Nella nazione dei catalani
Troviamo una città primaverile mentre da noi stamattina stava nevicando. Avevamo preparato tutta la documentazione, guide, ritagli di reportage ma chissà come, ci siamo dimenticati tutto. Pazienza, gireremo così ad entusiasmo, ci fermeremo dove capita. Grazie a un autobus dalla temperatura tropicale e poi con il metro raggiungiamo il nostro albergo Santa Marta a Barcellona. E’ un due stelle, onesto, senza infamia e senza lode.
Usciamo per la sera e giriamo dove ci portano le nostre scarpe, incontriamo la splendida cattedrale con il suo chiostro dallo splendido stile gotico, lo stesso dicasi di Santa Maria del Mar. Attraversiamo piccole vie con negozi tutti contrassegnati da un comune e diffuso buon gusto, arriviamo infine alla Rambla piena di gente. Ci fermiamo in un locale dove ci sistemano per le feste, qui i prezzi sono molto alti. Poi ci spingiamo sino alla Rambla del mare, una splendida passerella in legno posata sulle acque del porto. Tutti i cartelli sono scritti in spagnolo e catalano, si avverte il forte spirito di indipendenza dei barcellonesi.
Alla sera faccio le cose più classiche che un comune turista italiano potrebbe fare, sangria e paella. A fine cena esausti stramazziamo nei nostri letti, in vero un po’ scomodi.
4 marzo 2006 Ho ricuperato una guida a prezzi modici, decidiamo di seguire uno degli itinerari che propone che ci porteranno alla Sagrada Familia e infine al Park Guell. Percorriamo vie grandiose contornate da bei palazzi ognuno con il suo stile mai anonimo come capita di vedere nelle nostre città. Il traffico è discreto e si ha l’impressione, influenzati dall’ottimo clima, di essere in una città veramente a misura d’uomo. La Sagrada Familia non ha fatto grandi progressi da quando la vidi dodici anni fa. E’ imponente e disarmante, sembra un castello di sabbia dalle forme sinuose. Davanti all’entrata di Gaudi ci accoglie una manifestazione molto colorita. Proclamano di volere recuperare i valori della tradizione e tra l’altro scopro che protestano contro un treno che anche qui si chiama TAV: è proprio vero che tutto il mondo è paese.
Mi affligge un male alla schiena abbastanza doloroso e persistente, che mi sono portato dall’Italia, dovuto a uno strappo che mi sono procurato oramai già da una settimana. Faccio fatica, ma cammino, la città è così bella. Raggiungiamo il Park Guell. Le costruzioni sono tondeggianti e variopinte, sembra di essere in una favola dei fratelli Grimm. Mi attira l’idea di visitare il santuario del Sacro Cuore di Gesù che dall’altura del Tibidabo domina la città. Cambiamo un po’ di metrò, poi prendiamo una sorta di ferrovia veloce che alla fine della sua corsa riemerge al sole. Scendiamo e prendiamo il vecchio tram stile Lisbona che si arrampica sulla collina. Stipati come le sardine nella loro scatola, il che ancora non disturba perché il clima non è ancora caldo, non voglio immaginare cosa possa essere d’estate, arriviamo in cima. Scendiamo per prendere la funicolare che ci porta alla cima del Tibidabo.
Sacro e profano: dall’alto della sommità del santuario un Cristo dalle braccia spalancate guarda e benedice Barcellona non prima però di posare l’occhio infastidito sul parco giochi che hanno costruito proprio sotto la sua casa.
Da quassù la vista è bellissima. Si vede tutta Barcellona, la Sagrada Familia da qui non è poi così maestosa, quasi si perde nel mare di tetti. C’è un vento pazzesco, si fa fatica a camminare, ci rifugiamo così dentro la basilica dallo stile new gothic. Torniamo indietro e scendiamo in piazza Catalunya. Ci mischiamo alla folla che gremisce le strade alla sera. Qui c’è sempre aria di festa, sarà perché è un paese di mare, ma l’atmosfera gioiosa è contagiosa. Ci perdiamo nella ricerca delle All Star che sono state poste in commercio identiche come lo erano quando furoreggiavano negli anni 80, sono bellissime: ce le dobbiamo comprare. Chiediamo alla persona occupata presso la reception del nostro albergo un posto carino dove cenare, insomma lei dove andrebbe se dovesse uscire a mangiare tagliamo corto: io mangio a casa grazie, risponde. Forse voleva scherzare, infatti ci consiglia di andare nella zona dei ristoranti di Barceloneta che è poi proprio a ridosso della zona dove siamo alloggiati noi. Mentre passeggiamo tra i locali adiacenti al limitare della zona del porto, cerco di immaginare come poteva essere questo quartiere una volta affacciato su di un porto sporco e chiassoso e sui cantieri nautici rumoroso ora ripulito e quasi chic. Scorriamo i menu dei numerosi locali, diamo un’occhiata dentro, sbirciando dalle vetrine per capire meglio e poi scegliamo El Dique. E’ pieno di giovani, con pochi turisti e la cosa ci ispira. Ci sediamo che sono le dieci di sera, mentre il Barca al Camp Nou da il calcio dell’inizio della partita contro il Deportivo. In ogni locale c’è una televisione accesa per seguire Ronaldinho e compagni. Il mangiare non è male, abbiamo scelto la paella. Quando usciamo purtroppo pioviggina.
