Continuation d’un reve

Premessa…….Questo racconto e’ per chi, come la sottoscritta, ama l’Africa in modo incondizionato. Per me ricordare questo viaggio e’ descriverne tutti i particolari e mi scuso sin da ora con chi lo trovera’ noioso. L’AFRICA HA UN POTERE NASCOSTO,UNA MAGIA CHE LA AVVOLGE, UNA FORZA MAESTOSA...SENEGAL. 21 Settembre 2005 L’Italia e’...
Scritto da: ALESSIA F.
continuation d'un reve
Partenza il: 21/09/2005
Ritorno il: 02/10/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Premessa…Questo racconto e’ per chi, come la sottoscritta, ama l’Africa in modo incondizionato. Per me ricordare questo viaggio e’ descriverne tutti i particolari e mi scuso sin da ora con chi lo trovera’ noioso.

L’AFRICA HA UN POTERE NASCOSTO,UNA MAGIA CHE LA AVVOLGE, UNA FORZA MAESTOSA…SENEGAL.

21 Settembre 2005 L’Italia e’ ancora in piena estate quando parto da Milano nuovamente alla volta della mia amata Africa. L’Air Senegal International mi ha portata qui,volo tranquillo e personale cordiale.La mia compagna di avventure Federica e’ sempre con me.

Guardo imbambolata dal mio oblo’ il deserto della Mauritania, punteggiato dall’ombra di una miriade di innocue nuvolette bianche e poi il profilo di Dakar che si avvicina, avvolta nei colori ocra e bianco e mezza sepolta nelle sue strade di sabbia.

Arrivo alle 15.30 ora locale. Il caldo e’ soffocante, l’umidita’ altissima e all’uscita dell’aeroporto la solita folla accoglie il visitatore, un brulicare di gente che arriva e va zeppa di bagagli.

Prima di lasciare Dakar, ci rechiamo ad un ufficio dell’aeroporto per acquistare i biglietti per il sud del paese, viaggetto che ci concederemo durante gli 11 giorni di vacanza e luogo incantevole che ancora non abbiamo visitato nei nostri precedenti viaggi qui.

Il biglietto viene fatto a mano sotto i nostri occhi e con un’attesa di mezz’ora, ma qui il tempo si sa, non va mai considerato troppo importante.

Dakar e’ sempre piu’ caotica, e’ stata allagata per le abbondanti piogge fino a pochi giorni prima ma ora la situazione sembra sotto controllo nonostante sia ancora impastata di fango.

Il tragitto per arrivare a Saly dove siamo dirette dura meno di due ore, 2 amici di vecchia data sono venuti a prenderci.

La periferia e’ zeppa di mercati brulicanti di ogni tipo di merce, colorati cartelli gialli pubblicizzano il dado Maggi “au coeur du gout”! Greggi di capre stanno ai lati della strada.

Lasciata la zona urbana, la strada taglia in 2 le distese di baobab e palme. Siamo state qui solo 9 mesi fa, ma ogni volta le sensazioni sono nuove.

Qualche carcassa di vecchia auto sta abbandonata sui lati (incredibile, riconosco persino un vecchio pullman celeste che avevo notato l’altra volta sempre nella stessa posizione come lo scheletro di un mostro del passato) e alcune mucche pascolano tranquille.Tutto ora e’ molto verde e rigoglioso, non eravamo mai state qui nel periodo delle piogge.

Abbiamo preso in affitto una casa a Saly Coulang, a 2 passi dalla zona turistica. E’ di proprieta’ di un francese, Alain, che fa il pescatore e vive qui da 4 anni. La casa e’ in una strada di sabbia a pochi passi dal mare (che ridere, all’entrata della strada c’e’ un muro con su scritto: ’’interdit de pisser’’!!!.. Probabilmente alcune persone avevano preso una brutta abitudine… ), da fuori non si intravede niente, si entra da una piccola porta di ferro rosso e c’e’ un giardinetto ricco di piante.

C’e’ un bel barbecue in muratura e un tetto di foglie di palma con ventilatore annesso fa da copertura al giardino, sotto, un tavolo e tante sedie. La casa e’ composta da una stanza da letto il cui soffitto e’ fatto di canne, una minuscola cucina e il bagno. Alla parete e’ appeso un grosso guscio di tartaruga. I posacenere sono conchiglie.

