Immagini, sensazioni e sapori dall’India

NewDelhi, Rajasthan, Ranthambore, Agra, Khajuraho, Varanasi Anche se a distanza di quasi un anno dal nostro viaggio in India, vogliamo dare anche noi un contributo inserendo il nostro racconto di viaggio. Sicuramente il nostro racconto sarà lungo e, per molti, probabilmente noioso. Vogliamo però dare quante più informazioni possibili. A volte a...
Scritto da: Carlo&Elena
immagini, sensazioni e sapori dall'india
Partenza il: 16/01/2006
Ritorno il: 09/02/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
Ascolta i podcast
 
NewDelhi, Rajasthan, Ranthambore, Agra, Khajuraho, Varanasi Anche se a distanza di quasi un anno dal nostro viaggio in India, vogliamo dare anche noi un contributo inserendo il nostro racconto di viaggio. Sicuramente il nostro racconto sarà lungo e, per molti, probabilmente noioso. Vogliamo però dare quante più informazioni possibili. A volte a mo’ di elenco, a volte in modo descritto, a volte saltando anche di palo in frasca, ma vogliamo rendere un’immagine completa, nel bene e nel male, di quello che troverete e di quello che proverete durante il vostro viaggio in India. Speriamo di riuscire nel nostro intento.

Cominciamo.

Erano già un paio di anni che io e mio marito pensavamo di recarci in India, quindi quale occasione migliore che il nostro viaggio di nozze? Così, ad ottobre 2005, dopo avere deciso la data delle nozze, subito abbiamo cominciato ad informarci in vari modi per l’ organizzazione del nostro viaggio.

Dapprima abbiamo provato a rivolgerci ad una agenzia viaggi italiana che ci ha proposto un viaggio organizzato della durata di 15gg in India+7gg alle Maldive.

Diciamo che il prezzo applicato dal noto tour operator era “abbastanza” esorbitante, si parlava di circa € 14.000 per due persone. Sinceramente ci siamo spaventati e quindi abbiamo evitato.

Comunque noi non amiamo particolarmente i viaggi organizzati, noi preferiamo viaggiare in autonomia, così abbiamo deciso di arrangiarci da soli anche per l’organizzazione della nostra luna di miele. Dopo l’agenzia viaggi italiana, abbiamo quindi consultato la guida dell’ India del Nord della EDT (ci permettiamo di dire che secondo noi si tratta delle guide migliori in assoluto), letto riviste, parlato con persone già state in India e consultato diversi siti internet, tra cui il sito di Turisti Per Caso. Proprio da Turisti Per Caso abbiamo preso spunto da molti dei racconti di viaggio pubblicati ed abbiamo contattato 2/3 agenzie indiane. Sinceramente due agenzie, che da altri erano state vivamente consigliate, ci hanno delusi, mentre la COMPASS INDIA di New Delhi (direttore Mr. Sanjay Gupta) è stata la più professionale, competente e precisa.

E così è cominciata una lunga serie di scambi di e-mail con la Sig.Ra Varsha Gupta, che ci ha dato preziosi consigli e che ha organizzato nel migliore dei modi il tutto. Tra l’altro parla un ottimo inglese, quindi facilmente comprensibile.

Avevamo comunque paura di prendere una fregatura, quindi abbiamo chiesto se era possibile pagare il tutto direttamente a New Delhi, senza inviare alcuna somma a titolo di acconto. COMPASS ha accettato anche questo compromesso e abbiamo saldato il nostro conto direttamente nelle mani di Ms. Varsha. Ogni volta che abbiamo avuto bisogno di qualcosa, a qualsiasi ora del giorno e della notte, tutto il personale è sempre stato disponibile e facilmente rintracciabile. A volte era la Compass stessa a chiamare e verificare che tutto fosse in ordine. Veramente un servizio impeccabile.

Per chi fosse interessato a contattare la COMPASS INDIA ecco i riferimenti: COMPASS INDIA INC. –The Hospitality Managers First Floor, Flat Four, J 1967 CR PARK 110019 New Delhi Tel. 0091-11-51602116 –18 Fax 0091-11-51602114 E-mail info@compassindiaonline.Com Oppure e-mail diretta di Ms. Varsha varsha@compasstour.Com http://www.Compasstours.Com/ Decidendo poi di escludere le Maldive dal nostro viaggio, abbiamo optato per allungare il soggiorno in India, quindi in totale avevamo a disposizione 25 giorni.

A questo punto abbiamo proposto il nostro itinerario e gli hotel da noi scelti (conosciuti tramite racconti di altri viaggi o trovati in rete) a Varsha che ha pensato a tutto.

Le uniche cose che abbiamo fatto in Italia sono stati i biglietti aerei, i visti ed il passaporto.

Tra le varie opzioni più economiche per raggiungere l’ India potevamo scegliere fra Swiss Air, Alitalia (con volo diretto), Luft Hansa, British Airways, Emirates e Air France.

Noi abbiamo scelto di viaggiare con Air France perché aveva disponibili le date di partenza e ritorno che ci interessavano.

Abbiamo volato da Milano Malpensa a Paris Charles de Gaulle e da Paris a New Delhi e viceversa.

Sinceramente ci sentiamo di sconsigliare questa compagnia aerea.

Subito in partenza abbiamo dovuto pagare una somma improponibile per una eccedenza di bagaglio di 8 Kg. E hanno questionato anche sul peso del bagaglio a mano anche se rientrava perfetametne nei limiti indicati sulla carta di imbarco.

Molte altre compagnie sono molto più flessibile sul peso del bagaglio.

A bordo poi i posti erano piccolissimi e i gavoni sopra i sedili insufficienti a contenere i bagagli a mano di tutti i passeggeri.

Le toilette non venivano pulite e quindi immaginatevi le condizioni durante le 8 ore volo e i circa 400 passeggeri. Altri problemi poi per il volo di rientro. Memori del problema avuto alla partenza, il giorno prima del rientro, in albergo avevamo fatto pesare le valigie e così avevamo scoperto di avere ancora 5 kg in più. A questo punto abbiamo fatto telefonare in aeroporto per sapere se avremmo avuto problemi. Da Air France avevano risposto che non ci sarebbero stati problemi e che avrebbero tranquillamente imbarcato le nostre valigie. Invece così non è stato. Al check-in la ragazza ci ha fatto quasi una sceneggiata per l’eccedenza di peso e neanche le nostre spiegazioni e suppliche sono andate a buon fine.

Però, piuttosto che regalare ancora soldi alla compagnia aerea, abbiamo tolto roba dalle valigie ed infilato oggetti e vestiti nelle tasche dei pantaloni, sotto le magliette, nelle maniche della giacca invernale che indossavamo per il rientro in Italia e così via, fino a che siamo arrivati ad un peso corretto. Una cosa assurda.

Vi diamo quindi un consiglio: portatevi solo lo stretto necessario. In India troverete tutto quello che vi serve: dallo spillo all’ elefante.

Forse l’ unica cosa non troverete è la carta igienica “formato normale”. Quindi vi consigliamo di portarvene qualche rotolo da casa.

Spesso nei piccoli villaggi il sistema fognario è all’aperto e quasi nessuno nelle abitazioni ha la stanza da bagno con il water. Vi capiterà spessissimo di vedere persone che fanno i loro bisogni dall’ ingresso di casa direttamente nella fogna che vi scorre davanti. Gli indiani non usano pulirsi come facciamo noi, quindi la carta igienica è poco utilizzata. Anche negli hotel, nonostante si siano adeguati ad uno standard internazionale, vi sono in dotazione dei rotoli di carta igienica veramente ridicoli, composti solo da una decina di strappi. Un giorno che sono stata male, ho chiesto alla reception 5 rotoli di carta igienica (meno di uno dei nostri rotoli) e mi hanno presa in giro.

Un altro problema del Rajasthan è la mancanza di acqua. Quindi lo sciacquone non ha una pressione necessaria e spesso bisogna utilizzare i secchi che sono disseminati ovunque nei bagni. Infatti nelle toilette degli alberghi vi sono sempre molti secchi per raccogliere l’ acqua e diversi rubinetti, non solo quello del lavandino. Inizialmente mi chiedevo il perché della presenza di tutti quei secchi, dopo pochi giorni non avevo più dubbi sulla loro utilità.

Purtroppo il sistema fognario delle città è spesso insufficiente e inadatto a servire una popolazione così numerosa. In quasi tutte le città le fogne sono a cielo aperto ed emanano cattivi odori. Mi domando come le popolazioni del luogo sembrino essere immuni sia al cattivo odore che alle infezioni che conseguono da questi scarichi all’aperto.

Come abbiamo fatto noi, consigliamo a tutti di recarsi presso la propria ASL di competenza per avere consigli in merito alle vaccinazioni da effettuare prima di recarsi in India.

A parte la classica antitetanica, è consigliabile vaccinarsi anche contro: – epatite A – epatite B – colera – tifo – difterite – meningite (vi sono dei focolai a New Delhi) Ovviamente bisogna portarsi anche una nutrita farmacia da viaggio: tachipirina, antibiotico generico, termometro, aspirina, aulin, antibiotico intestinale, amuchina, cerotti, digestivo, crema per contusioni/ematomi, crema contro pruriti e punture di insetti, disinfettante e tanti fermenti lattici (grazie ai quali non abbiamo avuto il minimo disturbo). Visto la scarsità d’acqua, per lavarsi le mani all’occasione consigliamo anche Amuchina Gel.

Consigliata è anche la profilassi antimalarica (Paludrine+Clorochina).

Io ho tanto insistito per farla, contro il volere di mio marito, che anche questa volta ha avuto ragione. La cura mi ha fatto stare male e un po’ mi ha rovinato il viaggio, tanto che ho dovuto interrompere prima del rientro.

Noi siamo stati in India tra Gennaio e Febbraio e di zanzare neanche l’ombra. Infatti questo è il periodo più secco e il clima è decisamente mite durante il giorno e fresco la sera. Quindi condizioni non ideali per le zanzare.

Suggeriamo quindi di non fare la profilassi, ma solo di portarsi appresso le medicine per un eventuale bisogno. Al massimo procuratevi dei prodotti per la pelle e per gli indumenti a base di permetrina, unico insetticida in grado di tenere a distanza le zanzare portatrici della malattia. Noi abbiamo trovato una unica farmacia in tutta la provincia di Lecco che producesse repellenti a base di permetrina nelle concentrazioni richieste (anche queste info vengono fornite presso le ASL), quindi se qualcuno ne avesse bisogno e non riuscisse a trovare dei prodotti adatti può mettersi in contatto con noi in modo da organizzare una spedizione.

Come si può leggere ovunque, il periodo migliore per vistare l’ India è proprio quello che va da Novembre a Febbraio. In questi mesi non vi sono piogge e il clima è favorevole.

Noi abbiamo visto soltanto delle belle giornate di sole e le temperature si aggiravano intorno ai 23–25 gradi. Di giorno si stava tranquillamente in maniche corte e la sera, al massimo, era necessario qualcosa a maniche lunghe come un golfino o un pile leggero. Ma nulla di più.

Era divertente vedere come noi eravamo in maniche corte anche la mattina presto, mentre gli indiani, balbettanti dal freddo, indossavano logori copricapi di lana e pesanti e polverose coperte per proteggersi dal freddo. Effettivamente per loro quel periodo corrispondeva all’inverno. Avessimo noi un inverno così mite … Assolutamente da infilare in valigia dei jeans e delle scarpe da trekking. Raffinati abiti da sera o capi ricercati non sono assolutamente necessari. Nessuno in India vi guarderà mai per come siete vestiti. E poi, secondo noi, sfoggiare abiti da sera e scomode scarpe col tacco sarebbe veramente un controsenso se paragonato alla povertà della popolazione, che ha sicuramente di meglio a cui pensare piuttosto che ad un abito o ad un paio di scarpe.

State tranquilli, nei ristoranti vi sarà ugualmente servito da mangiare anche se non siete in abito firmato. E poi in India potrete trovare di tutto, anche per una serata particolare.

Nonostante fossimo partiti con un altro paio di scarpe “più belle” in valigia, noi abbiamo utilizzato per tutto il viaggio un unico paio di scarpe da scarpe trekking che indossavamo sia durante il giorno che alla sera. Mai avuto un mal di piedi e mai avuto la sensazione che qualcuno ci guardasse storto perché avevamo scarpe impolverate.

Come anticipato, anche se avremmo potuto decidere di girare l’ India con i mezzi di trasporto pubblici quali autobus e treni, abbiamo però optato per una soluzione un po’ più comoda e rapida, vista la situazione delle strade indiane. Infatti abbiamo deciso di viaggiare in auto con autista. Anche se sembra una cosa da spocchiosi, questo è il sistema migliore e maggiormente utilizzato sia dai turisti indiani (e ne troverete tantissimi in giro) che dai turisti stranieri .

Questo per vari e semplici motivi: le strade indiane sono spesso in pessime condizioni, le indicazioni scarseggiano, i mezzi di trasporto comuni non sono quasi mai puntuali e sono sempre super affollati, se ci si ferma a chiedere indicazioni è facile che due persone vicine indichino direzioni opposte (e in questi casi è bene avere un autista che parli hindi), il modo di guidare degli indiani è completamente senza regole, e poi per un’altra infinita serie di motivi.

Vi accorgerete subito del traffico caotico e congestionato. Ma soprattutto capirete che molta gente, probabilmente, guida senza mai avere conseguito una patente. Comunque chi è in grado di guidare nel traffico delle città indiane può guidare praticamente ovunque.

Per le strade si trovano carretti trainati da persone, rickshaw, ciclo-rickshaw, biciclette cariche di ogni sorta di merce, camion con carichi debordanti, tuc-tuc, vacche, cammelli, elefanti, pedoni ovunque, biciclette dappertutto, moto cariche (anche fino a 5 persone) di famigliole che ti superano da ogni angolo e che si infilano in 5 cm si spazio.

E tutto questo senza una regola. Bisogno solo essere molto bravi a suonare il clacson durante il giorno e ad abbagliare durante la notte. E’ stato divertente arrivare di notte a New Delhi, e vedere le seguenti scritte sui vecchi camion che affollano le strade a qualunque ora: “USE DIPPER AT NIGHT” oppure “PLEASE BLOW HORN”. Sono le scritte stesse che incitano ad usare gli abbaglianti o a suonare il clacson. E’ pazzesco.

Mettersi nelle mani di un abile autista, che conosce le strade e che ti toglie dai guai al momento opportuno è quindi la cosa migliore da fare.

Il nostro autista, Mr. Balbir, è stato per noi non solo un abilissimo autista, ma anche un amico ed un angelo custode. Persona molto seria, sempre puntuale, gentilissimo, si può dire che sia stata una delle migliori persone che abbiamo mai incontrato.

Possiamo anche dire che in 3 o 4 occasioni ci abbia salvato la vita. E in più di 1000 occasioni si è preso qualche insulto semplicemente perché si fermava ai semafori rossi e agli stop.

Spesso avremmo voluto frenare noi, anche se con un freno inesistente, quando, per esempio, vedevamo sopraggiungere in contromano due camion in sorpasso. Sì, esattamente due camion: il primo viaggiava nelle sua corsia, un secondo cominciava il sorpasso ad una velocità poco superiore a quella del primo e, dal fondo, si vedeva che un terzo camion stava cercando di superare i primi due.

Balbir sembrava non volesse frenare e nemmeno gli autisti degli stracarichi camion. Alla fine Blabir con una brusca sterzata si buttava fuori dalla carreggiata come se niente fosse e continuava la sua guida impassibile e imperterrito. Noi due, invece, eravamo sempre più pallidi. Tanto per dire, all’ ingresso della città di Jaipur abbiamo assistito ad una scena per noi allucinante.

Tamponamento. Il tamponato scende dalla macchina e si piazza davanti al cofano del tamponatore. Il tamponatore non accenna a fermarsi e continua per la sua strada quasi passando sopra al tamponato, che nel frattempo si era sdraiato sul cofano. Interviene quindi un poliziotto intimando l’ alt. Nel frattempo tutto intorno un traffico allucinante. Il tamponatore con un’ abile manovra dribbla il poliziotto e altre 20/30 macchine e si infila in contromano in una strada secondaria passando con il semaforo rosso. Sicuramente chi ha causato l’ incidente non aveva l’assicurazione. Noi siamo rimasti scioccati ma visto che nessuno si era fatto male ci siamo fatti anche una grassa risata.

Per fortuna in India sono poche le macchine di grossa cilindrata o di grosso ingombro.

