Bangkok e le isole del Golfo di Siam

Dicembre 2004 Affezionati come siamo all' Africa ed al Mediterraneo, non conosciamo nulla dell' Asia. E' nata cosi' l' idea di un viaggio verso Levante ed in particolare verso la Thailandia, terra di templi, Buddha dorati e genti cordiali: la scelta e' caduta su questo paese per diversi motivi. Siamo viaggiatori "fai da te" che amano muoversi da...
Scritto da: taddyegloria
bangkok e le isole del golfo di siam
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Dicembre 2004 Affezionati come siamo all’ Africa ed al Mediterraneo, non conosciamo nulla dell’ Asia. E’ nata cosi’ l’ idea di un viaggio verso Levante ed in particolare verso la Thailandia, terra di templi, Buddha dorati e genti cordiali: la scelta e’ caduta su questo paese per diversi motivi. Siamo viaggiatori “fai da te” che amano muoversi da soli e dunque per noi e’ essenziale informarsi prima di programmare un viaggio se il paese scelto e’ tranquillo: la Thailandia lo e’, fatta eccezione per il profondo sud. E’ meta ideale dei turisti che girano coi mezzi pubblici, molto organizzati, e col sacco a pelo sulle spalle: si puo’ infatti campeggiare quasi ovunque sulle spiagge, dopo aver ovviamente chiesto il permesso agli eventuali proprietari di bungalow ! Le persone sono gentilissime e disponibili, i prezzi economici, il cibo buonissimo, il clima ottimale specie sulla costa occidentale. Inoltre… E’ piena di isole ! Bene, e’ tutto pronto: zaini in spalla … Si sale sul volo diretto a Bangkok ! Sabato 25 Dicembre 2004 Atterriamo alle 16 ed usciamo subito dall’ aeroporto: una lunga fila di persone disciplinatamente attende il proprio turno per salire su un taxi. Ce ne sono cosi’ tanti di taxi, tutti colorati, rossi, blu e gialli, che molto presto arriva il nostro turno. Un’ organizzazione perfetta ! Ci perdiamo subito nelle vie caotiche della capitale e corriamo come matti insieme ad altri mille matti su ponti, cavalcavie, viuzze. Enormi impalcature sostengono altrettanto enormi cartelloni pubblicitari; grandi palazzi e moltissime auto fuoristrada… Ma soprattutto una miriade di taxi, pullman e tuk tuk, le caratteristiche moto-taxi. Alle 18 e 30 siamo davanti al nostro alberghetto, il Pra Arthit Mansion, con stanze pulite e dignitose. Il prezzo per due notti e’ di 1700 bath, ovvero circa 35 euro. Un bagno caldo per lavar via le fatiche del lungo viaggio e siamo pronti per una prima visita del circondario. Ci troviamo nel quartiere Banglamphu, a pochi passi dal grande fiume che attraversa Bangkok, il Chao Phraya. La scelta dell’ albergo e’ strategica: a piedi si raggiungono comodamente molti posti interessanti, primo fra tutti il Gran Palazzo Reale. La sera sta calando e con essa la luce del giorno; le strade sono affollatissime. Decine di uomini e donne vanno e vengono, inondando i marciapiedi, affollando i moli, cucinando e vendendo per la strada. Ovunque incrociamo sguardi tranquilli e sorrisi, e’ piacevole stare fra la gente da queste parti ! Alcuni ci propongono le loro merci oppure ci domandano se vogliamo essere condotti in qualche posto, ma se noi diciamo di no ringraziando questi ci salutano chinando il capo ed unendo le mani e se ne vanno per la loro strada… Un vero miracolo per noi abituati all’ intraprendenza a volte davvero pesante degli africani !!! Passeggiamo senza una meta e ci troviamo cosi’ ad attraversare un mercato notturno: sulle assi di legno delle bancarelle osserviamo strani frutti multiforme e multicolori, pesce fritto, pentoloni dove bollono zuppe liquide con pezzettini solidi che galleggiano allegramente. Odori tipici della cucina orientale si mischiano a strani odori mai sentiti. Bimbe infilano splendidi fiori di orchidea a formare delle collane. C’e’ anche chi vende bigiotteria, occhiali da sole e vestiario. Dopo aver vagato un po’ la sete ci fa sedere ad un tavolino di uno dei tanti localini lungo la strada: beviamo una birra alla spina sorprendentemente fresca. Di fronte a noi ci sono le bianche mura che circondano il Gran Palazzo Reale: sopra di queste svettano le cime sapientemente illuminate dei monumenti, bellissime ! E’ ora di cena e noi abbiamo scelto il Supatra River House, un bel ristorante che si raggiunge attraversando il fiume a bordo di una bella barca di legno: non abbiamo prenotato ma c’e’ posto lo stesso. Ci sediamo ad un tavolino su di una grande terrazza che si affaccia direttamente sul fiume: una ragazza dalla bella voce diffonde nell’ aria note di canzoni orientali ed occidentali. Molti camerieri si avvicendano attorno al nostro tavolo ed iniziano a portare piattini, ciotoline, vassoietti … Alla fine lasceremo molte cose perche’ abbiamo, senza immaginarlo, esagerato con le ordinazioni ! Gli antipasti erano sublimi !! A meta’ cena, poi, ci hanno chiesto se volevamo assistere ad uno spettacolo di danze e ci hanno fatto accomodare in un giardinetto. Quando le luci si sono spente, sono entrate due ragazze vestite con abiti semplici: avevano delle candele in mano e ruotavano i polsi tenendo sempre le candele perfettamente dritte ! Poi e’ entrata una ragazza con un ricchissimo costume tipico thai, dal sorriso smagliante, raggiunta poco dopo da un ragazzo con un altrettanto ricco costume e con una maschera sul viso. Bravissimi ! La cosa che colpisce di piu’ e’ l’ incredibile mobilita’ dei polsi di queste danzatrici !! Molto belli e particolari gli strumenti utilizzati dai ragazzi accovacciati dietro il piccolo palco, che hanno suonato per tutta la durata dello spettacolo. Ultima danza: un combattimento con bastone e para-braccio ad opera di due atletici ragazzini. Durante la cena, ancora, ricordo con un tocco di nostalgia le barche dalle mille luci colorate che sfilavano lente sulle acque calme del Chao Phraya; una scena, questa, che ricordo immersa in un silenzio ed in una calma irrazionali, fuori dal normale… Forse per il contrasto grandissimo con le ore che abbiamo vissuto il giorno dopo. Dopo aver nuovamente attraversato il fiume, ci incamminiamo verso il nostro alberghetto: la serata e’ piacevolmente calda.