C’e’ un forte profumo di terra bagnata e nel giardino ci sono gia’ molte zanzare. Il tramonto si avvicina. La prima tappa la facciamo al supermercato di Saly per comprare un disinfettante (la cucina e’ infatti molto sporca e non la utilizzeremo mai) e un insetticida nonche’ vari zampironi.

Saltiamo la cena per la stanchezza. Il giorno seguente usciamo di buon’ora per girottolare un po’ senza meta … Finiamo sulle spiagge di Saly, dove tutto e’ rimasto come a gennaio, i ristorantini dove si mangia aragosta grigliata, le piroghe dolcemente adagiate sulla spiaggia, la miriade di conchiglie dalle quali viene estratto il mollusco (yet in lingua locale) che da vita a tanti piatti della tradizione culinaria senegalese.

Un bel pellicano cammina goffamente sulla sabbia, mentre la marea ha arenato sulla spiaggia un enorme pesce palla bianco, talmente grosso che una turista francese si precipita a guardarlo gridando piu’ volte che e’ incredibile.

Lungo la spiaggia incontriamo 2 amici di vecchia data, e’ incredibile quanto i senegalesi siano fisionomisti, ti riconoscono anche dopo tanto tempo e se ti hanno visto una sola volta. La sosta per il pranzo e’ al ristorante Marlin Club centre de peche, nella zona hoteliera e paradiso per i pescatori. Mangiamo grossi gamberi grigliati accompagnati da riso e salsa yassa e da una miriade di gamberetti all’aglio. Ottimi.

Nel pomeriggio ci rechiamo a Mbour, il grande paese a 10 minuti di taxi da Saly. Nonostante sia vicino alla zona turistica, Mbour conserva in ogni angolo tutto il fascino dell’Africa Nera.

Il mercato e’ cosi’ grande da riempire uno spazio fatto di stradine e cunicoli in alcuni punti anche intricatissimi. C’e’ la parte all’aperto, dove si vendono le spezie, la frutta e la verdura, grosse ceste di pesce essiccato e profumi e bagno schiuma.

Le donne stanno accovacciate lungo la strada nei loro abiti colorati a tostare le arachidi sotto la cenere, altre masticano oziose dei bastoncini di legno (sothiou) che servono a rendere i denti piu’ bianchi.

Acquisto alcuni pezzi di sapone esposti per terra. E’ puro sapone di Marsiglia, prodotto qui, profuma di olio ed e’ grezzo e non raffinato, il costo e’ di pochi centesimi.

La parte coperta del mercato e’ riservata per lo piu’ alle oreficerie, calzature e stoffe, bellissime. La gente cuce a macchina di fronte ai nostri occhi, compie gli atti della propria vita quotidiana , come la preghiera, qui in questi strettissimi passaggi tra una “boutique”‘ e l’altra. Il mercato e’ abbarbicato per le strade di Mbour come un rampicante e ne segue i movimenti, si trova in salita, poi in discesa e arriva a lambire il porto del pesce offrendo uno spettacolo indescrivibile. La quantita’ di pesce che passa da qui ogni giorno e’ enorme , alcune sono specie cosi’ strane da non avere idea di cosa si tratti. L’igiene scarseggia, la spiaggia e’ coperta di resti di pesci, conchiglie enormi e rifiuti.

Proseguendo e lasciandosi alle spalle il porto e i suoi pescatori, la spiaggia si fa un po’ piu’ tranquilla e selvaggia. C’e’ un palmeto rigoglioso e decine di enormi piroghe tirate in secca. La gente osserva noi toubap (bianche) insieme ai nostri amici che ci stanno facendo da guida qui.

Non ci sono molti turisti in Senegal in questo momento, ovviamente i pochi bianchi presenti attirano gli sguardi di tutti.

Da una piccola stradina si rientra verso l’interno, fino ad arrivare al paese di Mbour con le sue strade di sabbia, le capre che vi passeggiano tranquille, le officine e i negozietti, i telecentre, tutte le persone sedute fuori a fare il the alla menta in minuscoli bracieri di ferro battuto.

La notte a Saly e’ accompagnata da un caldo soffocante e da tante zanzare..Il piccolo ventilatore nella nostra camera fa ben poco. E inoltre i visitatori notturni sono molti specialmente nel bagno, ragni e scarafaggi molto in carne la’ fanno da padroni.

Piu’ a contatto con la natura di cosi’! Nel giardino arrivano planando i “wang”, sorta di mantide religiosa color beige che qui dicono sia pericolosa.

Il giorno seguente ci aspetta un giro in piroga, ma prima facciamo un salto a visitare l’hotel che ci aveva ospitate durante la nostra prima vacanza qui, il Savana Saly.

