Un altro messico 2

Quest’anno tornero’ per la seconda volta in Messico, Paese dei miei sogni e del mio cuore, ripercorrero’ parte dei sentieri gia’ battuti e mi dedichero’ all’esplorazione di luoghi nuovi, che mi affascinano da sempre. Partiro’ con Roberto, il mio fidanzato, e trascorrero’ 18 giorni tra citta’ coloniali dalla forte identita’...
Scritto da: gatita
un altro messico 2
Partenza il: 22/07/2006
Ritorno il: 09/08/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Quest’anno tornero’ per la seconda volta in Messico, Paese dei miei sogni e del mio cuore, ripercorrero’ parte dei sentieri gia’ battuti e mi dedichero’ all’esplorazione di luoghi nuovi, che mi affascinano da sempre. Partiro’ con Roberto, il mio fidanzato, e trascorrero’ 18 giorni tra citta’ coloniali dalla forte identita’ messicana, siti archeologici maya sepolti nella selva Lacandona ed una puntata veloce a Oaxaca negli altipiani centrali. Nostre fedeli compagne di viaggio saranno la mitica Lonely Planet e la Nikon D-70S, che inaugura in Messico la sua gloriosa carriera di macchina fotografica.

22/07/06 MILANO-CITTA’ DEL MESSICO.Partiamo da Malpensa per raggiungere Mexico DF via Miami, Alitalia per il Milano-Miami e Aeromexico per il Miami-Mexico City. Il viaggio scorre senza intoppi, a Miami passiamo rapidamente il check point dell’immigrazione e ci rimane tempo per un hot dog ed un po’ di shopping. Dopo 4 ore di volo Aeromexico siamo catapultati nella metropoli piu’ grande del mondo, Citta’ del Messico, il Distrito Federal o D.F., come lo chiamano comunemente i messicani. Sono gia’ le 21.30, coi nostri zaini saliamo su di un taxi autorizzato, che ci porta all’***NO PUBBLICITà*** in pieno centro storico. La pioggia battente ci ha dato il suo benvenuto, ma non e’ una presenza inattesa, dopotutto questa e’ la stagione delle piogge.

23.07.06 CITTA’ DEL MESSICO. Sveglia alle 7.30, e’ domenica e la citta’ dorme ancora. Il cielo plumbeo e la temperatura fresca ed umida non spronano certo alle visite turistiche, ma non tengono neppure a freno la mia voglia di partire alla scoperta della capitale. Dopo qualche isolato siamo nello Zocalo, una delle piazze piu’ grandi al mondo, coi suoi palazzi antichi, i portici ordinati ed un’immensa bandiera messicana, che pende floscia nel bel mezzo della piazza. Visitiamo la Cattedrale, ancora semideserta, e ci aggiriamo come fantasmi tra i pochi messicani sonnolenti, che cominciano ad affluire verso la chiesa. Tra un po’ apriranno i cancelli del sito archeologico del Templo Mayor, superbe rovine dell’antico teocalli, il recinto sacro della grandiosa Tenoctitlan azteca. Citta’ del Messico sorge infatti sulle rovine dell’antica capitale azteca, distrutta senza troppi riguardi dai conquistadores spagnoli; Tenoctitlan era costruita sul lago Texcoco ed era una meravigliosa citta’ di canali e di templi, una sorta di Venezia mesoamericana, della quale rimangono solo le pregiatissime vestigia del Templo Mayor. Mi rattrista che tanta bellezza sia stata rasa al suolo per far spazio ad una citta’ inquinata e caotica, anche se questa megalopoli densa di contrasti ha comunque fascino e carattere. Finalmente posso coronare il mio sogno di aggirarmi estasiata tra maschere, bassorilievi affrescati e tra le opere incredibili custodite nel museo del sito. La mattina e’ gia’ fuggita, il pomeriggio ci rechiamo alla Torre Latinoamericana e dall’alto possiamo renderci conto della maestosa mostruosita’ della megalopoli. Siamo stremati, ceniamo in albergo, domani sveglia presto per iniziare la visita delle citta’ coloniali, culla della Guerra per l’Indipendenza dalla madrepatria Spagna.