Domenica 26 Dicembre La notte scorre tranquilla – …Ore 7 e 26: sotto l’ Oceano al largo di Sumatra, un terremoto di magnitudo 9 provoca un innalzamento del fondo marino: la zolla indiana si incunea sotto quella birmana … – ed al mattino scendiamo di buon ora per la colazione – …Lo spostamento verticale del fondale si ripercuote sulla colonna d’ acqua sovrastante, sollevandola … – E’ una bella giornata soleggiata e ne approfittiamo per visitare i templi del Gran Palazzo Reale – …Il movimento dell’ acqua si propaga intorno all’ epicentro disegnando un cerchio: l’ onda e’ alta appena qualche decina di centimetri … – Ci incamminiamo dunque per le strade gia’ affollate ed arriviamo in breve davanti alle porte aperte di uno dei siti spirituali piu’ importanti di Bangkok – …L’ onda anomala si avvicina inesorabile alle coste di diversi Paesi del sud est asiatico, fra cui la Thailandia … – e dopo aver pagato il biglietto (200 bath, ovvero all’ incirca 4 euro a testa) ci proiettiamo in un mondo fantastico degno delle migliori favole esotiche, un mondo fatto di colori, statue, colonne e cupole dorate, un grande luogo di culto dove i fedeli si intrecciano ai molti turisti armati di macchine fotografiche. I vari templi sono ai nostri occhi magnifici, e’ la nostra prima volta in Oriente e tutto ci appare degno di attenzione, tanto che trascorriamo diverse ore a girovagare fra i palazzi, togliendoci varie volte le scarpe per entrare nei templi, annusando con avidita’ i profumi degli incensi che bruciano diffondendo tutto attorno incredibili note mute – …Vicino alle coste, la profondita’ dell’ acqua si riduce e la testa dell’ onda rallenta, mentre la massa d’ acqua retrostante avanza velocemente … – La cosa che piu’ mi ha colpito e’ l’ assoluta pazienza con cui decine e decine di fedeli attendono col sorriso sulle labbra il loro turno per raggiungere le zone delle offerte, dove poter finalmente appoggiare quello che portano, ciotole di riso, piatti di frutta, bastoncini d’ incenso, grandi boccioli verdi su lunghi steli: e’ davvero impressionante notare la tranquillita’ con cui stanno minuti e minuti in fila ai turisti per arrivare di fronte ai loro idoli, non sembrano affatto stressati o infastiditi !! – … L’ acqua del mare si compatta e si abbatte con una violenza sconosciuta sulle spiagge, travolgendo ogni cosa … – Siamo di fronte al bot, il templio che protegge al suo interno la preziosissima statuetta del Buddha di Smeraldo; lungo il perimetro esterno del tetto della pagoda sono appese centinaia di foglioline dorate che si mettono a danzare sotto ai nostri occhi. Scosse da un brivido di vento improvviso ed inatteso, diffondono nell’ aria calda un tintinnio angelico e prolungato mentre migliaia di riflessi dorati colpiscono le nostre retine – … Decine di turisti sono gia’ sulle spiagge e centinaia di persone in Sri Lanka, Indonesia, Thailandia hanno cominciato una nuova giornata di lavoro: quando l’ onda anomala si abbatte sulle coste e’ una tragedia, una tragedia colossale … – Dopo tanti templi decidiamo di fare una pausa ed usciamo dal Gran Palazzo Reale. Beviamo qualcosa di fresco e subito dopo ci incamminiamo verso sud. Il sole brucia la pelle – … Donne, uomini, bambini, indonesiani, thailandesi, indiani, italiani, francesi, tedeschi: lo tsunami non risparmia nessuno; case, alberghetti, barche, ponti: lo tsunami non risparmia niente … – e ci osserva dall’ alto mentre con calma ci avviciniamo al Wat Po; famoso perche’ accoglie la colossale statua del Buddha Disteso, questo complesso di costruzioni accoglie anche campi da basket, una biblioteca, una scuola di massaggio tradizionale thai e gli alloggi di diversi monaci che incontriamo ovunque, vestiti di arancione e col sorriso stampato in volto. Ci mettiamo in coda con altri turisti e molti fedeli per entrare nel templio del Buddha Disteso: sfiliamo le scarpe, le riponiamo in scarpiere molto capienti ed entriamo tutti insieme, passo dopo passo, nella semi oscurita’: la gente e’ tanta ma c’e’ un silenzio sorprendente. Come entriamo, alle orecchie arriva un unico rumore, un ritmico tin tin tin, ed i nostri sguardi vengono magneticamente attratti dai riflessi dorati dell’ enorme statua. Lungo ben 45 metri, questo Buddha ha un’ espressione sul volto che non si puo’ dimenticare: la beatitudine fatta statua !! – … Urla, pianti, la gente non capisce, dolore, paura, la gente viene trascinata via dalla furia dell’ acqua impazzita, gente che chiama, gente che cerca, gente che muore … – Lentamente camminiamo lungo il fianco destro della statua ed arriviamo ai grandi piedi, sulla pianta dei quali si trovano delle mattonelle di madreperla che ripropongono i 108 segni propizi che contraddistinguono il “vero Buddha”. Passiamo quindi sul fianco sinistro della statua e qui finalmente diamo una spiegazione concreta a quel ritmico tin tin tin che udiamo fin da quando siamo entrati: una fila di pentolini metallici entro cui i fedeli fanno cadere delle monetine. Una monetina in ciascuno dei 108 pentolini dona fortuna e lunga vita – … Decine, centinaia, migliaia di vittime: una vera catastrofe … E noi non ne sappiamo ancora niente … – Usciamo dal Wat Po e ci sediamo al tavolino di uno dei tanti localini lungo una stradina che sembra un mercato del pesce: mangiamo riso e pollo al curry. Poi torniamo ad esplorare la citta’ ed i piedi ci portano su di un molo del fiume: saliamo su di una colorata canoa a coda lunga e ci lasciamo trascinare prima dal motore poi dalla corrente lungo i famosi canali di Bangkok. Non c’e’ piu’ tanta gente in giro perche’ le ore del mercato galleggiante sono passate ma l’ incontro con una donna sorridente dal grande cappello di bambu’ che ci vende una bibita fresca e delle curiose ranocchie di legno ci rallegra. E’ curioso osservare le case lungo i canali: sono palafitte per lo piu’ di legno ed ogni casa ha davanti una specie di zattera con panchine e piccolo templio al centro. La religione sta veramente al centro della vita di queste persone, anzi, si puo’ dire che tutta la loro vita ruota attorno alla loro religione !! Tornati al molo, riprendiamo la strada per l’ alberghetto, fermandoci spesso alle bancarelle che espongono le piu’ svariate merci a prezzi davvero molto bassi. Dopo una bella doccia siamo pronti per uscire di nuovo, ma prima saldiamo il nostro conto con l’ albergatore: domattina partiremo molto presto e non ci sara’ nessuno sveglio ! – … Le nostre famiglie a casa si stanno domandando che fine abbiamo fatto, ma noi non sappiamo ancora niente e niente nella gente che incrociamo ci fa presagire qualcosa della terribile tragedia che e’ in corso … -. Questa sera visiteremo la pedonale Thanon Khao San, una strada colorata, piena di musica, bancarelle, neon, mercatini, internet cafe’ e ristorantini di ogni genere. La percorriamo