Tre metri sopra la costa rica
Parlando con qualche albergatore e qualche guida abbiamo appreso che il 90% delle strutture e dei servizi per i turisti è in mano a stranieri e in particolar modo ad americani, relegando l’imprenditorialità turistica locale ai ristoranti tipici (le soda). Questo ha calamitato il turismo americano che invade il paese in particolare nella stagione secca (dicembre-aprile) e che comunque si mantiene costante lungo tutto l’anno. Di conseguenza è praticamente tutto fatto per gli americani a cominciare dal fatto che si accetta come moneta di pagamento il dollaro (non affrettatevi pertanto a cambiarli in aeroporto appena arrivate in quanto perdete tempo e – visto il cambio che applicano in aeroporto – anche denaro), che non è raro vedere in molti locali la trasmissione di match di baseball USA e che poi molti luoghi possono essere visti acquistando dei pacchetti stile “all inclusive” dove ci sono il trasporto, l’ingresso (al parco o alle terme o qualsiasi cosa sia), il cibo ed eventualmente anche la guida. Questo può essere “confortable” come piace a ‘sti ‘mericani (oltre che parecchio costoso) però può risultare abbastanza vincolante se, come a noi, vi piace vedere magari anche luoghi “meno battuti” (difficilmente raggiungibili se viaggiate con i trasporti pubblici e non avete un mese di vacanza) o comunque con i vostri ritmi.
Con questo non si vuole sconsigliare la Costa Rica, ma evidenziare che tutto ciò fa perdere un po’ di genuinità, che abbiamo trovato in altri paesi tipo il Guatemala o alcune zone del Messico.
Ora il racconto.
Innanzi tutto cosa vi consigliamo di portare: • Sacco a pelo • Scarponi da montagna • K-Way/Tela cerata (in estate le piogge si sprecano) • Adattatore multipresa • Fornelletto + piastre antizanzare • Spray antizanzare/antiinsetti • Stick post-puntura di insetti • Valigetta pronto soccorso • Torcia elettrica per vedere le tartarughe (altrimenti sarete costretti a comprarla in loco come noi…E non è proprio conveniente…) • Binocolo per vedere gli animali a distanza Ricordate poi di conservare 26$ in contanti a testa per uscire dal paese (si paga in aeroporto prima del check-in, non accettano carte di credito) 8 AGOSTO : MLANO-MIAMI-SAN JOSE’ Per cominciare in modo inconfondibile la vacanza, io (Oliver) e Rebecca ci svegliamo alle 6.00 direzione Malpensa per prendere il volo per Miami. Con guizzo felino (l’aereo non è proprio pienissimo) ci impossessiamo di due posti in due file diverse con a fianco il sedile vuoto, condizione essenziale visto che l’aeromobile Alitalia è piuttosto datato, con poco spazio tra i sedili e con lo schermo per i film unico e centrale e funzionante ad intermittenza…Arrivati a Miami dopo 10 ore tentiamo di battere il record di attraversamento ‘immigration+custom’ di cui siamo detentori dall’anno scorso (17 minuti a Houston…). In realtà ci mettiamo quasi tre quarti d’ora, ma non c’è problema perché la coincidenza American Airlines per San José parte tra 4 ore. Alla fine ritardando la partenza di 20 minuti in 20 minuti partiamo 6 ore dopo fra comunicati di gnomi, nerds, saltimbanchi e la risposta femminile a Tatum di Fantasilandia…E tutti in divisa AA…
Una volta saliti in aereo il comandante annuncia ulteriori ritardi per ragioni non ben definite… Arriviamo a San José come due panda (a causa delle occhiaie) alle 23,30: per smaltire in fretta gli effetti del fuso ho costretto Rebecca a stare sveglia per tutto il viaggio e lei ora è in preda ad una crisi di nervi. Arrivati in aeroporto mi precipito a cambiare i soldi (1° errore della vacanza in quanto in tutta la Costa Rica si paga in dollari US) e veniamo scaraventati su un pulmino-taxi tipo il furgoncino dell’A-Team.
Le strade sono buie e abbastanza inquietanti: arriviamo dopo 40 minuti all’hotel Santo Tomas (dotato di cancelli, inferriate anti-intrusione, manca il filo spinato…).
La prima impressione non è delle migliori: domani sicuramente con la luce del sole ci sembrerà tutto più bello.
9 AGOSTO : SAN JOSE’ 2° errore della vacanza: passare…Anzi sprecare…Una giornata a San José.
Memori del Messico e del Guatemala ci aspettavamo una cosa tipo Città del Messico o Antigua…In realtà San José si dimostra ben presto essere la meta perdibile per definizione.
Colazione in hotel (che comunque è molto carino e si trova molto vicino al Barrio Amon, la zona più sicura e turistica) a base di frutta e poi via alla conquista della capitale…Oddio tolto il Barrio Amon c’è ben poco da vedere, la città è sporca, povera e senza carisma.