24.07.06 CITTA’ DEL MESSICO-SAN MIGUEL DE ALLENDE. Alle 6.30 del mattino il Terminal Norte degli autobus e’ gia’ un brulicare di gente. Lasciamo uno zaino in un hotel accanto alla stazione dei bus, ****, dove pernotteremo di ritorno dalla prima parte del viaggio. Mi mischio allegramente alla folla di messicani insonnoliti in fila al mini market e compro qualcosa per la colazione. Il bus Primera Plus delle 7.15 ci portera’ in circa 3 ore a San Miguel de Allende, in compagnia di una variegata umanita’ messicana: siamo infatti gli unici turisti. Il viaggio trascorre velocemente, gli occhi ed il naso incollati al finestrino per assorbire ogni istante di questa terra magica. A San Miguel splende il sole, la nostra posada Casa de Huespedes e’ deliziosa, col patio coloratissimo e fiorito e la stanza inondata di luce. Ci mettiamo in fila in banca per cambiare i dollari , e’ lunedi’ ed una folla di gente attende per poter depositare il denaro: ci sono madri con nugoli di figlioletti educati e silenziosi e questo la dice lunga sulla proverbiale pazienza messicana. Dopo un’ora di attesa, scopriamo che in questa banca non cambiano il denaro: c’e’ un ufficio apposito proprio di fianco, non c’e’ nemmeno fila! Temo che, per sopravvivere senza stressarci, dovremo imparare pazienza e rassegnazione dalla popolazione locale. Rapido pranzo a base di pollo con salsa di mole, una speciale salsa al cioccolato e peperoncino, poi approfittiamo degli scampoli di sole per ammirare la coloratissima e tranquilla piazza centrale, lo Zocalo, nome comune a tutte le piazze principali delle citta’ sudamericane. La cattedrale in pietra rosa si colora alla calda luce dei tropici, gli alberi quasi cesellati da una sapiente potatura rinfrescano la pausa delle famigliole, i giochi dei bambini, le chiacchere delle comari e dei gringos in villeggiatura. Un improvviso acquazzone ci fa’ fuggire tutti sotto i portici, ma dura poco, e la vita riprende il suo lento scorrere tra le strade variopinte. Arriviamo al mirador per godere della vista dall’alto e poi ci smarriamo piacevolmente tra stradine tranquille, con nuvoloni bianchi che si riflettono sul selciato. Cena al ristorante e poi churros con cioccolata, che ci ristora dal freddo umido e dalla pioggia, che riprende a scrosciare.

25.07.06 SAN MIGUEL DE ALLENDE-GUANAJUATO. Il mattino ci saluta un bel sole caldo, la luce dei tropici esalta le tinte pastello degli edifici ed il cielo e’ denso di blu. Indulgiamo nello shopping e nelle foto, poi si parte per la stazione dei bus alla volta di Guanajuato, su di un bus di seconda classe. Osserviamo con curiosita’ ed interesse i compagni di viaggio: anziani contadini in tenuta da cow boy, una famigliola, alcuni studenti. Il panorama e’ intrigante, la strada si inoltra nel nulla della campagna rigogliosa, i nostri compagni scendono al margine di stradine, che si perdono nel fitto del verde. In un’ora e mezza siamo a Guanajuato, che sorge in una conca tra le montagne dell’altopiano e che ha dovuto la sua ricchezza ed il suo splendore passati allo sfruttamento delle miniere d’argento. Precipitiamo nel traffico del centro, troviamo la posada prenotata via internet: la stanza lascia davvero a desiderare, ma non abbiamo tempo e voglia di cercare un’altra sistemazione e ci accontentiamo. Sostiamo al Mercado Hidalgo, un mercato al coperto dove fanno sfoggio frutta, verdura e mercanzie varie; ci sono anche piccoli comedores, ristorantini dove si mangia alla buona, ma la qualita’ del cibo e’ superlativa. Appagata la vista e riempita la pancia, andiamo alla scoperta della citta’, le sue belle piazzette colorate e silenziose, le fontane, la cattedrale ed il Jardin de la Union, ottimo luogo per una sosta ad ascoltare la musica dei mariachi e confondersi con gli abitanti del luogo. La sera, come sempre, ci addormentiamo col sottofondo musicale della pioggia.

26.07.06 GUANAJUATO-GUADALAJARA. Dopo una colazione seduti al tavolino di una delle pacifiche piazzette della citta’, in funicolare saliamo sulla sommita’ di un’altura, da dove si dominano la vallata e la bella citta’ multicolore. E’ poi la volta della visita al Callejon del Beso, il vicolo piu’ stretto di Guanajato: narra la leggenda che un minatore ed una nobile, osteggiati nel loro amore dalla famiglia di lei, avessero preso in affitto due case prospicienti in questa via, cosi’ da potersi baciare sporgendosi dai balconi. Dopo un pranzo luculliano al solito comedor al Mercado Hidalgo ed un po’ di shopping, ci rechiamo alla stazione dei bus, prossima tappa Guadalajara. Viaggiamo su di un autobus della linea ETN, comodo e dotato di ogni comfort. Il paesaggio mi cattura, altipiani con monti in lontananza ed un tramonto che imporpora questa terra antica e la culla verso le ore notturne; complice la musica nostalgica trasmessa alla radio, mi prende un dolce struggimento per dei luoghi che devo lasciare non appena me ne sto innamorando. Arriviamo a Guanajuato che e’ gia’ notte, la posada *** e’ graziosa, la cena nel ristorante vicino e’ abbondante. E piove, tanto per cambiare.

