La Patagonia finalmente
Gli abitanti di Santiago sono estroversi e la gente per strada o ai tavolini dei caffè era gentile e aveva voglia di scambiare qualche chiacchiera. Dopo due notti in un ostello per backpackers, cosmopolita e informale, abbiamo preso un aereo per il sud.
Punta Arenas è una deliziosa cittadina con un piccolo centro e numerose case a due piani verniciate con colori vivaci. A differenza di Santiago, qui ho provato la sensazione di essere davvero in America latina. Sicuramente l’emozione era legata anche al pensiero di essere in un luogo così ben descritto da Bruce Chatwin nel suo “In Patagonia” e in effetti la rilettura di questo libro mi accompagnerà durante tutto il viaggio. Al sud le temperature erano decisamente più bassa rispetto a Santiago, il cielo era spesso coperto e il sole tramontava tardi donando alla sera dei bellissimi colori.
Una visita alla Isla Magdalena, dapprima creata quale parco nazionale e in seguito classificata come monumento naturale è quasi d’obbligo. Sull’isola, distante circa due ore di navigazione, nidificano 60’000 coppie di pinguini di magellano. Naturalmente il nostro entusiasmo era alle stelle e ben presto si è perso il conto dei clic fotografici. I pinguini, dal canto loro, sembravano abituati ai turisti e si dimostravano più incuriositi che infastiditi, nonostante la presenza dei piccoli.
La pinguineria di Seno Otway, distante circa un’ora d’auto, invece è in un parco. Immagino che pochi turisti, una volta visitata l’Isla Magdalena, siano interessati a quest’altra pinguineria che è, tra l’altro, un posto incantevole e tranquillo. Per molti i pinguini non erano più una novità per cui c’era molta meno frenesia.
Nella Reserva forestal Magallanes si sono fatte sentire le famose raffiche di vento della Patagonia, quelle per intenderci che lasciano gli alberi piegati ma purtroppo non sono servite a spazzare via del tutto le nuvole che penalizzavano la magnifica vista.
L’ultimo giorno del 2005 ci ha portate a Puerto Natales. L’ho trovata, perlomeno durante il giorno, più caotica di Punta Arenas, nonostante sia molto più piccola. La maggior parte dei turisti si ferma per organizzare un’escursione al ghiacciaio Perito Moreno in Argentina o al Parco nazionale Torres del Paine.
Infatti il giorno dopo alle 7.00 abbiamo preso il pullman che ci ha accompagnate all’entrata di questo parco.
Dopo avere depositato gli zaini abbiamo fatto un’escursione fino al Rifugio Cileno.
Il giorno seguente il cielo era velato dalle nubi. Ci siamo quindi subito dirette al rifugio Los Cuernos distante circa quattro ore. Il sentiero costeggiava dei laghi mozzafiato e la vista del verde e dell’azzurro dell’acqua più le montagne circostanti ci alleggerivano dalla fatica.
Questa seconda notte nel parco l’abbiamo trascorsa in tenda che fortunatamente era già montata per cui non c’è rimasto che infilarci nei nostri sacchi a pelo e trascorrere la notte, un po’ all’umido a dire il vero.
Il terzo giorno ci ha portate direttamente al Rifugio Pehoé senza passare dal Campamento Britannico che fa parte del “Circuito W” che in pratica è l’itinerario classico dei frequentatori del parco.
Una volta lì, dopo una breve pausa, ci siamo incamminate verso un punto panoramico che dava sul ghiacciaio Grey. Si è rivelata una scelta azzeccata in quanto verso sera è tornato a splendere il sole, illuminando il ghiacciaio.
Dopo un’altra notte a Puerto Natales, era in programma la visita al ghiacciaio Perito Moreno. La pioggia che scendeva a tratti non ha rovinato lo scenario maestoso del ghiaccio dai riflessi azzurri. Una delle cose più belle è stato rimanere in contemplazione, possibilmente in silenzio ad attendere di udire in lontananza i rombi causati dai blocchi di ghiaccio che si staccavano repentinamente e le lastre di ghiaccio più vicine che pure cascavano all’improvviso con dei grandi tonfi. L’ideale sarebbe stato avere a disposizione l’intera giornata.
Dopo una sosta alla vicina El Calafate abbiamo fatto ritorno a Puerto Natales perché il giorno dopo ci attendeva un’altra lunga trasferta fino a Ushuaia, nella Terra del Fuoco.
Ushuaia è una cittadina turistica ma l’atmosfera è rilassante e familiare ed è frequentata da viaggiatori di ogni genere. Dopo un giorno di agognato riposo abbiamo visitato il Parco nazionale Tierra del Fuego. Il tempo è stato dalla nostra e ci ha regalato una splendida giornata di sole. La natura ci ha invece offerto uno spettacolo affascinante di laghi turchesi.
Il giorno seguente avremmo voluto raggiungere il vicino ghiacciaio Martial ma purtroppo questa volta la pioggia battente ci ha fatto desistere prima di raggiungere la meta. Per cui siamo scese lungo i 7 km che distavano dal centro e abbiamo così potuto visitare anche i quartieri di periferia dove le case sono piccole e colorate. Davvero deliziose.
Per l’ultimo giorno a Ushuaia avevamo previsto un’escursione in barca ma il tempo non prometteva nulla di buono per cui abbiamo optato per una più tranquilla visita all’acquario che dista circa 45 minuti a piedi dal centro. Non è stata esattamente una buona alternativa in quanto l’acquario era piccolo e cupo e i corridoi erano stretti e male illuminati, le vasche sporche.
Ho lasciato la Terra del Fuoco con una punta di tristezza perché il nostro viaggio stava volgendo al termine. Dopo una notte a Punta Arenas ci aspettava l’aereo per Santiago. Il volo, serale, ci ha regalato lo spettacolo del sole che illuminava il mare di un caldo color arancione. Un vero tramonto infuocato prima che il sole, una palla di fuoco, scomparisse, inghiottito dal mare. Mentre assistavamo a questo spettacolo, poco più in là una luna quasi piena già ammiccava, splendente più che mai.
Questa volta l’ambiente dell’ostello di Santiago, dopo tre settimane di pace, lontano dal caos delle strade e dalla frenesia, mi urtava. Non potevo sopportare neanche il chiacchiericcio in inglese, così poco lontano dall’atmosfera latino americana della Patagonia. In più, il giorno dopo ci attendeva il rientro a casa.