Nord India – Parte prima

Il mio viaggio in India (6 marzo 17 marzo 2006) Nonostante il periodo prescelto fosse dal 6 marzo al 17 marzo 2006, il mio viaggio è effettivamente iniziato nel novembre 2005 quando, cioè, ho deciso la mia destinazione. Da quella data, appunto, ho cominciato a cercare in rete informazioni sui luoghi che avrei visitato. Ho letto tutta la guida...
Scritto da: gcolnaghi
nord india - parte prima
Partenza il: 06/03/2006
Ritorno il: 17/03/2006
Viaggiatori: in gruppo
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Il mio viaggio in India (6 marzo 17 marzo 2006) Nonostante il periodo prescelto fosse dal 6 marzo al 17 marzo 2006, il mio viaggio è effettivamente iniziato nel novembre 2005 quando, cioè, ho deciso la mia destinazione.

Da quella data, appunto, ho cominciato a cercare in rete informazioni sui luoghi che avrei visitato. Ho letto tutta la guida Lonely Planet dedicata all’India del nord. Sono appositamente andato a tagliarmi i capelli dal barbiere indiano, vicino a casa mia, per raccogliere informazioni di prima mano.

Neanche avessi dovuto affrontare un viaggio “fai da te”.

Mia moglie ed io, infatti, non possiamo certo considerarci ragazzetti di primo pelo. Entrambi siamo ultracinquantenni (io sono più vicino ai 60) e per un viaggio così impegnativo abbiamo preferito avvalerci di un noto tour operator italiano.

In ogni caso la preparazione, che è parte integrante di una vacanza, è entusiasmante quanto il viaggio stesso. Tant’è che ho pensato di decidere sin da ora la mia meta per il prossimo anno (un anno di organizzazione!).

6 marzo – partenza Che levataccia! Non sono ancora riuscito a prendere sonno che la maledetta sveglia ha cominciato a suonare insistentemente. Ho bevuto avidamente un caffè che non sapevo se considerare quello della cena della sera precedente o quello della colazione di oggi. D’altro canto dobbiamo trovarci a Fiumicino per le ore 5:05 e, previdenti come siamo (se si guasta la macchina, se buchiamo ecc. Ecc.), abbiamo deciso di svegliarci con largo anticipo. Abbigliamento. A Roma le temperature non possono certo considerarsi già primaverili, mentre in India ci avrebbe aspettato un clima quasi estivo. Abbiamo pertanto deciso di vestire un abbigliamento jeans, sul quale abbiamo indossato un piumino per ripararci dai rigori romani che, giunti in aeroporto, abbiamo restituito al nostro autista (il figlio).

Documenti. Quando si viaggia, specialmente in paesi così lontani, smarrire dei documenti potrebbe costituire un grosso problema. Abbiamo fatto due fotocopie dei passaporti, delle carte di credito, del visto d’ingresso in India e dei biglietti aerei. Una fotocopia l’abbiamo lasciata a nostra figlia, l’altra fotocopia l’ha conservata mia moglie, mentre gli originali li ho custoditi gelosamente io, in un marsupio saldamente allacciato in vita. In fine ho fatto una scansione dei suddetti documenti e li ho messi on line in una pagina nascosta, raggiungibile esclusiavamente dal sottoscritto da qualsiasi computer collegato ad internet.

Soldi. Per sicurezza ne abbiamo portati molti più del necessario. Pochi euro nel portafogli e gli altri nascosti in una cintura portadenaro che, fra l’altro, sosteneva anche i miei pantaloni. La cinta è passata inosservata anche ai rigorosi controlli aereoportuali.

Farmacia da viaggio. Cerotti, disinfettanti, antipiretici, antidiarroici, antibiotici a largo spettro, antistaminici, occhiali da vista di riserva ecc. Ecc.. Materiale fotografico. La mia reflex digitale con 5 shede di memoria da 1 Gb l’una (ho fatto bene a portarmele in India costano più che da noi); la compattina digitale di mia moglie e la mia videocamera digitale con 5 cassette miniDV da 1 ora l’una.