su e giu’ varie volte ed ogni volta scopriamo qualcosa di nuovo: molto pittoresco ! Lunedi’ 27 Dicembre Ci alziamo che e’ ancora buio, scendiamo in strada, carichiamo gli zaini nel baule di un assonnato taxista e saliamo in auto: sono le 5 e 45. Il nostro volo per Krabi parte alle 10 ma noi abbiamo imparato ad essere previdenti ed abbiamo preso l’ abitudine di presentarci in aeroporto almeno 3 ore prima della partenza. La citta’ ferve gia’ di vita, le luci dei lampioni si spengono mentre arriviamo in vista dell’ aeroporto e le luci del nuovo giorno iniziano a baciare i palazzi: il taxista e’ muto ed anzi, mi pare di vedere dallo specchietto retrovisore che ogni tanto tiene gli occhi chiusi: forse dorme ??? Per fortuna riusciamo ad arrivare sani e salvi ed entriamo nel piccolo aeroporto nazionale. Mentre ci dirigiamo verso il check-in, la nostra attenzione viene catturata dal titolo enorme di un quotidiano: CATASTROPHE; incuriositi, solleviamo il giornale e scorriamo le righe scritte in inglese. Parla di tsunami (mai sentita questa parola fin d’ ora), di molte vittime, di Sumatra, Indonesia, Malesia, Myanmar … Thailandia … Pukett … Krabi … Non capiamo piu’ niente, la testa ci va nel pallone, le nostre facce sbiancano. Siamo in piedi, gli zaini pesanti in spalla, intorno c’e’ musica, profumo di caffe’, la gente e’ normale, troppo normale, non capiamo … Com’e’ possibile? Cos’ e’ successo veramente ? Dobbiamo fare chiarezza nelle nostre idee, cosi’ compriamo il quotidiano e ci mettiamo a sedere: leggiamo e rileggiamo cercando di mantenerci calmi, guardiamo le foto, cerchiamo di interpretare ma non e’ facile: cerchiamo con lo sguardo altri turisti per poter domandare qualcosa, forse loro hanno guardato la tv, hanno telefonato a casa …E invece sembrano tutti normali, la vita qua continua come niente fosse … Forse i giornalisti come al solito hanno esagerato, forse se andiamo laggiu’ vedremo davvero cosa e’ successo. Decidiamo piu’ confusi che mai di andare a vedere se hanno bloccato i voli … Sembra proprio di no, per lo meno il nostro per Krabi partira’ regolarmente. Decidiamo allora di chiedere al ragazzo delle Informazioni: ci accoglie con un sorriso ma sembra triste. Quando gli chiediamo com’ e’ ora la situazione a Krabi, lui si fa serio e ci dice che la situazione e’ molto grave e ci sconsiglia caldamente di andare laggiu’ … Vedremmo solo morti, morti e disperazione … Restiamo di ghiaccio, solo ora capiamo davvero la portata del disastro, osservando gli occhi di quest’ uomo ed ascoltando le sue parole piene di tristezza. Siamo ancora in piedi, gli zaini sempre piu’ pesanti in spalla, e non sappiamo cosa fare. Siamo qui, con uno stupido biglietto aereo fra le mani: Krabi “la spiaggia dell’ orrore” con decine di corpi senza vita. Siamo qui, ignari di tutto fino a pochi istanti fa. Siamo qui, in un aeroporto dove tutto sembra normale. Siamo qui e non possiamo chiamare a casa perche’ la’ e’ notte fonda, non possiamo andare a Krabi ma non vogliamo tornare in Italia. Resta una cosa sola da fare: studiare un nuovo itinerario per poter andare via il prima possibile da questo aeroporto che sta diventando sempre piu’ stretto attorno a noi e ci soffoca. Decisi a non tornare a casa, aspettando un orario decente per poter telefonare, cerchiamo di tenere la mente occupata studiando la nostra guida. Dove andare ? A nord? Non siamo attrezzati, sulle montagne il clima e’ rigido e noi abbiamo solo abbigliamento estivo. Tutta la costa occidentale, da quanto abbiamo potuto capire, e’ interdetta. Ci balena anche l’ idea di andare lo stesso la’ e di portare le nostre braccia in aiuto di chi e’ rimasto … Ma vigliaccamente non ci sentiamo forti abbastanza per affrontare una prova cosi’ grande: davvero crediamo di essere capaci di stare in mezzo a tanti cadaveri senza svenire o metterci a urlare ? Alla fine decidiamo di dirottare il resto della vacanza – quante volte ci siamo sentiti male pronunciando questa parola … – nel Mar Cinese, ed in particolare a Ko Samui. Dobbiamo farci mettere sulla lista d’ attesa di uno dei diversi voli di oggi per quest’ isola, e nel primo pomeriggio ci imbarcano su un’ aeroplano diretto proprio a Ko Samui. Non riusciamo a parlare, non tocchiamo cibo, siamo immersi nei nostri pensieri ed immagini tremende ci danzano nel cervello. Come sono lontane le ore spensierate di Bangkok, com’ e’ lontana l’ espressione beata del Buddha Disteso … Sul calar della sera sbarchiamo a Ko Samui e, nel frattempo, abbiamo deciso di traghettare subito verso Ko Pha Ngan, isola minore al largo delle coste settentrionali di Ko Samui. Saliamo sempre in silenzio su di un pullmino e scendiamo a livello del piccolo molo da cui partono le barche per Ko Pha Ngan. Nella traversata, durata circa mezz’ ora, una donna fuma e poi butta la sigaretta in mare: la osserviamo, sballottata dalle onde e pensiamo come, allo stesso modo, migliaia di vite si sono spente nelle ultime ore in mare. Siamo ancora in silenzio quando rimettiamo piede a terra, sulla stradina di sabbia del piccolo porto di Hat Rin. L’ orario e’ ideale per chiamare a casa e, per la prima volta da questa mattina, parliamo. Parliamo con le nostre famiglie, rassicuriamo i nostri cari quando abbiamo bisogno noi di essere rassicurati per primi. Siamo frastornati, increduli, sballottati da aerei, pullmini, barche senza sentirci tranquilli mai: qualcosa dentro di noi e’ morto. E’ come se fossimo stati anche noi la’, su quelle spiagge, fra quelle persone. E c’e’, approposito di questo, un pensiero agghiacciante che si sta lentamente impadronendo di noi: bastavano 24 ore, 24 misere ore e anche noi saremmo davvero stati la’, su una di quelle spiagge, nella nostra tendina e allora … Che ne sarebbe stato di noi allora ? La nostra idea, infatti, era quella di dormire le prime due notti a Phi Phi, per poi spostarci possibilmente via mare verso l’ arcipelago di Trang, piu’ a sud. Ci sentiamo dei miracolati ma proprio per questo non ci perdoniamo di essere salvi mentre tanti non lo sono piu’. In momenti come questi il cervello arriva a fare brutti scherzi e si finisce di cadere nell’ irrazionalita’, proprio come nel nostro caso: arrivare a sentirsi in colpa perche’ siamo qui e siamo vivi … Come imbambolati cerchiamo una moto a noleggio e la troviamo a Ben Tai, a circa 5 km dal porto, lungo la strada che costeggia il mare a sud ovest di Ko Pha Ngan. L’ interno di quest’ isola e’ montuoso e percorso da strade sterrate e dunque abbiamo cercato una moto da enduro, il mezzo migliore per affrontare il saliscendi polveroso. Paghiamo 6 euro per tre giorni e 4 euro per il pieno di benzina. Mentre osserviamo la ragazza del noleggio versare nel radiatore della moto dell’ acqua saponata, ci accorgiamo improvvisamente di essere molto stanchi. Ma non e’ ancora tempo di