale).Ogni candi è dedicato ad un membro della famiglia reale. Subito dopo siamo andati a visitare Goa Gajah (Templio degli elefanti), a 2 km da Ubud. Qui c’è una sorgente d’acqua: i fedeli sono soliti espiare i loro peccati immergendosi nell’acqua e facendo dei gesti ripetitivi sotto il getto dell’acqua freddissima. Il nostro amico Benot ci ha intrattenuto tutto il tempo del viaggio in macchina spiegandoci le caratteristiche del posto, le loro tradizioni, il sistema scolastico, e i vari frutti indonesiani. Ci ha fermato anche la polizia indonesiana, ma per un semplice controllo.
Abbiamo visitato anche una piantagione di cacao e caffè. E’ gestita da una simpaticissima famiglia indonesiana.Abbiamo assaggiato il caffé cioccolato e il tè al ginger…Buonissimi e così abbiamo fatto rifornimento di sacchettini e souvenirs.
Al ritorno ci siamo fermati anche presso la Sacred Monkeys Forest. Costo dell’ingresso= 10,000 Rp per vedere queste buffissime scimmiette considerate sacre. Alcune sono molto aggressive; se ti aggiri con un bel panino in mano sono capaci di saltarti addosso e scipparti il cibo.
Stanchi morti dal giro, siamo tornati all’albergo e abbiamo preso le nostre biciclette e ci siamo diretti verso la città alla ricerca di un bel ristorante “Casa luna” gestito da una coppia mista: lei è olandese e lui è balinese. Inoltre, i gestori organizzano dei corsi di cucina balinese (mezza giornata – 15.000Rp): veramente cool!! Il sito è www.Casalunabali.Com. Il giorno dopo siamo partiti per Lombok. Ci ha accompagnato il nostro amico Benot (che tenero!!) Una volta atterrati a Mataram, ci siamo subito accorti che il clima e il tipo di accoglienza era completamente diverso da Bali. Ci aspettava l’autista del villaggio Nautilus dell’isola Gili Meno (si pronuncia Ghili Mano) L’autista è stato gentilissimo, ha cercato anche di attaccare bottone, ma la sua scarsa conoscenza della lingua inglese, non ci ha permesso una facile comunicazione. Dopo aver percorso l’unica strada possibile per giungere al porto, attraversando la montagna che fa da spina dorsale all’isola di Lombok, ci siamo imbarcati con un peschereccio (vero e proprio) per Isola Gili meno. Appena abbiamo messo piede sull’isola microscopica, una decina d’uomini hanno cominciato a salutarci dandoci il benvenuto e soprattutto conoscendo il nome di mio marito Andrea e del fatto che fossimo in luna di miele. In questa meravigliosa isola siamo stati 3 giorni. Il mare era bellissimo, il paesaggio da mozzafiato e la nostra dépendance era come quella dei telefilm: pavimenti in marmo, parquet, doccia al piano di sotto e un bellissimo terrazzino. Inoltre, i gestori avevano il forno a legno e quindi abbiamo fatto indigestione di pizza Lombok ( piccantissima)! Purtroppo questa era la nostra ultima tappa. Dopo tre giorni, siamo partiti per Jakarta dove abbiamo dormito allo Sheraton in attesa del volo.
I nostri 15 giorni di luna di miele sono volati, ma i ricordi rimarranno per sempre nel mio cuore.