Sigarette. Purtroppo sono un impenitente accanito fumatore e, per paura di non trovare le mie sigarette preferite, me ne sono portate due stecche acquistate al duty free di Fiumicino. Ho fatto male. Le Marl… Si trovano facilmente in India e ad un prezzo notevolmente inferiore a quello europeo.

Preparazione della valigia. Come ogni anno, alla vigilia di un viaggio, raggiungo con mia moglie un accordo che prevede di portarsi un minimo e sobrio abbigliamento. Purtroppo tale accordo viene puntualmente disatteso con l’avvicinarsi della data di partenza. Di colpo vedo la valigia, dimensioni armadio 4 stagioni, straboccare di vestiti e, quindi, aggiungersi a questa altre piccole valige. Ciò che in precedenza mia moglie aveva accettato come superfluo, all’improvviso diventa indispensabile (che ne sai…, una serata particolare…, al ristorante ecc. Ecc.), salvo poi, al ritorno, darmi ragione e fare buoni propositi per la volta successiva.

Bene. Torniamo a noi. Essere previdenti ha il vantaggio di non trovarsi in difficoltà in caso di imprevisti, ma il più delle volte significa essere costretti a lunghe ed estenuanti attese. E’ così che abbiamo dovuto attendere per diverso tempo, in un aeroporto a quell’ora insolitamente deserto, che aprisse il banco della Lufthansa per fare il check-in per il volo Roma Delhi con scalo a Francoforte. Inutilmente ho cercato di farmi assegnare i posti vicino alle uscite di sicurezza. Sono quelli con i sedili più distanziati e per me, che sono alto più di 1,90, non è cosa di poco conto.

Si parte puntuali alle 7:05 e, sempre in orario, siamo prossimi all’atterraggio in una Francoforte innevata, la cui rigida temperatura è facilmente intuibile dai laghi ghiacciati che abbiamo sorvolato. Cerchiamo di far passare il tempo gironzolando un po’ per l’immenso ma anonimo terminal tedesco. Più di quattro ore ci separano dalla partenza del Boeing 747 che ci porterà a destinazione. Alle 13:35, con precisione teutonica, il nostro velivolo stacca le ruote dal suolo europeo.

Già intuisco, dalla mia sisemazione, che il volo per me non sarà molto gradevole. Sono incastrato tra mia moglie, che per sua fortuna non è molto alta, ed un signore tedesco, in un sedile che ha uno spazio massimo di 20 cm. Per le gambe. Per non bucare la schiena al passeggero davanti sono stato seduto tutto il tempo (7 ore) con le ginocchia addosso alle gambe di mia moglie. Al mio ritorno dovrò ricordarmi di sottopormi a diverse sedute di ginnastica posturale. Certamente mi aspettavo qualcosa di più confortevole da una compagnia come la Lufthansa. Voto insufficiente.

7 marzo – Delhi All’1:15, fuso orario indiano, atterriamo all’aeroporto Indira Gandhi di Delhi. Espletate le formalità doganali troviamo ad attenderci un incaricato del nostro tour operator. Lì scopriamo che sul nostro volo viaggiava un altro componente il gruppo, un simpaticissimo architetto toscano e che gli altri sei partecipanti si uniranno a noi l’indomani mattina; anzi, no, stamattina. Hanno volato con Emirates e pernottano a Dubai. L’incaricato ci accompagna al nostro Hotel, “Le Grand Intercontinental”, un’immensa ed elegante struttura senza personalità. Hotel simili si possono trovare in qualsiasi parte del mondo.