Pranzo al ristorante ‘El Mundo’ con l’immancabile pechuga de pollo e piano alternativo per fuggire dalla città: purtroppo abbiamo già prenotato e pagato anche la seconda notte quindi qualsiasi piano ci vedrà in fuga solo l’indomani. Il piano di fuga si dimostra abbastanza impegnativo: la rete pubblica dei trasporti non è così organizzata e capillare e la Lonely a volte perde qualche colpo (…Per la cronaca la distanza con il Vulcan Poas è di 1 ora e mezza e non di 5 ore come indicato sulla Lonely). Dopo una buona oretta di confabulazioni decidiamo di abbandonare domattina presto la capitale alla volta di Alajuela, che rappresenta la base di partenza per le visite al Volcan Poas: la ricerca di informazioni ci porta nei pressi del Terminal Atlantico Norte che si trova in una zona assolutamente da evitare. Solo il pagamento di una ‘propina’ (mancia) forzata ci permette di toglierci di torno un personaggio che si offre di portarci in giro…
Prima di cena visitiamo il Museo della Giada (più per disperazione e per la volontà di dire ‘io l’ho visto’, che non per un vero interesse per gli oggetti mostrati…) e poi cena al Bakea (ristorante fusion molto carino, anche se un po’ caro).
Primo grande consiglio: non sprecare 1 minuto nella capitale. Arrivati in aeroporto dirigersi subito ad Alajuela (che è attaccata all’aeroporto a differenza di San José che dista circa 30km): se si arriva la sera tardi, piuttosto passare una notte negli hotel ‘asettici’ vicino all’aeroporto e dirigersi di buon ora il mattino dopo verso Alajuela.
10 AGOSTO : ALAJUELA Il piano è questo: arrivare ad Alajuela di primo mattino, trovare un hotel dove depositare i bagagli e poi prendere alle 8,30 l’autobus per il vulcano Poas.
Così facciamo: prendiamo l’autobus per Alajuela alle 7,00 (il biglietto costa circa 1€), dopo 3 quarti d’ora arriviamo in centro ad Alajuela, troviamo un hotel dove fermarci 1 notte (Hotel Alajuela, vicino alla piazza centrale, per 30$: l’hotel non è nulla di pazzesco però il prezzo è onesto, è pulito e il personale è estremamente gentile) e andiamo verso il Terminal dei bus dove si parte per la gita al vulcano.
La Lonely (oltre che sbagliare in pieno il tempo per arrivare al vulcano) recita che la salita al vulcano non è impegnativa e che è alla portata di tutti: ma noi, memori di altri vulcani, non ci crediamo e per questo ci equipaggiamo come nelle migliori occasioni (scarponcini, pantaloni lunghi, maglioncino, magliette termiche, tela cerata, cappello, occhiali da sole, crema antiscottature, e soprattutto razione K composta da succhi di frutta, acqua, crackers, biscotti e cioccolato).
Ma alla partenza del bus cosa ci fa tutta ‘sta gente (intere famiglie di locals composte da tre/quattro generazioni) in infradito e cesti da pic-nic ? Boh…Ci sarà qualche fermata intermedia dove si prende il sole… La gita (perché di gita si tratta e non di ‘scalata’) si rivela essere abbastanza deludente: con l’autobus si arriva a 600m dal cratere e il poco tragitto che si percorre è lastricato da sanpietrini. Capiamo che quelli fuori luogo siamo noi e non la gente in infradito…Si arriva praticamente al cratere (che fuma ancora) e tutto sommato il panorama è bello: c’è poi un sentiero che porta alla laguna, ossia il vecchio cratere che poi si è definitivamente spento e si è riempito di acqua piovana che, risentendo dei miasmi sulfurei, ci spiegano essere particolarmente acida.
Secondo grande consiglio: non farsi lusingare da trasporti privati che chiedono circa 70$ per andare al vulcano…Non ne vale assolutamente la pena, tenere quei soldi da parte per altre gite future.
Si ritorna ad Alajuela alle 15,00 e individuamo dove prendere l’autobus per La Fortuna il giorno dopo, sperando di non fare incontri strani come a San José: in effetti la città è una San José in piccolo, caotica quanto a traffico ma più tranquilla quanto a potenziali minacce. Tutto fila liscio: l’autista di un bus ci spiega come fare ad arrivare a La Fortuna (in effetti gli autisti degli autobus si riveleranno essere molto gentili e soprattutto dispensano informazioni…Senza chiedere mance…).
Merenda alla panaderia Trigo Mill (ottima! Consigliata saggiamente dalla Lonely, che però ne canna clamorosamente l’indirizzo…Si trova in Avenida 2 tra Calle Central e Calle 2).
Cena a La Mansarda (…Altra canna della Lonely in quanto si trova in Calle Central…) e poi a nanna presto perché domani alle 6,30 c’è da prendere il bus per La Fortuna.
11 AGOSTO : LA FORTUNA Arriviamo alla fermata del bus con largo anticipo rispetto al passaggio del bus (ci dicono che in genere passa tra le 6.20 e le 6.45…Nel dubbio alle 6.00 siamo alla fermata) e comunque notiamo che la città è già in fermento a quell’ora.
Tempo per un pan dulce e arriva il bus: il viaggio dura 4 ore circa e attraversiamo finche di caffè, giungla, case fatte di fango e tetto in lamiera.
Arrivati verso le 11 mettiamo le nostre valigie in hotel (Tropical Paradiso, 50$ la stanza con vista sul vulcano Arenal…O meglio così ci dicono perché il vulcano è sempre coperto da nubi e non si vede. Comunque le stanze sono ottime).
