Mito e anima di Cuba
Veronica ed io abbiamo raggiunto Cuba la sera di Giovedì 25 Maggio 2006 con volo Air France da Bologna a Parigi Charles De Gaulle, poi da lì a L’Avana. Rientro in Italia Sabato 2 Giugno (costo biglietto cad. 817 euro + 26 euro visto + 25 CUC tasse aeroportuali al ritorno a L’Avana). Il volo intercontinentale dell’andata, pur in atmosfera da happy hour permanente, si è trascinato nella noia per quasi 10 ore. Il volo notturno del ritorno è passato invece agevolmente nel torpore collettivo.
Abbiamo pernottato a L’Avana in casa particular per le prime 3 notti. Questo ci ha permesso di visitare la città vecchia il giorno dopo il nostro arrivo, fare un’escursione il sabato a Pinar del Rio e alla valle di Vinales, ripartendo la domenica per Trinidad con bus Viazul. A Trinidad siamo rimasti 4 notti, pernottando in casa particular. Appena arrivati abbiamo visitato la cittadina. Il giorno dopo escursione a Cienfuegos con bus Viazul e infine due giorni interi dedicati al mare di Playa Ancon. Giovedì, il giorno prima della partenza, siamo tornati a L’Avana con bus Viazul, pernottando un’altra notte, in modo da completare la visita alla città e acquistare gli ultimi souvenir, fino alla partenza di venerdì sera.
Giovedì 25 Maggio Fin dall’atterraggio la rilassatezza caraibica, a volte irritante, a volte comica, miscelata agli orpelli burocratici del regime, ti avvolge, tanto quanto l’aria consumata dal caldo e dagli scarichi.
Così, in un’atmosfera da gelidi anni settanta, circondati da una pluralità di funzionari in evidente sovrannumero, arriviamo per inerzia tra i primi al controllo passaporti.
E’ praticamente una sfilza di porte chiuse che si snoda davanti agli occhi dei turisti, ignari della sorte che li attende al varco. L’ingresso, rigorosamente individuale, porta ad un bugigattolo, che fa da spartiacque tra le due aree dell’aeroporto, separate da un’ulteriore porta. Nel bugigattolo il turista fronteggia disarmato lo sguardo scrutatore del militare cerbero di turno. Normalmente la procedura prevede la compagnia del solito funzionario in sovrannumero e talvolta domande annoiate su destinazione della vacanza e permanenza. Dopo 20 minuti circa e un attimo di panico, che è quello che attanaglia le coppie incerte sul destino del partner attardato nel bugigattolo, pensavamo di aver guadagnato bagagli ed uscita. Il caso invece ci ha punito con un’attesa per i bagagli di più di 2 ore. Aria irrespirabile nell’area di ritiro bagagli, rumore assordante dei rulli e vagare angosciato dei turisti tra valigie orfane, ammassate per terra dai facchini, ci hanno consumato le ultime energie post-volo e immesso un’abbondante dose di insofferenza e sconforto.
Giunti alle 8 e mezza passate di sera, dopo il cambio valuta alla Bodega (1 euro = 1,14 CUC) e un rapido controllo dai doganieri sotto forma di pit-stop da 15 secondi, usciamo esausti dall’aeroporto, per essere placcati da una solerte funzionaria per lo smistamento turisti. Ci informa dei 25 CUC del taxi per il centro e ci affida ad Antonio.
Neanche il tempo di scambiare in una mistura di italiano spagnoleggiato nazionalità e complimenti derivanti, che il cd dell’autoradio spalanca l’audio ad Eros Rammazzotti in versione ispanica. E’ l’apoteosi: il nostro Antonio ci spiana la vacanza a Cuba, nel volgere degli accordi dilatati di “Musica è…” il nostro umore torna all’allegria e quasi inconsapevolmente attraverso la voce di Antonio e i finestrini del suo taxi veniamo introdotti al sapore di L’Avana e di Cuba, alle sue miserie, alle sue bizzarrie, alle sue congenite contraddizioni. Antonio con fare appassionato ci descrive sommariamente quanto accade a Cuba, le sue preoccupazioni sulle pretese di cose occidentali da parte dei nuovi cubani, le sue convinzioni su formazione e cultura gratuiti, mentre scorrono ai nostri lati le vie buie della città, allagate dal nubifragio del giorno prima, dove pedoni impazienti attraversano disordinatamente la strada e case degradate stazionano pericolanti nei pressi di scritte rivoluzionarie.