Sono quasi le 3 ed andiamo a coricarci. Fra circa sei ore inizia la visita della città…

Sono le 9:00 e neppure il forte caffè italiano, che ci siamo preparati con la moka elettrica, fedele compagna dei nostri viaggi, riesce a svegliarci. Il nostro orologio interno segna ancora le 4:30. Facciamo conoscenza con gli altri membri del gruppo giunti da Dubai, ai quali è riservato un benvenuto fatto di abbracci e collane di fiori. Conosciamo anche la nostra guida, un simpaticissimo ragazzo indiano di nome Vittorio (in italiano) che, come molti asiatici, ha la voce un po’ nasale dal timbro leggermente in falsetto, tipo Paperino. I nuovi giunti sembrano e si riveleranno simpaticissimi, madre e figlia perugine, una coppia toscana, viaggiatori incalliti dall’apparente età di quella di chi scrive ed una coppia di sposini in viaggio di nozze, anch’essi toscani, che sono stati “adottati” dall’intera comitiva. Ha inizio la visita della città.

Un’annotazione. Non mi dilungherò a descrivere i vari monumenti e a raccontarne la storia, a ciò hanno provveduto eccellentemente coloro che mi hanno preceduto. Mi limiterò a segnalare curiosità e cercherò, se possibile, di trasferire particolari emozioni.

A Bordo del Pullman GT (che spreco per dieci passeggeri!) lasciamo l’hotel e ci dirigiamo verso il Qutub Minar, un alto ed imponente minareto. Delhi è una città caotica, ma, a dire il vero, da quanto avevo letto, mi aspettavo di peggio. Il traffico è molto simile a quello di qualsiasi grande città italiana e parimenti indisciplinato. Una cosa mi è sembrata strana. A New Delhi, a differenza che nel resto dell’India, non ho visto nessun bovino in mezzo alla strada. Secondo me, nonostante la loro sacralità, le autorità avranno preso qualche provvedimento per evitarlo. Arrivati a destinazione, dopo aver varcato la soglia del parco in cui sorge il minareto, ciò che mi ha lasciato stupefatto è la cura con cui sono custoditi i giardini e la pulizia che vi regna. Se non sapessi dove mi trovo giurerei di trovarmi in Svizzera. Questa caratteristica la troveremo in tutti i parchi che visiteremo e rappresenta la grande contraddizione con i luoghi in cui vive la popolazione. Lasciamo il Qutub Minar per andare a visitare la tomba di Humayun. Un mausoleo bellissimo che si dice aver ispirato l’architettura del Taj Mahal.

Si è fatta l’ora di pranzo e torniamo in hotel per il primo appuntamento con la cucina indiana.

E’ risaputo che il cibo indiano è molto speziato e molto piccante. Il riso è sempre presente, da mangiare in bianco o condito con salse. Altro alimento sempre presente è il Chapati, una specie di focaccia, apprezzatissimo dal gruppo. Immancabili le verdure ed i legumi, a differenza della carne che è limitata a polli ed ovini. In India del nord è spesso cucinato il pesce d’acqua dolce. Mia moglie ed io amiamo i sapori orientali e quindi, a differenza di qualche compagno di viaggio, non abbiamo sofferto crisi “mistiche” accompagnate da miraggi di spaghetti e fiorentine.

Dopo pranzo, appena il tempo di rinfrescarci,e di nuovo in pullman. Ci attende la visita del Forte rosso, che ammiriamo solo dall’esterno, e subito dopo ci dirigiamo verso l’India gate. “La porta dell’India” è un monumento al milite ignoto, simile all’arco di trionfo o all’arco di Costantino, ma più moderno e meno prezioso. E’ situato a New Delhi ed è circondato da stupendi giardini molto frequentati dalle famiglie indiane che portano a spasso i loro bambini. La stanchezza comincia a farsi sentire e tutti sono ben lieti di tornare in hotel per rilassarsi un paio d’ore prima di cena.