Pranziamo e ci organizziamo il pomeriggio e lì capiamo una grande verità: se avessimo avuto dei mezzi propri ci saremmo organizzati le gite che più ci piacciono nei modi a noi più congeniali. In realtà dipendendo dai trasporti pubblici siamo in balia dei mini-pacchetti che ti offrono le agenzie o le reception degli hotel. Proviamo a prendere nel nostro hotel un pacchetto composto da visita al vulcano + terme per 50$ a persona: la visita dura poco più di un’ora e poi sfiga vuole che si metta a piovere e non si veda né la bocca del vulcano né la tanto pubblicizzata colata di lava. Durante il giro vediamo da molto lontano un tucano (ah…Se avessimo avuto un binocolo…) e 3 tacchini selvatici.
Ci accompagna il nostro albergatore (che, aldilà del pacco che ci ha tirato è molto simpatico) che con la sua magliettina da Superman (…A proposito ma sarà stata sempre la stessa o ne aveva un stock di qualche decina tutte uguali ??…) tenta di giustificare con la stagione delle piogge, il buco nell’ozono e per consolarci ci porta subito alle terme. Non al Tabacon (le più fighe de La Fortuna) né da Baldi (dove ci dice che c’è troppa gente), ma all’Ecotermal. Le terme sono molto carine e rilassanti ma infestate da orde di teenager americani in viaggio studio (c’è una ‘escuela de idioma’): ci incuriosisce il fatto che si acceda alle terme dove l’acqua va dai 37 ai 45 gradi, facendoti crollare la pressione, con la possibilità di bere cocktail preparati dal barman (cosa che fa letteralmente impazzire gli americani). Le ragazz(in)e a nastro si bevono pina colade, mojiti, caipirinhe come se niente fosse immerse nell’acqua a 40°…Piccole Sue Ellen crescono…Non siamo bacchettoni, ma l’immagine non è bellissima.
Andiamo a dormire bolliti come due cocchi.
12 AGOSTO : LA FORTUNA Questa mattina ci aspetta la visita alla riserva biologica e alle cascate (cataratas).
Colazione alla soda La Parada e poi pulmino (viaggio organizzato …Altri 50$ a testa alla Jackamar Tour): Gabriel, questo il nome della guida, ci porta alla riserva. La riserva è piccolissima, temiamo la sola… Fortunatamente è gremitissima di animali e piante. Fra gli altri vediamo, anche con l’aiuto del cannocchiale della guida: la rana dai blu-jeans, un basilisco, diversi pennuti, diverse farfalle e 3 BRADIPI (diciamo che Rebecca voleva venire fin quaggiù per vedere fondamentalmente i bradipi: lei che rappresenta l’anello di congiunzione tra l’homo sapiens e il bradipo tridattile…). Il momento di massima tensione è stato quando la guida, pensando ingenuamente di fare un complimento, all’ennesimo pajaro (piccolo volatile) avvistato, dice a Rebecca che lei ha occhio per gli uccelli…Ho dovuto ricorrere a tutte le mie forze per evitare che Rebecca tirasse una testata con violenza alla base del naso di Gabriel, il quale si è riparato dietro di me non capendo ovviamente il senso della frase appena pronunciata…
Finito il giro ci dirigiamo verso le cataratas: la cascata è alta circa 60m e dopo una ripida discesa che corre lungo la cascata arriviamo nel punto del fiume dove l’acqua è più calma e ci facciamo un bagno (mentre sopra di noi vediamo sfrecciare ogni tanto quelli che fanno il canopy tour da albero a albero).
Terzo grande consiglio: non prendere la guida per las cataratas…Serve solo a curare gli zaini…
Tornati in paese affrontiamo un gigantesco taco de pollo e una corvina (pesce) al Lava Rocks e facciamo una visita ad un negozio di artigianato locale (il Lunatika, molto carino).
Abbiamo il pomeriggio libero: io sono nervoso perché sento che sto buttando via il pomeriggio, Rebecca si rilassa e si gode il panorama del vulcano sulla abuelita (la sedia a dondolo) sul terrazzo della nostra camera d’albergo.
Arrivata l’ora dell’aperitivo, ci prendiamo due Imperial al supermercato e ci facciamo l’aperitivo sulla veranda in hotel: ne approfittiamo per organizzare il trasferimento del giorno dopo jeep-barca-jeep alla volta di Monteverde (biglietto 19$).
E qua si interrompe il racconto della giornata di oggi: non perché non abbiamo preso appunti ma perché finite le birre ci appisoliamo a letto e ci svegliamo come due ottuagenari solo il giorno dopo.
13 AGOSTO : MONTE VERDE / SANT’ELENA Solita sveglia, che neanche quando sei al lavoro metteresti mai (6.15) e solita colazione alla soda La Parada (aperto 24h) di fronte alla fermata del bus.
Capiamo che il jeep-barca-jeep in realtà sarà un carro-bote-carro (ossia bus-traghetto di fortuna-bus): prendiamo il primo bus (un pulmino 13 posti) alle 8,30 e dopo 45 minuti arriviamo alla laguna Arenal. Qui veniamo caricati su una ‘carretta del mare’ e facciamo 1 ora di traversata e una volta sbarcati percorriamo ancora 1 ora e mezzo di bus.
Arriviamo a Monteverde a mezzogiorno circa e subito capiamo che le cose si stanno lentamente mettendo per i verso giusto: a cominciare dalla temperatura (qua siamo in montagna!) fresca e ventilata.