Si tratta per lo più di piccole utilitarie (come la nostra Hyundai Atos – che in India si chiama Santro). Con questo traffico e con questo tipo di guida sorprende che le macchine siano raramente ammaccate. Io personalmente sostengo che bisogna essere dei maghi per riuscire a guidare in quelle condizioni. Soprattutto visto che vige la legge del più grosso. Unica nota positiva della guida degli indiani: è il rispetto alla lettera dei limiti di velocità, per fortuna. Se così non fosse chissà quanti incidenti gravi che accadrebbero.

Il secondo giorno a New Delhi abbiamo visto una ragazza alla guida di una Santro. Mano fissa sul clacson. Sul lunotto posteriore c’era un adesivo che recava la seguente scritta “FIRST GOD, THAN SCHUMI”. Davvero esilarante.

Comunque Mr. Balbir ha cercato di limitare l’utilizzo del clacson, proprio perché l’abuso continuo è estremamente scocciante e snervante per noi che non ne siamo abituati. E soprattutto perché viste le distanze da percorrere giornalmente la cosa sarebbe stata insostenibile. Si trattava, infatti, di percorrere dalle 3 alle 7 ore di macchina al giorno. E questo non tanto per le distanze chilometriche, ma quanto per le condizioni delle strade.

Per esempio per trasferirci da New Delhi a Mandawa ci abbiamo impiegato quasi 9 ore, nonostante una gran parte del percorso fosse autostrada.

Attenzione: le autostrade Rajasthane sono paragonabili alle nostre provinciali/tangenziali. Passano in mezzo a villaggi e spesso vi capiterà di vedere cartelli che indicano la possibilità di attraversamenti pedonali. Noi non ci credevamo fino a che non abbiamo visto con i nostri occhi diverse persone attraversare. E soprattutto abbiamo anche incontrato in molto e molti casi automezzi provenire in contromano.

Se queste sono le autostrade immaginatevi come possono essere le strade nelle città o, peggio, nei villaggi. Spesso non asfaltate, piene di buche, strette e superaffollate.

Se decidete comunque di attraversare l’ India in macchina consigliamo vivamente di richiedere esplicitamente di Mr. Balbir.

Mr. Balbir non è alle dirette dipendenze della COMPASS INDIA ma, come la maggior parte degli autisti, lavora per una agenzie di autonoleggio privata e autorizzata dal governo.

Se siete interessati, potete direttamente rivolgervi alla sua agenzia: KUNDEL TOURIST TRANSPORT SERVICE – SHOP NO.5 – MINI MARKET – NANAK PURA – 110021 NEW DELHI – TEL. 009810332627. A questo numero risponderà il Sig. Pardumen Singh, il capo di Balbir.

Vi consigliamo inoltre di evitare automobili come le Ambassador. Sono molto particolari e sono un po’ il simbolo dell’ India, ma sono anche di uno scomodo pazzesco. Noi abbiamo viaggiato con una TATA INDIGO che si è rivelata una macchina comoda e versatile nonostante le dimensioni ridotte, adatta alle strade indiane e con un buon bagagliaio. Per due persone è davvero eccezionale, per gruppi più numerosi, invece, è consigliabile noleggiare delle Jeep.

Se poi il vostro autista sarà bravo come Balbir la macchina sarà tirata a lustro tutti i giorni. Infatti ogni mattina Balbir si presentava presso il nostro Hotel e la macchina era sempre super pulita. Solo una parola può descrivere la persona di Balbir: eccezionale (e non solo per la pulizia della macchina).

Una costante in India, oltre allo strombazzare dei clacson, è l’ estrema povertà in cui versa la maggior parte della popolazione. Una persona non ci crede fino a che non lo vede con i propri occhi. Le persone vivono in mezzo alla strada, sotto teli di plastica come tetto. Famiglie intere ai margini. Bambini nudi, scarni e sporchi ovunque. Persone malformate, disabili e ammalate “assalgono” i turisti in cerca di qualche rupia. Spesso si appiccicano ai finestrini della macchina e non ti mollano più fino a che il semaforo diventa verde. Tanti hanno anche tentato di aprirci le portiere. Mai nessuno però ha tentato di rubarci qualcosa o di farci del male. Al massimo chiedono dei soldi o delle caramelle o delle penne. Però è la loro insistenza che rende insopportabile la cosa. Purtroppo è brutto da ammettere, ma dopo i primi giorni, in cui queste scene ti toccano davvero profondamente, è come se si sviluppasse una sorta di immunizzazione e tutto questo non è più sconvolgente. Quasi si riesce a rimanere indifferenti di fronte a queste situazioni, è come se non si vedessero più.

Però per non stare male è necessario imparare a convivere con queste brutali realtà.

Spesso sia le guide che gli autisti invitano a non dare nulla, altrimenti si favorisce l’accattonaggio e le persone tendono a non volersi più trovare un lavoro migliore. Ci è stato spiegato che le persone più povere che si trovano nelle città sono normalmente i contadini che dalle campagne si riversano nelle grandi città in cerca di fortuna ma, come spesso accade, si riducono a chiedere l’elemosina e a vivere in condizioni di estrema povertà.

Lungo tutte le strade troverete di ogni: barbieri improvvisati, brande (nel migliore dei casi) con persone appollaiate sopra a dormire o a poltrire, persone che vivono in mezzo agli spartitraffico, bancarelle di frutta e verdura, bancarelle di dolciumi e cibarie varie, fogne, mucche, cani randagi magrissimi e spesso malmenati per nulla, persone appollaiate sulle ginocchia in attesa di chissà cosa, persone che fanno i loro bisogni, postazioni telefoniche ricavate dalla lamiera, bambini che vanno a scuola nelle loro belle divise colorate, escrementi umani e non, maiali, cani, mucche, capre, scimmie, dromedari, donne con carichi enormi sulla testa, panni stesi ad asciugare sui guard rail o per terra, e molte altre cose, ma soprattutto tanta tanta sporcizia disseminata un po’ ovunque.

Descritta così l’ India non è affatto invitante, ma non dovete lasciarvi intimorire. Questa è l’ India ed è così da sempre e sempre sarà così. Hanno una concezione di vita completamente differente dalla nostra. Un senso del lavoro totalmente diverso dal nostro. Sembra quasi che non abbiano voglia di lavorare. Si muovo con flemma, dicono sempre che c’è tempo a sufficienza per fare tutto senza doversi particolarmente dannare. La parola d’ordine è “shanti”, che significa calma.Il tempo e la vita scorrono loro addosso quasi senza lasciare un segno, non si preoccupano mai del domani. Si svegliano la mattina e l’unica preoccupazione sembra quella di arrivare a fine giornata senza avere un programma speciale e senza fare troppa fatica: si prende quello che arriva senza prendersela troppo. Per me è una cosa insopportabile. Tutta questa calma e flemma mi hanno irritata particolarmente. Crediamo che questa indolenza sia anche giustificata dalla loro religione e filosofia di vita, che crede nella reincarnazione e nel karma. Per gli indiani l’importante è il karma, cioè le azioni che si compiono. Se si compiono buone azioni allora si avrà una vita futura migliore, se si compiono cattive azioni nella vita futura si apparterrà ad una casta inferiore e quindi meno meritevole. Il problema è che spesso le persone latitano in una situazione di dolce far niente in modo da evitare da compiere qualsiasi tipo di azione, così da non commettere nulla di male ma anche nulla di buono.

Abbiamo visto infinità di persone ai bordi delle strade appollaiate sulle ginocchia a fianco di covoni di immondizia di ogni genere, però piuttosto che pulire se ne stavano lì a guardare la gente che passava per strada. Perché dovrebbero pulire e fare fatica? Magari in una vita futura apparterranno ad una casta superiore e quindi la loro vita sarà migliore di quella attuale, e quindi potrebbe esserci qualcun altro che dovrà preoccuparsi dei cumuli di sporcizia. Ma questo è un circolo vizioso e conseguentemente tutti se ne fregano.

Anche la morte per gli indiani è vissuta in maniera completamente diversa. Non è una fine, ma l’inizio di una nuova vita. A Varanasi, per esempio, vita e morte convivono con una naturalezza che è spiazzante. Mentre i corpi bruciano sulle rive del Gange, bambini chiassosi con i loro aquiloni corrono in mezzo ad essi. Cani randagi si contendono i resti di una cremazione e le persone dall’ alto dei Ghat o dai barconi sul fiume assistono affascinati a tutto questo.

La morte non fa paura. Non vi sono scene isteriche. E’ naturale provare dolore per la scomparsa di una persona cara, ma il credere nel ciclo delle reincarnazioni rende la separazione più sopportabile. Questo aspetto della loro religione è ammirevole.

Per descrivere le emozioni che si provano in una città come Varansi servirebbero le pagine di un libro intero. La vita che scorre al ritmo del Gange, le abluzioni, le preghiere, i riti di purificazione, la puja, sono immagini indescrivibili. Bisogna vedere per capire. Possiamo garantire che andare a vedere i corpi che bruciano non è per niente una cosa macabra, anzi, è una cosa assolutamente affascinante. Potere assistere ai rituali funebri indiani è stata una delle esperienze più significative di questo viaggio.

Le salme arrivano a Varanasi nei modi più disparati. Noi abbiamo visto diverse autovetture con il corpo esanime legato sopra il tetto e trattenuto con delle corde. E queste auto viaggiavano per le strade cittadine senza alcun problema, mischiate al traffico sempre caotico come se fosse la cosa più normale del mondo. Cosa che farebbe rabbrividire i nostri uffici di igiene.

Arrivate al Gange, poi, vengono trasportate sulla riva a bordo di una lettiga costruita con dei bambù. La famiglia si occupa dell’acquisto della legna necessaria per cremazione: circa 300 Kg di legno di sandalo.

Chi non si può permettere di acquistare tutta la legna necessaria rischia di vedere il corpo del caro defunto ½ carbonizzato e ½ no. Il problema è che poi il tutto finisce ugualmente nelle acque del Gange, dove spesso si vedono resti di corpi che galleggiano.

Se la salma è avvolta in un telo arancione è un uomo, se il telo è rosso si tratta di una donna. Per l’ultima volta la salma viene immersa nelle acque del Gange e poi viene cosparsa di olii, profumi e burro naturali. Nessun odore verrà emanato durante la cremazione. Nel frattempo il figlio maggiore si rade i capelli e indossa un abito bianco, si bagna nel fiume sacro e compie tre giri intorno alla salma, dopodichè attizza il fuoco partendo dalla bocca.

Un corpo per bruciare impiega circa 3 ore e durante tutto quel tempo la famiglia sta accanto alla pira ardente.Al termine il figlio maggiore getta i resti nelle placide acque del fiume.

La scena più raccapricciante alla quale abbiamo assistito è stata vedere prendere a bastonate un corpo (quasi del tutto cremato) affinché anche il cranio e la cassa toracica si frantumassero in piccole schegge. A dare le istruzioni e ad assistere alle cremazioni sono una serie di persone della casta degli intoccabile che di mestiere fanno quello che da noi si direbbe il “becchino”. Una di esse ci ha avvicinati e ci ha spiegato con dovizia di dettagli tutto il rito funebre.

Ci ha anche detto che esistono delle categorie di persone che non possono essere cremate: i bambini, le donne incinte, le persone morte per morso di serpente, le persone affette da lebbra e le persone affetta da vaiolo. Queste categorie di persone vengono legate ad un masso e lasciate cadere nel fiume da una barca. Da tenere presente è che la profondità massima del Gange è di 3 metri. A noi, per esempio, è capitato di vedere un cranio e un busto galleggiare sulle acque mentre stavamo facendo un giro serale in barca.

Nonostante il Gange abbia raggiunto dei livelli di inquinamento realmente preoccupanti, la gente sembra non curarsene. Vengono al fiume a bere, a lavarsi, a lavare i panni, a raccogliere acqua per cucinare, a lavarsi i denti e chi più ne ha più ne metta. Il tutto a distanza di pochi metri dai famosi Burning Ghats. La nostra guida a Varanasi chi ha spiegato che il Gange ha una grande proprietà, cioè quelle di purificarsi nell’arco delle 24 ore cosicché l’acqua non è mai inquinata, ma sempre fresca e buona per ogni utilizzo. Sinceramente noi non siamo molto sicuri di questa teoria, però contenti loro contenti tutti.

L’ ultima mattinata trascorsa a Varanasi abbiamo preso un barcone che ci avrebbe portati dal Main Ghat al nostro Hotel sull’ Assi Ghat per solo 50 RPS, equivalenti cioè a poco meno di 1€. Il barcaiolo non più in giovane età remava strenuamente contro corrente mentre ci raccontava di tutte le sventure della sua famiglia. Ci siamo sentiti tanto in colpa per la fatica che gli stavamo facendo fare che siamo “sbarcati” prima della meta prevista e gli abbiamo dato 100 RPS. Per noi 100 RPS non sono niente, ma per gli indiani sono tantissimo.

Spesso le persone inventano storie per impietosire il turista (e ci riescono benissimo), spesso non ti raccontano storie e non ti chiedono niente di più di quello pattuito, ma sempre ti viene voglia di lasciare qualcosa di più proprio perché ti rendi conto che per loro anche 10 RPS possono fare la differenza.

Comunque è sbagliato lasciare mance troppo abbondanti. Sia le guide che le agenzie turistiche sconsigliano questa pratica. Una buona e corretta mancia si aggira normalmente intorno al 10% del valore totale della prestazione. Inoltre il dare mance abbondanti non insegna certo agli indiani a cercare di migliorare la loro situazione sforzandosi di più.

A Bikaner, per esempio, ci siamo fatti intenerire da un cameriere di circa 25/26 anni che viene dal Nepal e che lavora in India per mantenere sé stesso e la sua famiglia. Ci raccontava della sua vita e del fatto che stava cercando di risparmiare qualcosa per potere tornare a casa.

Cosicché dopo il pranzo gli abbiamo lasciato una mancia di 100 RPS. Non l’avessimo mai fatto: da quel momento ci è rimasto appiccato come una mosca e non riuscivamo più a togliercelo di torno. Ogni volta che lo incrociavamo faceva una specie di inchino e sembrava aspettasse ancora una mancia.

Anche la sera, dopo un giornata intera passata a girare per la città, avremmo voluto farci una doccia ma appena il ragazzo ci ha visti rientrare ci è corso incontro dicendo che ci aveva riservato un tavolo al ristorante e ha talmente insistito che non abbiamo potuto neanche entrare in camera a sistemarci, ma per forza di cose siamo dovuti andare subito a mangiare.

E durante tutta la cena ci ha fatto il palo e non ci ha mollati un attimo. Dopo quella esperienza abbiamo sempre cercato di dare mance più contenute per evitare altre situazioni del genere.

E’ usuale lasciare mance anche alle guide ed agli autisti, anche se il loro compenso è già compreso nel costo del tour che è stato organizzato.

La mancia deve però essere proporzionata al servizio fornito. Se la guida è stata esauriente, gentile, simpatica e ha mostrato tutto quello a cui si è interessati, allora la mancia corretta da lasciare è di circa 200/250 RPS. Se la visita guidata non è stata soddisfacente, invece, la mancia corretta potrebbe essere nulla oppure di 100 max. 150 rps. Insistete sempre con le guide affinché vi portino a visitare tutto quello che c’è e tutto quello che volete. Molte sono furbine e nel giro 2/3 ore fanno fare un giro mordi e fuggi che lascia solo l’amaro in bocca.

Molte guide hanno accettato le nostre mance di buon grado, altre invece (comportandosi più correttamente) non hanno accettato i nostri soldi in quanto spiegavano di ricevere già il loro compenso dalla COMPASS. Altre invece hanno spiegato che dagli amici non potevano accettare soldi. Attenzione alle fregature. Capita spesso che sia le guide che gli autisti si mettano d’accordo con negozianti e albergatori per fregare il turista. Evitate quindi di farvi portare per negozi di presunti amici o parenti. Nel 99% dei casi non si tratta né di parenti né di amici, ma solo di compagni d’affari. Andate solo negli empori statali dove i prezzi sono sicuramente corretti. Evitate che guida o autista vadano a parlare per vostro conto alle reception degli hotel. Spesso queste sono tutte strategie per fare la cresta e spartirsi la torta. Per questo motivo capita che negli hotel più di lusso né autisti né guide possano entrare.

Si usa anche dare una mancia all’ autista, e il nostro Balbir la meritava davvero tanto. In totale gli abbiamo dato € 250 suddivisi in te momenti: all’ inizio del viaggio, alla metà, alla fine. Balbir non voleva assolutamente accettare i nostri soldi, anche se li meritava più di chiunque altro, quindi noi insistevamo affinché lui li prendesse, minacciandolo che ci saremmo offesi. Solo a quel punto lui prendeva i soldi. Gli autisti fanno una vita davvero sacrificata. Per la maggior parte dell’anno stanno lontani dalle loro famiglie per portare in giro i turisti e soddisfare ogni loro capriccio. Come finisce un tour se ne comincia subito un altro e così via per mesi interi.