Con Vittorio (la nostra guida) decidiamo di recarci a piedi al ristorante, che dista un paio di chilometri dal nostro hotel, in modo da vedere l’India degli indiani e non quella dei monumenti. Che esperienza! Il pomeriggio, girovagando fra viali e giardini di New Delhi, avevo quasi pensato di trovarmi in una qualsiasi metropoli europea, forse anche ricca. Mi ero illuso che i raconti dei viaggiatori circa gli “orrori” dell’India fossero esagerazioni. Purtroppo mi sono dovuto ricredere. Il degrado che ho visto ed annusato in quei vicoli è stato di gran lunga superiore. Vecchi, adulti, bambini ed animali promiscuamente “stravaccati” sui marciapiedi lordi di escrementi e di chi sa quant’altro. Lebbrosi che ci inseguivano alzando la camicia per esibire le loro piaghe in cambio di qualche rupia. Che fare? Vittorio ci consigliava di far finta di non vederli. Sembra facile! Devo dire che il vero degrado l’ho visto solo nelle grandi città che abbiamo visitato. Nei piccoli centri agricoli ho visto si povertà, ma ho anche visto serenità e dignità.

Durante tutta la cena nessuno ha avuto il coraggio di parlare di quanto i nostri occhi e i nostri cuori hanno dovuto assimilare, ma i nostri volti esprimevano chiaramente il tumulto interiore che ognuno stava vivendo.

8 marzo – Delhi – Neemrana – Jaipur Sveglia presto. Oggi ci attende la visita della grande moschea Jama Masjid o, più semplicemente, la moschea del venerdì. La moschea è bella ma non mi ha entusiasmato, forse perchè ne ho visitate di più belle e più imponenti. In tarda mattinata saliamo sul nostro pullman che ci porterà a Jaipur. Distanza circa 250 chilometri, tempo previsto di percorrenza 8 ore comprese le soste. Velocità media circa 31 Kmh. Lo stato delle strade, il traffico caotico ed il modo di guidare degli indiani non permettono di più.

Un consiglio. Se avrete la (s)ventura di farvi trasportare per le strade indiane, non guardate la strada. In caso contrario vi troverete, come è successo a me, con la gamba destra anchilosata nel continuo tentativo di premere su un freno inesistente. Il modo di sorpassare degli indiani, inoltre, è ciò che di più pericoloso abbia mai visto. I veicoli, provenienti da opposte direzioni, sembrano sfidarsi, muso contro muso, sino a pochissimi metri di distanza e, quindi, repentinamente, entrambi si buttano a sinistra (in India la guida è a sinistra), sfiorandosi, per evitare l’impatto frontale. Quanto ho invidiato mia moglie che dormiva beatamente al mio fianco! La prima sosta per il pranzo è in un piccolo villaggio rurale, Neemrana. Come scendiamo dal pullman veniamo circondati da una frotta di bambini festanti (i bambini sono l’unica cosa che non manca in India) e di aduti curiosi. Tutti sorridenti e disponibili anzi…, orgogliosi di farsi fotografare. Neemrana è al di fuori dei più classici cirquiti turistici e gli indigeni non sono tanto abituati agli occidentali. Dopo qualche minuto tutta la popolazione ci accompagnava per la strada impervia, verso la nostra destinazione, continuando a subissarci di domande circa il nostro paese di origine, le nostre impressioni sull’india e sul nostro “stato di famiglia” (non so perché, ma sono molto curiosi di sapere il numero di figli delle coppie che incontrano). La nostra destinazione è la “fortezza-palazzo”, una costruzione del XV secolo, oggi adibita ad hotel e ristorante. Un palazzo costruito su un’altura, dalla quale si gode di uno splendido panorama, circondato da immensi cespugli di fiori coloratissimi. Veramente molto bello e suggestivo. Cucina ottima.

Dopo pranzo riprendiamo il viaggio, interrotto solo da una paio di “pipì-stop”. Mia moglie che dorme tranquilla al mio fianco ed io che cerco inutilmente di distogliere lo sguardo dalla strada.