fermarsi: dobbiamo cercare un posto dove dormire e, visto che sulle spiagge di questo versante dell’ isola si svolge proprio in questi giorni una specie di rave party detto “della luna piena”, imbocchiamo decisi una delle due sterrate che attraversano per il lungo l’ isola. Siamo diretti a nord e la pista e’ piuttosto malmessa: grandi solchi la percorrono e le salite sembrano pareti verticali per questo 250 cc vecchio e scarburato ! Gli zaini in precario equilibrio ci pesano sulle spalle ed e’ cosi’ con grande sollievo che arriviamo, dopo circa 40 minuti, in vista della costa nord. Ci sediamo in una terrazza – ristorante ed ordiniamo qualcosa da mangiare e da bere. La spiaggia che si stende a partire da qui e’ abbastanza bella ma e’ piena di bungalow nascosti nella vegetazione; decidiamo di esplorare ancora un po’ questo versante dell’ isola prima di scegliere dove accamparci. Ben presto, pero’, ci rendiamo conto che, se l’ interno dell’ isola e’ assolutamente selvaggio e praticamente deserto, le spiagge sono tutte super costruite. Cominciamo allora a domandare in giro se ci sono posti nei bungalow, ricevendo solo risposte negative. Verso sera troviamo finalmente su una spiaggia un omino baffuto che ci dice di avere libero l’ ultimo bungalow e decidiamo di fermarci: non abbiamo la forza di chiedere se possiamo montare la tenda: va benissimo il bungalow a 6 euro a notte ! Saliamo le pendici della collinetta che nasce in fondo alla spiaggia, percorriamo una barcollante scaletta ed entriamo in una piccola palafitta tutta di legno: la porta e’ priva di serratura ma la tiene chiusa un ciappetto da biancheria. Rosa. Sorridiamo per la prima volta da questa mattina. Entriamo nella buia stanzetta con un letto e null’ altro; fra le assi del pavimento si scorge il vuoto e sotto i nostri passi tutta la casetta trema. Sulle pareti di paglia intrecciata ci sono diversi buchi, dai quali sbucano i musetti di alcuni gechi curiosi. In bagno, la doccia emette solo un filo d’ acqua gelido. Ci laviamo lo stesso, piu’ in fretta che riusciamo, poi ci riposiamo un po’ in amaca, ottimisticamente stesa fra i paletti di legno che reggono la veranda. Il cielo imbrunisce velocemente e da qualche parte si accende un rumoroso generatore. Scendiamo in spiaggia e la percorriamo tutta: dal lato opposto al nostro bungalow c’e’ un bel ristorantino sulla sabbia e ci sediamo a bere birra. Poi scopriamo che c’e’ un piccolo internet cafe’, cosi’ ci colleghiamo a internet per sapere qualcosa di piu’ sullo tsunami e per scrivere a casa. Le vittime aumentano di numero di ora in ora: adesso sono 60 mila, una cifra assurdamente alta. Quando ci sconnettiamo, sono le 22 e 30, tutti i cuochi sono andati a dormire e noi ci accontentiamo di un panino freddo. Guardiamo il mare scuro e tranquillo, ma l’ unico pensiero che ci viene alla mente e’ quella orribile onda portatrice di morte.

Martedi’ 28 Dicembre Si illumina un nuovo giorno e noi dondoliamo in amaca diverse ore. Per il resto della giornata esploriamo l’ isola che pero’ non ci piace: il mare non e’ bello per la presenza in questa stagione del monsone di nord – ovest, una spiaggia aveva addirittura il fondale puzzolente e poi ci sono troppe costruzioni per i nostri gusti sulle spiagge. Non ci lamentiamo pero’, siamo ancora in un limbo strano, noi siamo strani. Semplicemente passano le ore. A mezzogiorno pranziamo con patatine fritte e yogurt davanti al monitor di un computer: internet e’ diventato piu’ importante di qualsiasi altra cosa, la priorita’ assoluta, cio’ che ci tiene legati alla realta’ e al resto del mondo. Solitamente amiamo staccarci completamente dal resto del mondo quando siamo in vacanza, ma qui e’ un’ altra cosa. La tragedia e’ un pensiero fisso ed e’ normale che sia cosi’. O forse no: incontriamo anche tanti turisti che sono assolutamente normali: forse dal momento che abbiamo deciso di restere sarebbe logico non pensare all’ attualita’ … Ma per ora non ce la facciamo. Su internet troviamo anche notizie interessanti circa un arcipelago a 31 km dalle coste occidentali di Ko Samui: si chiama Ang Thong ed e’ un Parco nazionale marino. Decidiamo di recarci la’ domani stesso ! In una piccola agenzia compriamo il permesso per restare a campeggiare nel Parco e il biglietto della barca che salpera’ domani mattina alle 7 in punto. Ora si presenta un problema: come fare infatti a restituire la moto alle 6 (per riuscire a raggiungere il porto in tempo) … Quando l’ agenzia apre solo alle 8 ?! Andiamo a parlare col personale e, se all’ inizio pare che nessuno abbia voglia di venire cosi’ presto ad aprire per due turisti scocciatori … Alla fine il proprietario indica sorridendo un povero dipendente scelto per assolvere a questo dovere inaspettato ! Il suo nome e’ Lud, vive in una baracca dietro all’ agenzia e lo osserviamo allungare il collo come per ingoiare un rospo !! Sulla strada e’ parcheggiato un pick up rosso con cui ci accompagnera’ al porto. E’ quasi buio e noi imbocchiamo la sterrata in direzione della costa nord. Mentre il motorino arranca, il cielo si tinge si porpora: e’ bellissimo. E’ buio completo quando arriviamo al bungalow. Filo di doccia gelida poi scendiamo al ristorantino: questa sera prima ceniamo e poi ci connettiamo a internet ! Mentre mangiamo si avvicina a noi una giovanissima cameriera che ha voglia di parlare: fra tutto cio’ che ci dice, una frase mi colpisce profondamente. Dopo aver parlato molto della tragedia, del fatto che lei aveva amici la’ di cui non sa nulla, del fatto che avrebbe potuto succedere qui e non la’, del fatto che secondo lei la natura si sta ribellando all’ uomo e dopo aver saputo da noi che era la prima volta che venivamo in Thailandia, ha detto: ” …Ecco … Adesso tornerete a casa vostra ed avrete un cattivo ricordo del nostro paese … ” ed aveva uno sguardo cosi’ triste mentre la sua bocca continuava a sorridere di quel bellissimo sorriso che hanno sempre sul volto i thailandesi, che io non potro’ scordare piu’. Questa frase mi ha fatto capire che abbiamo fatto bene a decidere di rimanere nonostante tutto, perche’ questa gente ha bisogno di noi, dei turisti, dei soldi che portiamo loro. La cosa che piu’ li spaventa e’ il fatto di non poter piu’ lavorare col turismo dopo quello che e’ successo e non posso nascondere che sia una paura purtroppo fondata. Rimanendo, nel nostro piccolo abbiamo dato loro una mano che altre persone hanno rinunciato a dare, tornandosene a casa. Dopo cena ci avviciniamo ai computer: troppo tardi, questa sera sono gia’ andati a dormire loro ! Mercoledi’ 29 Dicembre Questo giorno per noi inizia alle 5, quando ci svegliamo nel buio appena rischiarato dalla luna piena che sta tramontando. Carichiamo gli zaini in spalla, chiudiamo col ciappetto rosa la porta, scendiamo con cautela la scaletta. Raggiungiamo