Porto… Bello
Arrivati a Lisbona, dove tira un vento incredibile, si va subito in centro dove c’è la nostra pensioncina proprio dietro Praça dos Restauradores, in pieno centro. Si rivelerà essere la sistemazione più cara del viaggio, ma è pulita e i proprietari gentili. La sera stessa incontriamo Rita, la nostra amica portoghese, che ha vissuto e lavorato a Torino per mooolto tempo e che ci porta subito al Barrio Alto, il quartiere della movida notturna. Come a Torino, Rita si ferma ogni due passi per salutare praticamente tutti! E raggiunto un localino che diventerà una tappa fissa della nostra permanenza a Lisbona cominciamo ad apprezzare una delle meraviglie di questo paese: la birra a prezzi stracciati! Qui i prezzi sono già elevati, 1,5 euro, ma nei chioschi per strada la si trova anche a 70 centesimi. 70 centesimi!!!!!! Non sono ancora riuscito ad abituarmi alle rapine che sono costretto a subire qui in Italia ogni volta che voglio concedermi un po’ di succo di luppolo. Il locale, proprietà di un tale di Macao, Joao Lee, non vi dico il personaggio, è assolutamente unico, a cominciare dalle foglie di lattuga (naturalmente di plastica) come lampadari. Abbiamo poi scoperto che la lattuga è una sorta di simbolo di Lisbona, infatti le abitanti di Lisbona vengono chiamate “alfasinhas”, foglie di lattuga appunto. Altro pezzo forte del locale è il biliardino, dove gli omini sono addirittura dotati di cappello. Si rimane lì per tutta la sera, raccontando storie e bevendo, bevendo, bevendo..Tanto che il ritorno in albergo è alquanto difficoltoso.
Il giorno dopo, mentre Rita è al lavoro, io e Jacopo ci lanciamo in una prima esplorazione della città e prendiamo un po’ di refrigerio al giardino botanico, economico, molto bello e decadente, in vero stile lisbonese e subito dopo, ci aspetta un pranzo in un ottimo e chiaramente economico ristorante in Praça da Alegria, una piazza che è il dormitorio estivo dei clochard di Lisbona ma comunque bellissima. Dopo pranzo ci dirigiamo a Belem dove ci aspetta Rita. Non è cosa facile. Infatti, dato che il cibo in Portogallo è ottimo (soprattutto se si ama il pesce ed in particolare il baccalà, piatto nazionale) e abbondante, tanto che con una “dose”, una porzione in pratica, ci possono mangiare tranquillamente due persone(anche se noi chiaramente abbiamo sempre preso una porzione a testa) alzarsi da tavola e affrontare la calura pomeridiana con i sali e scendi delle città portoghesi è un’impresa titanica. Anche il caffè è ottimo, unico posto in Europa per altro, e questo aiuta a riprendersi dopo i pasti, peccato che io non ne possa approfittare.
Quindi, raggiungiamo Rita a Belem e dopo le solite birre, i pasteis de nata nella famosa pasticceria a fianco alla cattedrale, si va a visitare la chiesa e si arriva a vedere la torre, splendido esempio di arte manuelina, e il Monumento das Descubertas, pessimo esempio di “arte” fascista. Poi, Rita si offre di accompagnarci a Cascais, dove hanno dimorato anche i nostri Savoia per un periodo. Ecco, Cascais non è il Portogallo. Talmente perfettina da non sembrare vera, con delle spiaggette striminzite e qualche scogliera decisamente dimenticabile. Pollice verso.