La sua bellezza e’ rimasta immutata, le palme da cocco sono sempre piu’ rigogliose e i giardini curati. Gli hibiscus sono tutti in fiore. Alcune persone giocano all’entrata con un piccolo camaleonte verde.

Ci dirigiamo verso la spiaggia dove la piroga che avevamo prenotato ci attende gia’ per il giro panoramico.Il mare e’ poco mosso e a largo ci sono pescatori che trascorrono anche diversi giorni in mare.Una piroga ci passa accanto e porta il mio nome: Alessia.

E’ incredibile! Dicono che le piroghe vengono ricavate da un unico tronco di baobab. Alcuni uccelli si tuffano in picchiata per pescare.

Vedo dalla costa la linea turistica, quella con gli hotel e le ville dei francesi..Poi il paesaggio cambia fino ad arrivare al porto del pesce che proprio il giorno prima avevamo osservato dalla spiaggia e che oggi vediamo dal mare..Centinaia di piroghe colorate a rientro dalle battute di pesca e un enorme folla a svolgere i propri lavori come la pulitura e la vendita del pesce, la contrattazione di merci diverse, come frutta e sacchetti di plastica. Chiedo di fermarmi a distanza per osservare queste scene dal mare, e poter scattare qualche foto in liberta’ senza provocare l’ira di nessuno.

La sagoma di una piccola moschea spunta tra le innumerevoli barche. Rientrati dopo poco meno di due ore, il cielo si fa nero e il mare assume un colore verde fosforescente.

Dieci minuti e un fortissimo temporale si abbatte sulla spiaggia, dando una sensazione di piacevole frescura e profumo di mare. Un’ora di pioggia battente e ripartiamo per il pranzo che questa volta facciamo in un ristorante chiamato Le Sapoti, a due passi dalla spiaggia di Saly dove mangiamo del buonissimo pesce grigliato.

Nel pomeriggio torniamo per le strade di Mbour dove si svolge il Kan Gourang, una celebrazione riservata all’etnia bambara per esorcizzare le paure e la mala sorte, dove una persona si traveste come una specie di diavolo. Le persone appartenenti alle altre etnie non possono partecipare, e il tutto si svolge correndo per le strade di Mbour, una folle super agitata corre da una parte all’altra gridando.

La meta per l’inizio del nuovo giorno e’ Thies, motivo: visitare la famiglia di una nostra amica senegalese che vive in Italia. Prendiamo un sept place, una macchina a sette posti adibita al trasporto persone.

La prendiamo a Mbour alla gare routiere, dove si accalca una folla brulicante in attesa di prendere il proprio mezzo. Questa folla attira venditori di ogni tipo e eta’ e certamente si vedono situazioni anche un po’ tristi, quindi sconsiglio questa esperienza a chi e’ troppo emotivo.

Purtroppo tanti piccoli bambini sono costretti a venire qui a mendicare e anziani storpi e curvi idem. Qui tutti si improvvisano venditori di qualcosa, come di lime, di sacchetti di acqua (invece delle classiche bottigliette, l’acqua da bere viene contenuta in piccoli sacchetti di plastica sigillati ermeticamente), di noccioline e anacardi, di foglie di the e tanto altro che mi incuriosisce tantissimo. La gente infila urlante le mani nei finestrini della macchina, nella speranza di avere qualche spicciolo, inoltre siamo le uniche bianche e questo li esorta non poco ad essere insistenti con noi.

Passata la curiosita’ iniziale ci invade una tristezza infinita al pensiero della condizione di tante di queste persone.

A Thies si arriva dopo 1 ora di strada e al costo di 1000 cfa (circa 1,50 euro), e a me sembra un po’ diversa dagli altri paesi del Senegal che abbiamo visitato, con i viali alberati e le casette basse. La famiglia che ci aspetta e’ numerosa e molto accogliente.

La casa e’ carina, si entra da un cancello dove sta parcheggiata una vecchia mercedes, sotto un pergolato su cui sta tutta abbarbicata un enorme pianta da cui pendono delle bellissime zucche, vicino ci sono alcune piante di banane con i caschi in via di maturazione.

La sala nella quale si entra e’ arredata con divani e poltrone di pelle blu, l’immancabile ventilatore e poi tv stereo e videoregistratore. Si vede l’impronta occidentale, infatti una delle figlie e’ sposata con un europeo e vive in Belgio.