in breve la spiaggia e la attraversiamo: anche i cani dormono e non si sente alcun rumore. Purtroppo dobbiamo accendere la moto rompendo l’ incanto della notte. Il fanale anteriore non fa luce, cosi’ ci aiutiamo con le nostre torce da testa: siamo pronti! Iniziamo a salire sulle ripide sterrate, piu’ piano del solito nel tentativo di evitare buche e solchi. Lungo una di queste salite la moto esita, si blocca poi con un singulto si spegne. Decido di scendere per alleggerire la moto … E sprofondo in un solco di 30 centimetri ! Niente di grave, ridendo di gusto ripartiamo. Poco dopo, lungo un’ altra salita, la moto rallenta, il motore gorgheggia e con un lungo e spaventoso “ooooooooh” si spegne ! Inutile ogni tentativo di farla ripartire: e’ finita la benzina … Ma se ci avevano detto che col pieno si facevano 80 km ?? Noi ne avremo fatti al massimo 40 ! Stiamo calmi: c’e’ sempre la riserva ! Giriamo il rubinetto e, dopo qualche tentativo, sentiamo di nuovo il motore cantare ! Fiduciosi riprendiamo la strada … Ma dopo 4 minuti non ci possiamo credere: con un altro terrificante “oooooooooh” la moto muore del tutto. E’ una presa in giro questa riserva !? Non ci resta che scendere, mettere la moto sul cavalletto e guardarci intorno: siamo nel fitto della foresta, il buio e’ ancora totale e siamo appena a meta’ strada. Notiamo una debole luce provenire dalla boscaglia alla nostra destra, probabilmente una casetta. L’ orologio segna le 5 e 30, non c’e’ tempo da perdere ! Mi avvio nella direzione della luce ed in breve alcuni cani iniziano ad abbaiare e ringhiare furiosamente: non mi fermo e continuando a camminare decisa parlo ai cani senza incrociare i loro sguardi. Infine arrivo sotto le finestre chiuse della casetta ed inizio a chiamare in inglese i padroni. Per un po’ non succede nulla, poi si affaccia un addormentatissimo ragazzo che ovviamente non capisce una sola parola d’ inglese ! Riesco a convincerlo a scendere a pianterreno, dove nel frettempo Taddy e’ arrivato conducendo con se’ la moto. Inizia una scenetta buffissima dove noi con mille gesti e versi tipo “glu glu” cerchiamo di spiegare il nostro problema. Ci vuole un po’, ma alla fine il ragazzo sorride ed emette un lungo “aaaah” poi salta in sella ad un motorino sbucato dal nulla e qui si blocca. Ci blocchiamo anche noi: oddio … E’ senza benzina anche lui … E invece si e’ solo scordato le chiavi ! Urla qualcosa verso la casa e poco dopo si affaccia un’ altrettanto addormentata ragazza che gli butta delle chiavi. Meno male: parte in direzione della boscaglia, abbiamo una possibilita’ di farcela ! Dopo 5 minuti e’ di ritorno e porta con se’ una bottiglietta di benzina: e’ un litro, chissa’ se ce la facciamo ? Gli domandiamo quanto ha speso poi gli lasciamo una cifra ben superiore, per il disturbo “because you … Ronf ronf !!” Finalmente gli si illuminano gli occhi: non tutti i mali vengono per nuocere, stara’ pensando, questa giornata e’ iniziata bene ! Torniamo a fare urlare il motore sulla sterrata; sta lentamente accendendosi il giorno e dobbiamo affrettarci. Riusciamo per miracolo ad essere alle 6 e 10 davanti all’ agenzia di noleggio e smontiamo dalla moto. Pochi secondi e si accende una luce, una serranda si alza ed esce un ragazzo … Che pero’ non e’ Lud. Ancora qualche minuto ed arriva pure Lud, tutto addormentato, che ci consegna uno stropicciatissimo passaporto ( in Thailandia si deve lasciare il passaporto quando si noleggia un mezzo ) e che si avvia deciso verso la strada per poi improvvisamente bloccarsi: lo sguardo fisso su un punto imprecisato, la mandibola che gli pende dal viso e un gran punto interrogativo sulla testa (quanto sono belli i thailandesi perplessi !! ). Dov’ e’ il pick up con cui ci deve accompagnare al porto ? Il tempo passa e noi siamo in attesa che Lud prenda una decisione: difficile a quest’ ora del mattino e dopo aver probabilmente festeggiato per gran parte della notte al rave party !! Alla fine decide. Ci indica di nuovo la nostra moto: “andrete in la’ con quella”, “e tu?” gli domandiamo noi, “vengo con quello” indicando uno scooter, “da solo? e come farai a portare indietro due moto?”, “mi fermo a caricare un amico lungo la strada”. Perfetto, si puo’ andare allora ! Partiamo e subito perdiamo Lud che chissa’ dove va a cercare l’ amico. Non ci interessa piu’, dobbiamo solo raggiungere il porto adesso ! Ma non e’ possibileeeeeee, dopo pochissimi km finisce di nuovo la benzina !! E’ una barzelletta, ci mettiamo a ridere senza riuscire a smettere, neppure quando arriva finalmente Lud che, rendendosi conto del nuovo problema, scarica l’ amico e riparte in cerca della benzina … Bene, ora siamo in tre qui fermi come pesci lessi ad aspettare Lud! Sono le 6 e 35 e c’e’ gia’ il sole basso sull’ orizzonte. Non passa anima viva sulla strada … Finche’ non vediamo giungere un’ auto a velocita’ sostenuta. Incredibile: e’ Lud con il pick up rosso che e’ miracolosamente saltato fuori !!! Siamo salvi, arriviamo in tempo al porto, salutiamo Lud e saliamo sulla barca. Che giornata ! E’ appena iniziata e siamo gia’ stanchi morti !!!! La mezz’ ora di traversata passa in un lampo e a Ko Samui saliamo su un’ altra barca: e’ di una delle compagnie che organizza le gite giornaliere ad Ang Thong, gita che ogni tour operator consiglia a chi soggiorna a Ko Samui. Il viaggio e’ tranquillo, il mare e’ calmo; ci sediamo a prua e dopo un’ ora buona di solo mare finalmente vediamo venire verso di noi le prime isolette dell’ arcipelago. Ang Thong e’ composto da 41 isolette dalla vegetazione lussureggiante, in tempi antichi rifugio di pirati, in tempi piu’ recenti base di addestramento della Marina militare thailandese e oggi sotto la protezione del Dipartimento dei Parchi Nazionali. L’ isola piu’ grande e’ quella che stiamo raggiungendo ora: si chiama Ko Wua Talab, accoglie la sede della direzione del Parco ed e’ l’ unica su cui ci si puo’ fermare a dormire. Ci sono infatti alcuni bungalow ma si puo’ anche dormire in tenda. Il Parco noleggia grandi tende a igloo dai teli mimetici, materassini e lenzuola, oppure si puo’ dormire nella propria tenda, pagando veramente poco ! Sull’ isola c’e’ anche un ristorante con bei tavoli di legno che offre specialita’ thailandesi piuttosto buone. La barca si ferma, getta l’ ancora e una barca piu’ piccola dalla coda lunga e dal rumorosissimo motore parte dalla spiaggia per venire a prenderci. Come mettiamo piede sulla bianchissima sabbia capiamo di essere giunti in un posto a noi molto congeniale ! Ci avviamo decisi verso la reception del Parco e qui chiediamo ad un ragazzo dal bel sorriso e dal perfetto inglese dove possiamo montare la tenda: “dove volete !” ci risponde. Abbiamo dunque due possibilita’: la bella e curata erbetta che accoglie i bassi edifici di legno della direzione del Parco e del ristorante oppure la candida spiaggia. Optiamo per quest’ ultima e ci incamminiamo nuovamente verso il mare. Percorriamo quindi a piedi nudi tutta la spiaggia finche’ non troviamo un angolino perfetto: un tratto di spiaggia separato, mediante grossi massi scuri franati dalla parere retrostante, dal resto della spiaggia dove si sono gia’ sdraiati gli altri turisti. Una cosa bellissima: c’e’ un monaco buddhista che campeggia qui ! All’ inizio temiemo di disturbarlo, cosi’ mi avvicino e gli domando in inglese se dorme qui; lui mi risponde, con un sorriso beato e gli occhi stretti: “anche voi, vero? Benvenuti !”