Inoltre l’autista deve sottostare al volere delle persone che trasporta, quindi deve essere sempre disponibile e sempre reperibile.

Gli autisti non alloggiano mai negli alberghi prescelti dal turista, ma normalmente vengono sistemati in guest houses dagli standard indiani. Non è loro concesso di mangiare con le persone che accompagnano e mentre si visitano i monumenti devono restare in macchina ad aspettare anche per ore. Crediamo quindi sia giusto dimostrare loro un minimo di riconoscenza.

In generale, però, l’indiano tende a vedere il turista come una persona ricca, quindi come un pollo da spennare. Non fermatevi mai alla prima richiesta di soldi che vi viene fatta. La parola d’ordine è CONTRATTARE.

Non fatevi fregare dalle guide o dagli autisti che a fine serata vi vogliono portare in un emporio gestito da cooperative che provvedono al sostentamento della famiglie povere. Cercate di comprare solo negli empori statali.

A volte capita che degli articoli partono da un prezzo di circa 350 €, per poi arrivare a € 150.

A Jaisalmer siamo stati accompagnati in una di queste famose cooperative dove si vendevano splendide sciarpe e splendidi copriletto. A noi piaceva un copriletto che, a detta del venditore, era stato confezionato a mano da una famiglia di zingari utilizzando pregiati ritagli di antichi Shari. Il prezzo iniziale richiesto era, appunto, di 350 € e quindi non abbiamo comprato. Il giorno successivo siamo tornati nella stessa cooperativa e il venditore, inscenando una telefonata al suo capo, ha detto che poteva darci il copriletto per € 150. Visto un così repentino ed importante sconto abbiamo dubitato anche della buona fattura del pezzo, così non abbiamo acquistato nulla. Con grande malcontento da parte del venditore. Tutti ti dicono che non sei obbligato a comprare e che devi solo guardare, però quando non si fanno acquisti l’espressione cambia radicalmente. Se si è capaci di contrattare a lungo si riescono a fare dei buoni affari, perché in India di roba bella da comprare ce n’è una infinità: pietre preziose, argento, tessuti, pashmine, copriletto, borse, ciabatte, articoli in pelle di cammello, quaderni fatti a mano con splendide copertine, dipinti, oggetti in marmo, spezie, colori naturali e molto altro ancora.

Insomma tutti hanno la possibilità di trovare un oggetto particolare a ricordo del viaggio.

Però state sempre attenti alle fregature: gli indiani sono bravissimi a raggirare le persone.

Oltre ai tanti souvenir, in India si trovano anche tantissimi forti, templi, Haveli e palazzi dei Maharaja. In Rajasthan le attrazioni più numerose sono proprio queste, tanto che dopo averne visti a decine non se ne può più. Però sono delle costruzioni meravigliose. I fasti dei palazzi dei Maharaja sono da mozzare il fiato. I templi sono finemente decorati e all’interno vi si respira una stranissima aria mistica. Il tempio di Ranakpur è una meraviglia, dovrebbe comparire nell’elenco dei monumenti candidati a diventare una delle 7 meraviglie del mondo moderno.

Il forte di Jodphur è conservato in splendido stato e dalla sua sommità si ha una vista mozzafiato della città blue.

Il Jaisalmer Fort, poi, è la più antica città fortificata ancora abitata.

Il palazzo del Maharajà a Udaipur è uno spettacolo, le sue decorazioni sono forse le più ricche. Bikaner poi ospita all’interno del Junagadh Fort una raccolta di armi seconda solo a quella di Buckingham Palace. E la stanza delle nuvole? Una storia così tenera da far commuovere e poi la guida si mette a ridere e ti dice che è tutto uno scherzo. Davvero divertente.

Lo spettacolo unico del Karni Mata Temple è imperdibile. Il tempio dei topi è unico nel suo genere. 20.000 topi abitano al suo interno e non escono mai dal portone principale che è sempre aperto. Abbiamo visto una madre sgridare il suo bambino perché ha dato un calcio ad un ratto che gli era salito su un piedino. Pazzesco. E poi la maestosità e la bellezza indescrivibili del Taj Mahal. Ragazzi che pelle d’oca quando lo abbiamo visto. La sua bellezza e purezza tolgono il fiato. E’ incredibile quante persone abbiano lavorato alla sua costruzione. I dipinti delle Haveli di Mandawa, l’ Amber Fort, Old Delhi e la Jama Mashid sono attrazioni imperdibili. E poi durante la visita del Jantar Mantar, l’ osservatorio astronomico di Jaipur, bisogna assolutamente farsi dare i “numeri fortunati” che si ottengono dalla consultazione delle date di nascita e la consultazione degli strani strumenti “astrologici”. Si dice che siano strumenti astronomici, ma per noi sono solo strumenti per la determinazione dell’oroscopo e per valutare la compatibilità di coppia.

Bisogna sapere infatti che in India i matrimoni vengono ancora combinati e che spesso vengono determinati dalle date di nascita degli sposi. Se astrologicamente c’è qualcosa che non va allora il matrimonio non si farà.

Assistere ad una cerimonia di matrimonio è davvero divertente. La gente impazzisce.

I festeggiamenti durano 3 giorni e sono di uno sfarzo inimmaginabile. A dire la verità anche di poco gusto, ma questa è la loro tradizione. Lo sposo raggiunge la casa della sposa in sella ad un cavallo bianco e gli invitati, quasi tutta la città, si stringono in un cordone intorno a lui. Musica ad altissimo volume, balli scatenati, fuochi artificiali, urla, petardi, luci, una baraonda incredibile. E poi l’unione davanti al fuoco.

La sposa è sempre vestita di rosso e dopo il matrimonio deve indossare una infinità di gioielli proprio a testimoniare la sua nuova condizione. E infine l’ invocazione della benedizione degli dei per la nuova coppia. Lo sposo entra per primo nel tempio seguito dalla moglie che, col suo bellissimo abito rosso, è legata al marito da un nastro. E poi tutti a casa dello sposo dove andranno ad abitare.

Molte persone, dopo avere scoperto che eravamo in viaggio di nozze, ci hanno chiesto se il nostro era un matrimonio combinato. Non potete immaginare le loro facce quando spiegavamo che ci eravamo sposati per amore. Per loro è anche sconvolgente sapere che prima del matrimonio ci siamo frequentati regolarmente per 6 anni e che abbiamo trascorso le nostre vacanze insieme. In ogni caso le loro domande, la loro curiosità e le loro espressioni non sono mai state villane, si è sempre trattato solo di momenti di scambio di opinioni su culture differenti. La nostra guida di Varanasi, per esempio, ci ha detto che i matrimoni combinati durano di più di quelli contratti per amore, esprimendo in questo modo tutto il suo attaccamento alle tradizioni. Comunque non è un caso che noi abbiamo assistito a molti matrimoni, infatti i mesi invernali sono i più propizi per contrarre matrimonio. Chi si sposa in questi mesi, infatti, avrà molta fortuna.

Bisogna però precisare un cosa: in India tutto porta fortuna e tutto è sacro.

Per esempio a Karni Mata Temple abbiamo visto un topo bianco e la guida subito ci ha detto che saremmo stati molto fortunati. Dopodichè a Jaisalmer io ho schiacciato una cacca di mucca sacra e la guida mi ha subito detto che sarei stata molto fortunata. Del resto anche da noi schiacciare una cacca porta fortuna. Speriamo di averne molta viste le dimensioni di quella di una mucca. Poi casualmente a Jaipur la nostra guida ha scoperto che io sono più grande di un anno di mio marito e anche questo è simbolo di fortuna. E poi, per concludere, ci siamo sposati in gennaio, quindi ancora più fortuna. Ci auguriamo proprio che abbiano ragione.

Anche un sacco di cose o animali sono sacri in India: prima di tutto le vacche, che vengono puntualmente sfamate ogni sera dagli abitanti. Piuttosto si privano loro di qualcosa ma le vacche devono mangiare. Nonostante ciò restano comunque di una magrezza spaventosa tanto che gli si contano tutte le costole. Poi vi sono i pavoni, poi i topi, poi il Gange, poi le scimmie, poi il legno di sandalo, poi i piccioni, e poi e poi e poi.

Tutto è sacro tranne l’amore. Purtroppo, come già anticipato, i matrimoni indiani sono ancora combinati. Per loro è inconcepibile un matrimonio fondato sull’amore. I due sposi si incontrano 1 o massimo 2 volte prima di legarsi l’uno all’altra per tutta la vita. E la donna non ha diritto né di lavorare nè eventualmente di ribellarsi alla volontà della famiglia o del marito. Nonostante ciò, però, le donne indiane sembrano serene. Accettano senza problemi i dettami di una tradizione millenaria. Purtroppo questa situazione è favorita dal fatto che la società sia suddivisa ancora in caste, e che un appartenente ad una casta non può fare altro che sposarsi con un altro membro della stessa. Nonostante il governo stia facendo di tutto per sradicare questa mentalità, il popolo indiano non accetta di buon grado questi tentativi. L’appartenenza ad una o all’altra casta sono motivo di orgoglio per le persone che ne fanno parte. La maggior parte delle nostre guide, per esempio, era della casta dei guerrieri o Rajput, contraddistinta dall’ orecchino con pietra rossa portato al naso. Poi a Jaisalmer ci è capitata una guida molto giovane appartenente alla prima casta, quella dei brahamini. Ogni volta che incontrava qualche conoscente, questi gli faceva un inchino ed il classico saluto a mani giunte in segno di estremo rispetto. Siamo rimasti a bocca aperta.

Comunque, a parte la 4° ed ultima casta, cioè quella degli intoccabili, le condizioni economiche e culturali delle prime 3 caste sono molto migliorate. Per esempio quasi tutti hanno una laurea ed una casa di proprietà. Grazie al cielo in India lo studio sta assumendo un ruolo sempre più importante.

A qualsiasi ora ed in qualsiasi giorno si vedono bambini e ragazzi che vanno o che tornano da scuola vestiti con le loro belle divise colorate e con i fiocchi nei capelli. Quegli stessi bambini che normalmente girano per strada sporchi e a piedi nudi, acquistano un portamento fiero e una dignità maggiore quando stanno andando a scuola.

Le cartelle malconce, le lavagne sotto al braccio, le scuole mezze diroccate, magari all’aperto e a ridosso di una fogna, fanno riflettere sulla grande voglia di studiare di questi ragazzi. Tra l’ altro tutti si recano a scuola sempre sorridenti e spesso fanno diversi chilometri a piedi o in bicicletta per raggiungerla. Alcuni vanno a scuola anche in tuc-tuc. Su una motoretta dove al massimo ci stanno 3 o 4 persone, riescono a salire fino a 10 bambini che poi, tutti insieme, pagheranno per la corsa. E i nostri che si lamentano per gli zaini pesanti! Purtroppo un altro aspetto negativo degli indiani è la estrema insistenza e a volte invadenza.

Venditori ambulanti ti seguono ovunque e ti propinano ogni sorta di oggetti. Se solo lo sguardo si posa sulla loro merce non si ha più pace. Per allontanarli o devi comprare qualcosa oppure bisogna alzare la voce e scacciarli con un secco no. Sembra brutto ma bisogna fare così. Ti tolgono il fiato e spesso anche la gentilezza. A volte siamo stati realmente sgarbati però, dopo molti giorni passati così, la cosa diventa veramente insopportabile e ti viene voglia di mandare tutti a quel paese. Non si fa in tempo a scendere dalla macchina che subito orde di ragazzini o di adulti ti si appiccicano addosso e non ti mollano più. Si viene attorniati al punto che quasi non si riesce neanche più a camminare. Non sono assolutamente pericoli, però sono realmente fastidiosi. Un consiglio: ignorateli completamente e tirate dritto per la vostra strada, prima o poi si stancano.

Coi bambini, però è diverso. Spesso chiedono penne, caramelle o ti prendono in giro. Anche se sono sporchi, scalzi, nudi, malnutriti, fastidiosi e appiccicosi, il loro sguardo è sempre allegro e hanno degli occhioni grandi che ti conquistano. Hanno dei bellissimi sorrisi e ti verrebbe voglia di adottarli tutti.

A Varanasi siamo stati letteralmente colpiti da una bellissima bambina che ha insistito per venderci due “barchette” per la puja. Ha chiesto solo 10 RPS e noi gliele abbiamo comprate. Era talmente bella che le abbiamo fatto anche qualche ripresa con la nostra telecamera. Tutta contenta ci ha sorriso e si è fatta riprendere senza problemi. Il giorno dopo, camminando per i Ghat, ci ha riconosciuti e ancora una volta ci ha ringraziato e salutato. E’ stato bellissimo. Di quella bambina conserviamo un ricordo dolcissimo.

Ovunque si guarda vi sono una infinità di bambini. Girano spesso da soli senza la supervisione degli adulti anche se sono piccolissimi. Si ritrovano in gruppi e corrono dietro alle macchine dei turisti e salutano allegramente. Li si vede ai bordi della strada che camminano verso chissà quali mete, li si vede in mezzo alle campagne sperdute, li si vede lavorare nelle fabbriche di mattoni, li si vede raccogliere gli escrementi delle mucche e farne forme da lasciare ad essiccare al sole (per poi essere utilizzate come combustibile in inverno), li si vede giocare a cricket, insomma sono dappertutto e spesso in condizioni di estremo degrado. In Rajasthan, poi, i bambini piccoli sono spesso truccati e resi appositamente brutti. Si crede che un bel complimento fatto al bambino porti male, quindi questi vengono pasticciati affinché nessuno faccia loro apprezzamenti. La vita dei bambini indiani non è facile, ma sembra che non se ne accorgano. Sono spensierati e sorridenti. Nei villaggi rurali, poi, il numero dei bambini aumenta esponenzialmente. Probabilmente alla sera non sapendo cosa gli adulti occupano il tempo in modo diverso (a buon intenditore poche parole). Il problema è che poi i bambini devono essere nutriti e curati e questo spesso non accade a causa della povertà in cui versa la famiglia. Purtroppo queste nascite incontrollate sono un problema serio. Speriamo che il governo indiano riesca ad intervenire in qualche modo.

A differenza degli adulti, i bambini si lasciano fotografare senza problemi, anzi sono loro che si mettono in posa e che vogliono essere fotografati. Spesso dopo avere scattalo loro una foto ti chiedono “POLAROID, POLAROID”, però noi non avevamo Polaroid e non potevamo lasciare loro nulla. Al massimo facevamo vedere il risultato sullo schermo della nostra digitale.

Gli adulti, invece, sono diventati furbi e spesso si lasciano fotografare solo dietro compenso. Anche i cosiddetti “santoni” o “baba” ormai si mostrano solo per farsi fotografare e quindi chiedere dei soldi. Le donne spesso non amano essere fotografate e si girano e si coprono il volto, questo anche se non sono musulmane. Prima di scattare è bene chiedere se si può fare la fotografia oppure no. In caso di risposta negativa è meglio non insistere e cercare altrove. Comunque qualcuno che si fa fotografare senza problemi lo si trova sicuramente.

Non abbiamo ben capito il perché, ma gli indiani amano farsi fotografare insieme agli stranieri. Ci è capitato diverse volte di essere fermati per essere immortalati insieme a loro. E’ un mistero che ancora non abbiamo risolto. Non vi è però alcun obbligo, se non si vuole basta dire di no, e noi qualche volta lo abbiamo detto, come del resto fanno anche loro.

A volte fare fotografie o fare delle riprese può anche essere divertente. Molti indiani non hanno mai visto una macchina fotografica o una telecamera, quindi questi oggetti, che per noi sono comuni, suscitano incredibile curiosità. Spesso è capitato che dietro di noi si formassero delle colonne di adulti e bambini che facevano a gara per cercare di dare un’occhiata nel video della telecamera, che era aperto, mentre facevamo le nostre riprese.

Purtroppo molti indiani non hanno mai potuto avere né una macchina fotografica, né una telecamera a causa della loro estrema povertà. Quando si fa fatica a tirare sera certe cose passano in secondo piano e diventano estremamente futili.