27.07.06 GUADALAJARA –MORELIA. Guadalajara a prima vista non e’ niente di straordinario, ma poi mi conquista con la sua vitalita’ e la sua eleganza. Sveglia presto, dobbiamo sbrigare le pratiche per chiedere il duplicato del visto di Roberto, l’ho smarrito a Citta’ del Messico e senza diventa difficile proseguire il viaggio. Gli impiegati sono gentilissimi, ma la burocrazia e’ implacabile: serve la denuncia alla polizia, che per fortuna abbiamo, passaporto, dichiarazione di smarrimento in spagnolo, versamento di ben 42 dollari e biglietti aerei, che ingenuamente abbiamo lasciato in albergo. Perdiamo parecchio tempo, per fortuna l’ufficio immigrazione e’ in centro, cosi’ approfittiamo per visitare la cattedrale, che si erge sulla raffinata piazza Los Laureles, l’antico palazzo di Giustizia, elegante edificio coloniale abbellito da murales di Orozco sulla rivoluzione messicana, ed uno sguardo al Teatro Degollado ed alla piazza punteggiata da banchetti di lustrascarpe. Espletate le fatiche burocratiche siamo liberi, ormai e’ il primo pomeriggio e non abbiamo ancora pranzato. Riprendiamo la visita da dove l’avevamo interrotta, al Teatro Degollado, e ci avviamo verso Plaza Tapatia, che piu’ che una piazza pare una lunga via pedonale costellata da negozi, un’ incredibile tentazione per lo shopping. Sono calamitata dai negozi di stivali, ce ne sono di bellissimi ed a buon mercato. Guadalajara e’ “la citta’ piu’ messicana del Messico” , dove sono nate tante tradizioni: il rodeo, i mariachi, la tequila, i sombreros. Cedo al richiamo di un paio di camperos, ma la vera esperienza e’ il negozio: video di rodei, tutto l’occorente per cow boys, uomini in cappello e stivaloni si aggirano tra gli scaffali. Felice, col mio prezioso nuovo acquisto, mi avvio verso il Mercado Libertad, il mercato coperto piu’ grande del Messico, appena in tempo per evitare un temporale tropicale di proporzioni epiche, pare che tutti i rubinetti del cielo si siano aperti contemporaneamente. Pranziamo in un comedor gestito da un’eccentrica messicana inamorata dell’ Italia, ma, purtroppo, e’ gia ora di lasciare questa bella citta’ e di avviarsi verso Morelia, tre ore di viaggio. Lasico Guadalajara a malincuore, valeva la pena dedicare piu’ tempo a questa citta’ singolare ed affascinante. E’ tardi quando arriviamo a Morelia, che di notte ci abbaglia con mille luci. Ceniamo sotto i portico dello Zocalo. Qui la gente ha tratti somatici molto diversi dai messicani finora incontrati: nasi affilati, piccoli occhi vicini, e’ la gente discendente dei fieri indios taraschi, che popolavano quest’altopiano all’arrivo dei conquistadores.

28.07.06 MORELIA. Abbandoniamo velocemente la nostra camera, siamo capitati in una bettola in una zona piuttosto degradata. Per fortuna la bellezza della citta’ compensa il disagio: Morelia e’ la piu’ spagnola delle citta’ coloniali e mi ricorda molto alcune localita’ nei dintorni di Madrid. E’ una citta’ elegante, la sua cattedrale sobria e monumentale affaccia sulla piazza alberata con le panchine in pietra, tutto intorno corrono i portici di edifici signorili di epoca coloniale. Il clima non ci assiste, il cielo e’ coperto e sembra in arrivo un diluvio. Visitiamo il bel palazzo del governo col patio ed i murales: regna il silenzio assoluto, che ci porta ad una dimensione surreale, sospesa tra presente e passato. E’ poi la volta della cattedrale, dove si sta celebrando un matrimonio piuttosto singolare: gli sposi sono legati tra di loro da una corda bianca, simbolo dell’unione che stanno suggellando. I marciapiedi sono stretti, la folla sciama lungo le vie, le auto formano ingorghi, ma, alla fine, sbuchiamo in un angolo paradisiaco, una piazza scabra ed essenziale con una bella fontana ed un ex convento francescano dove ora e’ allestita una galleria di artigianato, che e’ un’istigazione all’acquisto: i prezzi sono contenuti, gli oggetti, soprattutto pezzi d’arredamento, sono vere opere d’arte, peccato la spedizione abbia costi proibitivi. Lascio la galleria a mani vuote, mi consolo con un pranzo in un bel locale con vista sulla cattedrale. Finalmente il sole vince le nuvole e si fa’ largo, rovente ed abbacinante, a ricordarci che questa e’ l’estate tropicale. Passeggiamo tra piccole piazze silenziose, fuori dal tempo, e grandi viali trafficati, mercati di dolci e negozi alla moda, fino a giungere all’acquedotto spagnolo. Il cielo assume sfumature dal bianco al piombo, illuminando di una fredda luce i caldi toni degli edifici, riprende a piovere e continuera’ fino a tardi, lasciandoci solo una mezz’ora per passeggiare all’asciutto e sotto lo sguardo scintillante degli antichi edifici nella notte.