. Meraviglioso: un luogo selvaggio, silenzioso, naturale ed un uomo che trasmette serenita’ e che dona una certa sacralita’ all’ insieme. Montiamo in silenzio la tenda. Montiamo anche le amache e finalmente ci rilassiamo un po’. Il resto della giornata lo passeremo quasi tutto cosi’, dondolando nelle nostre amache, osservando il mare calmo dal colore blu intenso, rilassando le membra e carcando di fare altrettanto con la mente. Non e’ facile: gli occhi ci ingannano continuamente facendo alzare la sottile linea dell’ orizzonte in finte onde altissime che si avvicinano. E’ passato troppo poco tempo dalla tragedia e siamo ancora sconvolti. In questi momenti di “panico da suggestione”, come lo chiamo io, torniamo a contatto con la realta’ osservando i gesti semplici e calmissimi del monaco, che, con la schiena piegata in due, raccoglie continuamente radici ed erbette intorno alla sua tendina marron.

Giovedi’ 30 Dicembre 2004 – Mercoledi’ 5 Gennaio 2005 I sette giorni seguenti abbiamo esplorato l’ arcipelago e soprattutto l’ isola di Ko Wua Talab. Abbiamo imparato a conoscere le abitudini del personale del Parco, a distinguere i loro volti, abbiamo apprezzato la natura selvaggia di questo angolo di mondo, pranzato e cenato sotto la bella volta di legno del ristorante, fatto qualche bagno e diverse escursioni alle isole vicine. La prima cosa che abbiamo voluto fare e’ stata quella di salire fino al punto accessibile piu’ alto di Ko Wua Talab: infilate le scarpe da trekking, si inizia a salire sul sentiero ripido che parte dal prato di fronte alla reception, quindi si prosegue camminando sulle robuste e talvolta scivolose radici degli alberi che affollano l’ interno dell’ isola. Dopo i primi 100 metri circa di dislivello, si arriva ad un primo punto panoramico: bellissima la vista sulla spiaggia candida da cui nascono e si elevano le scure ed alte palme da cocco. Il mare da qui ha un bellissimo colore turchese, specie nelle giornate senza vento; la prima volta che siamo venuti quassu’, infatti, il vento e le correnti marine muovevano il fondale rendendo l’ acqua torbida. Si continua a salire e si continua a sudare: l’ umidita’ della foresta ed il caldo rendono i passi sempre piu’ difficili. Alcune funi sono state legate ai tronchi per aiutare gli escursionisti e noi le usiamo spesso, non fidandoci mai troppo visto che non sono molto tese ! In alcuni punti, pero’, il sentiero e’ cosi’ ripido che siamo costretti a fidarci ! Intorno ai 400 metri di altezza si esce dalle tenebre della foresta di nuovo all’ abbagliante luce solare: gli ultimi metri sono allo scoperto, su acuminate rocce che sembrano denti di un’ enorme bocca pronta ad addentarci ad ogni passo ! Procediamo con prudenza, gli occhi ostinatamente puntati in basso, ed infine mettiamo i piedi su di una piccola piattaforma di legno. Qui ci fermiamo e finalmente alziamo lo sguardo: una meraviglia !! Che spettacolo !! Sotto di noi si stende la foresta, che pare impenetrabile tanto e’ fitta, di Ko Wua Talab. Vicino al mare alla nostra destra, ovvero verso est, si vede bene la piccola area che e’ stata deforestata per accogliere la direzione del Parco. Intorno all’ isola un mare perlaceo accoglie al largo altri verdissimi isolotti che sembrano sospesi nel vuoto ! Non vediamo l’ orizzonte perche’ c’e’ vento e migliaia di goccioline si alzano dalla superficie marina rendendo indistinguibile la linea retta che segna il confine fra cielo e mare. Questa condizione rende ancor piu’ magica l’ intera scena e pare veramente di essere sospesi in volo ! Un’ altra bella escursione e’ quella che ci porta dall’ altra parte dell’ isola, a scoprire un villaggio di pescatori che vivono qui tutto l’ anno e che non hanno alcun contatto con i turisti. Per trovare l’ imbocco del sentiero si deve chiedere a qualcuno dei ragazzi che lavorano qui, poiche’ non ci sono molte persone che lo percorrono e dunque almeno l’ inizio e’ quasi chiuso dalla spumeggiante vegetazione. Giunti dove il sentiero si apre e pare essere piu’ pulito, il ragazzo torna indietro regalandoci un ultimo sorriso e ci lascia soli col nostro sudore ed il nostro ansimare ! Caldo e umidita’ pazzeschi … E miriadi di zanzare ! Il primo tratto del sentiero e’ tutto in salita, il secondo tratto tutto in discesa. Non si esce un solo istante dalla foresta ma, a meta’ circa della discesa, quando si procede in un largo solco scavato nella terra da un corso d’ acqua che si allunga fino al mare dopo ogni pioggia, iniziamo a sentire delle voci ! E’ emozionante trovarsi nell’ intrico di una foresta e sentire giu’ in basso delle voci umane ! Captiamo anche dei rumori che ci parlano di un villaggio semplice abitato da persone semplici: il picchiare di un martello sullo scafo di legno di una barca, per esempio, racconta molto di piu’ di cio’ che possono vedere gli occhi ! Alla fine, comunque, anche gli occhi vedono: siamo arrivati. Penetriamo nel villaggio passando accanto ad alcune capanne di legno e paglia. Tutto intorno a noi, improvvisamente, ferve la vita: gente che vaga, che riposa, che chiacchiera, che ripara le reti, che mangia. Ci guardano incuriositi e spesso soffocano risatine imbarazzate: chi saranno questi due stranieri che arrivano dalla foresta ? Nessuno parla inglese ma tutti ci salutano con un cenno della testa, uno sguardo o un sorriso. Sono timidi e ci seguono con gli occhi mentre sfiliamo loro accanto, camminando sull’ unico sentiero che attraversa il villaggio. Non sono molti, ma forse tanti uomini sono in mare sulle loro caratteristiche imbarcazioni a coda lunga. Ce ne sono diverse, di queste barche, nel piccolo golfo che si apre davanti al villaggio ed altre arrivano in questo momento riempiendo l’ aria tranquilla con il rombo dei loro motori. Continuiamo a camminare oltre il villaggio e ci spingiamo fino a dove riusciamo a procedere: da un certo punto in poi, infatti, le mangrovie diventano cosi’ esuberanti che ci impediscono il passaggio. Ci fermiamo allora, ci sediamo su due rocce in riva al mare e, su un lembo di spiaggia bianca cosparsa di diversi rifiuti portati dalla corrente, osserviamo in silenzio il piccolo mondo dove siamo capitati. Il piccolo