Finalmente in serata raggiungiamo Jaipur ed il nostro prestigioso hotel “Le Meridien”. Una struttura moderna ma costruita nel rigoroso rispetto dell’architettura indiana. L’unico degli hotel di catene internazionali, provvisto di una certa personalità. A riceverci troviamo un gruppo di suonatori indiani che interpretano musiche allegre e ritmate e delle ragazze, nei loro sgargianti sari, che ci baciano ornanoci il collo di una ghirlanda di fiori. A proposito, non ho ancora parlato delle donne indiane. A parte la bellezza che caratterizza questa razza, gli occhi grandi, neri e profondi, i capelli nerissimi e tanto lucidi da potercisi specchiare, ciò che mi ha colpito è il portamento regale delle donne indiane. Giovani, vecchie, magre, grasse, signore dell’alta società e contadine, sembrano tutte modelle durante una sfilata. Il modo di incedere e lo sguardo fiero, attribuiscono loro un aspetto veramente signorile.

Tornando a noi, dopo la festa di benvenuto ed una ricca cena, il fuso orario, ancora imperversante, ci ha indotti a ritirarci immediatamente nelle nostre stanze.

9 marzo – Jaipur – Samode – Jaipur Ci svegliamo più riposati. Dopo la prima colazione tutti sul pullman che ci porterà ad Amber per la visita del forte. Pochi minuti di strada ed eccoci nel piazzale sottostante al forte. Il piazzale pullula di turisti provenienti da tutte le parti del mondo e da elefanti che, instancabilmente, fanno la spola per trasportare i visitatori sull’altura dove sorge l’imponente maniero.

Ho appreso con piacere che gli elefanti sono molto meno sfruttati che in passato. Oltre a poter contare su un orario di lavoro ridotto (mi sembra di aver capito che alle 10 di mattino termini il servizio), il carico che devono portare è dimezzato rispetto al passato. I due passeggeri di oggi ripetto ai quattro di ieri. In ogni caso fa sempre un po’ pena vedere questi pachidermi ridotti in stato di schiavitù, al solo fine di soddisfare i capricci dell’uomo. Ovviamente mia moglie ed io abbiamo raggiunto il forte a piedi e, se non fossimo stati assaliti dalla più folta ed agguerrita stuola di “venditori di tutto” che abbia mai visto, il tragitto l’avremmo coperto in cinque minuti.

Il forte è veramente bello e dalla sua sommità si può ammirare il laghetto sottostante dove gli elefanti, al termine del servizio, vengono a rinfrescarsi. In mezzo al laghetto, collegato a terra da un istmo, c’è un giardino dove in passato il maraja ha vanamente tentato la coltura dello zafferano.

Lasciamo Amber e ci dirigamo verso Jaipur per visitare l’osservatorio astronomico. Dalle spiegazioni che ci ha fornito Vittorio e da ciò che abbiamo visto, l’osservatorio più che astronomico lo definirei astrologico. In ogni caso questa visita non mi ha detto e non mi ha lasciato nulla.

Dopo pranzo la nostra meta è il centro di Jaipur e finalmente comprendiamo perché è chiamata la città rosa. Tutti gli immobili hanno questo colore, compreso il famoso “Palazzo dei venti”, del quale è rimasta integra solo la facciata. Ha una strana architettura, ma merita di essere visto.