29.07.06 MORELIA-PAZCUARO-CITTA’ DEL MESSICO. E’ l’ultimo giorno sugli altipiani, questa sera torneremo a Citta’ del Messico. Trasferiamo il nostro immenso zaino alla stazione dei bus, oggi andiamo a Pazcuaro, che sorge in prossimita’ dell’omonimo lago. Un tragitto di montagna di circa un’ora ci conduce a destinazione. Il cielo e’ cupo, gli abitanti sono accoccolati nei loro maglioni di lana. In realta’ non fa’ eccessivamente freddo, ma, a quanto pare, questi messicani non sono abituati al rigore dell’inverno milanese. Ci facciamo subito attrarre dai bei negozi di artigianato tipico, non e’ nemmeno trascorsa un’ora ed il nostro bagaglio e’ gia’ sensibilmente aumentato: non si puo’ certo dire che l’artigianato messicano non sia di nostro gusto! Patzcuaro e’ minuscola, la Plaza Grande coi suoi portici e la statua di Padre Vasco de Quiroga, un religioso che si batte’ per la popolazione indigena sfruttata dai colonizzatori, e Plaza Chica col suo chiassoso mercato. Il pomeriggio, in taxi, visitiamo alcuni paesini adiacenti al lago, Tzintzuntzan e Quiroga; i paesi in se’ non mi emozionano, ma il paesaggio mi commuove: adesso il cielo e’ sereno ed il verde della campagna risplende come smeraldi al sole. Al volo saliamo sul bus che ci riporta a Morelia e di qui, col nostro bus ETN di lusso, in cinque ore siamo a Citta’ del Messico, dove all’hotel Brasilia ci aspettano i nostri bagagli lasciati in deposito.

E giunta al termine la prima parte di questa bella avventura, negli occhi ho i colori e la luce calda degli altipiani. Porto con me le emozioni trasmesse da citta’ tanto diverse tra loro: Guadalajara raffinata ed elegante, Morelia maestosa ed imponente, Guanajuato e San Miguel de Allende tranquille e nel contempo vivaci. Porto nel cuore questa gente messicana gentile e disponibile, curiosa e desiderosa di conoscere chi viene da tanto lontano; non potro’ dimenticare le tante persone che ci hanno aiutato nei momenti di difficolta’, gli sguardi incuriositi e divetiti di grandi e piccini. Vale la pena spingersi verso questa zona cosi’ ricca di storia, di cultura e di tradizioni, ancora non invasa dal turismo di massa e per questo ancora autentica; ma e’ ormai tempo di proseguire il viaggio, ad attendermi ci sono siti archeologici precolombiani ed una giungla misteriosa e lussureggiante.

30.07.06 CITTA’ DEL MESSICO: TEOTHIUACAN. Ci svegliamo nella nostra comodissima stanza dell’****, finalmente un po’ di comfort dopo le notti trascorse nella bettola di Morelia. Il cielo e’ lattiginoso, il tempo e’ incerto. In qualche minuto siamo all’ormai familiare terminal Norte e saliamo lesti sul primo bus, che in un’ora ci portera’ al sito archeologico di Teothiuacan. L’autobus e’ stracolmo di persone, turisti stranieri e molti messicani allegri e chiassosi, ne salgono in continuazione! Costeggiamo la periferia della megalopoli, bidonvilles vecchie e nuove si assiepano disordinate sui declivi delle montagne e poi, gradualmente, fanno spazio alla campagna. A Teotihuacan splende un sole cocente, in un attimo ci liberiamo degli abiti in eccesso; purtroppo mi sono totalmente dimenticata di portare la crema solare e le scorte d’acqua non sono certo sufficienti. Sciami di visitatori, soprattutto messicani, confluiscono disordinati e rumorosi verso l’entrata del sito: oggi e’ domenica, l’ingresso e’ libero e temo che dovremo condividere questo luogo incantato con allegre famigliole vocianti. Mi ricordavo Teotihuacan dal mio primo viaggio in Messico, immersa nel silenzio, con una brezza fresca che portava l’eco di voci antiche: oggi, con questa confusione, sara’ difficile rivivere le stesse emozioni, ma rimarro’ ugualmente in ascolto e cerchero’ di cogliere i mormorii delle genti precolombiane. Il sito di Teotihuacan e’ quanto rimane di un’antica civilta’, che conobbe il proprio apogeo prima dell’affermazione della cultura maya e di quella azteca e che influenzo’ e condiziono’ profondamente le civilta’ mesoamericane dal punto di vista sociale, religioso ed architettonico. La cultura teotiuacana era evoluta e raffinata e queste vestigia testimoniano gli splendori antichi. Cominciamo la nostra visita dalla Cittadella, la zona residenziale della citta’, dimora dei nobili e della casta sacerdotale; i venditori ci assalgono e cediamo all’acquisto di due bellissime maschere di lapislazzuli e turchesi. La luce abbacinante e la folla debordante rendono difficile scattare belle foto, ma non demordiamo. La particolarita’ della Cittadella e’ la piramide ancora oggi adornata da maschere di pietra del dio Quetzalcoatl, il serpente piumato; le imponenti Piramidi del Sole e della Luna fanno capolino in lontananza. Sfidando la canicola, percorriamo la “Calzada de los Muertos”, la lunga strada cerimoniale disseminata di edifici e di piattaforme, che collega la Cittadella alle Piramidi. Ci confondiamo con gruppi di turisti sudamericani ed esploriamo passaggi sotterranei tra gli edifici, dove resti di pittura provano la passata magnificenza di questa citta’. Arriviamo alla Piramide del Sole, uno degli edifici piu’ alti dell’America precolombiana, e, nonostante la stanchezza, scaliamo i ripidi gradini fin quasi in cima. La vista e’ sorprendente: la Strada dei Morti conduce fino alla Piramide della Luna, rischiarata dal sole che trafigge le nuvole, la campagna riarsa splende della dolce luce del tramonto. Mi soffermo incantata a respirare quest’atmosfera magica e mi isolo dalla folla che mi turbina attorno. Ci inerpichiamo anche sulla Piramide della Luna e, questa volta, lo spettacolo ci viene offerto dalla piazza sottostante, cinta dalle piattaforme talud-tablero, dalla Calzada de los Muertos, che si perde all’orizzonte e dalla Piramide del Sole, che svetta imponente, baciata dall’astro al quale e’ dedicata. Ancora uno sguardo ai bei palazzi decorati ed affrescati e poi un’ora di strada trafficata ci riporta nella capitale. Per cena scegliamo il ristorante “Los Danzantes”, consigliato dalla Lonely Planet: percorriamo la distanza dal nord al sud della citta’ in piu’ di un’ora e questo ci da’ prova dell’immensita’ della capitale. Il ristorante e’ tranquillo ed elegante, il cibo raffinato e squisito, il conto neppure eccessivo. Stanchi e satolli torniamo in albergo, la pioggia cade incessante.

31.07.06 CITTA’ DEL MESSICO-SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS. Ci svegliamo all’alba, il nostro volo Mexicana per Tuxtla Gutierrez parte alle 6.40 del mattino. All’aeroporto viviamo un attimo di panico: scesi dal taxi, Roberto non trova piu’ il portafogli e si lancia all’inseguimento del tassista; questo si ferma stupito, controlla, ma non c’e’ nulla: il portafogli giace abbandonato per terra! Ci e’ andata davvero bene. L’aereo decolla con un’ora di ritardo e ci fanno sedere in un posto scomodo, non si puo’ neppure reclinare il sedile, ci innervosiamo e non riusciamo a riposare. All’aeroporto di Tuxtla paghiamo ben 55 dollari per un taxi malandato, che ci porti a San Cristobal. Le scomodita’, pero’, sono ampiamente ripagate dall’incredibile paesaggio: la strada si srotola per un’ora in curve che tagliano montagne avvolte nella foschia mattutina, i piccoli appezzamenti di terreno arati dai contadini indigeni risplendono di grano e di sole, ampie vallate fitte di foresta affiorano sonnolente dalla nebbia. Il clima muta radicalmente, l’aria si fa’ pungente e gia’ all’orizzonte appare San Cristobal de las Casas, mitica capitale della resistenza Zapatista nella tormentata ed affascinante terra del Chiapas.Raggiungiamo la Posada ****, abbarbicata in cima ad un viottolo, col bel giardino fiorito che affaccia sulle montagne. La sistemazione, prenotata su internet, e’ perfetta: graziosa la stanza, abbondante la colazione, amichevole l’ambiente; l’unico difetto e’ l’assenza di acqua calda, ma lo scopriremo a sera inoltrata, troppo tardi per rimediare. Lonely Planet alla mano, visitiamo la bella cittadina, un susseguirsi di bassi e variopinti edifici coloniali, stadine assolate e venditori ambulanti maya. Il Parque Central e’ affollato da turisti, soprattutto italiani, e da piccole venditrici di braccialetti e di cinture; tutt’intorno corrono animati i portici. La cattedrale, colorata in giallo ed in rosso, svetta come la guarnizione di una torta e fa’ da contrappunto alla croce, che si erge sul piazzale antistante, cinto dai monti chiapanechi. Il Palazzo del Governo riluce di bianco e sotto i suoi portici sfilano invitanti bancherelle di dolci. Percorriamo la strada pedonale del centro storico, dirigendoci all’agenzia di viaggi Explora, presso la quale abbiamo prenotato il tour di quattro giorni nella Selva Lacandona: non e’ possible pagare con carta di credito, ci tocchera’ prelevare ben 500 euro per il pagamento in contanti. Questo genere di inconvenienti ci ricorda che siamo ben lontani dall’organizzato occidente, ci innervosiamo increduli, ma poi ci consoliamo al mercato dell’artigianato: tappeti, tessuti colorati, indumenti e suppellettili abbondano sulle bancarelle, pero’ i prezzi sono piuttosto elevati per la qualita’ offerta. Il mercato indigeno e’ sicuramente piu’ autentico e piu’ interessante: frutta e verdura, CD pirati, pentole e vasellame, strani intrugli magici preparati con erbe ed estratto di salamandra! Il sole rovente del mattino cede il posto alla pioggia battente, riusciamo appena a raggiungere un ristorantino per concederci una pausa gastronomica. Il cielo si abbassa sulla citta’ e riversa ettolitri d’acqua, le strade si trasformano in fiumi, a ribadire che in questa stagione il cielo sereno e’ solo una gentile concessione del dio della pioggia. Riparandoci alla meglio, arriviamo ad un bancomat e preleviamo parte della somma per l’agenzia viaggi: in Messico non e’ cosi’ facile ritirare denaro, dato che solo alcuni pos ci consentono di prelevare con i nostri bancomat. Si fa’ ormai sera, ceniamo stanchi e poi si va a dormire.

01.08.06 LAGOS DE MONTEBELLO. Alle 7.30 arriva la jeep dell’agenzia **** a prelevarci; trascorreremo quattro giorni in compagnia di una famiglia di Citta’ del Messico e di Elias ed Alejandro, le due guide della ****. Nella piazza centrale gli indios si aggirano come fantasmi insonnoliti, mi chiedo se abbiano trascorso la notte all’addiaccio. La prima tappa e’ al sito di Chincultick, una semplice tomba maya sulla sommita’ di un’altura; ci facciamo strada in un fitto bosco, guadagnamo la cima della collina e la vista e’ mozzafiato: giungla e campi alternano toni di verde, il cielo incombe plumbeo ed in lontananza scorgiamo i monti del Guatemala. Mi godo il silenzio della natura, disturbata solamente dalle prime zanzare messicane. In breve tempo siamo alla riserva dei Lagos de Montebello, un insieme di stupefacenti laghetti di montagna, dai colori che vanno dal turchese maldiviano, al verde smeraldo al grigio piombo. Il cielo gioca con l’acqua e si specchia sulla superficie scintillante e placida, il sole appare e scompare a rivelare tutti i toni dell’azzurro e del verde. La strada si snoda tortuosa tra monti e pianure, tra sole e pioggia e, finalmente, giungiamo all’ecolodge Las Guacamayas, un luogo incantato sulla riva del rio Tzendales, di fronte alla riserva dei Montes Azules. Mangiamo in compagnia della natura e ci addormentiamo nel nostro bungalow col rumore dei grilli ed il bagliore delle lucciole.

02.08.06 BONAMPAK. Mi risveglia un violentissimo temporale, che si sta scatenando sopra di noi: ho un po’ paura, mi sento in balia della natura, poi prevale l’incanto di questo concerto imprevisto, che mi culla di nuovo nel sonno. La mattina presto, sfidando il fango, partiamo per l’osservazione delle guacamayas, i grossi pappagalli ara del colore del fuoco: questo ecolodge lavora per il reinserimento di questi animali nella selva chiapaneca e vederli librarsi in volo a coppie o posarsi, scambiandosi teneri baci, e’ un’emozione irripetibile. Non paghi di natura, ci imbarchiamo sulla piccola lancia a motore per un tragitto di un paio d’ore sul rio Tzendales, in compagnia di pappagalli, scimmie guardinghe e coccodrilli incuriositi e minacciosi. Sulle rive esplode il fitto degli alberi smisuratamente grandi e del sottobosco che cela la vita dei suoi abitanti misteriosi. A motore spento si odono solo i richiami di sconosciuti animali, poi la lancia riprende la sua corsa e mi sembra di assistere ad un documentario del National Geographic. All’imbarcadero a Pico de Gallo ci aspetta la jeep, prossima tappa Bonampak, sito maya famoso per i meravigliosi affreschi quasi perfettamente conservati. Lasciamo la jeep per un pulmino traballante, che si lancia a tutta velocita’ sul sentiero nella giungla e, dopo venti minuti di tragitto, appare all’improvviso la magia delle vestigia maya, che svettano sulla vegetazione, bucando il blu del cielo. Mi incanta una stele raffigurante un regnante maya con l’oscura scrittura glifica alla base, poi, inerpicandomi sulle scalinate degli antichi palazzi, il mio sguardo e’ rapito dalla forza e dall’intensita’ dei toni del paesaggio. Piu’ di tutto, pero’, mi sorprende la ricchezza degli affreschi, che adornano le stanze di uno dei palazzi: sul fondale azzurro sfilano musici e cortei di nobili, si celebrano scene di battaglie e cruenti sacrifici di prigionieri. Bonampak, per la presenza di queste pitture murali di inestimabile valore artistico e storico, viene anche definita la “Cappella Sistina dei Maya”. All’uscita del sito approfittiamo per acquistare delle collanine di semi confezionate dagli Indios Lacandones, l’etnia diretta discendente degli antenati maya. Stanchi e appagati arriviamo finalmente al Campamento ***, in riva all’omonimo fiume, dove ci attendono un’abbondante cena ed il meritato riposo.

