San Agustín e Tierradentro

Arriviamo verso sera al terminal terrestre di Bogotá, affollatissimo per la Semana Santa. Forti dell’esperienza del viaggio natalizio a Santa Marta, questa volta avevamo riservato due biglietti con discreto anticipo. Il bus notturno è abbastanza comodo, però dormire non è mai facile in queste condizioni. Con una leggera pioggerella arriviamo...
Scritto da: davovad
san agustín e tierradentro
Partenza il: 02/03/2006
Ritorno il: 08/03/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
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Arriviamo verso sera al terminal terrestre di Bogotá, affollatissimo per la Semana Santa. Forti dell’esperienza del viaggio natalizio a Santa Marta, questa volta avevamo riservato due biglietti con discreto anticipo. Il bus notturno è abbastanza comodo, però dormire non è mai facile in queste condizioni.

Con una leggera pioggerella arriviamo la mattina dopo a Pitalito, nel sud del dipartimento del Huila. Il sole è appena sorto, però si nota la differenza di temperatura rispetto a Bogotá. Fuori dal piccolo terminal di Pitalito troviamo un passaggio su una jeep collettiva che va a San Agustín. Durante il tragitto chiacchieramo con una coppia di anziani cafficultori, che si lamentano del crollo del prezzo del caffé. La strada si snoda tra le verdi colline, dove i campi di caffé, yucca e platano emergono nitidamente dal bosco tropicale. Pattuglie dell’esercito presidiano a intervalli regolari la strada. Finalmente arriviamo al paesino di San Agustín, che ha dato il nome alla enigmatica cultura precolombiana che fiorì in queste valli tra il sesto ed il quattordicesimo secolo dopo Cristo, però si ignora come si chiamasse originalmente. San Agustín si trova a 1.700 metri d’altitudine. Il clima ci sembra subito delizioso e l’aria decisamente più ossigenata rispetto a Bogotá.

Appena scendiamo dal bus ci piovono addosso le guide del paese, che ci offrono tours di tutti i tipi. Le rassicuriamo che uno di questi giorni ci rivolgeremo a loro. Gironzoliamo in cerca di un alloggio, cercando di evitare la piazza alberata dove si trova la stazione di Polizia. La gabbia metallica che la ricopre fino al tetto ci ricorda che in tempi passati la guerriglia arrivava ad attaccare la stazione di Polizia con armi non proprio convenzionali, come bombole di gas lanciate con catapulte artigianali. Per questo preferiamo un posto più tranquillo. Prendiamo alloggio in un hostal coloniale, pieno di fiori e di poveri uccelli ingabbiati. Comincia a piovere, ne approfittiamo per riprenderci dal viaggio. Purtroppo il nostro primo giorno a San Agustín si perde per il maltempo.

Il giorno seguente partiamo con un tour organizzato, che ci conduce a visitare: i petroglifi dello stretto; lo Stretto del Magdalena, dove il letto roccioso obbliga il fiume a passare per uno stretto di 2,2 metri di larghezza, incredibile pensare che più avanti diventa il fiume più importante della Colombia; le tombe del paesino di Obando; l’Alto de los Ídolos (il secondo parco in importanza, dove è stata rinvenuta la statua più alta: 7 metri); il Salto de Bordones (una cascata di 220 metri); l’Alto de las Piedras (dove si trova il famoso Doble Yo, una figura tridimensionale costituita da una figura antropomorfa, protetta da un doppio zoomorfo che le copre la testa e scende per la schiena sdoppiandosi in un’altra figura); il Salto del Mortiño (una cascata di 180 metri).

Ci rendiamo così conto che San Agustín non è un sito archeologico compatto, ma piuttosto l’insieme di una dozzina di siti sparsi in un’area che comprende le vallate della parte alta del río Magdalena. Sono costituiti da statue di pietra con figure antropomorfe e zoomorfe associate a tombe e sarcofagi monolitici con tracce di pittura rossa, nera e gialla, generalmente situate in montagnole artificiali. Il paesaggio è affascinante, con le sue colline coltivate a caffé e canna da zucchero, i ruscelli, il canyon del Magdalena, il Macizo colombiano in lontananza.

Rinfrancati da una splendida colazione nel mercato di frutta e verdura, visitiamo il Parco Archeologico, un’area dove sono stati rinvenuti importanti siti archeologici piuttosto vicini uno all’altro. Ci sono circa 130 statue, mesetas o montagnole artificiali, la fonte di Lavapatas (una pietra che si trova sul letto dell’omonimo río sulla quale sono state scolpite numerose figure di animali come lucertole, salamandre e serpenti. Numerosi canali circondano le figure creando rivoli d’acqua che imprimono movimento e armonia alle rappresentazioni zoomorfe) e un eccezionale mirador: l’Alto de Lavapatas.

In mezzo a tutte queste bellezze, non sappiamo se la presenza di militari in mimetica e galil ci rassicura o ci intimorisce.

Ci rimane ancora metà giornata: decidiamo visitare alcuni siti archeologici ubicati tra la Quebrada Las Moyas e il río Magdalena. Non abbiamo idea del cammino da fare, solo una mappa approssimativa. Ci affidaremo a quello che io chiamo orientamento a naso, sperando che ci siano dei passanti a cui chiedere. Dal Parco Archeologico prendiamo la stradina che sale alla postazione della Polizia e preseguiamo tra campi coltivati e boschi nativi fino ai siti conosciuti come El Purutal, La Pelota, La Chaquira (sculture scolpite su alcune rocce a picco sul profondo canyon del rió Magdalena) y El Tablón.

