Wildlife in botswana e zimbabwe

Cari amici turistipercasisti, ecco la cronaca della mia quinta “recidiva” africana consistita in un safari camping di 16 giorni attraverso i parchi del botswana e dello zimbabwe. Siamo partiti da johannesburg a meta’ ottobre in 4 (io, il mio ragazzo simone, jean e luisa, due valdostani simpaticissimi), tutti quanti letteralmente “patiti”...
Scritto da: topis
wildlife in botswana e zimbabwe
Partenza il: 14/10/2006
Ritorno il: 02/11/2006
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
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Cari amici turistipercasisti, ecco la cronaca della mia quinta “recidiva” africana consistita in un safari camping di 16 giorni attraverso i parchi del botswana e dello zimbabwe.

Siamo partiti da johannesburg a meta’ ottobre in 4 (io, il mio ragazzo simone, jean e luisa, due valdostani simpaticissimi), tutti quanti letteralmente “patiti” di natura ed animali.

Il tragitto (circa 5000 km) e’ stato percorso con un pick up toyota 4×4 superaccessoriato con tende fisse sul tetto, cisterna d’acqua e frigobar pieno di birre ed ogni bendidio mangereccio per garantire perfetta autonomia.

Prima tappa, la deception valley della central kalahari game reserve in cui abbiamo soggiornato due notti in piccole piazzole “unifamiliari” rispettose dell’ambiente circostante, al punto che le docce, per cosi’ dire, consistevano in secchi d’acqua piovana ovviamente funzionanti soltanto in caso di pioggia e cioe’…Mai!! L’occhio vigile della sottoscritta, e, perche’ no, uno sfacciato “fattore c” di cui tanto si parla, ci hanno regalato – gia’ sotto il sole infuocato del primo tramonto – lo spettacolo di 4 leopardi che, quatti quatti, partivano a caccia, dopo aver scorto in lontananza una processione di impala; purtroppo l’erba alta e ingiallita del kalahari si e’ presto inghiottita i quattro gattoni, che tuttavia si sono prestati ai nostri flash regalandoci sensazioni uniche.

All’orizzonte, 4 leonesse sonnecchiano sotto un albero e le stesse si rivedno nello stesso punto la mattina seguente, evidentemente mentre digeriscono qualche bocconcione un po’ indigesto.

Non soddisfatti dei leoni, proseguiamo la nostra caccia il giorno dopo, e, sempre al tramonto, un bel maschione dalla criniera nera (tipica caratteristica dei leoni del kalahari) si sottopone indifferente alle ripetute fucilate dei nostri obiettivi, da una distanza di 20 metri: come inizio niente male, al punto che la circostanza impone un bicchierino di champagne sul tetto del pick up… L’avventura procede a nord ovest nel parco moremi che si snoda in buona parte sul delta del fiume okavango, noto come “il fiume che non trova il mare” per il fatto che le sue acque, attraverso un labirinto di canali, lagune ed isolette, vengono assorbite dalla sabbia del kalahari; una fortuna, questa, perche’ e’ possibile effettuare (ed ovviamente non ce la siamo persa) una navigazione in barca a caccia di coccodrilli ed ippopotami che fanno capolino tra le ninfee, tra uno sbuffo e l‘altro contro gli intrusi.

Anche nel moremi wild camping per momenti indimenticabili: cosa c’e’ di meglio di un toast alla nutella all’alba o di un risotto mantecato al castelmagno sotto il tramonto africano, tra gli occhietti furtivi delle iene ed i versi dei leoni ansimanti? Senza poi parlare dei topini elefante (per la piccola proboscide sul musetto) che corrono sotto il tavolino a rubare le briciole, o degli uccellini multicolor (stupenda la coppia di gufetti perlati che ci spiavano dal tronco degli alberi) che inscenavano risse per strapparsi l’ultimo biscotto casualmente (…) caduto dalle nostre mani! La mattina seguente, in direzione parco chobe, la fortuna ci assiste di nuovo: guidati da uno stormo di avvoltoi appollaiati su un albero “fulminato”, scorgiamo 4 leonesse con altrettanti cuccioli ancora striati che spolpano nervosamente un bufalo, suscitando le ire di coyotes, maribu’ ed avvoltoi che debbono attendere gli avanzi per non entrare a far parte del menu’ sotto la voce “contorno”! Purtroppo la notizia si diffonde via radio e presto giungono fuoristrada colmi di turisti vocianti che rovinano la magia del momento; si’, dico questo perche’ le sgommate delle auto ed i continui accendi/spegni dei motori meglio si addicono alle piste di formula uno: e’ triste constatare che il concetto di “safari” coincida per i piu’ nella foto “mordi e fuggi” da esibire al ritorno a casa, senza minimamente provare ad interagire, almeno una volta come pazienti osservatori, con la natura circostante.