Troviamo sistemazione al Quetzal Inn (se non siete automuniti vi conviene stare a Sant’Elena altrimenti dovrete percorrere chilometri su una strada sterrata per andare a mangiare) per 30$ la notte: la camera…Anzi il mini chalet… è talmente piccola che sembra la casa degli scoiattoli su un albero. Poi ci tuffiamo nel brulicante centro Sant’Elena dove si sprecano le agenzie di viaggi, ristoranti e jeep taxi.
Una pechuga de pollo a la naranja al Tree House, mangiando tra i contorti rami all’interno dei quali hanno costruito il ristorante, e beviamo un espresso finalmente degno di questo nome.
Ci organizziamo la giornata: prenotiamo per le 17,30 la visita notturna alla Finca Ecologica (facendo la camminata notturna nella giungla speriamo di vedere gli animali notturni) e per le 7,30 di domani visita guidata al Bosque Nuboso della Riserva Monteverde.
Alle 17.20 scopriamo che la Finca aveva misteriosamente perso la nostra prenotazione: grazie però alla poca attività residua dei neuroni del fattone che gestisce il Quetzal riusciamo ad intrufolarci alla camminata notturna al Bajo del Tigre.
Viene buio presto (sono solo le 17.30) ma ci danno delle torce in dotazione e grazie ad esse vediamo un sacco di insetti, scarabei, ragni, una tarantola, un momot, un tucano, un bradipo enorme e un olingo (una specie di procione).
Dobbiamo credere alla guida sulla parola per la presenza di un porcospino all’interno della cavità di un albero…Io non vedo niente…
Alle 20 circa torniamo nel nido degli scoiattoli, breve doccia e poi cena da Morpho (cena discreta, conclusa con un dessert da standing ovation: il Caffè Morpho).
14 AGOSTO : MONTE VERDE / SANT’ELENA Sveglia all’alba (strano, vero?) dopo una notte in cui dormiamo tra le 3 e le 4 ore per i mille rumori che ci circondano (non ultimo un animale gratta-legno…Scopriremo poi essere uno scoiattolo con il nido nel sottotetto…). Colazione alla panaderia Jimenez di fronte alla banca e poi corsa in taxi alla Riserva Monteverde (3000 colones, 10 minuti).
Visita con guida spagnola (Antonio) : compagni di tour degli spagnoli e una danese.
Subito avvistiamo un rarissimo quetzal…Avvistiamo, io come sempre non ho visto nulla, ma la guida sembrava molto eccitata, Rebecca (che si ricorda, ha occhio per gli uccelli) vede solamente un volatile che vola via.
La giornata promette bene: Antonio ‘fiuta’ (!) la presenza di scimmie urlatrici.
Finito il giro bigiamo la proiezione delle diapositive sulla riserva (veniamo anche ripresi dalla guida per questo, ma sinceramente non ne avevamo molta voglia) e ritorniamo verso Sant’Elena, decidendo di fare a piedi i 5km di strada sterrata che ci separano: scorazziamo tra i lodges, il caseificio e scorgiamo 2 farfalle morpho.
Pranziamo nell’eccellente (ma costoso) Sofia e decidiamo di concederci il primo vero lusso della vacanza: prenotiamo per le 5 del pomeriggio 1 ora di massaggio al centro benessere dell’hotel Heliconia.
Tornati al Pueblo ci organizziamo il viaggio per domani (destinazione Playa Tamarindo): il viaggio ‘low-cost’, ossia con mezzi pubblici ci viene descritto come apocalittico (3 cambi di bus, incertezza sugli orari, 9-10 ore di viaggio…). Per questo decidiamo di comprare un viaggio con uno shuttle privato per 35$ (5 ore di viaggio) anche consigliato dal gestore della Pensione Sant’Elena, il vero tourist information center di Monteverde.
Tornati nel nido, ci prepariamo per l’agognato massaggio: Nick, il massaggiatore, ci disintegra fisicamente (…Ma che figata…). Ceniamo al Boemia (di fianco al Tree House: voto 2!!) e andiamo a dormire cullati ancora dai benefici effetti del massaggio.
La notte passa tranquillamente: il mostro gratta-legno questa notte non c’é…
15 AGOSTO : PLAYA TAMARINDO Oggi è festa nazionale: il “Dia de la Madre”.
Colazione alla solita panaderia Jimenez e vana attesa di mezz’ora per il coche (l’auto) che ci deve portare a Tamarindo.
Decido di muovermi e andare alla Pensione Sant’Elena a chiedere lumi: il braccio destro di Jacques (il titolare della pensione) si dimostra molto reattivo, chiama e cazzia la Mountain Travel (agenzia che ci avrebbe fornito il pulmino) e in 5 minuti il pulmino arriva.
Il resto della comitiva è costituito da 2 coppie di spagnoli di mezza età con una capacità polmonare invidiabile (non stanno zitti un secondo…): fortunatamente i primi 3 vengono scaricati a Liberia e la quarta persona (capiamo solo ora che solo una era la coppia, gli altri viaggiavano singolarmente) scende in un lodge a Rincon de la Vjeja (questo è il nostro grande rammarico: non essere riusciti nel nostro giro a vedere il relativo vulcano).
Noi proseguiamo verso la costa pacifica: vediamo anche il nostro primo formichiere (anche se morto spiaccicato a bordo strada).