Entriamo a spron battuto nella città vecchia tra luci fioche, mentre recito ad Antonio a più riprese l’indirizzo della casa: Blue Colonial della signora Sandra (via Empredado – Aguacate, Havana Vieja), prenotata sul sito casaparticular.Org. L’impatto emotivo della fatiscenza del luogo è accantonato da una preoccupazione concreta: Antonio rallenta e brancola nel reticolo di sensi unici e vie completamente buie. E non ci convince l’affabilità delle persone da lui interrogate per strada a mò di tuttocittà ambulanti. Tuttavia arriviamo. Dopo la simpatica esperienza di Antonio (al quale regaliamo 1 CUC e una rivista di moda per la sua bambina), apprendiamo la prima lezione di Cuba: per loro tutto s’aggiusta. Sandra non ha la camera disponibile, accampa delle scuse, ma in men che non si dica ci presenta il suo amico baffuto, ennesimo Antonio, marito di Ofelia. Quest’ultimo ci porta all’ottavo piano, un attico, di un edificio vicino, con ascensore a manovella. Lì staremo per 3 notti condividendo un bagno pulito in comune con la famiglia, i parenti, gli amici, e i canadesi dell’altra camera. Ofelia Portales Carbonell – San Juan de Dios No. 154 e Villegas y Aguacate, Tel. 862.9747).
A posteriori possiamo dire che la piccola casa di Ofelia con enorme terrazzo è una buona soluzione, comoda per la posizione in città e in condominio: essendo un attico c’è molta privacy e si gode di una migliore ventilazione, oltre che di una magnifica vista sulla città e i principali monumenti della città vecchia. In più Ofelia cucina squisitamente. Al momento ciò che ci ha infastidito sul posto è che Ofelia e il marito non corrispondono all’ideale di ospitalità cubana che pensavamo di trovare: il loro modo di fare ci è sempre parso calcolato. Non brillano per cordialità, per il carattere, per l’abitudine, e perché non conoscono altre lingue oltre lo spagnolo (alloggio 25 CUC per notte, colazione 4 CUC per persona, cena 10 CUC per persona, cerveza 1,30 CUC al pz, bottiglia d’acqua da 1,5 lt 1,50 CUC al pz). Venerdì 26 Maggio Sveglia alle 5 del mattino, insofferenti per il fuso orario e il caldo. Ci tuffiamo alle 7.30 nella prima colazione cubana, che con nostra gioia si ripeterà sostanzialmente per tutta la vacanza: insalata di frutta (a base di mango, ananas, papaya, guayaba, banana, arancia), frullato/batido di frutta, caffelatte caldo, panino con formaggio e salame. Di buon’ora partiamo per il centro a piedi, ignorando il caldo umido e l’aria soffocante. Oltretutto appesantita dalla visione del cielo grigio. Teniamo d’occhio gli orari di apertura dei monumenti e in base a quelli ci muoviamo, talvolta fluttuando di qua e di là: Castillo, Plaza de la Catedral e Catedral de san Cristobal annessa, Plaza Vieja, Fundacion Havana Club (5 CUC, giro turistico, ma gradevole, con guida in italiano). Torniamo nei pressi di Plaza Marti e Capitolio in tempo per visitare la Real Fabrica Partagas di sigari, ma lì scopriamo che è chiusa per manutenzione, mentre è aperta la Real Fabrica La Corona. Arrivatì lì subiamo uno sprovveduto tentativo di raggiro da parte di uno spavaldo impiegato nullafacente, che pretende soldi in cambio della spiegazione che la fabbrica è chiusa per motivi imprecisati. Giriamo i tacchi per andare a visitare il Museo de la Revolucion, dove gruppi di scolaretti provano tra canti, balli e marce impettite quella che sembra una cerimonia importante (5 CUC, durante il giro non dimenticate di attraversare il cortile per visitare il Memorial Grandma). Torniamo indietro al Capitolio e lì decidiamo di imbarcarci su un cocotaxi per raggiungere la biglietteria centrale Viazul a Vedado. Concordiamo per 10 CUC il percorso andata/ritorno di circa un’ora, compresa l’attesa davanti la biglietteria. Vogliamo convertire in biglietti la prenotazione