Il capofamiglia mezzo sdentato e tanto simpatico si adopera subito per farci dare la migliore accoglienza, su un piccolo tavolino ci vengono servite diverse bibite, noccioline tostate e altre ricoperte di zucchero poste in grosse conchiglie e biscottini fatti in casa.

Parliamo tantissimo e di tutto, con i figli e altre persone mentre le donne di casa si affannano a prepararci il pranzo che si rivelera’ uno dei migliori di tutta la nostra vacanza.

Riso, pollo grigliato con verdure accompagnate da una salsa piccante buonissima, uova e la presentazione con verdure intagliate e’ degna dei migliori ristoranti! Il tempo scorre velocissimo, e al momento della partenza, la madre si rifiuta di farci andare via, iniziando quasi a piangere mi stringe la mano e non vuole lasciarmela, mentre cerchiamo di non piangere anche noi.

Rientrate a Saly, il crepuscolo porta fino a casa nostra la musica di djembe (tamburi) e grida felici. La curiosita’ ci spinge a vedere di cosa si tratta e uscite percorriamo le stradine senza la luce di un lampione, aiutandoci col cellulare e guidate dalla musica. Quello che ci troviamo davanti e’ stupendo, in uno spiazzo lungo la strada, tra la sabbia, la gente si e’ disposta in cerchio, facendo esibire al suo interno decine di persone nelle danze tipiche africane, i bambini specialmente sono gia’ tutti abili ballerini e per niente timidi saltano a ritmo.

Alcune bimbe mi prendono per la mano per farmi ballare e io improvviso qualche passo, mi guardano quasi estasiate e ovviamente una bianca così poco timida e’ gia’ uno spettacolo per loro! Una di loro, con il suo abito da vera senegalese non mi lascia mai le mani e mi sta vicinissima.

Il contatto con lei e’ talmente bello da diffondere in me un istinto quasi materno. La musica in Africa e’ presente in ogni angolo e questo aiuta ad alleviare la difficile situazione di questo stupendo paese.

Martedi’ 27 settembre la giornata passa ancora all’insegna della teranga (ospitalita’) a casa Diallo, la famiglia di Mbour che ci ha gia’ ospitato piu’ volte.

Il nostro arrivo crea un via vai di gente a vedere le 2 bianche ospiti e i giovani impazziscono e urlano se parliamo qualche parola di wolof, il dialetto locale. I piccoli sono cresciuti, in particolare una bambina con la quale avevo legato sin dalla prima volta, anche se non ci comprendiamo, e’ la mia ombra, sempre con me. Si chiama Khady ed e’ bellissima, con le trecce e la pelle di velluto color cioccolato. La sua sorellina sta sul vasino e piange impaurita, chissa’ che pensera’ di queste due strane persone bianche! Il pranzo e’ buonissimo, tutti seduti sul tappeto a mangiare in una grande scodella di acciaio zeppa di riso croccante con verdure piccanti e pesce dal sapore delicato. Dopo pranzo decidiamo di andare tutti sulla spiaggia a 15 minuti di cammino da Mbour. Lungo il tragitto, i bambini escono dalle case urlandoci tubap e la curiosita’ anche degli adulti e’ grande, perche’ vedere 2 bianche talmente inserite in questo ambiente da poter essere senegalesi anche noi, con un gruppo di ragazzi e le bambine per la mano non e’ certo una cosa da tutti i giorni.

I bambini che ci venivano intorno di certo non si aspettavano che chiedessi loro un bacino e quindi un bacio da una bianca non e’ un’occasione da lasciar perdere, mi sono cosi’ ritrovata in 5 minuti a essere accerchiata da decine di bellissimi bimbi in fila per il bacio! Mentre gli altri che erano con noi un po’ gelosetti mi dicevano di non perdere troppo tempo a fermarmi lungo la strada.

Arrivati sulla spiaggia e’ una scena bellissima quella che ci si presenta davanti… la gente gioca e si rilassa, le barche sono tirate in secca sulla spiaggia in mezzo alle palme da cocco… io non stacco gli occhi dalla sabbia, perche’ ci sono tantissime cose che incuriosiscono la mia attenzione qui, mucchi di conchiglie, pesci di ogni tipo e dimensione, resti delle battute di pesca.