Finalmente dopo 5 ore arriviamo a Tamarindo: ci fermiamo all’hotel suggerito dalla Lonely (il Villas Macondo 30$ a notte) : la scelta è azzeccatissima. Durante il viaggio l’autista Miguel si offre per accompagnarci per qualsiasi itinerario a prezzi che vanno dai 100 ai 170 $…Faccio finta che la cosa mi interessi: alla fine mi dà anche il numero di telefono (suo e della sua espuesa) e mi dice di chiamarlo il giorno dopo per metterci d’accordo.
Lo liquidiamo in pochi minuti, appoggiamo le valigie in camera e poi via subito in spiaggia: arriviamo e non c’è nessuno (forse perché è la 1 e mezza del pomeriggio ??). La spiaggia è molto bella circondata da colline verdissime e veniamo accolti da aironi e pellicani.
Il tempo è buono e rimaniamo in spiaggia fino al tramonto (che in realtà è alle 17,30) che rivela panorami e colori come sognavamo e come non avevamo ancora trovato (peccato aver lasciato le macchine fotografiche in albergo). Per cena tentiamo di mangiare al Lazy Wave ma non ci fermiamo perché non accettano carte di credito e noi siamo a secco di contanti. Ci ripromettiamo di tornarci domani. Tanto abbiamo deciso di fermarci un’altra notte.
Per stasera ci accontentiamo di 2 red snapper interi alla brace al Fiesta del Mare poi a nanna.
16 AGOSTO : PLAYA TAMARINDO La giornata non è iniziata alle 5 come al solito, ma ci concediamo un lauto 7,30.
Facciamo colazione alla Panaderia de Paris (veramente di livello! e anche l’espresso merita) e poi via in spiaggia per un bagno di sole! La marea è ancora alta perciò ci sistemiamo proprio a ridosso del muretto dell’hotel Diria.
Verso le 13 ci dirigiamo verso l’hotel dove ci docciamo e andiamo poi a mangiare un boccone al Zully Mar (niente di speciale) e torniamo in spiaggia, dove però il sole non c’è più e dove anzi comincia anche a piovigginare.
Pazienza, ci fermiamo lo stesso: per consolarci (ne avevamo bisogno…) ci prendiamo un postre alla frutta e un espresso alla Panaderia de Paris.
Uffa proprio oggi che avevamo portato le macchine fotografiche, il tramonto non è come il giorno prima a causa delle nubi: sulla strada del ritorno all’hotel prendiamo il biglietto per il giorno dopo (destinazione Manuel Antonio – Grey Line 27$ – partenza alle 13.30) e ci prepariamo per la cena.
Finalmente, carichi di contanti, andiamo al Lazy Wave dove consumiamo una cena buonissima (e cara…Sembra di essere a Milano come prezzi…): sushi, nems di verdure e aragostine e un dolce al caramello spazialerrimo ! 17 AGOSTO : PLAYA TAMARINDO / MANUEL ANTONIO Ancora mezza giornata di mare prima del viaggio con destinazione Manuel Antonio.
La giornata non è delle migliori, ogni tanto viene una spruzzata di pioggia, ma ciò nonostante ci abbronziamo (“essendo vicini all’equatore”…Come non manca di ripetermi con cadenza oraria Rebecca…).
La ragazza tedesca del Villas Macondo ci ha tenuto gli zaini per la mattinata e ci offre un bagno in cui possiamo toglierci la sabbia e cambiarci prima di prendere lo shuttle per Manuel Antonio.
Rapido panino (jugosissimo…Da Etcetra) e poi via, lontani da questo immenso e polveroso cantiere (a proposito stanno costruendo un sacco a Playa Tamarindo, anche tutto attorno al Villas Macondo stanno costruendo dei mini-complessi che lo stanno soffocando…Un vero peccato…). Il viaggio per Manuel é lungo e piove lungo tutto il percorso: si prevede una sosta al punto di incontro vicino a Puntarenas. Prima di arrivare al punto di incontro riusciamo anche a forare: l’autista suda copiosamente, due francesi scendono per aiutare, Oliver scende a dare preziosi consigli e coordinare il tutto, la tensione sale, l’umidità é fastidiosa, i passeggeri guardano nervosamente gli orologi…E Rebecca ? Rebecca decide che é arrivato il momento Christian Dior: la ritrovo sul bus che si spalma crema idratante sul viso. Direi che l’incidente non l’ha minimamente turbata.
Dopo il cambio gomma e il trasferimento su un pulmino più piccolo al punto di incontro arriviamo a Manuel Antonio sotto il diluvio: la destinazione é l’hotel Vela Bar (che però in spagnolo si pronuncia Bela Var…) gemellato con il Villas Macondo di Tamarindo.
Ennesima canna della Lonely: la cartina presente sulla guida non é assolutamente attendibile (qui il Vela Bar risulta essere a Quepos, la cittadina vicino a Manuel Antonio, in realtà l’hotel si trova a 200m dall’entrata del parco).
L’hotel e la stanza sono veramente belli, completamente immersi nel verde e nei suoni della giungla (durante la notte il nostro sonno sarà accompagnato da scimmie urlatrici, cicale e rospi).
Vista l’ora tarda di arrivo e un momentaneo black-out decidiamo di cenare in hotel (che dalla Lonely risulta essere uno dei ristoranti migliori della città…E noi confermiamo: ottimo il filete de pescado ai capperi ) in compagnia del gattaccio nero del padrone (notare che Oliver é allergico ai gatti…).