L’Avana – Trinidad fatta via internet giorni prima (con sorpresa di sovrapprezzo di 2 CUC sui 25 CUC canonici e registrazione dei nostri passaporti). Più avanti scopriremo da ragazzi australiani e romani che una comoda alternativa può essere concordare il viaggio per Trinidad con i tassisti di L’Avana, che per 40/50 CUC sono disposti a scorazzarti per Cuba partendo da casa. Il percorso con il cocotaxi è lungo, ma divertente. Ci permette, traballando, di sbirciare nella zona di Havana Centro e Vedado, che abbiamo deciso di non visitare. Maestosi lungo il percorso si stagliano Plaza de la Revolucion e il volto di Che Guevara sull’edificio del Ministero degli Interni e opposto il severo e spaziale Memorial dell’onnipresente Josè Marti. Lungo la strada, alleviandoci la fatica degli sbalzi e cancellando il timore di intossicazione a causa degli scarichi, il nostro autista Angelo, ragazzone esuberante e solare, ci intrattiene canticchiando, scherzando e disseminando di insulti in italiano la variegata specie di mezzi meccanici e non con cui condividiamo la strada. Di rientro al Capitolio, approfittiamo del temporale pomeridiano per fermarci sotto i portici e rilassarci, contemplando le scintillanti Chevrolet che addobbano la piazza sottostante. Sembrano sfigurate dai rottami vicini, dai taxi collettivi e dai camelli che sbuffano nei dintorni. Il contrasto del cielo plumbeo e delle case scrostate con i colori delle auto ci riporta alla immagine variopinta dei cubani e alla imprevedibilità del loro aspetto, agli incroci delle razze, alla indefinibilità della loro bellezza. E’ facile individuare i tratti somatici più disparati tra i ragazzini delle scolaresche, che marciano costantemente per strada o in giro per musei in uniformi impeccabili bianco e granata o marrone. O come la pelle nera e gli occhi di ghiaccio dei ragazzini che di fronte a noi si lanciano a piedi nudi sulle rampe bagnate del Capitolio. Entriamo nel palazzo (6 CUC). A parte il contrasto della ricchezza degli arredi e delle sculture con la miseria della case sgarrupate di L’Avana, ricordiamo il Capitolio per l’intraprendenza della guardiarobiera. Al momento di riprenderci gli zaini ci propone sottobanco, con fare circospetto, ma convinto, cimeli e gadget col primo piano del Che. E’ l’esaltazione del fai da te pensiamo.
Ci spostiamo nuovamente in Plaza de Armas e visitiamo il Palacio de Los Capitanes Generales (4 CUC), bel edificio coloniale dove ha sede il museo della città, oltre che stazionare una pletora di inservienti dormienti tra i placidi corridoi. Esausti, tra splendidi ma fatiscenti palazzi neobarocchi, ci trasciniamo alla Bodeguita del Medio per gustare per 4 CUC il mojito di rito: tanta menta e poco alcool, scopriamo con disappunto. Ci vuole un bis.
Torniamo a casa ormai assuefatti all’aria di perenne cazzeggio: file di busti nudi virili sostano indifferenti sui marciapiedi rotti, in compagnia di donne spesso discinte e curiose sedute fuori casa. Schiviamo con no ripetuti i jineteros più vari e ci avviamo verso gli 8 piani della nostra casa. Ad attenderci l’addetto all’ascensore. Sornione, al comando Ofelia, carica la manovella del loculo verticale. Iniziamo ad allenarci al pensiero degli 8 piani a piedi quando usciremo a turno finito o non ancora iniziato. Cena prelibata da Ofelia nella migliore tradizione creola: piatto unico con pollo, riso, verdure miste, chicharritas, zuppa di fagioli neri, insalata con pomodori e cetrioli.
Sabato 27 Maggio Al mattino presto ci attende la partenza della gita prenotata il giorno prima in Obispo da Infotur (con ennesima registrazione di passaporto), al sorprendente costo di 55 CUC a testa, comprensivo di guida in inglese e pranzo tipico. Su internet avevamo adocchiato iniziative simili a 10 CUC in meno.
Alle 7.30 puntuale giunge il pulmino all’Hotel Plaza, punto di pick up concordato. Ci scorazzerà per tutta L’Avana a recuperare gli altri partecipanti disseminati in vari hotel. Così scopriamo il Malecon disadorno e la zona meno decadente, verde e ordinata, di Miramar, dove si snocciolano le sedi diplomatiche principali. Scopriamo beffardamente che gli unici anglofoni saremo solo noi in una flotta di ispanici vari. Di lì a poco collezioneremo preventivamente le descrizioni spagnole per sopperire alla pigra comprensione del nostro inglese.
Inoltrandoci sull’autopista, dove si alternano indisciplinatamente avventurieri, autostoppisti, immancabili cani, bici, bancarelle ai margini della strada e più spesso dentro, inizia il nostro viaggio per la valle di Vinales e Pinar del Rio in 5 tappe: il villaggio Las Terrazas, una piantagione ed un capanno essiccatoio di foglie di tabacco lungo la strada, la Fabbrica di Sigari Trinidad di Pinar del Rio, il Murale de la Preistoria, la Cueva de l’Indio.
La gita è un compendio delle bellezze di Cuba e, anche se è il classico tour in pasto ai turisti, ci permette di capire quanto L’Avana sia solo una parte di essa e quanto l’Ovest presenti scenari naturali difformi dalla decadenza della metropoli. Attorno, passando per paesi dimenticati da dio, nella sfolgorante naturalità del paesaggio, sentiamo respirare la vegetazione, con i ricchi alberi da frutto. Nell’orizzonte si stagliano i mogotes massicci e le valli imponenti, e macchie foltissime, lussureggianti, di verde tropicale, sono interrotte da sprazzi di rosso dei fiori rossastri tipici della zona. Visitando il campo di tabacco abbiamo occasione di comprare sigarillos di contrabbando (15 CUC per 24 pezzi in scatolina di legno) dal contadino guajiro compiacente con la guida. Lì per lì non ci viene il dubbio che possa essere anche una macchinazione ingegnosa per spillare soldi, ma l’atmosfera di festa dei bambini (quanti rimpianti per aver dimenticato le penne e le magliette a L’Avana..) e la placida disponibilità del vecchio contadino a foto e abbracci ci mette a nostro agio. Non è lo stesso nella fabbrica di sigari a Pinar: l’abilità dei lavoratori è impressionante, ma l’atmosfera da circo in mostra durante il tour ci ha infastidito. Come ci hanno stufato le insistite richieste delle lavoratrici più testarde, che per 1 CUC offrono braccialetti spelacchiati di foglie residue di tabacco.
Al ristorante della Cueva (banale grotta dal misero impatto, ad eccezione di quello sui nostri timpani del suonatore messicano ubriaco in trasferta, che ci ha piantonato persino in barca e per questo omaggiato del solito CUC) rimpiangiamo la cucina di Ofelia: pollo rinsecchito e fagioli insipidi avrebbero potuto darci una ben altra idea della cucina cubana. In più abbiamo sganciato 3 CUC per una bottiglietta d’acqua e una lattina di birra. Per fortuna non avremmo mai dimenticato la favolosa pina colada di succo di cocco naturale a 1,50 CUC in bicchiere di plastica gustata al chiringuito del Murale.
Rientriamo in città e desideriamo un aperitivo. Ci fermiamo al Cafè di Plaza Catedral dove gustiamo un mojito e un cuba libre per soli 6,60 CUC in un’atmosfera di totale rilassatezza, con solita musica dal vivo di placido, ma suadente sottofondo. Tornati a casa sistemiamo la cuenta con Ofelia, e con molta incertezza, pensando alla camera con bagno privato di Sandra, prenotiamo ancora da Ofelia la notte del 1 giugno, quando torneremo a L’Avana. Usciamo di nuovo, questa volta imbellettati. Vaghiamo per ristoranti e paladar, i ristoranti pseudo statali. Dopo aver spazzato via l’idea di cenare vicino casa a La Julia, il paladar sgangherato raccomandato dalla Lonely, andiamo verso plaza des Armas in cerca di quello col panorama della città. Scopriamo che è chiuso. A quel punto disperati ci rifugiamo al ristorante per turisti La Mina (per 31 CUC spiedino di gamberoni alla piastra + filetto di pesce ala griglia + insalata di frutta + acqua x 2), dove per sottofondo musicale, oltre il gruppo di prassi con cantante dal timbro di voce alla Rascel (da cui compriamo un bel cd per 8 CUC), ci sono gli schiamazzi indiscreti dei pavoni che si sollazzano sulle nostre teste in bilico sui rami del pergolato.
Domenica 28 maggio Sveglia alle 6. Alle 6.45 Ofelia ci offre la solita abbondante colazione e questa volta il cipiglio burbero è attenuato da una vistosa sonnolenza. Prendiamo il taxi dall’Hotel Plaza la mattina presto diretti alla stazione bus Viazul di Vedado (prezzo senza impegno di negoziazione 7 CUC). L’organizzazione alla stazione è impeccabile. Memori delle raccomandazioni lette e ascoltate ovunque, ci apprestiamo ad affrontare la temperatura polare del pullman, immancabilmente confermata. Dopo alcune soste improvvise, dettate dall’urgenza degli autisti di salutare e fare affari con l’umanità varia incontrata per strada, e quella programmata di Cienfuegos, arriviamo in leggero anticipo a Trinidad dopo le 13. Restiamo sconvolti dalla baldoria dei proprietari di appartamenti in attesa alla stazione Viazul. A stento sono tenuti a freno da una corda appuntata sommariamente tra due capi. Sotto il sole cocente, urlano le presunte magnificenze delle loro case, esponendo cartelli improvvisati e foto sospette. Capiamo la raccomandazione di Miguel, il proprietario della casa prenotata telefonicamente, di non distrarsi o farsi catturare, e tirare dritto per la sua casa dietro l’angolo. Mentre cerco di orientarmi, mi giro e vedo Veronica in amicizia con un piccolo signore bianco, molto distinto, con un sorriso luminoso e il fare incerto, poco a suo agio nel marasma E’ Miguel, ci è venuto incontro.
Ci porta alla sua casa distante da lì una ventina di metri e lontana anni luce dalla miseria a cielo aperto di L’Avana. E’ una splendida villa di stampo coloniale, arricchita da antichi arredi, preziosi marmi e sfarzose ceramiche colorate, con un patio al centro ornato da generose piante da frutto, e lunghi portici che portano alle camere (alloggio 20 CUC, colazione 3 CUC a testa, cena 7 CUC a testa). Miguel ci vive da solo, in compagnia di un serafico bassotto di casa e di una irrequieta bastardina. Liberamente le due scorazzano per la casa in cerca di ozio. La nostra camera è enorme e ci rimanda ad epoche lontane, molto prima della rivoluzione, forse primi del ‘900: la casa è della famiglia della moglie di Miguel, che godeva di una posizione privilegiata, come proprietari di piantagioni di tabacco. Miguel d’altro canto ha legami di discendenza con l’aristocrazia spagnola asturiana e questo crediamo giustifichi i suoi modi eleganti e scrupolosi.
Dopo alcuni scambi amichevoli con Miguel e una veloce rinfrescata, ci avviamo verso il centro della cittadina per le strade desolate. E’ stupenda, e nonostante il caldo torrido insopportabile che piomba sul ciottolato, riusciamo a muoverci passeggiando disordinatamente per scoprire le case più colorate e gli scorci più pittoreschi. E’ facile trovare antichità coloniali che si mescolano a carretti barcollanti e cani randagi. Tutto è concentrato in pochi isolati. Giriamo per Plaza Mayor, visitiamo il Museo Romantico di Palacio Brunet, la bellissima galleria d’arte Palacio Ortiz. Rimanderemo la visita a Cattedrale e.Palacio Cantero perché chiusi. Riteniamo inutile visitare il Convento de San Francisco adibito a propagandistico Museo de la Lucha contra banditos. Il caldo non inibisce gli strani personaggi, adulti e bambini, che incombono di noi, mentre ci ripariamo all’ombra, seduti su un muretto. Dopo qualche esitazione capiamo che ambiscono alle mie sneaker verde scintillante in cambio di un numero imprecisato di sigari. In giro troviamo signore al limite della disperazione che offrono manciate di graziose collane di semi e fagioli ad 1 CUC, è impossibile rinunciare all’acquisto. Torniamo a casa per crogiolarci sulle sedie a dondolo del patio, bevendo birra Bucanero e Cristal e conversando con Miguel. Pratica che ripeteremo compiaciuti nei pomeriggi dei giorni seguenti, fendendo a tratti carezze alla cagnetta sotto tiro sul momento. Intanto un veloce acquazzone ci illude di rinfrescare l’aria.
Concordiamo con Miguel una magnifica cena a base di pesce, che mostra l’abilità culinaria di Alicia, la sua colf: pesce impanato, zuppa di fagioli, riso, verdure, marmellata di guayabo con formaggio, platano fritto. Dopo una ricca conversazione con Miguel ci avviamo alla Casa della Musica, che rappresenterà il nostro divertimento serale nel soggiorno a Trinidad. In un’atmosfera di festa e collettivismo, che richiama i programmi televisivi domenicali, dove si mescolano senza apparenti distinzioni turisti e locali, ci troviamo a gustare birra o mojito o cuba libre, seduti sulle scalinate di Plaza Mayor in appagante abbandono e poi progressivamente coinvolti dal ritmo e dall’euforia. Sarà alla Casa della Musica che, come un copione scritto da villaggio vacanze, come un approdo sicuro e protettivo, tutte le sere fino a tardi ascolteremo compiaciuti magnifici concerti di band locali e contempleremo invidiosi gli innumerevoli volteggi dei ballerini di salsa.
Lunedì 29 Maggio Escursione in Viazul a Cienfuegos (12 CUC ciascuno a/r ). A posteriori la visita non ci è parsa indispensabile e andarci in Viazul da Trinidad è oltretutto penalizzante, potendo rientrare solo nel tardo pomeriggio. Tuttavia la percezione di città più organizzata, le strade centrali affollate e i viali alberati (Malecon, Paseo del Prado), i negozi brulicanti di traffici e i palazzi principali (Teatro Terry, Parque Martì, Arco de Triunfo) sorprendentemente curati ci hanno prospettato anche una visione di città cubana più ruffiana e ammiccante. Pur sempre molto cubana, con il contorno di scritte rivoluzionarie disseminate per la città, compresi gli immarcescibili 5 di Volveran e il Che rappresentato in versione mission impossibile.
Tra l’altro l’impenitenza di turisti in gita ci ha portato a fare un immancabile quanto divertente giro in carretto (2 CUC a testa), trainato da quello che con generosa volontà voleva essere un cavallo, ma forse più oggettivamente un asino dal tipico aplomb cubano.
Abbiamo persino scalfito la fama dei gelati di Coppella sotto la mega scritta “Jamas renunciaremos a nuestros principios”. Avremmo rinunciato volontieri almeno ai medesimi gelati. La qualità è assolutamente scadente, fortemente industriale e il sapore plastico. E’ tra l’altro imbarazzante trovarsi seduti e riveriti a gustare il gelato (unici gusti del giorno: cioccolato + ananas/arancia, 4 palle 2 CUC) in un piatto, piano, all’interno del locale. Fuori a 40 gradi una fila esagerata di occhi voluttuosi aspetta il proprio turno per riempire avidamente di palle squassate di gelato qualsiasi genere di contenitore, dai bicchieri di plastica ai sacchetti per fare la spesa.
In serata cena preparata da Alicia: pollo con salsa, olive nere con patate, riso e fagioli, chicharritas, formaggio con marmellata.
Martedì 30 / Mercoledì 31 Maggio Non c’è alcun modo da Trinidad di raggiungere a 14 km di distanza la spiaggia di Playa Ancon se non con cocotaxi (4 CUC a testa per tratta) o meglio condividendo un taxi, per ammortizzare la spesa (2 CUC a testa per tratta, aldilà del numero. Ovviamente si parte a taxi pieno). Circostanza che ci ha fatto conoscere viaggiatori solitari francesi, canadesi attempati in trasferta erotico – finto eremitica, Petra ceca e James australiano sposi residenti a Londra, un’israeliana e un compagno occasionale di viaggio gay inglese…
La spiaggia è magnifica, bianca, granulosa. Il mare turchese, ricco di pesci, che si spostano in gruppo. L’acqua è calda. La sabbia non si riscalda nonostante il caldo, tostissimo, che richiede frequenti discese in mare. Dopo il primo giorno, rimpiangeremo di non aver portato creme più protettive. La 12 non ci ha risparmiato di trovarci ustionati la sera e il mattino seguente beatamente esposti all’ombra salvifica di una palma. Il bar vicino l’hotel Ancon ci estorce 6 CUC per una pseudo tortilla con tonno.