golfo ha acque tranquille e turchesi su cui si svolge la maggior parte della vita di questa gente. Le capanne non si vedono, nascoste come sono dalle alte piante verdi che gremiscono l’ isola. Dietro al villaggio c’e’ un’ incredibile anfiteatro di roccia nuda che si eleva sulla vegetazione e che, maestoso e impenetrabile, pare proprio voler proteggere il villaggio dei pescatori ! Dalla spiaggia su cui abbiamo montato la tenda, parte un altro ripidissimo sentiero che conduce ad un’ imponente caverna che vale la pena di visitare. La grotta ha due aperture molto vaste; attraverso quella inferiore stiamo entrando noi ora, poi un sentiero in salita la attraversa tutta ed esce dall’ apertura superiore che si spalanca come un’ enorme bocca sulla foresta. Proprio al centro della grotta, mai del tutto buia grazie proprio alle due aperture, si trova un’ incredibile formazione di calcare biancastro che ricorda la forma di un fior di loto. Volendo, si puo’ seguire il sentiero che esce di nuovo sulla foresta una volta superata la grotta. Si giunge fino ad un posto stranissimo ed un po’ spettrale: sotto una grande volta di roccia che nasconde ai nostri occhi il cielo, nella penombra della foresta, ci si trova a camminare su di una soffice terra rossastra sulla quale ci sorprendiamo a cercare improbabili orme lasciate da qualche nostro progenitore vissuto qui migliaia di anni fa ! L’ effetto che da’ questo posto, infatti, e’ quello di una natura che non ha subito alcun cambiamento dai tempi dei tempi, di un angolo del pianeta su cui nessuno e’ arrivato prima di noi. Il silenzio e’ assoluto e ci sembra di essere sospesi in una dimensione parallela ! Quando torniamo sul sentiero nella foresta e sentiamo i primi rametti rompersi sotto le nostre suole, riprendiamo contatto con la realta’ !! Una mattina abbiamo deciso di fare un’ escursione all’ isola di Ko Mae Ko. Ci imbarchiamo cosi’ su di una barca a coda lunga ed in breve tempo arriviamo in vista dell’ isola e di una bella e lunga spiaggia che si apre sul fondo di un bel golfo. Sotto le piante sul retro della spiaggia ci sono due capanne di legno: ci pare di aver capito che due rangers vivono qui tutto l’ anno. Ci facciamo lasciare qui; il cielo e’ tutto coperto. Ci sistemiamo in riva al mare e, mentre contempliamo il raro passaggio delle barche al largo, il cielo lentamente si apre per lasciare il posto ad uno splendido sole caldo. Gli alberi alle nostre spalle lanciano ombre nitide sulla sabbia chiara e sulla superficie calma del mare, dando vita ad un quadretto che rallegra gli occhi ed il cuore. Poi, per il fenomeno delle maree, l’ acqua inizia lentamente a salire e noi ci spostiamo un po’ piu’ su. Poi sale ancora e noi con lei. Alla fine la sottile spiaggia finisce !! Siamo in piedi come due manichini quando ci vengono a prelevare per riportarci alla tenda ! Un’ altra mattina ci facciamo portare su di un’ altra spiaggiadi Ko Mae Ko . Quando scendiamo dalla barca notiamo subito una casupola: attende i turisti dei barconi che ogni giorno vengono fin qui da Ko Samui. Sul retro della casupola parte un sentiero attrezzato con scalette e ponti di ferro che conduce verso il cuore dell’ isola. Qui giace un sorprendente laghetto di acqua salata che comunica col mare aperto grazie ad un tunnel sotterraneo; e’ circondato completamente da rocce chiare e gran vegetazione. Ha un bel colore smeraldo e stiamo seduti sulla piattaforma di legno con le gambe penzolanti nel vuoto ad osservarlo prima dell’ arrivo vociante dei turisti. Sotto di noi, nell’ acqua limpida, alcuni pesci, piccole razze gialle e blu ed enormi ricci animano il silenzio che ci avvolge. Da non perdere, poi, e’ l’ escursione all’ isola di Ko Samsao. Dopo una breve navigazione, si arriva in vista di un tratto di costa riparato dai venti; il mare e’ tranquillo, caldo e limpido. In fondo alla bellissima spiaggia di sabbia chiara si erge uno spettacolare ponte di roccia. Davanti alla spiaggia spuntano dall’ acqua isolotti di roccia ed alberi molto coreografici. Un giorno abbiamo assistito all’ arrivo di una perturbazione che sarebbe poi durata ben tre giorni. Dalle nostre amache abbiamo osservato la scena del cambiamento come se si fosse trattato di un film proiettato al cinema. Grosse nubi nere all’ orizzonte hanno iniziato ad avvicinarsi velocemente. Un vento sempre piu’ forte scuoteva le foglie degli alberi della foresta. Le onde al largo hanno iniziato ad incresparsi e ad abbattersi furiosamente sugli scogli. Anche sulla nostra spiaggia le onde hanno iniziato progressivamente ad allungarsi, arrivando a lambire pericolosamenre la tenda. Una forza magnetica ci teneva inchiodati alle nostre amache, gli occhi spalancati su una natura senza piu’ controllo e sempre piu’ violenta. Ad un certo punto, laggiu’ all’ orizzonte, sono comparsi alcuni puntini scuri: sembravano piccoli isolotti nati dal nulla ed invece, a mano a mano che si avvicinavano, abbiamo scoperto essere grosse barche da pesca d’ alto mare. Si dirigevano decisamente, ondeggiando visibilmente, in coda l’ una all’ altra tanto da far tenerezza, verso il nostro arcipelago: venivano a cercar protezione nelle calme acque nel cuore di Ang Thong dalla tempesta che si stava preparando al largo! Quando non le vediamo piu’ decidiamo che forse e’ giunto il momento di fare qualcosa per salvare la tenda dal mare. Ci mettiamo a scavare una sorta di trincea con la sabbia davanti alla tenda, dapprima con calma poi sempre piu’ in fretta, infine freneticamente, sudando come matti mentre il mare continua a salire non curante dei nostri sforzi. Nel frattempo, il monaco se ne sta tranquillo e beato a guardare il mare col suo solito sorriso: la sua tenda gia’ smontata e’ un piccolo fagotto ai suoi piedi. Ecco, ad un certo punto ci siamo sentiti cosi’ scemi, col nostro voler a tutti costi cercare di “fregare” la natura con un ridicolo muretto di sabbia … Che ci siamo messi a disfare anche noi la tenda, cercando di salvare dalla furia delle acque le nostre cose ormai bagnate !! In cinque minuti abbiamo disfatto l’ accampamento ed abbiamo cominciato a ritirarci dalla spiaggia, diventata ormai mare, schiacciandoci sempre piu’ contro l’ alta parete di roccia alle nostre spalle. A dirla tutta, a questo punto abbiamo cominciato a preoccuparci: se il mare sale ancora … Dove troveremo riparo ? E’ cosi’ che decidiamo di sfidare la forza delle ondate che arrivano spumeggiando ad infrangersi sulle rocce: tenendo in equilibrio gli zaini sulla testa ed approfittando delle brevi pause lasciate dalle onde, ci incamminiamo verso la reception e la salvezza ! Infreddoliti e bagnati ce la facciamo e rimontiamo la tenda sul bel prato a circa un centinaio di metri dalle onde. Ora siamo tranquilli ! La settimana ad Ang Thong e’ passata in fretta ed e’ gia’ ora di tornare.