Proseguiamo verso il City Palace, la residenza cittadina del maraja. Il palazzo è bello ma non entusiasmante ed è pieno di guardiani (?) vestiti di bianco con turbante rosso, che si fanno fotografare per denaro. La nostra visita “culturale” di Jaipur termina qui. Ora, preannunciato anche dall’eccitazione delle donne, ci attende lo shopping presso un grande megastore, dicono approvato dal Governo, “convenzionato” con l’Agenzia corrispondente del nostro tour operator. I prodotti esposti, prevalentemente capi d’abbigliamento in seta e cotone, sono di una tale raffinatezza che è impossibile restarne indifferenti. Il bagliore negli occhi di mia moglie mi ha fatto presagire il peggio ed infatti… Devo riconoscere che questi negozi sono organizzatissimi ed i commessi sono abili venditori, neanche avessero partecipato ad avanzati corsi di “tecniche di vendita”. Al cliente è offerta l’oportunità di scegliere il modello, scegliere la stoffa e nel giro di un paio d’ore gli è recapitato il capo, confezionato su misura, direttamente in hotel. Dopo il negozio di abbigliamento è d’obbligo una sosta al negozio di pietre preziose e semipreziose, merce per la quale è famosa Jaipur. Anche qui è inevitabile l’acquisto di un “souvenir”. Consigli per gli acquisti. Come in tutto il mondo anche in India è possibile fare acquisti nei grandi negozi o nei mercatini. Nei grandi negozi ci si sente più tutelati, mentre nei mercatini è possibile spuntare prezzi più bassi. Nei grandi negozi si può tranquillamente pagare con carta di credito ed ogni acquisto è accompagnato da regolare fattura, nei mercatini si paga solo per contanti e non si ha nessun documento valido per contestare un eventuale “cattivo acquisto”. In ogni caso la parola d’ordine è contrattare contrattare e contrattare. La contrattazione è d’obbligo anche nei grandi negozi dove si dice che i prezzi sono fissi. In India non esiste nessun prezzo fisso al massimo, nei grandi negozi, i margini di contrattazione sono leggermente inferiori. Se vi trovate in gruppo, infine, non acquistate mai per primi. Vi sarà riservato il prezzo più elevato. Lasciate tranquillamente acquistare agli altri dimostrando disinteresse vi accorgerete che il prezzo “spuntato” dagli altri diverrà punto di partenza della vostra trattativa. Beati gli ultimi…

Esercitato il diritto-dovere di incrementare le esportazioni indiane, passati in hotel per rinfrescarci, di nuovo in pullman per recarci a Samode per la cena presso il bellissimo palazzo della cittadina.

10 marzo – Jaipur – Abhaneri – Bharatpur – Fatehpur Sikri – Agra Anche oggi ci attende un lungo trasferimento per raggiungere Agra. La prima sosta è ad Abhaneri, un piccolissimo centro sprovvisto di qualsiasi punto di ristoro e sprovvisto anche di bagni. Gli uomini, bene o male, al riparo di un albero risolvono il problema toilette, ma le donne devono stringere i denti e non solo… L’attrattiva che ci ha portato qui è il pozzo-palazzo, un edificio che invece di svilupparsi verso l’alto affonda nel terreno. Caratteristico.

La nostra seconda sosta è a Bharatpur per il pranzo. Il pullman non è ancora definitivamente fermo che le donne intraprendono una vera e propria gara di velocità per raggiungere i servizi igenici. Il ristorante prenotato è famoso, l’hotel Laxmi Vilas Palace, ma non sono riuscito a capire i motivi di tale notorietà.

L’ultima sosta prima di Agra è a Fatehpur Sikri, un’antica città abbandonata, probabilmente a causa di scarità d’acqua, in un eccellente stato di conservazione. Qui incontriamo una scolaresca femminile in visita alla città. Tutte ragazze intorno ai 18 anni nei loro abiti coloratissimi, chiassose e sorridenti. Ci ha stupiti vederle divertirsi nei prati con giochi di gruppo, compreso il “giro tondo”, che le nostre bambine di 7/8 anni giudicano già sorpassati.

In serata raggiungiamo Agra dove ceniamo e pernottiamo presso l’hotel Trident Hilton. Un hotel moderno, ma carino, su un unico piano, edificato attorno ad un giardino molto ben tenuto, alla stregua di un convento attorno al suo chiostro.



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