Dopo essere tornati a Lisbona e aver mangiato a sazietà nell’oramai “nostro” ristorantino di Praça da Alegria ci si prepara per la serata. Perché attenzione, non è una serata come le altre ma la vigilia del 25 aprile!! È festa nazionale, come da noi , per la liberazione dal fascismo grazie alla mitica e incruenta “Revoluçao dos Cravos” (La rivoluzione dei garofani) dove i soldati invece di sparare ai dimostranti hanno messo dei fiori nei loro fucili e si sono rivoltati alla dittatura di Salazar. Si comincia quindi con una capatina in una locale del Barrio Alto dove vengono messe in scena varie performance ed in particolare si esibisce un gruppo musicale composto da ragazzi italiani residenti a Lisbona, che sono tantissimi, il cui nome abituale è “Anonima Nuvolari” ma per l’occasione si fanno ribattezzare “Anarchica Nuvolari” e invece del consueto repertorio composto da brani di Carosone, Buscagliene, ecc. Cantano classiche canzoni rivoluzionarie con finale di Bella Ciao. Concertissimo!!! Non vorrei dimenticare che durante tutta la serata, birra e moscatel sono scesi a fiumi. Dopodiché tutto il locale si sposta al Maxim, dove di solito lavora Rita. Il Maxim, che si trova in Praça da Alegria, era un famoso e lussuoso night club di Lisbona negli anni 60 ma recentemente è stato acquistato dal figlio di un famoso attore portoghese che lo ha reso una sorta di cabaret-teatro-sala da concerti-cinema all’insegna del nonsense. Infatti abbiamo potuto assistere al concerto più delirante e assolutamente iconoclasta della nostra vita, con personaggi che sembravano usciti da un film di Fellini. Credetemi: incredibile!! Si ritorna in albergo di mattina e l’indomani si è pronti per sfilare con delegazioni che arrivano da tutto il Portogallo per celebrare o 25 do abril, al canto di “25 do abril sempre, fascismo nunca mais!”.
In tutto questo arriva anche il terzo compagno d’avventura, Danilo, e per aiutarlo a riprendersi dopo il lungo viaggio si va al Rossio, enorme piazza centrale che ospita la stazione ferroviaria ora in fase di restauro, e ci si ferma a prendere una Ginja alla Ginjinha, il localino dove si vende ancora questo ottimo liquore di amarena, nella sua versione originale, senza additivi o coloranti.
Dopo un giro per il centro si raggiunge l’Alto di Santa Catarina, uno splendido belvedere che è un po’ il ritrovo dei giovani lisbonesi al tramonto. Qui ci sono giocolieri,mangiafuoco, musicisti improvvisati e non, con una vista sui traghetti che incessantemente attraversano il fiume Tago.
L’indomani, dopo essersi spinti alla Gare do Oriente, cioè il complesso realizzato dal geniale architetto Calatrava per l’Expo del 98, siamo ospiti a casa dei genitori di Rita dove possiamo gustare la delizia del palato: o bacalhao com nata (il baccalà con panna). Quindi dopo un’allegra chiacchierata con i signori Ramos si fa un giro per vedere la cittadina dove vive Rita (cioè Almada, che si trova sull’altra sponda del Tago rispetto a Lisbona) e poi tutti a nanna perché il giorno dopo si parte per Sintra, una cittadina a pochi km da Lisbona che può vantare un’atmosfera veramente magica.
Innanzitutto, la presenza di un particolare microclima permette la crescita rigogliosa di una flora molto più ricca che in qualsiasi altra parte del paese, e poi risalendo la china della collina che sovrasta la città si raggiunge per primo il Castello dei Mori, costituito dai resti di un antica fortezza saracena. Sembra cosa da nulla ma non è affatto così. Si tratta un luogo fuori dal tempo, quasi irreale, circondato da una nebbiolina soffusa da cui affiorano avamposti e torri che si affacciano su una pianura sterminata. Non per niente il buon Polanski ci ha ambientato alcune scene della “Nona Porta”. Ancora qualche km e si arriva al Palácio Nacional da Pena. Questa era la residenza di Ferdinando di Sassonia-Coburto-Gotha (minchia), marito della regina Maria II, e il buon Ferdinando era di certo un tipello abbastanza estroso a giudicare dalla “sobrietà” del palazzo… Merita una visita, garantisco.
Dopo questo faticoso tour, teniamo in conto che abbiamo scalato la collina con lo zaino in spalla, torniamo in centro a Sinora dove collassiamo un po’ e dopo cena si prende l’ultimo treno per Coimbra.
Coimbra è una cittadina che si trova a nord di Lisbona, nell’interno, famosa per l’università e per il suo “fado estudentil”, cantato cioè da studenti di sesso maschile, al contrario del fado lisbonese che canta la solitudine delle donne che aspettano i loro uomini salpati per i mari lontani ed è appunto cantato da donne.