Nei villaggi rurali e sperduti chi è riuscito ad avere una fotografia se la tiene stretta e la mostra a tutti con orgoglio, anche se la foto risale a qualche decennio prima. Vicino a Jaisalmer una donna anziana tutta curva si è presentata da noi tutta fiera con una vecchia cornice con il vetro rotto per mostrarci una sua foto di quando era giovane. Quella era l’unica sua fotografia che aveva, e gli era stata scattata da un fotografo di Jaisalmer. Abbiamo promesso che gli avremmo fatto avere anche una copia della fotografia che le avevamo scattato noi.

Abbiamo dei bei ricordi di questo villaggio. Gente povera ma con una grande dignità. Persone estremamente accoglienti e umili. Vivono in capanne spoglie fatte di fango e di sterco, eppure la loro casa ha un calore indescrivibile. Vivono del loro lavoro di agricoltura e pastorizia e raramente si recano in città. Hanno una scuola dove gli insegnanti si recano solo 2 volte alla settimana ed è troppo piccola per accogliere tutti i bambini del villaggio. La vita semplice di queste persone ci ha commosso.Non hanno niente ma hanno tutto. Sicuramente la loro vita è migliore di quella delle persone che vivono nelle città sporche e inquinate.

Ci è anche venuta una stretta al cuore quando, lasciando il villaggio a bordo della nostra auto, tutti i bambini ci sono corsi dietro gridando TATA, che vuol dire ciao.

Ci siamo ripromessi di inviare loro penne, quaderni e colori. Se qualcun altro volesse inviare qualcosa, ecco l’indirizzo: LAXMAN SINGH – AMBTENWAR – VILLAGE LAXMANA – P.O. DEVIKOT FATHEGARH – 345001 JAISALMER (RAJ) – INDIA.

Purtroppo durante il nostro vagare abbiamo avuto molti tempi morti che non sapevamo come occupare. Infatti bisogna sapere che in India tutti i monumenti chiudono intorno alle 16:30/17:00. Questo è un grosso svantaggio, in quanto, spesso capita di arrivare a destinazione (dopo ore di macchina) proprio a pomeriggio inoltrato. Questo fa sì che le guide sconsiglino la visita, che viene rimandata al giorno successivo. Il problema è che durante tutte queste ore non si sa cosa fare. Questa è stata una delle difficoltà maggiori incontrate. Poche città hanno qualcosa da offrire al turista oltre alla attrazione principale. Certamente si può fare un giro, ma sicuramente questo non occuperà tutto il tempo a disposizione, quindi consigliamo vivamente di richiedere stanze che abbiano almeno la TV. Uno va in India e deve ridursi a vedere la televisione? La risposta è sì perché spesso non vi è nulla di meglio da fare. E vi possiamo garantire che le giornate sono interminabili.

Meglio anche portarsi un bel libro e magari delle parole crociate che, in alcuni momenti, potrebbero essere di grande aiuto. Anche mangiare può essere un utile scappatoia alla noia, attenzione però che in India tutto è piccante o molto saporito. A differenza di quanto sentito raccontare, il cibo indiano è davvero buono. Peccato l’utilizzo di soli due tipi di carne: pollo e montone. In ogni caso vi è una infinita varietà di modi per prepararli. La carne del pollo, anche se cotta nel forno “tandoori” assume una colorazione rosso fuoco a causa delle spezie utilizzate. Noi due abbiamo mangiato di tutto senza problemi, però molte persone che abbiamo incontrato lungo il tragitto hanno lamentato una certa sofferenza sia ai sapori che agli eventuali effetti collaterali. Comunque non fate gli schizzinosi e provate di tutto: rimarrete davvero soddisfatti. Sia il montone che il pollo sono squisiti. Ecco alcune semplici informazioni di base: – “tandoori” significa forno, quindi si tratta di carne cotta senza intingoli e senza condimenti e si tratta di grandi parti di carne. Per esempio si parla di ½ pollo cotto al forno. Il pollo tandoori è decisamente ottimo; – “tikka” significa spezzatino, quindi la carne viene servita a piccoli bocconi. Questi possono essere alla piastra “sizzler” o “masala” cioè serviti in un intingolo molto molto piccante. I mutton tikka alla piastra sono fantastici, provare per credere; – non dimenticate di ordinare “chapati” o “nan”, semplici o al burro. La normale michetta in India non esiste, al suo posto vi sono queste forme rotonde o bislunghe dal sapore eccezionale. Se poi vengono serviti ancora caldi è una goduria infinita; – anche il riso viene servito “masala” o con verdure fritte o al vapore o con pezzi di pollo o montone, a secondo della scelta. Il riso è sempre buono ed è un ottimo contorno se chiesto bollito; – ottime le zuppe; – anche la pizza in India può essere una vera sorpresa: a Varanasi colti da un impeto famelico abbiamo mangiato una pizza in riva al Gange: era davvero buona, diversa da quelle a cui siamo abituati, ma ottima; – nelle città sacre come Varanasi e Pushkar è vietato servire alcolici e nei pressi delle acque sacre si servono solo cibi vegetariani (purtroppo); – abbiamo provato anche la pasta: cheese maccheroni (maccheroni al formaggio), non erano niente di speciale, però è stato divertente anche fare questa esperienza. Diciamo che la cottura della pasta è un’arte che gli indiani devono ancora affinare; – la mattina per colazione o si prende il classico the o si può decidere per una tazza di latte. Io visto come lo trasportavano ho sempre avuto un po’ di timore, ma alla fine ho ceduto e ho gustato delle ottime colazioni con latte e cornflakes senza avere il minimo disturbo.

E poi la solita raccomandazione: attenzione all’acqua e alle verdure. Verificare che la bottiglia sia sempre chiusa e sigillata. A volte le bottiglie già usate vengono riempite di acqua e poi il tappo viene richiuso in maniera molto stretta da sembrare quasi sigillato. Fate quindi attenzione a sentire il classico “strap”. Non fatevi mai servire bibite o bevande con ghiaccio e attenzione ai succhi di frutta che spesso vengono serviti allungati con acqua, e non si sa se si tratta di acqua imbottigliata oppure no. Per fortuna si trovano in vendita delle bottiglie di acqua che oltre ad avere il tappo sigillato, hanno anche una specie di cappuccio di plastica (a mo’ di preservativo) che riveste il tappo e che deve essere tolta per procedere all’apertura della bottiglia. Se questo cappuccio è integro allora l’acqua è sicuramente buona. Le acque imbottigliate KING FISHER o AQUAFINA sono davvero buone.

Stesso discorso anche per le verdure: quelle crude potrebbero essere lavate con acqua non potabile, anche se le guide ci hanno garantito che ormai anche negli hotel si utilizza acqua imbottiglia per le operazioni di pulizia del cibo.

Le verdure cotte, invece, devono essere bollenti al momento di esser servite, altrimenti non mangiatene in quanto potrebbe trattarsi di cibo vecchio.

In ogni città vi sono dei fantastici mercati dove si vendono frutta e verdura dall’aspetto davvero invitante, quindi si potrebbe tranquillamente acquistarle e in seguito lavarle con acqua potabile e magari sciacquate anche con del disinfettante come potrebbe essere l’ Amuchina. Così si può avere sempre verdura fresca e ben pulita ogni volta che la si desidera. Dopo tante chiacchiere eccoci finalmente alla parte interessante del racconto.

Questo è stato il nostro itinerario di viaggio.

16.01.2006 – Milano-Parigi-New Delhi 17.01.2006 – New Delhi 18.01.2006 – New Delhi 19.01.2006 – New Delhi-Mandawa 20.01.2006 – Mandawa-Bikaner 21.01.2006 – Bikaner-Jaisalmer (notte al campo tendato) 22.01.2006 – Jaisalmer 24.01.2006 – Jaisalmer-Ossian-Jodhpur 25.01.2006 – Jodhpur- Ranakpur-Udaipur 26.01.2006 – Udaipur 27.01.2006 – Udaipur-Chittorgarh-Bundi 28.01.2006 – Bundi-Ranthambore 29.01.2006 – Ranthambore 30.01.2006 – Ranthambore-Pushkar 31.01.2006 – Pushkar-Jaipur 01.02.2006 – Jaipur 02.02.2006 – Jaipur-Fathpur Sikri-Agra 03.02.2006 – Agra-Orchha 04.02.2006 – Orchha-Khajuraho 05.02.2006 – Khajuraho-Varanasi (aereo) 06.02.2006 – Varanasi 07.02.2006 – Varanasi-Delhi (treno) 08.02.2006 – Delhi-aeroporto 09.02.2006 – Delhi-Milano Ecco, invece, di seguito una descrizione di tutti gli Hotel nei quali abbiamo pernottato.

New Delhi = Hotel Grand Sartaj – situato fuori dal centro, in una zona non proprio signorile, però confortevole e pulito. Servizi in camera con phon e kit di benvenuto, frigo bar, lavanderia, ristorante, TV in camera, cambio biancheria giornaliero, acqua corrente a volontà. Non Lasciatevi spaventare dall’ubicazione. La vostra opinione cambierà appena entrati nella hall finemente decorata come all’epoca dei Maharaja. Giudizio 8 1/2.

Mandawa = Mandawa Heritage Hotel. Ubicato nel centro della piccola Mandawa, a due passi dalle Haveli. Lo stesso hotel è stato ricavato da una vecchia Haveli. Le stanze sono abbastanza pulite e confortevoli. Alcune stanze sono all’ interno del primo cortile e si snodano lungo tutto il perimetro. Altre si trovano al secondo piano e si affacciano su una bellissima terrazza dalla quale si può ammirare il castello e un bellissimo cielo stellato. Lo svantaggio delle camere al piano terra è che affacciano sul cortile dove si servono la colazione e la cena e dove si svolgono anche spettacoli di marionette e di danze popolari. Quindi se cercate un po’ di silenzio e calma è meglio chiedere una stanza al piano superiore. Questi spettacoli sono realmente noiosi e tristissimi. Non offrono niente della cultura indiana e servono solo a spillare qualche soldo al turista. Cena (esclusivamente vegetariana) e colazione, però, non sono il massimo. Giudizio 7.

Bikaner = Hotel Harasar Haveli – Non lasciatevi ingannare dal nome. Questo hotel non è ricavato da una vecchia Haveli. E’ semplicemente un palazzone rimesso a nuovo. In ogni caso le stanze sono pulite e confortevoli, arredate in modo essenziale, senza pretese, ma comunque accoglienti. TV in camera. Unico disguido è stata la doccia che era completamente intasata dal calcare quindi lavarsi è stata un’ impresa, ma ce l’abbiamo fatta lo stesso. Il ristorante serve ottimi pasti e il servizio e la simpatia dei camerieri sono impeccabili. Noi eravamo all’ ultimo piano, in una camera che si affacciava su tre lati sulla città e adiacente ad una zona con dondolo. Posizione davvero molto carina. Mi dispiace solo per i ragazzi che hanno insistito per portare le nostre pesanti valigie fin lassù. Anche il ristorante è all’ ultimo piano, ma la camera era abbastanza distante da non avere alcun disturbo. Giudizio 8.

http://www.Nivalink.Com/harasar/index.Html Jaisalmer = Hotel Mandir Palace – Hotel ricavato da un’ala del palazzo dove attualmente vive ancora il vecchio Marahajà. Per accedervi si passa da un cortile polveroso attorniato da alte mura e rifugio di mendicanti e animali di ogni genere. Però non spaventatevi, appena oltrepasserete nel secondo cortile le cose migliorano decisamente. Si tratta di un buon Hotel, forse di uno dei più belli della città. Fuori dalle mura della città, ma molto vicino ad alcuni dei migliori ristoranti sia alla città vecchia. Le stanze sono pulite e spaziose. TV in camera. Hotel dotato anche di ristorante, dove viene servita anche la colazione. Oltre a noi in questo Hotel non abbiamo visto nessuno e sinceramente non ne abbiamo capito il perché. Unica pecca sono stati i camerieri che, come tutti gli indiani, si muovono con una flemma incredibile: prima ti portano la tazza poi, camminando molto lentamente, tornano a prendere il cucchiaio e te lo portano, poi vanno a prendere il the e molto lentamente te lo portano, poi lo zucchero, poi il tovagliolino e così via. Insomma io e mio marito ci siamo fatti delle belle risate (ovviamente non davanti a loro), ma ci siamo anche innervositi per questa calma assurda. Noi italiani non siamo abituati a questi ritmi. Comunque l’ Hotel è finemente decorato, soprattutto il cortile principale sul quale si affacciamo reception e ristorante (e anche la nostra stanza). Le stanze sono arredate con mobili antichi e tutti i giorni c’era il cambio delle lenzuola e della biancheria da bagno. Purtroppo per lavarsi bisogna ricordarsi di accendere con un po’ di anticipo il piccolo boiler da 30 litri, altrimenti doccia fredda. In ogni caso dopo la prima doccia bisogna aspettare che il boiler si riempia e si riscaldi nuovamente prima di passare ad un’altra. Giudizio 8.

Jaisalmer = Campo Tendato nel deserto = tende confortevoli e spaziose dotate di servizi e doccia privati. Purtroppo durante la nostra permanenza mancava l’acqua quindi ci siamo arrangiati con dei secchi di acqua fredda, eventualmente scaldata al bisogno. In quel periodo eravamo gli unici due ospiti del campo, quindi la sera ci è stata preparata una tavola con lume di candela vicino al fuoco dove ci è stata servita la cena. Il personale del campo si è prodigato per farci stare il meglio possibile e così è stato. Campo ben organizzato, servizio impeccabile e atmosfera molto romantica. Decisamente 8 ½.

Jodphur = Hotel Pal Haveli = stanze grandi e confortevoli, frigobar e arredamento antico. Molto pulito. Acqua calda a volontà. Ingresso Hotel direttamente dalla piazza principale. Hotel dotato di ristorante sulla terrazza dalla quale si gode anche un ottimo panorama sulla città. Purtroppo la cena ha lasciato un po’ a desiderare. Dal primo piano dell’hotel, poi, si accede direttamente al migliore e più famoso emporio della città dove si possono acquistare splendidi manufatti di tessuto. Giudizio 8.

http://www.Hotelsjodhpur.Com/hotel_pal_haveli_jodhpur_images.Htm Udaipur = Hotel Sarovar on Lake Piccola = moderno hotel senza nulla di particolare. Stanze abbastanza pulite e grandi. TV e frigobar. Purtroppo niente cambio lenzuola o salviette e niente pulizia in camera. Hotel dotato di ristorante dove servono anche la colazione. Non è però nulla di eccezionale. La posizione, invece, è molto bella in quanto affaccia direttamente sul lago e si vede il City Palace. Con pochi passi si raggiunge anche il centro e le rive del lago ed il famoso ristorante AMBRAI, che però secondo noi non è stato all’ altezza della sua fama. Fuori dall’ hotel cumuli di sporcizia e vicoli stretti e maleodoranti. A parte la posizione panoramica, l’hotel non è niente di eccezionale. Esattamente di fronte c’è l’ Hotel Udai Koti, dove siamo stati anche a cenare. Questo hotel è molto più bello e la cucina è eccezionale. Dalla terrazza poi si gode un ottimo panorama della città. Se passate da Udaipur soggiornate all’ Hotel Udai Koti. Comunque il vote del nostro Hotel è 6 ½.

Bundi = Hotel Ishwari Niwas = peggiore Hotel in assoluto. Sporco, polveroso, poca acqua, rumoroso. Ristorante annesso dove si mangia malissimo. Scortesia. Assolutamente da evitare. Voto 4.

Ranthambore = Hotel Ranthambore Bag = situato nelle immediate vicinanze della riserva per tigri del parco nazionale di Ranthmabore. Dotato sia di camere standard che di bellissime tenda nel giardino ben tenuto. Le tende sono grandi e comode e hanno doccia e servizi privati. Acqua corrente a volontà, anche se per l’acqua calda bisogna aspettare per qualche minuto. Dormire in una di queste tende ricorda il campeggio, troppo bello. Il cambio della biancheria è sempre garantito. Ogni tenda, poi, ha una veranda con un tavolino e due poltrone. Molta tranquillità. Cena e pranzo sono serviti a buffet e sono decisamente buoni. Servizio ottimo. Voto decisamente ottimo: 9.

Pushkar = Hotel Pushkar Palace = grande e moderno hotel situato direttamente sul lago. Camere grandi e pulite. TV in camera. Bagno con acqua corrente a volontà. Anche la nostra stanza era affacciata sul lago. Peccato che la corrente elettrica venga erogata solo partire dalle 17:30 fino alla mattina alle 08:00, dopodichè niente. Hotel con annesso ristorante dove abbiamo mangiato veramente male. Cibo esclusivamente vegetariano, servizio e camerieri decisamente scadenti. Non fatevi fare qui massaggi ayurvedici: costano tanti e non sono affatto massaggi ayurvedici. TV in camera (visibile solo durante erogazione corrente) e acqua calda a volontà. Anche se tutti i turisti vogliono alloggiare in questo Hotel in quanto il più bello e caratteristico della città, noi non ci siamo trovati particolarmente bene. E a quanto pare nemmeno un altro gruppo di turisti americani con i quali abbiamo intrapreso una conversazione prima di dirigerci verso Jaipur. Voto 5 ½.