5 marzo 2006 Anna sceglie un altro itinerario che propone la nostra guida, ammiriamo così la casa Milà e Batlllò in una Barcellona di una domenica mattina che la scopre deserta. Pioviggina e l’atmosfera è un po’ triste, il cielo è grigio, i negozi sono tutti chiusi e c’è in giro pochissima gente.
Le forme di Gaudi sono sorprendenti, sembra che modelli la materia come i bambini il pongo per ottenere delle forme che sembrano frutto dei suoi sogni. Anche se lo trovo un design superato per i nostri tempi, io poi amo le linee tese, i risultati che ottenne quest’uomo sono sorprendenti. Ovunque a Barcellona c’è il suo segno. E’ strano pensare che un uomo del genere, con una fantasia e creatività così notevole abbia poi finito i suoi giorni sotto un tram. Così come potrebbe morire il più grigio degli impiegati, una fine qualunque per un uomo così grande, ma in fondo la vita che è incertezza è anche questo. Andiamo al castello di Montjuic sulle alture di Barcellona. Un’altra funicolare ci porta dove si dovrebbe prendere una teleferica che purtroppo è soggetta a lavori di ristrutturazione, pendiamo allora l’autobus. Piove e il vento è forte ma la vista è bellissima. Sotto di noi c’è il porto e più lontano tutta Barcellona distesa tra le colline e il mare. Dopo una pizza in uno pseudo-locale italiano annaffiata da Birra Peroni, acqua Tavina con camerieri però multi etnici, ci ritiriamo in albergo sperando che spiova. Ne approfittiamo, vorremmo fare il bagno insieme in una vasca piena di schiuma, ma la vasca è piccola e poi l’acqua è ghiacciata o bollente, senza vie di mezzo: desistiamo ben presto da noi nostri propositi.
Cerchiamo di cenare nel Barri Gotic attorno alla maestosa basilica di Santa Maria do Mar. E’ la città vecchia, uno splendido quartiere medioevale, per me la zona più bella di Barcellona. Ci sono i locali più belli e caratteristici, pieni di ragazzi e bella gente, poche catene commerciali o negozi in franchshising che stravolgono le tradizioni locali facendo apparire ogni angolo del mondo uguale all’altro. Sono oramai le dieci di sera, ma tutti i ristoranti che giudichiamo più belli, sbirciando dalle vetrine e consultando i menu esposti, sono pieni, si parla almeno di un’ora di attesa. Decidiamo di andare in un certo Bar Rodrigo, abbreviato con una scritta sulla tenda parasole esterna con la scritta Rodri. I piatti sono discreti ma i gestori riescono a compiere tutti i gesti che non si dovrebbero fare nella gestione di un locale pubblico: urlano tra di loro, non sparecchiamo e lasciano per terra ciò che magari cade inavvertitamente ai clienti, il pavimento è ora infatti cosparso di tovaglioli di carta, fumano mentre prendono le ordinazioni ai tavoli e tralasciamo tutto il resto.
6 marzo 2006 Oggi è l’ultimo giorno a Barcellona, alle sedici ci aspetta il nostro volo dell’Iberia per tornare indietro.
Gironzoliamo senza meta per Barcellona: Barceloneta, il Barri Gotic, attraversiamo la Rambla e poi ci perdiamo tra le viuzze finché ritroviamo piazza Catalunya. Ne approfitto per bere un caffè nell’Hard Rock Café, non ne avevo mai visto uno. Tutto sommato non è male, pensavo peggio, qualcosa di più commerciale e finto. Oramai ho un certo rigetto per questo genere di esercizi commerciali: sono tutti uguali, in ogni parte del mondo, marchi a tutto campo, magliette, gadget, slogan ottimisti, in fondo non è lo stessa strategia che applicano i dittatori in cerca del consenso? Barcellona comunque è fantastica, è molto stimolante vedere dei luoghi dove la gente si mette continuamente in discussione, sempre alla ricerca di creare una nuova opera che dia ancora più lustro alla propria città; e qui è ancora tutto in cantiere, specialmente nella zona che porta all’aeroporto. Mentre da noi in Italia saranno ormai quattrocento anni che cerchiamo (anche goffamente) solo di conservare tutto il molto che in vero abbiamo, qui invece non si accontentano e creano sempre opere nuove.