Ora abbiamo capito perché tanti stranieri si sono fermati a San Agustín.

Il giorno dopo riprendiamo il cammino per Pitalito e da lì proseguiamo verso La Plata. Su una jeep collettiva risaliamo la valle del río Páez, con un paisa (nomignolo affibbiato agli abitanti di Medellín) pieno di catene d’oro, una vecchia indigena e una madre con un bambino. Quando il paisa sente che mia moglie è boliviana, inizia a tessere le lodi della coca negra della Bolivia, che secondo lui produce una quantità esagerata di cocaina per ettaro coltivato a foglie. Mia moglie gli risponde che non è una cosa di cui andare molto fieri. Il paisa scende in una finca al lato del fiume. Gli altri passeggeri ne approfittano per prendere in giro il carattere un po’ megalomane dei paisa.

Arriviamo a San Andrés de Pisimbalá, punto di partenza per visitare la zona archeologica di Tierradentro. Prendiamo alloggio nell’Hostal Los Lagos, vicino alla bella chiesetta col tetto di paglia. Una stanzetta essenziale: un letto matrimoniale e un bagno con acqua fredda; nel patio dell’hostal troneggia un’enorme pianta di marihuana.

Approfittiamo di quello che resta del giorno per visitare il sito de El Tablón, il più vicino al paese. Sono 10 statue di pietra simili a quelle di San Agustín, rinvenute nella zona e riunite sotto una tettoia sulla sommità di una collina, da cui ci godiamo un meraviglioso tramonto.

Il giorno dopo camminiamo per 5 chilometri fino al museo, fermandoci per un’abbondante colazione a base di uova, cioccolata e formaggio. Dal museo una stradina sterrata si inerpica sulle colline adiacenti fino ai siti conosciuti come Segovia e più in alto El Duende.

Le camere funerarie di Tierradentro sono uniche nel continente americano: sono ipogei costituiti da volte sotterranee con un diametro che varia dai due ai sette metri, scolpite nella tenera roccia vulcanica e sostenute da pilastri. Le volte, le celle ed i pilastri sono decorati con motivi geometrici pitturati in rosso e nero su sfondo bianco. Alcune figure antopomorfe sono state scolpite sui pilastri e sui muri delle stanze. Le tombe si trovano a diversa profondità, alcune scendono fino a nove metri, con scale a spirale. La maggior parte delle tombe, purtroppo, sono state saccheggiate.

Da El Duende possiamo osservare il lontano sito conosciuto come El Aguacate, sulla cresta delle montagne dall’altra parte della valle. Decidiamo di andare. La passeggiata è lunga e faticosa, però il paesaggio è bello. Le tombe sono in uno stato pessimo, totalmente saccheggiate.

Quando arriviamo all’ultimo sito, conosciuto come Alto de San Andrés, ormai è tardi e le tombe sono chiuse. Pazienza, ormai ci siamo già fatti un’idea.

Nel suo insieme, la zona di San Andrés è suggestiva e tranquilla.

Torniamo a La Plata e prendiamo un bus diretto a Popayán. La strada inizia a salire di quota fino a perdersi in un páramo nebbioso punteggiato di frailejones. Scendiamo al bivio per Pilimbalá e ci inerpichiamo su una carraia per due chilometri, fino ai 3.350 metri del rifugio del Vulcano Puracé. Gran delusione: la frana del 1994 ha seccato le sorgenti di acqua termale che si trovavano nel complesso del Parco Nazionale Puracé. Rimangono solo le cabañas in stile alpino. Ne affittiamo una ed accendiamo il caminetto per attenuare gli spifferi delle finestre che si stanno smontando, ricordo di tempi passati. Alcuni turisti di Medellín pernottano nel rifugio, sperando che l’indomani il tempo permetta loro di arrampicarsi fino al cratere del Vulcano (4.780 metri). La notte è fredda, pero dormiamo in pace con il mondo.

Il giorno dopo andiamo a verificare le famose terme che ci assicurano si trovano nella miniera di zolfo ad alcuni chilometri da lì. Il percorso è suggestivo e ad un certo punto ci sembra di intavedere uno dei cóndor che sono stati introdotti dalla California per ripopolare questa specia quasi estinta.

La miniera è chiusa per le vacanze, sembra un villaggio fantasma. Troviamo la famosa piscina di acqua termale, un filo d’acqua che non riesce a mantenersi calda nella grande piscina. Arrivati fino lì è quasi un obbligo buttarsi, però rimaniamo attaccati all’esile getto d’acqua.

Ritorniamo alla strada principale ed aspettiamo un bus per Popayán. Piccolo particolare: è domenica di Pasqua e sulla strada non c’e nessun bus. Siamo costretti a camminare per diversi chilometri fino a Puracé. Voci infondate degli abitanti ci dicono che forse passerà un bus. Aspettiamo tre ore seduti su un marciapiede, osservando i fori di proiettile sui muri, ricordo di una o varie incursioni della guerriglia, e la stazione di Polizia trincerata dietro sacchi di sabbia. Finalmente passa un bus che ci porta a Popayán. Ero già stato varie volte nella capitale del Cauca, generalmente è una città tranquilla. Però per Pasqua si riempie di pellegrini. Non c’è speranza di alloggiare. Compriamo due biglietti per Bogotá e approfittiamo dell’attesa per gironzolare per le vie del centro, con le sue casette coloniali bianche, la Cattedrale ed il ponte del Humilladero.

Di notte viaggiamo in bus verso casa.

Per approfindimenti ed informazioni, scrivete alla Guida per caso: http://www.Turistipercaso.It/viaggi/forum/testo_guide.Asp?ID=27250



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