Jaipur = Hotel Madhuban = situato lontano dal centro, in una zona abbastanza calma e immerso in bel giardino. Camera enorme e pulita, arredamento antico. Servizi privati con doccia. Piccolo boiler da 30 litri, quindi bisogna aspettare per avere acqua calda. TV e frigobar. Si tratta di una antica residenza abitata un tempo dal Maharaja. In quel periodo c’ eravamo solo noi come ospiti e quindi tutti ci facevano degli eccessivi salamelecchi. Risultavano anche essere fastidiosi. Hotel dotato di ristorante, e si può pranzare sia in giardino (non fatevi dire di no) sia sulla terrazza interna sulla quale affacciava anche la nostra camera. Noi avremmo voluto cenare in giardino, ma i camerieri ci hanno negato la cosa, probabilmente perché avrebbero dovuto fare troppa strada dalle cucine. In ogni caso i pranzi sono abbastanza buoni. Purtroppo, come in molti altri posti, la sera vengono organizzati degli assurdi spettacoli di marionette o vengono ingaggiati suonatori e ballerini. In questo caso, come in molti altri, si è trattato di ciarlatani e non di veri artisti. Volevano solo un po’ di soldi e, sinceramente, eravamo disturbati dalla loro presenza: abbiamo dovuto per forza rientrare in camera per essere lasciati in pace. Inoltre si sono lamentati della mancia che abbiamo lasciato. Un consiglio: chiedete di non essere disturbati durante la cena e di non volere assistere ad alcuno spettacolo. In ogni caso voto 7.

http://www.Madhuban.Net/ Agra= Hotel Agra Ashok = situato in pieno centro città (anche se Agra non è proprio una bella città), grande, molto pulito, camere molto confortevoli di tipo europeo. Bagno extralusso, frigobar, tv in camera, aria condizionata. Servizio 24h su 24. Ottima la cucina del ristorante. Ottimo il servizio e il personale è molto cordiale. Bello anche il giardino esterno con la sua piscina. Decisamente un’ottima soluzione. Voto 8 ½.

http://www.Taj-mahal-india-travel.Com/hotels-in-agra/hotel-agra-ashok-agra.Html Orchha = Hotel Shees Mahal = situato appena fuori dal piccolo centro cittadino, questo Hotel è una favola. Vecchia abitazione di un Maharajà, l’ hotel offre delle ampie e pulitissime camere arredate in classico stile indiano, con vecchi mobili scuri e vetri colorati. Bagno ampio e funzionale. Acqua calda a volontà. Frigobar, televisione, ventilatore a soffitto. Bellissimo giardino interno con bei vialetti e fiori. Piscina molto grande e pulita e solarium. La piscina è agibile anche di sera in quanto illuminata. Ottimo il ristorante e buono il servizio. Ogni camera è affacciata su il patio interno e un lungo porticato corre lungo tutto il perimetro. Varie zone relax con tavolini e sedie disseminati nel giardino e nel porticato. Oltre alla bella sorpresa riservataci dalla graziosa cittadina di Orchha anche l’ Hotel è sta una vera perla. Voto 9.

Khajuraho = Hotel Usha Bundela = anche in questo caso hotel situato a 5 minuti di distanza dal centro della città. Vicinanze con stazione e aeroporto. Zona comunque molto tranquilla. Moderno e grande Hotel, forse un po’ “freddo”. Comunque pulito e con ottimo servizio. Stanze ampie e pulite con tutti i comfort. Acqua calda a volontà. Grande giardino ben curato con annessa piscina e zona solarium. All’interno dell’ Hotel si trova anche un ristorante e una zona biliardo. Servizio decisamente buono. Se avessimo cercato meglio, forse avremmo trovato un hotel un po’ più caratteristico, meno a misura di turista, però è andata bene così.

Voto 8.

Varanasi = Palace on Ganges Hotel = forse l’hotel migliore di tutto il viaggio, grazie soprattutto all’ottima posizione. L’hotel, infatti, a differenza di molti altri più famosi (tipo Clarks Hotel o Oberoi e Taj) è situato sull’ Assi Ghat, direttamente sul fiume Gange. L’ Assi Ghat, infatti, è considerato come il preludio per una visita ai Ghat. Gli altri hotel, situati nel centro città, sono veramente distanti dal fiume e quindi distanti dalla vera vita della città. Oltre ad essere un buon hotel dal punto di vista della posizione, aveva anche delle belle camere con tutti i confort e, sempre molto importante, acqua calda a volontà. Ottima la pulizia e buono il servizio. L’ Hotel ha anche un ristorante e una terrazza all’aperto dalla quale si può ammirare la vita sulle rive del Gange. A detta delle guide e dell’ agenzia, questo hotel è il migliori per i turisti che vogliono soggiornare direttamente sulle rive del fiume sacro. http://www.Nivalink.Com/palaceonganges/index.Html Tutti quelli elencati appartengono alla categoria degli Heritage Hotel. Cioè sono considerati hotel di ottimo livello e di prezzo abbastanza elevato, anche se a noi i prezzi sono sembrati molto onesti. In India un prezzo elevato, infatti, corrisponde a 50 € a camera con prima colazione, quindi per noi risultano essere comunque economici, visto soprattutto gli ottimi trattamenti. Ovviamente si possono trovare alloggi per ogni tipo di esigenza e per ogni tipo di tasca, dai superlussuosi alle guest houses. Tutto dipende dalle singole esigenze.

Dopo questa esperienza possiamo suggerire di prenotare solo i voli e di arrivare in India. In ogni aeroporto, poi, troverete agenzie di noleggio auto con conducente che vi sapranno anche consigliare gli Hotel e il tragitto. Quindi una volta scelto il vostro autista il gioco è fatto. E, soprattutto, i costi scendono ulteriormente. La nostra decisione di appoggiarci ad una agenzia indiana ci ha fatto risparmiare parecchio, ma arrivare direttamente sul posto e partire da lì per organizzare il tour è ulteriore fonte di risparmio.

Vorremmo darvi anche qualche informazione sulle singole città visitate. Tenete presente che sappiamo benissimo che in alcuni casi andiamo completamente contro il comune sentito dire. Per esempio noi abbiamo trovato poco interessanti alcune città che secondo le guide erano il meglio del meglio. Sicuramente appariremo come due che non capiscono niente, ma queste sono le nostre opinioni. Speriamo solo non vi influenzino troppo.

New Delhi: dopo circa 8 opre di volo siamo arrivati all’aeroporto internazionale intorno alla 1 di notte (ora indiana). Appena scesi abbiamo subito percepito un notevole aumento di temperatura rispetto a quella di Milano. A New Delhi sembrava essere già a primavera. Subito ci siamo accorti della pesantezza dell’aria e della cappa di smog opprimente. L’aria era anche satura di odori di spezie o di non si sa che cosa. Comunque odore di India, meglio non si potrebbe descrivere. All’ interno dell’aeroporto, poi, la temperatura era ancora più alta e tutti i turisti si sventolavano con quello che potevano e incominciavano a spogliarsi.

Con il modulo che ci è stato consegnato a bordo dell’aereo abbiamo affrontato una lunga coda al banco dell’immigrazione per la registrazione, siamo poi passati al nastro trasportatore in attesa delle nostre valigie. Una è arrivata dopo qualche minuto, per l’altra abbiamo aspettato circa un’ora prima di accorgerci che all’inizio del nastro trasportatore (dalla parte opposta alla nostra) erano state accatastate/scaraventare alcune valigie. Mio marito è andato a cercare la nostra e l’ha trovata. Probabilmente era stata buttata lì da chissà quanto tempo e da chissà chi, e noi abbiamo perso tempo a cercarla. Già credevamo di dovere fare denuncia per lo smarrimento del bagaglio, per fortuna il tutto si è risolto. Comunque valigie nuove già graffiate e ammaccate. Nonostante l’aeroporto di New Delhi sia forse il più grande di tutta l’India, non è molto moderno. Sembra piuttosto un vecchio aeroporto malandato e stanco. E le pratiche burocratiche sono lunghe e snervanti. Dopo la preoccupazione per la valigia, ecco crescerne in noi un’altra. E se al di là dell’uscita non ci fosse stato nessuno ad aspettarci? Cosa avremmo potuto fare? Almeno non avendo dato soldi in anticipo non avremmo perso nulla. Invece non è stato così. Fuori dalla porta c’era una moltitudine di persone tutte con cartelli riportanti nomi di turisti, venditori, autisti, e chi più ne ha più ne metta. Dopo la prima confusione iniziale, dovuta anche alla stanchezza (orami erano già le 02:30 del mattino), abbiamo cominciato a mettere a fuoco i cartelli e finalmente avvistiamo il nostro “ELENA & CORLO”. Ci siamo fatti due belle risate e da quel momento in poi mio marito non si è più chiamato Carlo, ma Corlo. Siamo stati accolti da Mr. Raj che ci ha aiutati a cambiare dei soldi e che ci ha presentati a Balbir, il nostro autista. Nonostante fosse tardi, le strade di Delhi erano comunque molto trafficate: vecchi camion con scarichi puzzolenti, tuc-tuc, rickshaw, automobili. E tutti che strombazzavano e abbagliavano. Forse era troppo buio, o forse eravamo troppo stanchi, ma non abbiamo avuto uno shock nel vedere la città. Molti ci avevano raccontato che, dopo essere arrivati a Delhi, avrebbero voluto scappare indietro e tornare in Italia. Per fortuna questa sensazione non ci ha assaliti.

Una cosa però è vera, cioè che respirare l’aria di Delhi è come fumarsi 2 pacchetti di sigarette al giorno. Anche durante il giorno New Delhi non ci ha terrorizzati. Sicuramente scene raccapricciante se ne vedono ad ogni angolo, però l’ India è questa. In ogni caso ci siamo resi conto di quanto noi siamo fortunati. Su molti mezzi di trasporto e, soprattutto sui tuc-tuc (che sono gialli e verdi), abbiamo visto la sigla CNG. Ci siamo domandati cosa significasse e la guida ci ha svelato il mistero. La sigla significa CLEAN AND GREEN, cioè PULITO E VERDE. A detta degli indiani, infatti, Delhi è una città verde e pulita, o comunque il governo sta facendo di tutto per sensibilizzare la popolazione ad una maggiore civiltà. Speriamo per il futuro, perché ora la città non è né pulita né verde. Peccato.

Delhi ha tante cose da offrire, dai monumenti, ai musei, ai negozi, alle vie più eleganti del centro. Assolutamente bisogna visitare i seguenti luoghi: – tomba di Humayun – Qutub Minar – India Gate – Parliament House – Il Red Fort (fatevi accompagnare all’interno, non accontentatevi di vedere solo le mura) – La Jama Mashid, o Moschea del Venerdì – National Museum – Old Delhi Old Delhi è il caos totale, la povertà più assoluta, lo smog più opprimente, la sporcizia totale, eppure è un luogo affascinante. Bisogna assolutamente lasciarsi trasportare su di un rickshaw alla scoperta delle vie trafficate e polverose. Se vi capita date un’occhiate anche agli impianti elettrici, basta solo alzare un po’ lo sguardo. Dopo questa visione vi renderete conto che in India la parola sicurezza è sconosciuta. State molto attenti a non tirare fuori i vostri soldi davanti alla gente e cercate di non girare con vistosi gioielli o orologi. Se dovete pagare per la vostra corsa in rickshaw siate svelti a dare i soldi al vostro conducente e poi siate pronti a dileguarvi, altrimenti sarete presi d’assolto, anche in malo modo, da altre persone che vi chiedono soldi per cose mai comprate e che cercheranno di attorniarvi e separarvi dal resto del vostro gruppo.

E’ opportuno anche tenere ben custodite macchine fotografiche e telecamere. A noi nessuno ha mai torto un capello, però la prudenza non è mai troppa. In ogni caso basta un po’ di buon senso, come quando si viaggia in qualsiasi altra parte del mondo.

Per mangiare ci sono delle ottime alternative. Se siete nei pressi di Old Delhi fatevi portare allo SPLASH, mentre alla sera potete farvi accompagnare al CHICKEN INN di New Delhi. Visto da fuori il ristorante Splash non è per niente invitante, invece all’interno la media si alza e il cibo è ottimo. Il Chicken Inn invece può essere considerato un ristorante di lusso e si trova in una graziosa piazzetta. Anche qui il cibo è deliziosi, provate i mutton tikka.

Altra ottima alternativa è PIZZA HUT. A New Delhi non vedrete neanche una mucca scorazzare per le strade. Noi speravamo di vederne da subito ma così non è stato. Comunque è meglio così perché considerando il traffico della città le mucche sarebbero state solo un problema.

Mandawa: si tratta si un villaggio, più che di una città. Per raggiungerlo incomincerete a capire la vera India e la vera vita degli indiani. Qui vi scontrerete con le prime fogne a cielo aperto e con le prime persone che per essere fotografate chiedono soldi. Oltre alle Haveli la città non offre nulla di più. Il castello, una volta abitato dal Maharaje, è ora per metà diroccato e per metà adibito a hotel. La parte adibita ad Hotel è parzialmente visitabile, ma non è certo una delle migliori attrazioni viste in India. Le Haveli sono le vecchie case dei commercianti che sorgevano sulla antica via della seta. Haveli significa casa del vento, in quanto sono costruite in modo che l’aria fresca circoli dal basso verso l’alto, mantenendo una temperatura fresca e costante tutto l’anno. Queste case sono decorate con immagini sacre, della vita quotidiana e con immagini di aeroplani, locomotive, elefanti, lord inglesi e così via. La maggior parte di queste Haveli è disabitata e stanno cadendo in rovina. I proprietari si sono trasferiti in città più grandi per seguire i loro affari e si disinteressano delle loro case, che invece potrebbero diventare un importante mezzo per attirare turisti e quindi per creare lavoro e ricchezza. Quelle meglio conservate sono quelle che hanno la presenza di un custode che si occupa del loro mantenimento. Siate pronti a dare qualche rupia anche a loro.

Attenzione ai “gipsy”, o meglio agli zingari. Le donne zingare si avvicineranno e vi chiederanno insistentemente di essere fotografate in cambio di soldi, o meglio di Euro. I loro bambini incominceranno a toccarvi dappertutto e mentre si è impegnati a dare loro qualche spicciolo fate attenzione ad anelli, orologi e bracciali. Per qualche rupia la mia mano è stata fagocitata dalle loro e mentre prendevano i soldi hanno fatto scivolare le loro dita sulle mie in cerca di qualcosa da sfilare. Per fortuna la fede nuziale l’avevamo lasciata a casa entrambi. Non fatevi imbrogliare dai negozianti, Mandawa non è posto per fare compere. Niente viene prodotto da loro, tutto viene acquistato dalle città più grandi, quindi il prezzo sale notevolmente e la varietà diminuisce. Nei pressi di Mandawa si trova Fathepur, dove vedrete altre Haveli. Gli affreschi o “frescoes” sono stati tutti realizzati con colori naturali bellissimi. Basti pensare che hanno diverse centinaia di anni e sono ancora ben visibili e ben conservati, soprattutto se si trovano in zone riparate. I soggetti degli affreschi hanno evidentemente subito l’influenza della colonizzazione inglese, ma se la vostra guida ve lo farà notare, riuscirete anche a trovare uno scorcio della nostra Venezia. Tutto ci aspettavamo di vedere meno che una immagine dell’Italia. Dai tetti delle Haveli, poi, vedrete le scimmie rincorrersi e i coloratissimi aquiloni di bambini che stanno giocando. Nonostante le Haveli siano interessanti, se avete a disposizione “solo” 15gg, Mandawa è uno di quei posti che potrebbe essere tralasciato dal vostro itinerario. Tanto avrete modo di vedere delle Haveli anche in altre in città più grandi.

Bikaner = l’impressione iniziale che si ha entrando in città, e quella che vi accompagnerà per tutto il viaggio, sarà: “Ma dove cavolo siamo capitati?”. Qualche chilometro prima si incomincia a vedere un intensificarsi del traffico, fino a che diventa irrimediabilmente caotico. Tutti che strombazzano, tutti che sorpassano nei modi più fantasiosi, la fogna a cielo aperto, la puzza, lo smog, gli animali, le mucche. Bikaner è così, come anche tutte le altre città. Nonostante tutto, però, è una città che ci ha sorpresi per tutto quello che offre.