Dopo due chiacchiere con il cameriere italiano (che ci mostra orgoglioso lo stemma dell’Italia con le 4 stelle che si é fatto tatuare sul petto dopo la finale del 9 luglio) ce ne andiamo a dormire nella nostra bella camera.
18 AGOSTO : MANUEL ANTONIO Oggi giornata dedicata al parco nazionale.
Sveglia alle 7, colazione in hotel e poi andiamo a piedi al parco (dista 3 minuti).
Per entrare occorre guadare un piccolo fiumiciattolo (l’acqua arriva solo fino alle ginocchia) che però a causa della marea c’é solo al mattino: se non ci si vuole bagnare dei locals offrono il breve guado di 20 secondi su una barca che spingono a mano pagando una propina libera.
Prendiamo una guida (che poi scopriremo essere “non ufficiale” in quanto quelle ufficiali del parco hanno una casacca del Parco Nazionale con la scritta A.G.U.I.L.A) per 20$ a testa (più 7$ di entrata) e iniziamo il giro del parco.
La guida ci dice che se oggi non vediamo neanche un bradipo ci ridà indietro i soldi: ora, se non fosse stato sicuro di vederli ci avrebbe mai detto una cosa del genere ? Ovviamente no!! Infatti con precisione millimetrica ci fa vedere alla nostra sinistra una guatusa (un quadrupede tipo capibara) alla destra due iguane mimetizzate e dei pipistrelli, sopra di noi delle scimmie urlatrici con relativi testicoli bianchi (ci spiegano che i machi leader dei gruppi di scimmie, quelli destinati alla riproduzione, hanno i testicoli bianchi, mentre quelli che urlano sono i maschi alfa che servono solo a difendere il branco…Visto che io non presento nessuna delle due caratteristiche Rebecca afferma che io sono un maschio beta, lo sfighez del branco…), una famiglia di bradipi e il procione (il crab eater) che come l’orso Yoghi ruba le merende ai turisti.
Bisogna prepararsi al fatto che la guida faccia finta di sorprendersi di trovare questo o quell’animale, dicendo che oggi é un giorno fortunato perché si vedono molti esemplari…Crediamo sia un copione che recitano ogni giorno con qualsiasi turista…Infatti essendo questi degli animali piuttosto abitudinari si conoscono sempre i luoghi dove é possibile trovarli.
A parte tutto crediamo che avere una guida al seguito sia comunque utile perché certe spiegazioni comunque nelle guide scritte non ci sono (…Come la simulazione dei dispetti che fanno le scimmie urlatrici che si fanno la cacca nella mano e la tirano alle persone sotto gli alberi…Da standing ovation…) sia per l’attrezzatura che hanno (binocoli) che permettono di cogliere certi dettagli e scattare foto che altrimenti si vedono solo in cartolina.
Nel parco si aprono qua e là diverse spiagge, alcune meravigliose (la nostra preferita é la Playa Manuel Antonio), sabbia bianca, mare blu…Peccato la pioggia.
Comunque un bagnetto ce lo siamo fatti e ci siamo fermati in spiaggia fino a sera.
Usciti dal parco (chiude alle 16 e si può entrare e uscire a piacimento con il biglietto del giorno) abbiamo organizzato la partenza di domani per Cahuita (costa caraibica) che dobbiamo spezzare in due: prima tratta fino a San José (biglietto Grey Line 27$), seconda tratta con bus pubblico per cui prenderemo il biglietto al Terminal Caribe di San José.
Ceniamo in un posto molto carino ma dal cibo pessimo (Los Gemelos vicino alla spiaggia), per questo facciamo una continuazione di cena al ristorante Marlin dove ci prendiamo un postresito al cioccolato e due shot di Rum Centenario.
19 AGOSTO : MANUEL ANTONIO / CAHUITA Oggi ci aspetta un’intera giornata di viaggio.
Partiamo alle 7,25 e facciamo due soste, a Jaco e a 90km da San José per un “refrijerio, un café, un sandwich, no hay a pagar dinero, es una cortesia de la compagnia…” come ripete ad intervalli di mezz’ora l’autista… Assieme a noi viaggiano 2 genialoidi americani che hanno speso tutti i contanti e non hanno i 26$ per uscire dal paese.
Arrivati a San José ci facciamo lasciare al Terminal Caribe e prendiamo i biglietti per Cahuita (circa 7,5$ l’uno): nell’attesa (sono le 12.30 e il bus parte alle 14.00) ci spariamo due hamburguesa con papas fritas al bar trucido del terminal.
Il viaggio per Cahuita dura circa 3 ore e mezza e noi cominciamo a risentire dell’intera giornata di viaggio. Arrivati a destinazione (é ormai buio) decidiamo di alloggiare nel primo hotel che ci sembra ben tenuto (mediamente qui a Cahuita ci sono cabinas con standard di equipaggiamento e pulizia lievemente inferiori rispetto alle altre città): l’hotel (il Belle Fleur) é molto più bello esternamente di quanto sia tenuto internamente, però per i 20$ pattuiti questa sera ce la facciamo andare così. Tra l’altro erano rimaste due stanze tra le quali la più carina ci é stata soffiata da due francesi arrivati 30 secondi prima di noi: per fortuna, forse per stanchezza, la litigiosissima Rebecca non ha ingaggiato risse, inneggiando a Materazzi…
Uscendo per cena cerchiamo anche un posto migliore dove alloggiare il giorno seguente e lo troviamo nel Kelly Creek (fantastico, fortemente consigliato) che per 45$ ci darà un mini appartamento figosissimo tutto in legno.
Cena da Roberto’s (jumbo shrimps assolutamente di livello) a ritmi caraibici…Ossia coerentemente con la velocità dei bradipi.
20 AGOSTO : CAHUITA Colazione al Café del Parquecito, aperto e specializzato solo per le colazioni: granola y leche per Oliver, plato de fruta y granola per rebecca.
Le porzioni sono gigantesche !!! Ci spostiamo o meglio, spostiamo i bagagli al Kelly Creek e ci dirigiamo al Parque Cahuita (la cui entrata é a 10m dal Kelly Creek).
Mentre registriamo i nostri nomi e la donazione, arriva di corsa il proprietario del Kelly e ci chiede se vogliamo vedere un caimano…Ci porta dietro le cucine del Kelly mentre a gran voce grida “Roberto, vien aqui”…Il caimano non compare, sebbene Don Andrea gli tiri dei pezzi di pollo, in compenso vediamo un basilisco, una tartaruga e 3 uccelli appisolati sui rami.
Finalmente entriamo nel parco di Cahuita: stupendo !! Rigogliosissimo e con una bellissima spiaggia di sabbia bianca.
Durante la giornata vediamo granchi e lucertole a profusione, un branco di scimmie urlatrici e un bradipo tridattilo.
Verso le 15 usciamo dal parco e ci spariamo un sandwich al pollo al Coco Bar, breve surfata su Internet e poi ci organizziamo la visita al Tortuguero.
Finalmente entriamo poi in possesso della nostra stanza e ceniamo poi al Coral Reef (molto valido) e poi a nanna sotto le zanzariere.
21 AGOSTO : CAHUITA Ci svegliamo comodamente alle 8.00 e con il pappagallo di Don Andrea che ci saluta con un “Hola!”.
Colazione nuovamente al Parquecito per gustare la specialità della casa, cioè la crepe alla frutta.
Sulla via del ritorno, prima di andare al mare, ne approfittiamo per saldare il conto con Mister Big J che ci ha organizzato il trasferimento e il pernottamento al Tortuguero per l’indomani (70$ a testa). Mister Big J si dilunga un po’ nel tessere le lodi di Miss Junie, l’hotel al Tortuguero presso cui ci prenota la notte, della sua cucina, di Ferguson (“el padre del Calypso”) che abita a fianco e così arrivano le 10: oggi avremmo fatto volentieri una gita a Puerto Vjejo ma si é fatto troppo tardi e perciò decidiamo di stare a Cahuita.
Veniamo premiati da un sole pazzesco, una branco di scimmie urlatrici, un serpente e un branco di cebi.
Cena romantica al ristorante del Kelly Creek, dove Don Andrea in persona ci serve delle aragoste e dello squalo ai ferri.
22 AGOSTO : TORTUGUERO …Ovvero il giorno più lungo.
Ci svegliamo presto per partire alla volta del Tortuguero.
Il viaggio comprende: bus fino a Moin e poi barca fino al Tortuguero (in tutto preventivate 5 ore).
Il conducente del bus é armato di machete e assomiglia terribilmente ad un rapper americano: arriviamo a Moin alle 8.40 per aspettare il resto della comitiva (che si completerà solo 1 ora e 20 più tardi) e il rapper (che per rendersi ancora più simpatico ci preannuncia pioggia per tutto il giorno) ci lascia nelle mani di Benjamin, lo scafista che da Moin ci porterà al Tortuguero.
In effetti c’é vento e non fa caldissimo.
Il resto della comitiva é composta da una coppia di tedeschi e 3 spagnoli che fumano canne a nastro.
Durante la traversata vediamo un sacco di basilischi, iguane, uccelli (martin pena e garze).
Comincia a diluviare (…Maledetto il rapper…): gli altri sono coperti dal tendalino, ma noi, che siamo seduti nella prima fila, ci bagniamo fino alle mutande.
Il tour prosegue con cormorani, pellicani, coccodrilli, fenicotteri e un tucano.
Arriviamo alle 15.30 al Tortuguero e veniamo ceduti ad una guida amica di Benjamin per organizzare il Tour delle Tartarughe.
L’appuntamento é per le 16.00 lì allo sbarco, ci lasciano il tempo di trovare l’hotel, bere qualcosa e ritrovarsi lì all’arrivo delle barche per organizzare la serata e il giorno dopo: facciamo l’errore di chiedere un’indicazione di dove si trova Miss Junie a Benjamin, e lui subito ci affida ad un suo amico fattone in cerca di propine (…L’hotel é proprio in fondo alla strada bastava un “vai tutto dritto e ci sbatti contro”, invece il fattone viene con noi dando indicazioni importantissime del tipo “questo é il supermercato” quando si passava davanti allo spaccio, “questo é il negozio di souvenir” quando si passava davanti al negozio con il cartello “souvenir”…).
L’albergo é meno bello di come ci era stato descritto da Mister Big J e dalla Lonely.
La proprietaria (a cui manca la frutta in testa per passare per Miriam Makeeba) tenta in modo insistente di convincerci di fare il tour notturno con lei sulla spiaggia pubblica per vedere le tartarughe.