Siamo ospiti di Margherita, un’amica che sta facendo l’Erasmus proprio lì, in una grande casa dotata di terrazzo con tanto di palma gigantesca, e in cui vivono molte persone,. La vita di Coimbra scorre lenta e rilassata tra feste studentesche e bar aperti fino alle sei di mattina, e noi l’assaporiamo poco. Infatti, il primo giorno Margherita ci porta in giro per l’università, a visitare la biblioteca (bellissima e sfarzosa) e le chiesette di Coimbra e il secondo giorno si è in viaggio di nuovo. Si parte quindi con un amico francese, Michel, che lavora in una comunità di accoglienza per bambini e ragazzi con seri problemi famigliari. La meta è Caril, un posto incantevole sperduto tra le valli portoghesi, dove possiamo rilassarci su una spiaggetta fluviale. Ci si impiega circa un ora di macchina e si deve parcheggiare il mezzo prima di avventurarsi tra le stradine che portano alla spiaggia, ma lo spettacolo ripaga la fatica: il silenzio, la vegetazione, le rocce che formano una specie di porta lungo il fiume e gli animali che ci circondano rimarranno nei ricordi di tutti. Rilassati e felici andiamo a salutare i “bambini di Michel” che sono lì vicino e poi ritorniamo a casa per una cena a casa del nostro amico bretone, naturalmente a base di crepes. Il giorno dopo nuova gita: si va ad Aveiro.
Aveiro è una città sull’oceano che si raggiunge in circa tre ore di treno da Coimbra, avendo circa 4 ponti in tutto è stata prontamente soprannominata “la Venezia del Portogallo”, niente a che vedere con la città dei dogi. In compenso prendendo un bus locale si arriva, dopo circa 45 minuti di viaggio, a Costa Nova, una località balneare con tipiche casette in legno dipinte a strisce bianche e colorate e immense spiagge bianche che si raggiungono tramite lunghe passerelle di legno. Nonostante il mare agitato e il forte vento ci concediamo un bagno nell’oceano e battiamo i denti per tutto il resto della giornata perché fa veramente freddo. Verso le 18 si casa, e così torniamo ad Averio dove prendiamo l’ultimo treno per Coimbra, dove ci aspetta una passeggiata per la Sé Velha (cioè città vecchia) che di notte ha un fascino ancora più particolare. Il giorno dopo ancora in partenza alla volta di Porto, io, Jacopo e Danilo, con anche Margherita e la sua coinquilina genovese Sabrina, per prendere parte ai festeggiamenti del primo maggio.
Porto è una città magica, anche più bella di Lisbona dal punto di vista architettonico, perché più curata, più piccola, non lo so. Fatto sta che ogni scorcio merita una foto. La sfilata del primo maggio non ha nulla a che vedere con quella mitica del 25 aprile e così prendiamo posto in un bar e la maledizione della birra a un euro colpisce ancora, tanto che ci alziamo, o per lo meno proviamo ad alzarci, dal tavolino del bar, solo quando è ormai notte e dopo aver cercato un belvedere che stranamente non riusciamo a trovare (strano, siamo così lucidi!) quindi salutiamo le ragazze che tornano a Coimbra e rimaniamo a Porto in una pensioncina economica (residencial Porto Chique Rua Conde Vizela, 26) e gestita da una signora gentile e sorridente, peccato solo che abbia due denti, come purtroppo molti altri portoghesi. Molte le cose da vedere a Porto, la Torre dos Clerigos con le sue guglie frastagliate, il quartiere della Ribeira, a ridosso del fiume, senza parlare dei vicoletti in cui è facilissimo perdersi ed incontrare un sacco di strani e grotteschi personaggi perfettamente a loro agio. Una di questi è una signora sdentata, chiaramente, che urla solamente: “Moeeeda!!” (moneta) e si aggira per la città. Che mitica, credetemi.