Il forte, lo Junagadh Fort, è bellissimo. In ottimo stato di conservazione presenta delle decorazioni eccezionali ed ospita una collezione di armi molto vasta. In quelle sale ci si sente veramente dei Maharaja. Poi c’è il tempio Jainista e la Camel Breeding Farm. Infatti Bikaner è conosciuta come la città dei cammelli. Vi è infatti una così elevata concentrazione di questi animali che non vedrete da nessuna altra parte. Questi vengono utilizzati per le corse e per il trasporto di foraggio. All’ interno della Camel Breeding Farm vengono selezionate le razze migliori e si fanno continui studi su questi animali. Si vedono un sacco di cammelli in dolce attesa e moltissimi cuccioli che fanno tenerezza. Per 10 RPS, poi, abbiamo assistito anche ad un accoppiamento tra cammelli. Poi, oltre ai cammelli, vi sono una infinità di pappagalli e di scoiattoli. Gli scoiattoli vi accompagneranno per tutto il viaggio. Ovunque voi siate, loro saranno lì a guardarvi. Sono troppo carini.

Poi, a pochi Km di distanza da Bikaner, a Deshnoke, vi è il famoso Karni Mata Temple. Assolutamente non dovete perdervi l’emozione di vedere una cosa simile. Entrate nel tempio e non abbiate paura dei topi. Sono più piccoli di quello che si immagina e sono innocui. Sono tanto abituati agli uomini che assolutamente non cercano né di mordere né di scappare. Al massimo vi passeranno sopra un piede o sotto le gambe. Mio marito all’inizio era un po’ “schifato” di dovere entrare senza scarpe, però poi abbiamo tenuto le calze e siamo entrati. Diciamo che il pavimento è coperto di escrementi di topo, quindi dopo averci camminato, è meglio gettare le calze.

In ogni caso è una cosa pazzesca e strana vedere che questi 20000 topi vengono riveriti dall’ uomo e, cosa ancora più strana, non escono dal portone del tempio. Al massimo arrivano sulla soglia ma non vanno oltre. Anche perché al di fuori del tempio rischierebbero al vita a causa degli animali che se li mangerebbero e a causa delle macchine che li investirebbero. In India anche i topi sono furbi. Un’altra delle esperienze più intense che abbiamo vissuto.

Se anche voi sarete fortunati, potrete avvistare il famoso topo bianco, foriero di buona fortuna.

Invece se siete un po’ più “sfortunati” potrete vedere come gli uomini bevano il latte dalle stesse ciotole dove i topi si stanno praticamente facendo il bagno. Questa visione ci ha lasciati un po’ perplessi.

A Bikaner, poi, vi è un artista di nota fama mondiale, che collabora spesso con un architetto italiano, tale Nicola Strippoli, in arte Tarshito. Qui abbiamo acquistato dei bellissimi dipinti su seta e abbiamo anche incontrato Tarshito. Dopo giorni senza scambiare una parola in italiano è stato piacevole incontrarlo e parlargli. Non potete mancare di portarvi a casa un ritratto di Ganesha da appendere sopra la porta di casa.

Jaisalmer = per arrivare a Jaisalmer bisogna attraversare una zona che diventa sempre più desertica mano a mano che si va avanti. Ai lati della strada cominciano a comparire dune di finissima sabbia gialle a la vegetazione si dirada. Si vedono caprioli e cervi e carovane di cammelli che trasportano carichi di foraggio enormi. Poi ad un tratto dal deserto si vede stagliarsi all’orizzonte la sagoma di una rocca, che diventa sempre più gialla mano a mano che ci si avvicina. Eccola, è Jaisalmer, una delle città più belle del Rajasthan a detta di tutti. A me personalmente non è piaciuta, mentre a mio marito sì. Jaisalmer è conosciuta anche con il nome di Golden City, proprio per il colore giallo intenso delle sue mura e delle sue case.

Anche qui il traffico di veicoli a motori è caotico, e si mischia a tutte le specie di animali che scorrazzano liberi per le strade. Mucche, scimmie, cani, maiali, capre. Ci sorprende pensare che nonostante tutti questi animali gli indiani si nutrano unicamente con carne di pollo o di montone. Potrebbero benissimo mangiarsi qualche maialino, visto che non sono nemmeno sacri. La cosa sconvolgente di Jaisalmer è la puzza delle fogne, che sono rigorosamente a cielo aperto. Questo tanfo a me ha dato particolarmente fastidio. Passerò per quella schizzinosa e con la puzza sotto il naso, ma non mi interessa. Gli olezzi fetidi credo non piacciano a nessuno. Nei vicoli cittadini, poi, bisogna stare molto attenti a fare uno slalom tra i rivoli degli scarichi, le mucche e le loro cacche. Io ne ho anche pestata una. Considerando che è cacca sacra dovrei essere molto fortunata. Mai e poi mai toccare le mucche, anche solo per una carezza. Se davanti alla macchina si para una mucca, a fermarsi ad spettare o a spostarsi sarà la macchina, non l’animale. Vi sorprenderete nel vedere che alla sera le mucche si dirigono ognuna verso una casa: è l’ora della pappa. Ci siamo chiesti più volte, infatti, come si nutrissero le vacche. Ed eccoci accontentati. A Jaisalmer ogni famiglia si prende cura di una vacca e la nutre. Gli abitanti preparano una specie di poltiglia verde che le mucche sembrano gradire molto volentieri. Non importa se i bambini siano costretti a stare digiuni, l’importante è sfamare le vacche sacre, in modo da avere la benedizione degli dei. Assolutamente bisogna visitare il forte, che è attualmente abitato e bisogna vedere alcune delle Haveli più famose e più grandi: Patron –Ki-Haveli e Salim-Ki-Haveli. Le decorazioni tutte fatte a mano sono fantastiche. Anche i templi giainisti all’ interno del forte sono davvero splendidi. Fatevi pio accompagnare su Barbagh Hill, da dove assisterete ad un bellissimo tramonto sulla città. Chiedete di potere fare un giro in pattino sul lago Gadi Sagar e fatevi spiegare la storia della porta di accesso ad esso. Dal mezzo di questo lago artificiale godrete di una bella vista sui tanti templi che lo attorniano. Anche il cenotafio che si trova a 5 Km dalla città è meritevole, soprattutto alla luce del tramonto. A Jaisalmer troverete degli ottimi articoli artigianali in pelle di cammello o di capra. Non comprate argento, non è il posto adatto: prendereste solo delle grandi fregature.

Ma da Jaiasalmer potete anche partire per una esplorazione nel deserto del Thar a dorso di cammello e per una indimenticabile notte al campo tendato. Da non perdere. Le dune non sono altissime, ma al tramonto tutto assume una luce rossastra che rende tutto molto romantico.

Di ritorno dal deserto, poi, fatevi accompagnare in un villaggio e godete della semplicità di questa gente. Noi abbiamo trascorso 3 giorni a Jaisalmer, ma due sono più che sufficienti: uno di visita e uno nel deserto.

Jodhpur = è meglio conosciuta come la città blue per il colore delle sue case. Questo colore si dice che sia stato scelto in quanto tenderebbe ad allontanare le zanzare. La nostra guida, però, ci ha spiegato che il blue era il colore inizialmente utilizzato dai brahmini per distinguere le propri abitazioni. Molti, poi, per imitarli, hanno cominciato a dipingere le case con tonalità di blue diverse. Se ci fate caso, infatti, le case dei brahmini sono di un blue più scuro.

L’effetto ottico è comunque garantito. Anche qui la città è affollata e il traffico è impossibile, però è una città veramente bella. Dovete assolutamente perdervi nelle strette viuzze a scatare una serie infinita di fotografie. Non mancate poi di visitare il coloratissimo e chiassoso mercato. Poi il Mehranghar Fort è stupendo. Il forte è situato sulla sommità di una collina ed è mantenuto in condizioni eccezionali. Dove non ci sono persone tutto è più bello. Splendido è anche il crematorio reale con annesso mausoleo. In India sono dei veri maestri nell’arte della lavorazione del marmo. Dal crematorio, poi, si gode di un ottima vista sulla città blue. Davvero suggestivo. Non dovete poi mancare di fare un giro a piedi per la città e di fare degli acquisti al mercato nei pressi della torre dell’orologio. E’ d’obbligo acquistare delle ottime spezie locali. Se volete, poi, potete anche comprare del latte in sacchetti di plastica tipo quelli da noi utilizzati per i surgelati. Questo potrebbe essere il luogo giusto per acquistare stoffe.

Ranakpur = da Jodhpur per raggiungere Udaipur si passa per una bellissima strada in mezzo alle montagne. Nel mezzo di questa strada si trova il tempio di Ranakpur. La zona è attrezzata per ricevere i turisti che qui arrivano a frotte per godere dello spettacolo di questo tempio. Il tempio di Ranakpur viene considerato uno dei più bei tempi giainisti dell’India intera. La sua bellezza trae origine sia dallo splendore dei marmi che dalla grandiosità del complesso, Il tempio è costruito su due piani, più un terzo, considerando il tetto. Purtroppo abbiamo scoperto solo a casa che anche il tetto era visitabile. Mi raccomando, voi non perdetevelo.

Il complesso comprende una trentina di sale abbellite con quasi 1.500 colonne, tutte finemente lavorate con incisioni, mai ripetitive, di straordinaria bellezza. Poi la strada di montagna chi vi porterà fino alla città di Udaipur è fantastica. Passerete in villaggi molto piccoli e puliti e vedrete il lavoro dei campi fatto ancora come 100 anni fa. Buoi che tirano aratri, uomini che seminano a mano, mucche che fanno girare le ruote per l’acqua. Veramente uno spettacolo.

Udaipur = detta anche la Venezia indiana (solo a detta degli indiani) è una città che si sviluppa attorno al lago Pichola. Al nostro arrivo il lago era pieno e quindi siamo stati fortunati. Altri turisti ci hanno raccontato di avere visto li lago praticamente asciutto. Come tutte le città indiane è molto caotica e molto, molto, molto sporca. Fuori dal nostro hotel c’erano cumuli di spazzatura dai quali le vacche si sceglievano il cibo. Le strade sono strettissime e molto affollate. Per attraversare la città ci vuole almeno un’ora di macchina. Noi abbiamo visitato il City Palace, il tempio Jagdish Mandir e i giardini Sahelion Ki Bari.

Il City Palace è molto bello e ha delle splendide decorazioni. Mentre il tempio Jagdish Mandir dedicato al dio Vishnu è la solita cosa: colonne, statue, odore intenso di incenso e persone che ti chiedono una offerta per il mantenimento (sarà poi vero?). Insomma, anche se è considerato il tempio più bello della città noi non ne siamo rimasti entusiasti.

Invece i giardini Sahelio Ki Bari sono un’oasi di tranquillità rispetto al caos presente al di fuori delle loro mura. Comunque abbiamo visitato tutta la città in 3 ore e la guida ci ha liquidati. Il resto della giornata è stato di una noia incredibile. Abbiamo provato ad uscire a piedi per fare un giro lungo il lago, ma la sporcizia delle strade e dell’acqua era tale che anche l’odore emanato era ripugnate. Le donne ed i bambini, poi, appena ti vedevano cominciavano ad attaccarsi e a chiedere soldi. Siamo tornati sconsolati in Hotel. Verso sera, invece, abbiamo fatto una mini crociera sul lago. Abbiamo visto le sponde della città ed il Lake Palace. Poi la barca si è fermata per circa un’ora su un’altra isoletta dove c’è un palazzo del Maharaja ora diventato un bar e quindi non più visitabile. Niente di imperdibile. Il consiglio è di non stare più di un giorno ad Udaipur. A noi non è proprio piaciuta e sinceramente non capiamo come possa essere definita la Venezia d’oriente. Un consiglio, mangiate al ristorante dell’ Hotel Udai Koti e lasciate perdere il ristorante Ambrai (bella posizione ma pessimo cibo).

Chittorghar= per raggiungere Bundi da Udaipur noi abbiamo fatto tappa intermedia a Chittorgarh. Qui si possono visitare i resti dell’antica città-fortificata, sede di un’importante famiglia Rajput, che si oppose fino all’estremo sacrificio alla conquista musulmana .

I Rajput, divisi in diverse famiglie e clans, furono i signori del Rajasthan per secoli e difesero la religione hindu e l’impianto castale della società contro ogni invasore. La loro fama era quella di essere dei grandi guerrieri e svilupparono negli anni una singolarissima etica della guerra, che si basava su di una gratificazione estetica dell’abbigliamento e dei rituali guerreschi e su l culto delle armi. Gli uomini erano quindi chiamati a dare sfoggio del loro onore e coraggio sul campo di battaglia. Le donne invece, alle quali era vietato partecipare alla guerra, vivevano con fierezza la loro vita fino a quando, al momento della morte del marito, erano chiamate a dimostrare il loro coraggio ed il loro valore nella celebrazione della “Sati”(oggi vietata dalle leggi nazionali,ma ancora praticata nelle zone rurali del paese). Secondo la tradizione hindu le donne sposate, quando il marito muore, devono immolarsi vive nella pira con la quale si cremano le spoglie del defunto, in onore della dea Sati Mata che concede alle famiglie delle vedove sette anni di gioie e fortune. Questa era la possibilità per le donne di dimostrare tutto il loro valore: gli uomini lo dimostravano nella vita, loro nella morte! A Chittaurgarh avvenne la più grossa pira funeraria della storia dell’India proprio in occasione dell’invasione musulmana, in cui più di 10.000 donne Rajput scelsero volontariamente la morte per non essere fatte schiave. Il sito archeologico è molto vasto e davvero in ottime condizioni. E’ un’ottima meta per una vista lungo il cammino.

Bundi= dopo diverse ore di macchina da Udaipur si raggiunge Bundi. Piccolissima città che , oltre all’ imponente forte, oggi completamente in rovina, non ha molto da offrire. Il forte è enorme e doveva essere davvero splendido. Peccato che lo stato di conservazione sia realmente pessimo. La nostra guida ci ha accompagnati all’interno delle sale e in molti casi dovevamo stare attenti a dove mettere i piedi. Dal forte si ha però una eccezionale vista sulla città che è dipinta di blue. All’interno del forte vi è un giardino pensile davvero molto bello. E’ la parte che ancora oggi viene mantenuta. Il giardino è ormai di proprietà delle scimmie che vi abitano e che cercheranno di rubarvi le vostre merende. Non portatevi niente da mangiare all’interno del forte. Veramente un peccato che questo monumento sia lasciato in balia degli eventi, si sta perdendo un importante pezzo della storia indiana.

Bundi ha anche una serie di vecchi ed enormi pozzi dai quali, una volta, si attingeva acqua pulita e dai quali dipendeva il sistema idrico della città. Erano delle costruzioni davvero colossali. Ai giorni nostri, però, la siccità ha complicato tutto e anche questi “pozzi” sono diventati rifugio di animali e fungono da discariche. Purtroppo anche dal punto di vista delle strutture alberghiere Bundi non è messa benissimo. Essendo un puntino nell’immensa India questa città non è meta di turismo di massa, quindi da questo punto di vista si è poco sviluppata. Per una notte, comunque, riuscirete a trovare un posto dove dormire.

Diciamo che nel nostro itinerario era una tappa intermedia tra Udaipur e Ranthambore, quindi abbiamo preso quello che è arrivato.

Ranthambore National Park= È uno dei parchi più famosi in cui poter osservare le tigri da vicino, un vero paradiso per i fotografi, con i suoi laghetti e stagni attorno ai quali vive numerosa la fauna selvaggia Ranthambhore, stimato uno dei migliori parchi faunistici dell’India Jacanas e molte specie di cicogne: colorate, nere e dal collo bianco, si possono avvistare lungo gli specchi d’acqua. Si trovano in abbondanza anche pavoni e altri uccelli come l’aquila di Bonelli, l’ aquila-serpente crestata, il grande gufo cornuto indiano, le quaglie, le pernici, il gallo speronato e l’uccello del paradiso.A Ranthambhore si trovano in gran numero il sambar, il chital (cervo pomellato) e il nilgai. Si possono inoltre avvistare cinghiali, una specie particolare di gazzella, la chinkara, la lepre indiana, la mangusta e il varano. I cervi si raccolgono presso laghi e stagni ed è proprio accanto all’acqua che si possono osservare più facilmente gli animali. La fauna locale include anche il leopard, la iena, lo sciacallo, il gatto selvatico, l’orso giocoliere e il coccodrillo di palude Noi abbiamo deciso di soggiornare presso il Ranthambore Bagh Hotel in tende molto confortevoli, quasi meglio di una stanza. E’ stato bellissimo. Ranthambore è un’oasi di pace e tranquillità immersa nel verde della foresta. Le avventure cominciano all’alba, quando delle Jeep o “Gypsy” (come le chiamano loro) vi accompagneranno nei sentieri del parco nazionale alla ricerca della tigre. Normalmente vengono organizzati due safari al giorno. Uno con partenza alla mattina presto verso le 6 e uno con partenza intorno alle 15 del pomeriggio. Tutti i safari durano circa 4 ore ed è bellissimo scoprire la natura di questo parco. Si vedono una infinità di animali selvatici e il solo girovagare sui sentieri sterrati è davvero bello. All’interno del parco si può andare con le “gypsy” o con i “cantener”. Le Gypsy sono delle jeep scoperchiate e al massimo possono ospitare 6 posti: 4 turisti più autista e guardia del parco.