03.08.06. Yaxchilan. Per colazione troviamo uova e frijoles, i deliziosi fagioli neri messicani, poi si parte per Yaxchilan, una delle piu’ importanti citta’ Maya sulle rive del Rio Usumacinta. Ci separano dal sito 50 minuti di entusiasmante risalita del fiume su di una lancia, che scivola veloce sull’acqua; il confine col Guatemala e’ vicino ed avverto il richiamo di quella terra, che mi ha stregata qualche anno fa. Le rovine fanno capolino tra gli alberi, da un’antica torretta d’osservazione paiono scrutarci delle sentinelle maya. Approdiamo alla riva, ci attendono sciami di mosquitos famelici ed un caldo umido soffocante, ma, intrepidi, affrontiamo ugualmente la giungla. L’ingresso al sito e’ segnato dalla costruzione nota come “Il labirinto” : uno stretto corridoio conduce ad un’apertura, che si spalanca sul buio; scendiamo degli scalini sdrucciolevoli e bagnati, ci avventuriamo alla sola luce della torcia tra stanze e cunicoli, poi usciamo a rivedere il sole. Lo spettacolo che si offre alla mia vista mi lascia senza fiato: vestigia di antichi palazzi lottano per emergere dal fitto della vegetazione, il sole gioca a svelare le forme delle opere d’arte maya. Mi pare di essere un’archeologa di fronte ad una scoperta sensazionale, che scrivera’ un importante capitolo della storia passata! Combattendo con zanzare ed altri insetti, scopriamo raffinatissime steli e pregiati bassorilievi. Ci arrampichiamo sullo scalone di un palazzo, la fatica e’ tanta, ma da qui abbiamo un’esatta panoramica del sito ed il nostro sguardo spazia sulla giungla e sul fiume, che scorre ai piedi di questa citta’ perduta. Al Campamento Rio Lacanja ci accoglie Angela, una donna dell’etnia Lacandon, che, vestita solo di un abito a fiori ed un paio di ciabattine di plastica, ci accompagna in una passeggiata di tre ore nel cuore della selva. Le piante svettano a cercare il sole, spesso non riesco neppure ad intravederne la cima; stando in silenzio, ascolto iI rumori del sottobosco e dei suoi inquietanti ospiti. Comincia a piovere, ma l’ombrello della vegetazione non lascia filtrare neppure una goccia d’acqua. All’improvviso lo scroscio diventa intenso, ci appaiono delle impetuose cascate, che creano magnifici laghetti, non possiamo resistere alla tentazione di tuffarci per un bagno. L’acqua e’ fresca, la corrente forte, comincia a piovere a dirotto: e’ una sensazione magnifica, ce ne stiamo seduti in questo idromassaggio naturale, circondati dalla vegetazione lussureggiante, sotto un muro di pioggia. Il rientro e’ faticoso ed esilarante, col fango che ci arriva alle caviglie e Roberto che decide di percorrere il sentiero scalzo ed in costume da bagno! Arriviamo stravolti al lodge, desidero solo cenare e poi abbandonarmi al sonno.

04.08.06 PALENQUE-SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS. E’ l’ultimo giorno nella selva Lacandona e gia’ sento nostalgia di questa terra misteriosa e seducente, tento di assorbire e di memorizzare ogni dettaglio del paesaggio, ogni profumo, ogni sguardo, ogni colore. Visitiamo il sito archeologico di Palenque, la citta’ maya piu’ importante e piu’ famosa nel Chiapas. Abbandoniamo la visita guidata per esplorare il sito autonomamente ed in tutta tranquillita’: il palazzo delle Iscrizioni, dove si trova la tomba del piu’ famoso regnante maya, Pakal, il Gran Palazzo con la torre d’osservazione ed il cortile dei prigionieri. Visitiamo anche le camere sotterranee, umide e fresche per un ingegnoso sistema di aerazione. Dall’alto dei templi della Croce, del Sole e della Croce foliata, ci godiamo una splendida vista del complesso archeologico, che rivela la sua imponenza e la sua monumentalita’. Prossima tappa le cascate di Misol-ha e di Agua Azul, maestose, ma meno selvagge ed affascinanti delle nostre cascate sperdute nella giungla. E’ ormai ora di rientrare a San Cristobal de las Casas, dove arriviamo dopo quattro ore di curve e di pioggia. Fortunatamente ad attenderci c’e’ la lussuosa Posada Real de Chiapas e “Latino’s”, dove ci lanciamo in frenetici balli latinoamericani.