La nostra famiglia non ci lascia fare un passo da sole, ci custodiscono come qualcosa di prezioso da non dividere con nessuno..La gente incuriosita cammina con noi e quando ci appostiamo in un punto della spiaggia ci mettiamo in costume e dritte a fare il bagno lo stupore per la gente sulla spiaggia e’ enorme..Chi si immaginava che due tubap come noi siano anche abili nuotatrici? Tutti hanno paura di allontanarsi dalla riva e io che nuoto senza paura in questo mare scuro e misterioso dove nessuno osa sono un’autentica attrazione, alla fine intorno a me c’e’ un gruppo talmente folto di persone che vogliono fare il bagno e farsi insegnare a nuotare! Le bambine si aggrappano a me cercando di saltarmi in braccio nell’acqua.

La giornata termina facendo la lotta sulla spiaggia.

A Saly per la cena abbiamo scoperto un ristorantino (Le Manguier) che e’ uno spettacolo, si spendono 4-5 euro per mangiare gamberi patatine e insalate miste. La salsa rosa che fanno qui e’ qualcosa di indimenticabile.

Vicino c’e’ una piccola galleria di quadri e uno sgabuzzino dove alcune persone cuciono a macchina, ai piedi di un albero c’e’ un ragazzo che intaglia il legno.. E’ cosi’ particolare stare qui, anche perche’ a pochi passi dalla strada e quindi si puo’osservare quello che nel frattempo succede all’esterno.

Inoltre ogni tanto mentre sono intenta ad aspettare la mia cena, vedo dei piccoli movimenti vicino alle scale d’entrata che mi incuriosiscono da morire.

Sono cosi’ affascinata da degli strani animaletti che inizialmente mi sembrano topini, ma poi scopro una razza animale che non avevo mai visto prima, sono dei piccoli ricci della grandezza di un topo ma zeppi di aculei tutti bianchi, in francese si chiamano porc-épic in wolof signel. Sono cosi’ carini che il proprietario del ristorante me ne prende uno e me lo fa toccare, e’ cosi’ dolce e ha il naso cosi’ morbido! Mi dice che se lo voglio posso portarlo via con me in Italia. Sono cosi’ tentata .. Ma nel loro ambiente sono sicuramente piu’ belli e rinuncio. Mercoledi’ 28 settembre Si parte per la Casamance!!! La regione piu’ a sud del Senegal, al confine con la Guinea Bissau e’ un luogo incantevole che non avevamo mai avuto il tempo di visitare le altre volte.

Raggiungiamo Dakar sempre con il sept place al costo di 1200 cfa, in circa 1 ora e mezzo di strada tutta da osservare attentamente.

Mi ricordo ancora ridendo un’abitazione che sul cancello riportava la scritta ’’attention, chien mechant’’, cioe’ cane cattivo!!! Tutto il mondo e’ paese.

Scendiamo a Patte D’Oie, punto di arrivo di diversi sept place, per prendere un altro taxi che ci porta all’aereoporto. Anche qui siamo le uniche bianche e ogni sguardo e’ puntato con curiosita’ su di noi.. Un gruppo di ragazzi su un autobus parcheggiato li’ vicino ci chiama diverse volte e in qualsiasi direzione giriamo gli occhi, incrociamo uno sguardo.

40 minuti di volo ci portano a Ziguinchor, il principale aeroporto della Bassa Casamance. E’ una stanza con un bancone e i bagagli vengono scaricati a mano e nulla qui e’ automatizzato! I controlli sono inesistenti, vorra’ dire che qui non c’e’ bisogno! In piena stagione delle piogge, la Casamance che ha il primato di regione verde e sempre rigogliosa, in questo periodo da pieno spettacolo di se’, con foreste tropicali, corsi d’acqua sui quali si rispecchiano palmeti.

Qui l’etnia dominante e’ quella dei Diolas e la religione e’ in prevalenza cattolica. Circa 2 ore di taxi ci separano dalla localita’ in cui siamo dirette, Cap Skirring. Il tassista sembra impazzito, guida come un matto e ha gli occhi spiritati, inoltre invece di scansare le buche le centra in pieno.

E’ buio quando arriviamo all’ hotel che abbiamo scelto durante il tragitto grazie alla guida della Lonely Planet, le Mussuwam. La strada e’ un lago a causa della recente pioggia e non ci sono lampioni, e le poche luci che comunque ci sarebbero non funzionano perche’ l’elettricita’ e’ saltata. Intorno si sentono solo rumori di insetti che ronzano e appena entriamo nella reception ci rendiamo conto di essere nel piu’ tipico hotel africano che si poteva immaginare.