Ci sentiamo veramente come dei limoni da spremere: chiunque si avvicina, ti propone qualcosa, o ti affida all’amico che ti chiede la mancia. L’atteggiamento un po’ irritante di Miriam/Junie ci spinge a organizzare il tour con i due ragazzi tedeschi della barca presso Ernesto (10$ a testa il tour guidato + 7$ di entrata al parco + 1$ l’affitto degli stivali di gomma): Ernesto ci dice che per fare la visita notturna nel parco ci sono due slot orari uno nella fascia 20-22 e l’altro nella fascia 22-24: i turni, a numero chiuso, vengono negoziati dalle guide alle 17,30 e perciò alle 18.00 dobbiamo ritrovarci lì da lui per sapere quale slot abbiamo vinto.
Nel frattempo abbiamo il tempo di fare un giro del parco da soli; per fortuna abbiamo affittato gli stivali perché il parco é ricoperto di fango (ci credo piove sempre).
Alla fine ci assegnano il turno dalle 20 alle 22 (..Tra l’altro ci dicono che il turno migliore é l’altro perché si vedono più tartarughe…Notiamo anche che Ernesto alla mattina alle 6 fa sempre il tour delle canoe…Quella vipera di Rebecca non manca di farmi notare come secondo lei l’impegno di Ernesto per strappare il turno buono non debba essere stato grandissimo…): abbiamo solo il tempo di un hamburguesa, ci cambiamo e alle 19 ci troviamo per la partenza del tour notturno (siamo anche costretti a comprarci una torcia, che non viene data in dotazione, che ci viene filtrata con una cartina rossa dal cassiere del supermercato per non infastidire gli animali).
Capiremo solo dopo che la luce può essere tenuta gialla, perché tanto arrivati alla spiaggia tutte le torce vengono sequestrate (e poi restituite) o devono essere tenute spente e chi può illuminare é solo la guida o il ranger: la luce serve solo ad illuminare il cammino dall’entrata del parco alla spiaggia.
Ernesto ci affida alla segaligna (120kg) moglie: la corsa nel parco si interrompe bruscamente dalla flaca che ci dice di aver visto un giaguaro e che pertanto dobbiamo proseguire tutti uniti. Ci fa pertanto proseguire abbracciati in modo da farci sembrare come una creatura molto grossa a qualsiasi altro animale (secondo noi il giaguaro, sempre che ci fosse, appena vista Miss Piggy se l’é data a gambe levate…): in tutto ciò Rebecca, astuta come una faina, sapendo che i felini puntano sempre agli esemplari più piccoli o apparentemente malati del branco decide di stare protetta all’interno del gruppo facendosi scudo con una bambina spagnola di 13 anni e da sua nonna…
Arrivati dopo un’oretta alla spiaggia, in una nottata illuminata dalle saette del temporale, veniamo ripagati da quella gita tragicomica: prima vediamo una tartaruga che avendo già deposto le uova sta entrando in acqua per ritornare tra le onde, e poi vediamo una tartaruga gigantesca (avrà avuto un carapace di diametro di 1-1,5m) mentre deponeva le uova in una buca profonda 1m. La scena é da pelle d’oca.
Sulla via del ritorno ci prendiamo un altro acquazzone: distrutti e bagnati fino al midollo, tornati in hotel ci mettiamo subito a dormire.
23 AGOSTO : TORTUGUERO La colazione di Miss Junie tanto decantata da Mister Big J é abbastanza deludente (un’omelette e un caffé molto lungo), ma peggio ancora é la salute di Oliver che forse risente degli ultimi due giorni di pioggia.
Il rientro in barca (solo 4 ore..) é un calvario e arrivati a Moin alle 14.00 prendiamo subito un taxi per il Terminal Caribe di Puerto Limon in cui prendiamo un biglietto per San José.
Al Terminal Caribe prenotiamo anche una notte all’Hampton Inn (altra canna della Lonely: il numero di telefono che riporta é quello dell’hotel a fianco…): arrivati in hotel attestiamo i 38° di febbre di Oliver.
Mangiamo qualcosa da Denny’s (ben triste conclusione allo splendido viaggio) e poi a nanna: domani abbiamo il volo di ritorno alle 7.00 del mattino e a causa dei controlli anti terrorismo dobbiamo essere in aeroporto almeno 3 ore prima.
A conti fatti quello che possiamo consigliare é di fare subito il Tortuguero come prima tappa del viaggio e ciò per due motivi: primo perché é fuori zona rispetto al circuito normale servito dai trasporti pubblici quindi può valere la pena farlo subito avendo come base San José. E poi perché un viaggio così massacrante probabilmente viene meglio sopportato all’inizio piuttosto che alla fine della vacanza.
24 AGOSTO : SAN JOSE’-MIAMI-MILANO Prendiamo la prima navetta alle 4.00 e arrivati in aeroporto paghiamo subito la tassa di uscita.
Ci perquisiscono e ci sequestrano ogni tipo di liquido e lozione che portiamo con noi (addio schiuma da barba, crema solare, liquido per le lenti, e la tanto amata Christian Dior…).
Neanche al ritorno riusciamo a Miami a battere il record “immigration+custom” e tristemente ci imbarchiamo sul volo Alitalia alla volta della Malpensa.