05.08.06 SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS. Dedichiamo la giornata odierna al passeggio senza meta, immergendoci nell’atmosfera tranquilla di questa cittadina di montagna, scoprendone angoli suggestivi e locali caratteristici. Alle 20 partiamo in bus per Oaxaca, ben 12 ore di trasferimento; prima, pero’ , ci concediamo una lauta cena a poco prezzo proprio di fronte al terminal degli autobus. La linea di bus ADO Gran Lusso non e’ sicuramente al livello della ETN, che serve gli altipiani del nord: fa freddo, non possiamo appoggiare i piedi e continuiamo a scivolare verso il basso, sara’ sicuramente una notte memorabile.

06.08.06 OAXACA. Mi sveglio al sorgere del sole, attraversiamo paesini ancora addormentati. Puntuali arriviamo a Oaxaca alle 8 del mattino, fa’ gia’ molto caldo. Lasciamo gli zaini all’hostal Casa Arnel, alla periferia della citta’. A piedi percorriamo le strade deserte, i negozi sono chiusi, i portoni delle case anche, sara’ perche’ e’ domenica; l’atmosfera, pero’, e’ strana, si avverte tensione nell’aria. Siamo in prossimita’ del centro storico, ma c’e’ qualcosa di strano, forse ci lavori in corso o, piuttosto, barricate. Arriviamo allo ***, dov’ero gia’ stata in occasione del mio primo viaggio in Messico, ma e’ irriconoscibile: nella piazza bivaccano molti manifestanti, sono accesi dei fuochi, ovunque si vedono tende improvvisate con teloni di plastica. Sapevo di manifestazioni in questa zona, ma non immaginavo nulla di simile: i palazzi sono imbrattati con disegni e scritte, molti sono danneggiati, i vetri rotti sono ovunque; apprendiamo che a giugno ci sono stati violenti scontri tra polizia e manifestanti, ma nulla giustifica questo scempio delle bellezze artistiche, che molto difficilmente potranno essere riportate all’antico splendore. Questa situazione mi rattrista, mi angoscia, mi sento vicina a chi manifesta per difendere i propri diritti, ma anche a chi vive di turismo e tenta coraggiosamente di andare avanti nonostante la devastazione ed i problemi. Questo spettacolo mi ricorda che il Messico non e’ solo il paese delle rovine maya, dei colori e del folklore, ma e’ soprattutto una terra di contrasti e di differenze sociali, di vecchi problemi mai risolti, di gente che soffre e lotta per rivendicare il proprio diritto ad una vita dignitosa. Dopo una passeggiata ed una visita all’opulento Templo de Santo Domingo, ci recarchiamo al mercato di Tlacolula, una cittadina a 30 chilometri di distanza, dove si tiene il piu’ grande mercato delle valli centrali. Un rocambolesco viaggio a bordo di un taxi scassato ci proietta in un mosaico di odori, mercanzie, musiche e genti indie intente alle trattative commerciali: anziane donne con lunghe trecce, giovani indie con neonati a tracolla, bambini che ci scrutano incuriositi. Non resta che buttarsi nella mischia, imbracciando con la massima discrezione la macchina fotografica. Fraternizziamo con una donna india e, fra gli sguardi incuriositi e le risate divertite della gente, la aiutiamo a trasportare la sua mercanzia alla stazione dei bus. Alla sera ceniamo all’aperto. Intanto ricomincia a diluviare.

07.08.06 OAXACA-CITTA’ DEL MESSICO. Un ultima passeggiata per il centro storico che, con l’attivita’ frenetica del lunedi’, appare meno triste e desolato che di domenica. Nel pomeriggio affrontiamo l’ultimo trasferimento in autobus, otto ore di curve, sorpassi, discese e salite su di un pulmann che della prima classe ha solo il nome, non certo la comodita’. Attraversiamo paesaggi desertici di canyon e di cactus, poi la strada si fa’ pianeggiante e monotona, il cielo cupo, fino ad arrivare al territorio montuoso di Citta’ del Messico. Le strade sono congestionate dal traffico, attraversare la citta’ all’ora di punta e’ un’impresa ardua. Ceniamo in albergo, e’ troppo tardi per cercare un ristorante e domani, ahime’, faremo ritorno in Italia.

08.08.06 CITTA’ DEL MESSICO-MILANO. La vacanza e’ ormai terminata, il tempo e’ trascorso forse troppo in fretta. E’ sempre cosi’, quando comincio ad ambientarmi e’ gia’ ora di tornare a casa e, come sempre, mi assale la nostalgia; proprio come adesso che dal taxi guardo per l’ultima volta le strade ancora buie ed addormentate del D.F., mentre alla radio suona una rumba struggente. Faccio ritorno a casa arricchita, non tanto per le fotografie ed i souvenir, ma soprattutto per un’esperienza di luoghi, culture, paesaggi e tradizioni che hanno lasciato la loro impronta dentro di me; salutando il Messico dal cielo, gli prometto che questo e’ solo un arrivederci… quindi: Hasta Pronto, Mexico!



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