Non si può non attraversa il mastodontico ponte Luis I, che si snoda su due livelli, per arrivare dall’altra parte del fiume Douro a Vila Nova da Gaia, una cittadina sul cui lungo fiume si susseguono ininterrottamente le case produttrici del famoso vino Porto e qui gratuitamente, o pagando solo 3 euro, si possono effettuare visite guidate all’interno delle cantine e al termine gustare vari assaggi di questo nettare divino, l’unico souvenir (insieme alla Ginja) che abbiamo portato dal Portogallo. Se poi si è troppo stanchi o si sono visitate troppe cantine ci si può sdraiare sul prato del lungofiume di Vila Nova e godere di una splendida vista di Porto. Tra le attrattive di Porto è assolutamente impedibile il Centro Portoghese di Fotografia che in un ex carcere ed è visitabile gratuitamente dalle 15.30 alle 18. Qui, a parte la collezione permanente, si possono ammirare varie mostre temporanee con reportage sulle vecchie colonie portoghesi, che rimangono legate da un rapporto strettissimo alla terra lusitana. Così, tra mangiate di pesce, bevute di Porto e passeggiate tra i vicoli, arriva il momento di salutare questa città e di dirigerci verso l’ultima tappa del nostro viaggio: Covilhā. Qui incontreremo un altro amico: Zè, che ha vissuto per un lungo periodo in Italia. In Italia gli ex coinquilini di Zè mi avevano garantito che abitava in un paesino vicino a Porto, quindi ero andato tranquillo con i miei piani, avrei raggiunto Zè con un’ora circa di viaggio e poi sarei tornato a Porto per partire per Lisbona e prendere l’aereo per l’Italia. Errore! Covilhā, il posto in cui vive e lavora Zè, è praticamente a metà strada tra Lisbona e Porto molto più vicino a Coimbra di quanto non lo sia a Porto. Panico, tutte le speranze sembrano essere perse, pare proprio che partiremo dal Portogallo senza salutare Zè, ma non è detta l’ultima. Partiamo ad un ora impossibile dopo mille sotterfugi, e grazie alla disponibilità di un impiegato della compagna di trasporti, e arriviamo a Covilhà potendo contare ancora su una serata da trascorrere con il buon Zè. E vai! Covilhà è la città da cui poi si accede al Parque Natural da Serra da Estrela,il più grande del Portogallo, che ospita anche la sua montagna più alta (1993 m che sono diventati 2000, quando il re Dom Joao VI ha deciso di porre sulla sommità del monte un obelisco di 7 metri, giusto per fare cifra tonda). La zona è famosa per i lanifici e le fabbriche di tessuti che ora sono quasi tutte abbandonate, in compenso però, Covilhā ospita da pochi anni una nuova e modernissima università che è riuscita a dare nuova linfa vitale ad una città che sembrava perduta, basti pensare che Zè lavora come tecnico in una compagna teatrale che non smette mai di produrre spettacoli. Così dopo esserci rilassati a Covilhā, dove non c’è poi molto da vedere, aspettiamo Zè per cena e poi ci si dà alla pazza gioia notturna. Se di giorno non si sa che fare, di certo Covilhā si risveglia di sera: ci ritroviamo prima in un baretto dove un vecchierello un po’ pazzo ci dedica tutta una serie di fado chiedendoci in cambio un po’ del nostro porto ,e ci si trasferisce in un locale dove parte una dance hall improvvisata e si arriva poi al mattino in un altro locale,molto bello devo dire, e a cui si accede dalla piazza principale (O pelurinho), dove quella sera si alternano un gruppo jazz e un dj niente male. Non posso dirvi come si conclude la serata ma spendo solo due parole in portoghese per Zè. “O caralho garoto, nao vale a pena!!”. Comunque serata indimenticabile, tanto che senza neanche toccare un letto, recuperiamo gli zaini a casa di Zè (nella parte alta della città) e andiamo alla stazione delle corriere (nella parte bassa), naturalmente a piedi. Con delle facce degne di un film di zombi prendiamo la corriera arriviamo a Lisbona dove salutiamo Danilo che si fermerà in Portogallo ancora 5 giorni e io e Jacopo torniamo in Italia. Il Portogallo è un paese ospitale, allegro e malinconico al tempo stesso, colmo di quella saudade per il suo glorioso passato quando l’impero portoghese si estendeva fino in capo al mondo. L’impero è crollato, come crollano tutti gli imperi prima o poi, e ha lasciato dietro di sé molte ex-colonie e un paese piccolo e indolente in cui si respira un’aria rilassata che qui da noi si ritrova solo in qualche parte del sud e che sonnecchia in attesa il ritorno di un emblematico personaggio della storia portoghese: il re Sebastiao, “il Desiderato”. La leggenda racconta che Sebastiao, che andò disperso in una battaglia per la conquista (fallita) del Marocco nel 1557, tornerà per salvare la sua nazione e il paese tornerà ad essere ancora grande e potente. Chissà! Di certo i portoghesi lo stanno aspettando, placidi e speranzosi come solo questa gente sa essere.