Giovedi’ 6 gennaio Il tempo e’ splendido oggi, cosicche’ e’ ancora piu’ triste la partenza. Salutiamo il monaco sempre sorridente: la sua immagine rimarra’ per sempre legata al nostro ricordo di Ang Thong. Salutiamo il personale dell’ isola: ci mancheranno tutti i gesti che ogni giorno ripetevano, sempre uguali e sempre con i visi placidi di persone che riescono ad essere felici con poco. Prendiamo commiato silenziosamente da un piccolo mondo che per sette giorni e’ stato un po’ anche “nostro” e che ci ha emozionato. Alle 12 e 30 saliamo a bordo della barca della Highsea Tour che ci condurra’ a Ko Samui. Partiamo ed il mare si fa quasi subito piuttosto vivace. Quando ci giriamo un’ ultima volta per salutare le isolette di Ang Thong, esse ci appaiono come piccole ombre scure sullo sfondo argenteo del cielo. Scendiamo a terra e, con un taxi, arriviamo nella zona turistica di Chaweng, piena di alberghi per tutti i gusti e per tutte le tasche. Troviamo una stanza al bellissimo Fair House Beach Resort dove, dopo aver brevemente sistemato le nostre cose, ci rilassiamo sotto le manine esperte delle massaggiatrici thailandesi. Nel pomeriggio non facciamo vita di mare: c’e’ troppa gente in spiaggia e ci manca la tranquillita’ di Ang Thong. Il mare, inoltre, non e’ proprio bellissimo ! Alla sera ci concediamo una cena al Budsaba Restaurant, esattamente alla fine della via turistica rispetto al nostro albergo. Ci accoglie una ragazza vestita con eleganza, la seguiamo con passo calmo fino alla spiaggia: fiaccole e candele segnano il cammino. Arriviamo in vista di quello che sembra un villaggio di pescatori: sono piccole capanne di legno aperte su tutti i lati con due o tre tavolini bassi al centro e tutta una serie di cuscini sui quali ci si “sdraia” in attesa di essere serviti per la cena ! Se si e’ fortunati e non c’e’ troppa gente, si puo’ anche sperare di avere una capanna tutta per se’ ! Noi la dividiamo con una famiglia di australiani. Il cibo che ordiniamo e’ sfizioso e gustoso: riso con ananas, gamberetti alla piastra, insalata di fiori di banano, frittelle di banana e banana con crema in foglie di banano. Anche la spesa non e’ eccessiva.

Venerdi’ 7 e Sabato 8 gennaio Giornate di relax, trascorse sulla falsariga della precedente, fra qualche massaggio e qualche giretto nella via turistica a scuriosare fra le mille mercanzie, i mille colori ed i mille odori che anche qui la Thailandia sa regalare. Nella giornata di sabato assistiamo ad un violento acquazzone proprio mentre camminiamo sulla lunga via turistica di Chaweng. La pioggia inizia come per incanto ed e’ subito fortissima: i negozianti ritirano le merci esposte per strada in tempo record: nulla si e’ bagnato ! Tutto a un tratto per la strada non c’e’ piu’ nessuno, ognuno si ripara dove puo’: noi siamo sotto la tettoia di un locale che apre solo la sera ed un piccolo cagnetto si accuccia ai nostri piedi. Corposi rivoli d’ acqua si riversano dai tetti direttamente sulla strada che si e’ gia’ trasformata in un piccolo fiume. Poi, cosi’ come e’ iniziata, la pioggia finisce e nel giro di due minuti il sole torna a splendere. Le merci tornano fuori e la vita riprende come nulla fosse accaduto ! Certamente e’ l’ abitudine ad un clima cosi’ variabile a rendere cosi’ veloci ed operose le persone qui … Chissa’ se riusciranno con la stessa energia e lo stesso spirito a riprendersi dallo shock dello tsunami ? … Gia’, lo tsunami … E’ ancora cosi’ vicino …

Domenica 9 gennaio Partiamo da Ko Samui a bordo di un coloratissimo velivolo della Bangkok Airlines. In realta’ e’ lo stesso che ci ha portato qui, ma allora non abbiamo neppure notato i disegni vivaci impressi sulla fusoliera … A Bangkok abbiamo tempo per visitare uno dei mercati della citta’, dopo aver riposto gli zaini al deposito bagagli dell’ aeroporto. Per non perderci all’ interno del mercato acquistiamo una mappa: sembra una citta’ con tanto di quartieri ! Camminiamo rapiti fra file e file di sorprendenti prodotti artigianali di legno, d’ argento, di paglia. Lunghe file di bancarelle con vestiti, stoffe, saponette, candele; un intero quartiere vende solo bottoni … E poi lampade, statue, profumi, vasi, scarpe, strumenti musicali, prodotti per i massaggi … Alla fine abbiamo un gran mal di testa anche perche’ il caldo e’ feroce !! Finisce cosi’ questa vacanza “strana”, segnata da una tragedia immane, che ci ha avvicinato ad un popolo meraviglioso di cui porteremo a casa testimonianze splendide e che ci lascera’ dentro un’ insostenibile voglia di tornare … Torneremo nei posti dove non siamo stati quest’ anno. Torneremo per portare un poco di aiuti alle persone che sono sopravvissute e che hanno dato esempio di civilta’ ed umanita’ fuori dall’ ordinario aiutando i bisognosi con il poco che avevano. Torneremo per conoscere un po’ meglio queste persone e la loro straordinaria voglia di vivere ! Taddy e Gloria La nostra e-Mail: taddyegloria@libero.It Il nostro sito web: http://digilander.Libero.It/antoniotaddia



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