I “cantener”, invece, sono dei grandi autobus scoperti che possono portare fino a 60 persone. Inultile dire che le Gypsy sono la soluzione migliore, anche se meno economica. Le Gypsy si possono infilare dappertutto e sono comode. Noi, grazie alla gypsy, abbiamo potuto entrare nel folto degli alberi e osservare per più di un’ora una tigre. La tigre era a meno di 10 metri da noi e l’incontro è stato magnifico. Ragazzi che pelle d’oca !!! Non è sempre facile avvistare le tigri, ma vi assicuriamo che anche senza vederle il parco vale proprio la pena di essere visitato. Noi siamo stati fortunati e speriamo che lo siate anche voi.

Pushkar= Pushkar si sviluppa con forma semicircolare intorno al suo lago, dove vi sono 52 Ghats. Si tratta di una città sacra e qui non vengono serviti né carne né alcolici. In India ci sono altri 3 luoghi sacri agli Hindus, ma il bagno nelle acque del lago di Pushkar è più importante che in ogni altro luogo. Bagnandosi in queste acque si crede si possa ottenere la salvezza. La leggenda dice che lord Brama uccise il demone Varja Nabh con un fiore di loto, i cui petali cadendo a terra diedero origine ad altrettanti laghi. Uno di questi è proprio il Lago di Pushkar. Sempre secondo la leggenda il lago era attorniato da 500 templi a da 52 case di Maharajà che venivano qui per pregare. Tutt’oggi si può ancora ammirare il tempio di Brahma che, oltre ad essere il tempio più importante in città, è anche l’unico tempio di Brahma in tutta l’ India. Purtroppo noi non siamo riusciti a visitare il tempio in quanto un gruppo di indiani ci ha “gentilmente” invitato a non entrare.

Pazienza, di templi ne abbiamo fatto indigestione. A parte i Ghats ed il tempio la città non offre nulla. Diciamo che le vie cittadine sono un interessante mercato, ma niente di diverso rispetto a tante altre città indiane. Il problema è che ogni due per tre si viene avvicinati da personaggi che ti vogliono vendere hashish. Guardandosi intorno, infatti, si nota che la fauna locale e straniera è composta da “sballoni” dagli sguardi persi seduti nei tantissimi localini che affollano la città. E’ stato ridicolo sentire le conversazioni dei alcuni turisti italiani che ci precedevano, erano tutti in cerca del significato della vita e filosofeggiavano sullo stile di vita indiano e intanto erano firmati da capo a piedi e portavano occhiali Gucci grandi come fanali: ma dove volete andare che senza gli occhialoni Gucci vi mettere a piangere??? A parte queste scene esilaranti e tristi allo stesso tempo, noi non siamo riusciti neanche a scendere ai Ghat. Appena ci provavamo venivamo assaliti da personaggi che volevano a tutti i costi rifilarci dei fiori per la Puja. Peccato che per la Puja ti chiedevano 100€. Roba da farti scappare la voglia di tornare.

Pushkar non è neanche adatta a chi fatica a prendere sonno: durante le 24 ore vengono incessantemente sparate ad alto volume delle preghiere preregistrate. Un tormento per tutta la notte. Inoltre è vietato fare fotografie dei Ghats, anche se fatte dai balconi degli hotel.

Almeno abbiamo potuto godere di un’ottima vista della città dal nostro hotel, il Pushkar Palace.

Peccato per l’antipatia dei camerieri. Andremo anche contro corrente ma, secondo la nostra opinione, anche Pushkar è stata una delusione.

Jaipur= Jaipur, la capitale dello stato del Rajasthan, è famosa per i suoi edifici di arenaria rosa. Fu fondata dal re astronomo Sawai Jai Singh II e costruita secondo il Shilpa Shastra, l’antico trattato indù sull’architettura e la scultura. Cinta da mura in cui si aprono sette porte, tanti quanti sono i blocchi in cui è suddivisa, la città ha una planimetria armoniosa e belle strade lastricate. Al colore degli edifici si aggiungono quelli degli abiti delle donne, dei turbanti degli uomini. Il traffico è sempre molto intenso e anche lo smog è micidiale, però rispetto ad altre, è una città abbastanza ordinata. Noi abbiamo visitato il City Palace (dove è stata girata una sequenza del film “Natale in India”) che è davvero spettacolare.

Il City Palace, tuttora residenza del Maharaja di Jaipur, è un enorme e complesso palazzo con numerosi cortili, due musei ed una armeria. Il cortile più famoso è il Pritam Niwas Chowk, o più famigliarmente chiamato il cortile dei pavoni. Deve infatti il suo nome alla splendida decorazione di una delle quattro porte che si affacciano su di esso. Tutte e 4 le porte sono stupende e rappresentano le 4 stagioni. Anche il cortile adiacente alla costruzione principale è stupendo. Il colore rosa intenso, poi, è davvero avvolgente. Qui si possono ammirare anche i vasi più grandi del mondo. Rientrano a pieno titolo nel guinnes dei primati ed è davvero affascinante la loro storia. Possono contenere circa 900 litri di acqua ciascuno e furono usati dal Maharajà di Jaipur per trasportare acqua del Gange durante un suo viaggio in Inghilterra.

A pochi passo dal City Palace, poi, si trova il Jantar Mantar, il famosissimo osservatorio astronomico all’aperto. Gli strumenti sono davvero strani ma sono estremamente precisi e ancora oggi funzionanti.

A Jaipur si può anche vedere il famosissimo Hawa Mahal, più conosciuto come casa dei venti. Purtroppo il monumento è un po’ in rovina. Lo si può ammirare da una trafficatissima via centrale della città. Davanti ad esso, purtroppo, vengono ammassati una quantità di rifiuti incredibile. Per fotografarlo è bene andare sul lato opposto della strada, così da fare stare nell’inquadratura la maggior parte di esso, altrimenti una fotografia dal basso farebbe molto effetto linee cadenti. L’Hawa Mahal è un palazzo di otto piani la cui facciata, in arenaria rosa, comprende quasi mille fra nicchie e finestre, tutte finemente lavorate a merletto.

Serviva da osservatorio dal quale le donne di corte, non viste, potevano assistere alla vita della città.

A 11 Km dalla città, poi, si trova l’ Amber Fort. Che ha una facciata solenne ed austera, mentre Gli interni sono fastosi, eleganti e raffinati.

Dopo una lunga coda i turisti vengono fatti salire sui ripidi bastioni a dorso d’elefante, la maggior parte dei quali hanno proboscidi stupendamente dipinte. Stare sul dorso di un elefante è come stare su di una barca durante una tempesta, me è molto divertente.

Grazie al cielo ogni singolo elefante può fare solo 3 salite al forte, in questo modo viene ridotto al minimo il loro affaticamento. Sappiate poi che gli elefanti sono unicamente elefantesse, in quanto hanno un temperamento più docile. Ci è stato infatti raccontato che qualche anno prima un elefante maschio si era imbizzarrito ed aveva ucciso un turista.

Durante la lunga coda per salire sull’elefante siamo stati assaliti (termini azzeccato) da una miriade di venditori che volevano rifilarci di tutto. Grazie al cielo a quel punto del viaggio avevamo imparato che ignorarli era la cosa migliore, quindi facevamo finta di non vederli e dopo un po’ si sono stancati di stressarci e sono dedicati ai turisti spagnoli in coda dietro di noi.

La fatica di stare in coda per più di un’ora però è stata ripagata dalla bellezza del forte.

Stupenda e scenografica la terrazza d’entrata, di un bianco accecante. Questa terrazza, nella parte che guarda la gola, è coperta da una fila di colonne con capitelli a forma di elefante. Le pareti ed il soffitto sono finemente lavorati a specchio, mentre stupende finestre intarsiate si aprono sul lago sottostante. Davvero strabiliante. Anche il resto del palazzo è bellissimo. Assolutamente dovete andarci.

Qui al forte troverete una ragazza che è bravissima a fare i tatuaggi all’ hennè, non potete non farvene fare uno anche voi. Garantito: in 15 gg scompare completamente.

Fatehpur Sikri = percorrendo la strada che da Jaipur va ad Agra, si incontra la fantastica città abbandonata di Fatehpur Sikri. Questa città fu costruita nel 1569 per volere dell’imperatore Akbar. Con la costruzione di questa città, Akbar voleva dare una dimostrazione dello sfarzo e della potenza della sua corte. Purtroppo però la città non si sviluppò e dopo 20 anni venne abbandonata sia per la siccità sia per i disordini politici creatisi. La gente si trasferì ad Agra e da quel momento Fatehpur non fu mai più abitata. Oggi la città costruita in arenaria rossa è visitabile ed è sorprendente quanto sia magnificamente conservata. La città è magnifica ed al suo interno ospita una delle più grandi moschee dell’India. Assolutamente da non perdere.

Agra = purtroppo la città di Agra non una tra le più belle dell’ India, però i suoi monumenti sono fantastici. La città è trafficata, sporca e polverosa e dal centro, al contrario di quello che ci aspettavamo, il Taj Mahal non è visibile. Vedendo la città ci eravamo un po’ preoccupati, pensando che anche il Taj fosse in mezzo al traffico e allo smog e invece non è così. Per raggiungere il mitico mausoleo, infatti, si deve uscire dal centro cittadino e a due chilometri da esso la circolazione agli automezzi è vietata per evitare che lo smog lo annerisca. Bisogna quindi parcheggiare la macchina e salire a bordo ti tuc-tuc elettrici o farsela a piedi. Una volta il viale che conduce all’entrata era un lebbrosario a cielo aperto oggi, invece, è un susseguirsi di negozi di souvenir made in China.

Il Taj Mahal, descritto come il più stravagante monumento mai costruito per amore, è diventato, di fatto, l’emblema turistico dell’India. Questo emozionante mausoleo moghul fu costruito dall’imperatore Shah Jahan in memoria della sua seconda moglie Mumtaz Mahal, la cui morte per parto nel 1631 lo aveva lasciato talmente addolorato che, secondo quanto si narra, i suoi capelli imbiancarono dalla sera al mattino. La costruzione del Taj ebbe inizio quello stesso anno e fu completato soltanto nel 1653, 22 anni dopo. Alla sua costruzione parteciparono i migliori maestri dell’epoca ai quali, si dice, furono poi tagliate le mani per evitare che potessero riprodurre una simile meraviglia. Ll Taj è di una grazia sorprendente visto da qualunque angolazione, ma la cosa più strabiliante sono I dettagli. Pietre semipreziose sono intarsiate nel marmo, formando bellissimi disegni, con un procedimento noto come pietra dura. La precisione e la cura adoperate nel progetto e nella costruzione del monumento sono altrettanto emozionanti se lo si ammira dall’altra sponda del fiume o da mezzo metro di distanza. Al suo interno vedrete le tombe dell’imperatore e della moglie nascoste dietro una grata in pietra. Il Taj Mahal è la perfezione geometrica più assoluta. Anche i 4 minareti che lo circondano sono stati costruiti con una inclinazione di 6 gradi in modo che, anche in caso di crollo, non vadano ad impattare sul corpo del mausoleo.

Bisogna assolutamente ricordarsi che il Taj Mahal è chiuso di venerdì, giorno di preghiera per i musulmani.

Per arrivare al Taj Mahal bisogna attraversare la porta delle mura che lo circondano. Attraverso di essa incomincia a vedersi la sua sagoma e incominciano già a venire i brividi. Purtroppo il Taj Mahal può essere ripreso solo dalla porta d’ingresso, dopodichè la telecamere deve essere lasciata in custodia presso le cassette di sicurezza. Inoltre bisogna superare una serie di accurati controlli della polizia. Niente batterie, niente carica batterie, niente cibo, niente torce, insomma niente che possa causare scintille o contenere qualche esplosivo. Il rischio attentati ci dicono essere molto alto. Per fortuna è filato tutto liscio.

E’ indescrivibile la sensazione che si prova al cospetto di una tale meraviglia. E’ bellissimo, bianchissimo, grandissimo, è perfetto. Vengono quasi le lacrime agli occhi. Nessuna immagine riportata potrà mai rendere una meraviglia simile. Non si smetterebbe mai di fare fotografie.

Noi siamo stati moto fortunati e le vasche d’acqua nel giardino erano piene e il Taj vi si rifletteva dentro. Probabilmente abbiamo scattato più di 100 fotografie. Al Taj Mahal bisognerebbe stare dall’alba al tramonto. Ad ogni ora del giorno il suo colore cambia riflettendo la luce del sole. Noi non avremmo mai voluto lasciare quel posto, però la nostra visita doveva continuare così, anche se con molto ritardo, abbiamo proseguito.

Purtroppo non abbiamo visitato il forte in quanto ormai mancavano 15 minuti alla sua chiusura, ma è andata bene così: siamo rimasti un po’ di più al Taj. Tutti dicono che quello di Agra è il forte più bello, mentre la guida ci ha assicurato che avevamo già visto altri forti più belli, così ci siamo sentiti un po’ più sollevati. In ogni caso abbiamo visitato anche quello che viene chiamato Baby Taj. E’ un altro mausoleo a poca distanza dal Taj e, anche se molto più piccolo, vi possiamo garantire che è anch’esso fantastico. Le decorazioni sono splendide, sicuramente più ricche di quelle del fratello maggiore. Al nostro arrivo in tardo pomeriggio non c’era alcun turista così abbiamo potuto godere del suo splendore in libertà insieme a qualche scimmia. Alla fine, prima di tornare all’ Hotel, ci siamo fermati a fare compere in un negozio dove lavoravano il marmo. Abbiamo visto delle cose meravigliose: tavoli, sedie, piatti, lampade e chi più ne ha più ne metta. Peccato che i prezzi non fossero proprio a buon mercato. Però qualcosa abbiamo comprato anche noi. Agra è sicuramente il posto giusto per acquistare sia gioielli che pietre preziosi ma anche manufatti in marmo.

Orchha = questa cittadina è stata una vera sorpresa. Ci aspettavamo un villaggio come Bundi, invece, abbiamo trovato una perla sulle rive del fiume Betwa. Graziosa, ordinata, pulita, calma, verde, interessante ed accogliente. Il villaggio di Orccha è una delle mete che ci colpiti maggiormente. Provate ad immaginare un piccolo villaggio inserito in un complesso di meravigliosi palazzi e templi di sultani e Maharaja, dove potete passeggiare con tranquilla serenità senza l’assillo delle orde di turisti e venditori. Questa è Orchha. Fondata nel 1531, fu la capitale di un potente regno mogul. Il Jehangir Mahal Fort, edificio dalla struttura imponente, ne è un tipico esempio. Alla sua sommità è possibile passeggiare lungo il perimetro, attraversando le sontuose guglie. Godetevi il panorama. Al suo interno, poi, potrete vedere dei fantastici affreschi. Dalla sommità del forte vedrete anche il Raj Praveen Mahal, edificio ormai in rovina dedicato alla danzatrice dal quale il palazzo prende il nome. Fatevi raccontare come l’ intelligenza di quella donna abbia potuto evitare una guerra.

Fuori le mura, vicino al bazaar, sorge il Ram Raja Temple, cuore del villaggio, un ex palazzo dall’aspetto ormai moderno. La leggenda vuole che il Maharaja, che aveva costruito questo palazzo per la sua regina, ricevesse in sogno l’ordine di Rama di riportare a Orchha una sua statua. Esaudito il desiderio del dio, il Maharaja si apprestava ad ordinare la costruzione di un tempio apposito, quando si ricordò della seconda parte del sogno: la statua doveva restare nel primo luogo dove fosse stata deposta. Così il palazzo divenne tempio. Dal cortile di questo, parte una scalinata che porta al bellissimo Chaturbuj Temple, fatto costruire per accogliere la famosa statua. Anche il centro cittadino con il suo mercato/bazaar è davvero bello. I colori delle spezie, delle tinture naturali, gli odori degli incensi so mischiano in una sensazione di pace e benessere. Andate tranquilli ed esplorate il mercato, nessuno vi disturberà.