Nuovamente Alicia la sera ci delizierà con una cucina creola all’altezza. Martedì camarones in salsa, mercoledì puerco arrosto in compagnia di Miguel, che abbiamo invitato ad aggregarsi per festeggiare la nostra ultima sera di permanenza.
Giovedì 1 Giugno Con un po’ di magone impacchettiamo tutto. Oltre i bagagli ci sembra di portarci via l’aria serena di Trinidad e il sorriso disincantato e tenace di Miguel e la giocosa incoscienza delle cagnette di casa. Nulla sanno dello stipendio mensile di 14 CUC della figlia medico di Miguel, della posta controllata e spesso sottratta, del telefono duplex senza privacy per l’impossibilità di averne uno a proprio carico, come di una bici o di un’auto. Ripartiamo per L’Avana più ricchi di malinconia, ma appagati. Trinidad ci ha trasferito quella umanità che forse L’Avana ha contaminata. Sul bus di ritorno ecco spuntare dalla portiera davanti, dopo una robusta inchiodata, un pesce di mezzo metro issato dal secondo autista. Sarà un buon bottino da piazzare ai ristoranti della capitale. Il tragitto sembra durare poco e l’aria umida di L’Avana ci introduce alle ultime ore del viaggio divenuto esperienza. Ci attende quella peggiore. Tornati da Antonio e Ofelia si ribalta la situazione, ci aspetta la procace Sandra con la camera ora libera. E’ un forno a forma di camera, al piano rialzato, con vista sulla strada rumorosa, con ventilatori dal getto artico e il suono metallurgico. Già vediamo sghignazzare Ofelia mentre guarda imperterrita le telenovele messicane. Cena a base di piatti freddi (22 CUC) in Plaza Major all’aperto per gustare le ultime tracce di cubanismo, mentre si stemperano le note di Monton de Estrella e di Hasta siempre Comandante. Venerdì 2 Giugno Ulteriori sprazzi di L’Avana il mattino dopo, quando riusciamo, pur dopo una notte insonne, a girovagare ancora per la città vecchia, inoltrandoci nel quartiere cinese, comprando regalie alla Fabbrica Partagas e al museo Havana Club, visitando la Iglesia di San Francisco, dove sfila smorfiosa in un pomposo abito lilla la quindicenne del giorno. Visita anche al Convento de Santa Clara, dove troviamo un’originale mostra di frigoriferi vecchi rivisitati in mille modi da giovani artisti locali. Impazziamo di shopping mania al mercato vicino Plaza de Armas, dove troviamo quadri dallo stile naif ipercolorati, statuette di negrite e musicanti, collane e anelli di osso o pseudo corallo nero. Appaghiamo qui con l’artigianato locale la sete di ricordi da importare in Italia. Torniamo nel pomeriggio da Sandra, prendiamo i bagagli e finiamo l’avventura laddove siamo arrivati, ci sembra, mille giorni fa. Ci facciamo spillare gli ultimi CUC per gli ennesimi diritti aeroportuali e l’esosa cibaria del baretto nel salone delle partenze (14 CUC).
Tra i bagagli portiamo il ritratto disincantato, a volte spietato che alcuni cubani ci hanno dipinto della loro isola. Dei dissesti finanziari e delle disuguaglianze sociali, che rendono fortunato chiunque importuni turisti o ne abbia in qualche modo a che fare. Del minimo garantito dalla libreta, di scarsa quantità e qualità, degli stessi gestori dei negozi statali che offrono sottobanco mercanzia più pregiata o dei negozi o servizi moderni, come internet, accessibili a chiunque pagando in moneta occidentale, quando invece gli stipendi sono in moneta locale.
Questa è Cuba o lo è diventata. Diversamente forse non potrebbe essere così magnetica e affascinante.
aledoo@yahoo.Com