A lume di candela riempiamo il foglio di inizio soggiorno alla reception, che e’ un banco di legno mezzo screpolato in una stanza grande quanto uno sgabuzzino.

Farfalle notturne attratte dalla luce della candela arrivano a flotte compresa una enorme mantide religiosa.

La camera e’ veramente minuscola e spartana, e pensare che abbiamo scelto la migliore! Non c’e’ ne’ una sedia ne’ un armadio, il bagno riesce a contenere per dimensioni appena una persona in piedi, ed e’ tutto arrugginito e non c’e’ acqua calda.

La luce non torna e decidiamo di andare a letto dopo una doccia gelata a lume di candela, per svegliarci la mattina di buon ora.

Visto alla luce del giorno le Mussuwam non e poi cosi’ male, bungalows tondi con tetti di paglia in mezzo a piante e fiori.

La spiaggia e’ bellissima, di colore avorio, ricca di palme da cocco e tante altre piante e’ enorme anche per la bassa marea e disseminata di una miriade di conchiglie e semi di piante.

Pensare che siamo a pochi chilometri dalla Guinea ti fa sentire una vera viaggiatrice! Camminando si arriva ad un punto dove le rocce non consentono piu’ di proseguire e allora dei bravi pescatori ci dicono che la guardia del famoso Club Med ci fara’ passare dall’interno del villaggio per sbucare dall’altra parte.

Il Club Med e’molto bello, non c’e’ turismo ora e molti operai sono intenti a rifare i tetti con nuove foglie di palma . Il Villaggio e’ chiamato la prison touristique, perche’ secondo i locali, i turisti che vengono qui passano la loro vacanza chiusi a usufruire di tutte le comodita’ del villaggio, perdendosi quello che sta fuori.

La marea ha lasciato delle pozze sulla spiaggia, alcune piccole razze morte si stanno seccando al sole e da lontano vediamo tanti piccoli punti neri che si ammassano vicino a qualcosa che non distinguiamo.

Avvicinandoci rimaniamo a bocca aperta perche’ decine e decine di grossi avvoltoi sono intenti a consumare il loro pasto, un’enorme tartaruga rovesciata sulla sabbia.

Penso che stava deponendo le uova e non e’ riuscita a tornare in mare. Da un piccolo viale sulla spiaggia si arriva al vero e proprio villaggio di Cap Skirring dove entriamo a contatto con la vita locale visitando case che ci spiegano qui sono fatte con i vecchi termitai ormai abbandonati.

I bambini sono tanto incuriositi da noi e impazziscono per starci intorno e camminarci vicino.

Sono bellissimi e alcuni meticci, dalla pelle un po’ piu’ chiara.

Incontriamo un italiano che vive qui da diversi anni ormai, e la voglia di tornare in Italia sembra minima. Si comporta quasi come i senegalesi! Completamente rilassato, dice che qui tutto va preso con calma e alla loro maniera, una volta entrato nell’ottica africana, vivi benissimo e senza stress.

Mangiamo in un ristorante chiamato Case Bambou gamberi di fiume e pollo grigliato, una specialita’. Un ragazzo ci fa compagnia e si offre di passare con noi il pomeriggio per farci visitare un po’ dei dintorni. Puntualissimo infatti lo troveremo piu’ tardi all’entrata del nostro campement con suo fratello. Sono entrambe rasta e simpaticissimi. Nostra meta e’ il villaggio di Kabrousse a pochi minuti di taxi. Qui la vegetazione ha preso il sopravvento, gli alberi sono talmente grandi da avere radici lunghe metri. Dai rami dei baobab penzolano enormi frutti oblunghi.

Con i tronchi si fabbricano portoni e piroghe. Ci sono piante che qui vengono utilizzate contro le zanzare (in questo periodo ce n’e’ molto bisogno) e alberelli che hanno tante proprieta’! La nostra guida Abdulaye ci dice che non lontano dal villaggio si sta svolgendo uno spettacolo di lotta senegalese, una vera fortuna perche’ saremo le uniche toubap ad assistere! Lungo la strada, una striscia di asfalto pieno di buche che taglia in due la foresta, incrociamo gente presa dai propri lavori, passano donne con ceste in testa, con bici cariche e tanti piccoli curiosi di guardarci.

Un bambino che non dimentichero’ mai si ferma e mi guarda fissandomi negli occhi. Porta una maglietta verde acceso tutta consumata, e il colore della sua pelle risalta ancora di piu’. Gli faccio il gesto di darmi la mano e lui senza dire una parola e continuandomi a fissare me la prende e cammina con me.

Facciamo un po’ di strada insieme, poi mi viene da chiedere ai miei amici se per caso ci sono problemi e se non sarebbe meglio che il piccolo tornasse indietro.

La risposta e’ scontata, la sua casa era nel punto in cui ci siamo incontrati e forse i suoi genitori lo staranno cercando. I miei amici insistono per farlo andare e cosi’ sono costretta a lasciargli la mano. Noto che anche lui lo fa a malincuore, gli do un bacino, ma mi viene gia’ da piangere.

Riparto con gli altri, ma mi viene da voltarmi piu’ volte.

Il piccolo resta li’, impassibile con la solita espressione in mezzo alla strada a guardarmi fino a che non diventa un puntino verde in lontananza.

La lotta senegalese e’ davvero uno spettacolo: in uno spiazzo di terra, centinaia di ragazzi in costumi particolari e dipinti si affronta tra le grida della gente che sta seduta tutto intorno.

Tanti spettatori si sporgono nel campo per fare il tifo alla propria squadra, e a me viene da ridere, a pensare ai tifosi delle nostre squadre con i loro comportamenti, mentre qui sono tutti cosi’ educati! Questo si che e’ vero spirito sportivo, quanto avremmo da imparare! Finito il match, tutto la folla si trasferisce in un’altra zona non lontana per terminare il tutto con canti e danze, una meraviglia.

E’ la fine della giornata.. Non passano taxi, e rientriamo al campement facendoci 6 km a piedi tutto al buio, senza la luce di un lampione. I nostri amici ci guidano perche’ sono abituati al buio, e la sensazione e’ favolosa. Il silenzio della foresta tutto intorno e’ reso piu’ piacevole dal ronzio degli insetti, le persone in bici o a piedi sono abituatissime a vedere nella notte e ci sfrecciano accanto. Una mucca con delle corna enormi per un pelo non ci investe, io avevo sentito solo uno strano rumore venirci incontro, ma ovviamente non avevo captato, fortuna che i nostri amici ci hanno tirato via! Il cielo e’ talmente stellato che qui vedere la via lattea e le varie costellazioni e’ scontato… E pensare che da noi dobbiamo andare fuori citta’ per riuscire a vederle a occhio nudo… la strada e’ piena di pozzanghere e ovviamente si rientra in campment zuppe fino alle ginocchia.

E con l’umidita’ che c’e’ le scarpe non asciugano mai! Fatta una doccia fredda perche’ l’acqua calda qui continua a mancare, ritorniamo col taxi a Cap per mangiare al nostro solito ristorante Case Bambou e dopo i nostri amici rasta ci aspettano per esibirsi in uno spettacolo di tamburi.

Uno di loro e’ talmente bravo che spesso parte per l’Inghilterra dove si esibisce in concerto. Beviamo un the’ alla menta e dopo facciamo un salto in una discoteca a due passi dalla loro casa, semivuota data la bassa stagione. Ci sono 3 tubap oltre a me e alla mia amica. La musica e’ carina e ogni tanto va via la luce. Poi, l’aria condizionata non funziona, ma non per un guasto..Mi viene da ridere ancora al pensiero..Viene staccata se i clienti non consumano al banco bar, se la gente spende in bevute viene riattaccata…Ma sara’ vero??!! Il giorno seguente abbiamo solo la mattina a disposizione per un’altra passeggiata sulla spiaggia, oggi la marea si e’ ritirata piu’ che mai lasciando tantissime conchiglie bianche sulla sabbia.

Un gruppo di mucche dalle lunghe corna passeggia tranquillo sulla spiaggia, e a me sembra strano, sono abituata a pensare questi animali nei pascoli delle montagne, ad ogni modo, le foto che catturo sono veramente particolari.

Quando lasciamo le Mussuwam a malincuore torniamo a Cap Skirring per un pasto veloce e per prendere un taxi. Uno dei ragazzi che lavorano al ristorante di cui siamo affezionate clienti da 2 giorni contratta con il tassista il prezzo del ritorno per l’aereoporto e raccomanda la puntualita’.

Mentre mangiamo, inizia a piovere.

E’ bello starsene sotto il tetto di foglie di palma del ristorante a guardare la vita africana che si svolge nella strada accanto mentre piove..Il caldo umido lascia spazio a un po’ di fresco e profumo di terra e una marea di ranocchie nere piccole come un’unghia saltellano vicino ai tavoli.

Purtroppo, quello che sembrava un breve temporale si trasformera’ ben presto in tempesta tropicale e in meno di 15 minuti la strada diventa un vero e proprio fiume in piena.

Non avevo mai visto niente di simile! Inoltre il nostro taxi non arriva e la possibilita’ di perdere il volo di rientro si fa sempre piu’ vicina.

Abbandonate le speranze il ragazzo del ristorante che si sente sempre piu’ in colpa anche dopo le nostre manifestazioni di sconforto, ci sistema sull’auto di un francese che per grazia divina deve andare a Ziguinchor anche lui.

E che auto…

Una jeep modello cacciatori, con i teli dalle parti e con le panche dietro, dalla quale si monta senza sportelli, ma direttamente dal cassone.

Va detto che durante il tragitto non smette mai di piovere, la jeep e’ piu’ bagnata dentro che fuori, i finestrini scorrevoli si aprono da soli e ogni tanto il tergicristalli si stacca.

Il simpatico francese, un tipo che e’ tutto un programma, per nulla intimorito dalla natura, ferma l’auto, apre il finestrino e con un braccio rimette il tergicristallo. Questo succedera’ circa 15 volte mentre in 1 ora e mezzo di tragitto si sara’ fumato un pacchetto di sigarette.

Ma le risate fatte durante questa traversata in mezzo a villaggi, paludi e foresta non la dimenticheremo mai.

Il volo parte abbastanza in orario, ci vergogniamo quasi a salire in questa condizione pietosa sull’aereo ma nessuno sembra farci caso. Vedere la Casamance dall’alto e doverla lasciare mette malinconia, con tutti i suoi corsi d’acqua e vegetazione ma mi piace pensare che ci torneremo presto.

Ovviamente dopo un viaggio cosi’ fantozziano non si puo’ non concludere in bellezza..Arrivate a Dakar, e appena uscite dall’aereoporto, ci attende la sorpresa delle strade allagate…Ha piovuto molto in questi giorni anche qui e la rete fognaria della capitale non ce la fa a smaltire tutta questa acqua.

Per un tragitto che normalmente impiega 1 ora e mezza verso Mbour, impieghiamo la bellezza di 7 ore, la fila e’ interminabile il traffico tutto congestionato per i mezzi in panne e anche sepolti nell’acqua altissima.

La strada e’un lago, completamente irriconoscibile.

Il puzzo di scarichi delle auto accese che avanzano a passo d’uomo da la nausea e l’umidita’ e’ altissima e insopportabile.

Nei punti un po’ meno allagati passano alcune venditici di banane, e questo aiuta un po’ a non vomitare.

Il tassista e’ visibilmente preoccupato, pensa che tra breve esploderemo in un attacco isterico anche perche’ una macchina che ha trovato un buco di strada libero ci ha letteralmente fatto un bagno di fango dato che avevamo i finestrini aperti. Il povero tassista Ali ci dice che altre volte turisti in macchina con lui hanno dato in escandescenza a causa del traffico! Saltiamo la cena perche’ arriviamo a Saly di notte e il giorno seguente sara’ l’ultimo per me.

Decido di passarlo con la famiglia Diallo ancora una volta.

Lungo la strada per Mbour ci fermiamo ad acquistare alcuni cocomeri (xaal), che qui i venditori espongono a forma di piramide per terra, sono diversi dai nostri, perche’ tutti di un colore verde pallido e piccoli e lisci. Ma il sapore e la consistenza sono ottimi.

Pranziamo ancora tutti insieme e dal solito piatto, ci scambiamo le ultime opinioni e torniamo sulla spiaggia dove le stesse emozioni della volta scorsa tornano piu’ vive che mai.

Il tempo vola… rientro in aeroporto dove il mio volo si fa attendere…La notte la passero’ qui, perche’ un guasto costringe il volo a quasi 8 ore di ritardo. Sono stremata, ho fatto una fila di 3 ore al check in, ho sonno e vorrei piangere, scappare fuori e tornare indietro. La mia amica rimane qui un’altra settimana.

Durante il tragitto da Milano alla mia citta’, 4 ore di auto, sono come in trance. Prima di partire mi ero detta che questa doveva essere l’ultima volta in questo paese, per poter continuare la mia scoperta del mondo con posti nuovi. Ma mi sono resa conto che dalla prima volta che sono arrivata in Senegal ho fatto un viaggio senza ritorno.. Il mio cuore e’ sempre rimasto qui. Alla prossima volta.

Alessia



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