Va be’, basta con il pungiglione, arriviamo al chobe e li’ ci fermiamo due notti per assaporare la magia del fiume all’alba da una barca che si spinge vicino alla riva dove branchi di elefanti con i piccolini si spingono a bere e a rinfrescarsi: occhio pero’ a non avvicinarsi troppo perche’ l’elefante non teme nulla e per difesa non esita a ribaltare le auto dei turisti schiacciandole come lattine; pochi considerano il pericolo ed ogni anno, purtroppo, si ripetono le tragedie dei turisti imprudenti.

A questo punto puntiamo verso le cascate vittoria che – ancorche’ povere d’acqua data la stagione – non possono essere tralasciate, ed effettuiamo la visita dal lato dello zimbabwe.

Da qui proseguaimo verso il parco hwange che si rivela un vero e proprio paradiso.

Purtroppo, lo zimbabwe, che sta di fatto subendo un embargo economico, attraversa una fortissima crisi palpabile ovunque: pensate che a causa della forte instabilita’ il dollaro zimbabwiano circola sotto forma di assegno con scadenza per l’incasso, dopodiche’ e’ carta straccia (poco cambia in caso di vigenza, vi assicuro che si paga un panino con una carriola di banconote!).

Se si cerca di cambiare la moneta estera, vengono sparati tassi assurdi, differenti tra loro anche del 70%: ragione in piu’ per essere autosufficienti e fare a meno di beni e servizi da acquistare.

Anche il campo robbins e’ lo specchio di questa realta’: una struttura molto bella ma – come si dice – paragonabile ad una cattedrale nel deserto, classico testimonial dello “splendore che fu”.

Pochissimi i turisti, costi irrisori, tanto personale sotto o nulla pagato intento a lucidare le pietre dei vialetti in attesa di scambiare due chiacchere (e ricevere qualche mancia) dai rarissimi avventori.

Pare incredibile un deserto nel paradiso, ma questa e’ la realta’.

In zimbabwe non ci sono quasi piu’ inglesi per ragioni politiche ed i bianchi, che sono gli unici a potersi permettere il turismo, sono rarissimi.

Ma gli animali, dove sono? Il parco e’ magnifico, ci sono molte pozze d’acqua, ma pochi sono gli esemplari vivi e, ahime’, tantissimi gli scheletri…Voglio fare lo gnorri, non so, non comprendo questo mistero, ma tutta questa spettralita’ mi angustia.

Speriamo in tempi migliori, sia per gli uomini che per gli animali! Va be’, anche se in effetti in africa il tempo si ferma, il calendario e’ impietoso ed e’ ora di far rotta verso gaborone, dove pare gia’ di sentir l’aereo che rulla sulla pista… Per “allungare la fine”, facciamo ancora una deviazione nella regione dei makgadikgadi pans con puntatina a kubu island, un agglomerato di rocce e baobab spettacolari che si erge lungo il margine sud occidentale del sowa pan, consistente in un unico strato di fango incrostato di sale che si estende nel bacino piu’ basso del botswana nord orientale.

Il luogo e’ stupefacente, abitato ai margini da gruppi di pastori nomadi; a parte mucche e caprette, vediamo qualche antilope correre all’orizzonte, qualcuna vera e qualcuna…Frutto di miraggi L’atmosfera e’ magnifica e merita d’essere innaffiata con l’ultima “wild beer”, quasi ad esorcizzare l’aridita’ del luogo! Ora mi restano infiniti ricordi, che sto “decodificando”, e tanta nostalgia dell’africa e dei suoi abitanti umani e non.

Un bacione a tutti, alla prossima, gabri



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