Poi, al tramonto, fatevi portare sulle rive del fiume Betwa che scorre limpido e tranquillo. Da lì avrete una immagine della città e della sua “skyline”: il colore rosso rende tutto molto affascinante e romantico ed il rumore dello scorrere dell’acqua aiuta a rilassarsi ulteriormente.

A circa 15 minuti a piedi dalla, sulla riva del fiume, troverete i cenotafi reali, Royal Chhattris, alcuni in rovina, ma altamente suggestivi al tramonto. Orchha è un altro magico luogo da non perdere. Ci sarebbe piaciuto rimanere più a lungo, ma il nostro viaggio ci portava a Khajuraho.

Khajuraho = per raggiungere Kaìhajuraho da Orchha ci sono volute ben 6 ore, quindi a Khajuraho siamo arrivati nel tardo pomeriggio. Da Orchha a Khajuraho il panorama è differente rispetto al solito ambiente desertico che accompagna il turista che attraversa il Rajasthan. La zona è più verde e ricoperta di boschi. Grazie anche a questa vegetazione, entrare in Khajuraho non è “scioccante” come entrare nelle altre città. Coma ad Orchha, anche qui il traffico è limitato e le strade sono pulite. I piccoli villaggi sono sempre più belli rispetto alle grandi città. E’ carino fare un giro in città e tirare sera aspettando lo spettacolo “lights and sounds” che ogni sera viene rappresentato presso il gruppo dei templi occidentali. Una voce narra della storia di questi templi e della loro riscoperta accompagnata da luci e suoni che avvolgono i templi ad intervalli diversi. La mattina, poi, pronti per immergersi nelle fantastiche sculture. I templi di Khajuraho sono una delle attrazioni più curiose di tutta l’India. Si dice che migliaia di artisti abbiano scolpito nella pietra dei templi immagini di vita quotidiana, includendovi quelle famose “tantriche”, che li ha trasformati in una sorta di Kamasutra in pietra. Le immagini che vedrete nei templi del gruppo occidentale sono mozzafiato, tanto sono armoniose ed eleganti nella loro espressività. Oltre al significato intrinseco delle sculture, tutte quelle immagini di sesso sfrenato sono davvero esilaranti. Con la nostra guida ci siamo fatti una serie infinita di risate. Ridi e scherza abbiamo anche saputo che la nostra guida a Khajuraho era stata in Italia in un paese che dista solo 2 chilometri da casa nostra e che conosce una importante famiglia della zona. Quando si dice che il mondo è piccolo … I templi del gruppo occidentale sono certamente i più belli: il Kandariya Mahadev, il primo che incontrerete, è il più grande ed il meglio conservato. Tante sono le scene erotiche, ma potrete ammirare anche le più belle espressioni di raffigurazioni di divinità maschili e femminili. Ma forse la più bella scultura del sito la troverete al Mahadeva Temple, dove potrete ammirare una creatura mitologica, Sardula, che accarezza un leone. Al Vishvanath e Nandi potrete deliziarvi la vista osservando le armoniose e lunghe gambe delle aspara, ninfe celesti che danzano. Al Parsvana Temple, appartenente ai templi del gruppo orientale, quasi tutti giainisti, potrete osservare con quanta deliziosa poesia una figura femminile si toglie la spina da un piede, si trucca gli occhi, suona strumenti musicali, scrive una lettera o gioca con animali e bambini. Tutte espressioni di vita quotidiana, raccontate con grazia infinita. Appena fuori dai templi del gruppo occidentale, il Matangesvara Temple è tutt’oggi utilizzato per il culto e se siete fortunati assisterete come noi ad una preghiera di novelli sposi nei loro bellissimi vestiti. Se passate da Khajuraho, e dopo lo spettacolo luci e suoni vi è venuta fame, mangiate al ristorante MEDITERRANEO, molto vicino ai templi. Il Ristorante italiano è gestito da indiani ma vi sorprendete sia per la superba cucina che per l’ottimo italiano parlato. Noi abbiamo mangiato una pasta alla bolognese eccezionale e anche la pizza che era sul tavolo dei nostri vicini sembrava essere più che deliziosa.

Varanasi = per raggiungere Varanasi da Khajuraho abbiamo dovuto prendere un volo della Jet Airways. Farla in macchina sarebbe stato impossibile, a causa delle pessime condizioni delle strade ci avremmo messo almeno 16 ore. Invece con un’ ora di volo il problema è risolto. Il volo è stato ottimo, la compagnia aerea molto seria e l’aereo era nuovissimo, le hostess bellissime e gentilissime. Peccato che i controlli sono stati lunghissimi e assurdi. E noi che avevamo paura di trovare una “supposta con le ali” anziché un bell’apparecchio e un ottimo pilota.

Per descrivere quello che si vede e quello che si prova a Varanasi servirebbe un libro intero, e probabilmente non sarebbe neanche sufficiente.

E’ proprio in questa città che si capisce quanto l’ India sia incredibile. Qui troverete tutta l’ India concentrata in una città. Il bello e il brutto dell’ India sono nascosti in ogni vicolo di Varanasi. La vita, la morte, la malattia, la povertà, la sporcizia, gli odori cattivi si sono dati appuntamento tutti qui, eppure Varanasi rimane nel cuore. Ancora oggi, a distanza di mesi, abbiamo vive in noi una serie infinita di immagini e di sensazioni che credo non ci abbandoneranno mai. Non poteva esistere conclusione migliore del nostro viaggio che a Varanasi. Questa città, più sacra fra tutte all’ Hinduismo, non offre monumenti architettonici spettacolari, ma è essa stessa un monumento unico all’essenza dell’India.

Ogni Hinduista, almeno una volta nella sua vita, deve recarsi a Varanasi. La città sorge sul Gange. Ed è sul Gange che, ogni mattina all’alba, gli Hinduisti compiono le proprie abluzioni. Ed è ancora sul Gange che ogni Hinduista ambisce di terminare la propria vita terrena. Ed è sempre nel Gange che ogni Hinduista desidera che vengano sparse le proprie ceneri. Le pire dei Ghats crematori ardono 24 ore su 24 ed ogni sera, al tramonto i brahmini danzano tenendo in mano delle sculture di luce, mentre le centinaia di persone che assistono alle cerimonie sia da terra che dal fiume, affidando alla “madre Ganga” delle fiammelle che rappresentano i propri sogni. Quanto più lontano la corrente porterà la propria fiammella, tanta più prosperità si avrà. Spezziamo il romanticismo per dire che Carlo appena ha immerso la sua “barchetta” l’ha fatta rovesciare ed è andata subito a picco. Speriamo che non sia un cattivo presagio.

La città di Varanasi è una tra le più antiche abitate della terra: ha un’età di quasi tremila anni.

E la sua storia e la sua cultura li dimostrano tutti. La città in se è caotica e sporca e sicuramente le zone più distanti dal Gange sono quelle meno affascinanti. Non fate l’errore di scegliere un hotel in centro città: ci vorrebbe troppo tempo per raggiungere il fiume e, comunque, non avrete intorno nulla di interessante.

Scegliete invece come abbiamo fatto noi un hotel direttamente affacciato sui ghat. Da lì potrete intraprendere delle indimenticabili passeggiate lungo le famose gradinate.

Assistere alla vita quotidiana di questo popolo è semplicemente strabiliante. I riti, le preghiere, ogni gesto, tutto è denso di significato e poesia. Si può stare ore ed ore seduti sui gradoni ad assistere ammutoliti a questo spettacolo. Non curanti dell’alto tasso di inquinamento delle acque, le persone devono, lavano i denti, lavano i vestiti, si lavano per purificarsi, nuotano e si procurano dell’acqua da portarsi nelle proprie abitazioni e tutto a poca distanza dagli scoli delle fogne che si gettano di slancio dai gradoni nel fiume e a pochi passi dai ghat crematori (dove poi le ceneri finiscono in acqua). Certamente si può rabbrividire, ma tutto ha una sorta di magica attrazione. Non si può fare a meno di riflettere e di rimanere stupiti. Assolutamente non bisogna perdersi i giri in barca all’alba e al tramonto, quando la vita sul Gange ha il suo apice. Assistete dalla barca alla preghiera serale che dura circa un’ora: vi consigliamo di vederla per metà dal fiume e per metà direttamente a terra in mezzo alla folla dei fedeli e rimarrete sbalorditi: sia per il continuo suonare di campanelli, che per il suono dei gong, che per le litanie ipnotizzanti. Scovate tra la folla i volti più belli e osservate i loro occhi, profondi e scuri come la notte. Mischiatevi tra i pellegrini ed i Sadhu, gli affascinanti mistici che hanno rinunciato agli aspetti esteriori dell’esistenza, giunti fin qui da ogni parte dell’India lasciando i propri luoghi di ritiro. Si incontrano solitari o a gruppi lungo il Gange, spesso nudi e cosparsi di cenere con sguardi fieri e profondi, dediti a riti devozionali o a passarsi il sacro cylum tra una folla di devoti e le cerimonie officiate dai brahmini.

Fatevi poi accompagnare nei vicoli della città e fermatevi ad acquistare degli incensi. A Varanasi ne troverete di ottimi. Passeggiate avanti e indietro sui ghat e in ogni momento ai vostri occhi si presenteranno scene sempre diverse. Per chi arriva a Varanasi è d’obbligo assistere ad una cerimonia funebre, non per pura curiosità, ma per capire davvero l’ India e la sua cultura. Attenzione: non è permesso né fotografare né filmare e questo è assolutamente giusto nel rispetto della morte.

Nel vedere tutta la legna accatastata a ridosso delle gradinate e ammassate sulle chiatte sul fiume non si può che pensare alla quantità di persone che ogni giorno vengono portate qui per l’estremo saluto alla vita.

Oltre ai Ghat a Varanasi si può fare visita anche al Tempio di Vishwanath, dedicato al Dio Shiva. Questo è conosciuto più comunemente come “Tempio d’oro” (per via della sua cupola interamente rivestita d’oro) o “Tempio delle scimmie” (visto il numero assai elevato di scimmie che abitano all’ interno delle sue mura). Il tempio non è visitabile al suo interno ai non Hindu e sinceramente l’esterno del tempio, cupola a parte, non è poi così interessante. Per accedere al cortile bisogna passare da una stretta porta ed essere perquisiti dai militari. Non si possono portare macchine fotografiche, telefoni cellulari, videocamere, insomma non si può portare niente, quindi gli zaini devono essere lasciate in qualche negozietto lungo gli stretti vicoli che conducono al Tempio. Non preoccupatevi, nessuno toccherà nulla. Tutti questi controlli, ci è stato spiegato, servivano per evitare attentati e scontri tra induisti e musulmani. Tutto questo però non è stato abbastanza visto che un paio di mesi dopo una bomba è esplosa proprio in questo luogo causando morti e feriti.

Anche il tempio di Bharat Mata, dedicato alla madre India (un lastrone di pietra bianca) non è nulla di straordinario. Eventualmente potete spingervi fino a Sarnath a circa 1 ora si macchina da Varanasi. Sarnath è un luogo legato alla memoria della prima predicazione del Buddha e centro di irradiazione della cultura buddhista nel mondo. Poi, giusto per vedere tutto, potete farvi accompagnare a fare un giro alla Banares Hindu University, la più grande università dell’oriente.

Varanasi da soli potrebbe valere la pena di un viaggio in India. Varanasi è l’ India.

Se poi da Varanasi dovete tornare a New Delhi, non disdegnate l’opportunità di un viaggio in treno. Noi lo abbiamo fatto ed è stato un altro modo per conoscere meglio questo paese.

Da Varanasi a Delhi ci vogliono circa 13 ore di viaggio ed il treno Shivganga Express viaggia di notte, quindi abbiamo preso una cuccetta. In questo modo, effettivamente, non abbiamo assaporato appieno l’ebrezza di un viaggio in mezzo alla gente, ma almeno abbiamo potuto riposare molto bene. Dai racconti di altri turisti che avevano intrapreso viaggi in treno anche più brevi le condizioni delle carrozze e del viaggio sembravano essere davvero inquietanti. Mentre il nostro scompartimento di prima classe prevedeva 3 cuccette separate. Ogni cuccetta era dotata di 2 letti che diventavano comodi sedili, biancheria per la notte, lavandino e piccolo armadietto. Ottimo spazio per i bagagli. Ovviamente le toilette erano comuni ma accessibili ai soli viaggiatori di quello scompartimento. Ogni mezz’ora passava un inserviente che offriva cibo e bevande. Passino le bevande, ma per il cibo è meglio provvedere da soli. A colazione, per esempio, ci sono state servite delle uova fritte dal colore verdastro e dall’odore nauseabondo con del pane tostato ammuffito. Quindi è meglio prendersi qualcosa e portarselo sul treno. In ogni caso abbiamo dormito benissimo e le 13 ore sono passate senza problemi. Partenza e arrivo ovviamente in ritardo rispetto agli orari indicati, ma non c’è problema, anche il treno in India se la prende con “shanti”. Probabilmente è stato proprio il lento incedere del treno che ci ha cullati per tutta la notte. L’unica avvertenza è di fare molta attenzione nelle stazioni. Insieme ai viaggiatori si annidano una serie infinita di borseggiatori (come capita anche a Milano). Mentre aspettavamo il treno, infatti, ci siamo accorti di 2 individui che ci guardavano da testa a piedi e che scrutavano attentamente il nostro bagaglio e che spesso confabulavano tra loro dandoci delle occhiatacce. La nostra guida, però, non ci ha abbandonati fino a che non ci ha accompagnati nella nostra cuccetta e quindi è filato tutto liscio come l’olio. La stessa ci aveva anche avvisati che a Delhi saremmo stati assaliti da gente che avrebbe insistito per portarci le valigie (e così è stato) ma che noi avremmo dovuto fare finta di nulla e aspettare seduti che la guida della Agenzia salisse sul treno a prenderci. Ovviamente noi abbiamo ascoltato il suo consiglio e non ci è accaduto nulla, ma le persone che ci volevano portare le valigie e che noi respingevamo ci guardavano davvero male: fino a che non è arrivato il nostro contatto dell’agenzia hanno assediato la porta della nostra cuccetta e, anche se avessimo voluto, non avremmo potuto scendere dal treno. All’ arrivo del rappresentante della Compass India, però, si sono dileguati alla velocità della luce. Nelle stazioni bisogna sempre stare allerta.

E’ stato però un vero peccato sapere che, a distanza di un mese dal nostro rientro, anche sul Shivganga Express è saltata una bomba con conseguenti morti e feriti.

Le rivendicazioni degli attentati a Varanasi e sul treno (ed in seguito anche a Bombay) sono ad opera di frange dell’estremismo islamico e questo è davvero brutto. Questo gli indiani non se lo meritano. Loro sono assolutamente tolleranti con qualsiasi altra religione che non sia l’ hinduismo e non vanno a dare fastidio a nessuno. Anzi il vanto degli indiani è proprio quello della pacifica convivenza fianco a fianco con i musulmani. Proprio non ci stiamo che anche questo angolo di mondo, dove ancora esiste un popolo pacifico e assolutamente rispettoso del prossimo, venga sconvolto dalla piaga del terrorismo islamico. Ci auguriamo vivamente che questa ondata di attentati venga interrotta al più presto e che la popolazione possa tornare a vivere in pace ed armonia. Colpire un popolo così sventurato è proprio una bassezza degna solo di condanna.

Se siete arrivati a leggere fino a questo punto credo voglia dire che il nostro racconto per voi è stato interessante e ne siamo felici. Speriamo di avervi dato un buono spunto per un vostro viaggio futuro. Anche se l’ India probabilmente non è al top della vostra lista di luoghi da visitare, dovete comunque partire e scoprire questo paese affascinate e contraddittorio. Partite comunque con la convinzione che l’ India non è una meta facile, nessuno vi può restare indifferente. Vi sentirete malissimo vedendo un bambino chiedervi da mangiare o vedere uno storpio strisciare per terra, ma non spaventatevi. L’ India non è solo questo. Nell’arco della stessa giornata potrete sentirvi malissimo o benissimo in diverse occasioni, basta girare l’ angolo. Ma le sensazioni, gli odori, le immagini, la vita vissuta fanno dell’ India proprio quella che viene definita da tutti come INCREDIBLE INDIA.

Buon viaggio Carlo&Elena Elena.Carlo1@alice.It



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche