Fine estate a Stoccolma
Immagino che da un oblò una signora enigmatica (occhiali scuri, enormi, portacenere pieno di mozziconi, rughe fittissime… ) si goda lo spettacolo della buffa italiana che rincorre una fetta di prosciutto affumicato.
Finalmente la mia camera, anzi la mia cabina: niente yacht ma un più modesto battello fluviale… ma nella mia fantasia sono gli anni ’30 e il fiume è il Nilo, e c’è un assassino e… Il lago Malaren è mosso, riuscirò a dormire? Sì. Il giro di Gamla Stan può aspettare.
Non fa buio tardi come pensavo… alle 21 già i profili della città sono sfumati.
Giro un po’ inquieta per le piccole strade del centro che si allargano verso la periferia. Dove vanno tutti? E io dove vado? Ecco il mio posto di stasera: su un lato di una brutta strada commerciale si apre un cortile verdissimo, con locali tranquilli e un bel palazzo che ospita piscine riscaldate. Escono persone di tutte le età, con i capelli bagnati e i borsoni sulle spalle.
*Secondo giorno – Inizio a vivere la città Il vento è cessato e l’aria è rosa: cammino verso Djurgarten mentre ai tavolini dei caffè uomini e donne in completi neri digitano nervosi qualcosa di urgente sulle tastiere dei laptop. Il Vasamuseet è una sorpresa: non una celebrazione tronfia, piuttosto il ricordo affettuoso di un tentativo fallito. Il vascello Vasa affondato al momento del varo non è per questo meno bello e romantico.
Inizio a vagare nell’isola, scegliendo come sempre la strada secondo l’estro del momento. Incontro poche persone: madri e nonni con bambini, coppie di turisti, qualche ciclista. Qualcuno, nascosto dagli alberi, legge in una piccola insenatura privata.
Eccomi per caso all’ingresso di Skansen, grande parco – zoo – museo all’aperto.
È un po’ da turista, ma divertente, curiosare nella ricostruzione di un villaggio settecentesco, comprare da un fornaio in costume tradizionale il primo kanelbulle di una lunga serie, fare la posta a uno sdegnoso enorme gufo che, nonostante l’attesa educata, persiste nel rivolgermi le spalle per tutto il tempo.
Più tardi incontro Fiorella in Östermalm: passeggiamo nella Stoccolma altolocata, tra i negozi chic, gli uomini e le donne più alti, più biondi, con i completi più neri. Lei però è ansiosa di farmi vedere il lato vivace della città: attraversiamo di nuovo Gamla Stan e con il fiatone ci arrampichiamo sulle scalinate di Södermalm.
Qui tra strade tranquille e piazze piene di locali all’aperto conosco una città più rilassata: azzardiamo perfino un confronto con Livorno. C’è anche la Coop! La cena è a base di kanelbulle, ormai immancabili.
*Terzo giorno – “Consigliami un’isola…” Fiorella mi suggerisce di approfittare della bella giornata per una gita a Fjäderholmarna (“l’isola delle piume”). È minuscola e la giro in pochi minuti: alcune casette di legno rosso ospitano laboratori di artigiani e caffè, ma è presto per qualsiasi cosa e mi metto a prendere il sole in un’insenatura maledicendo di aver dimenticato libro e lettore CD.
Il silenzio è totale, nonostante i pochi anziani turisti depositati dal traghetto a cadenza oraria: cavolo Fio, ti avevo chiesto un posto tranquillo ma qui si esagera! L’unico rumore percepibile è il pianto, nordico e civilissimo, di un neonato.
La decisione è rapida: il tempo di assaggiare una torta di crema e via col traghetto delle 13.
Scelgo di visitare Skeppsholmen, e scelgo bene: già le pacchiane corone dorate che ornano il ponte mi stanno parecchio simpatiche. L’isola è affollata – finalmente – di visitatori di musei, ospiti di ostelli e amanti del sole che impigriscono sulle sdraio del Wayne’s Coffee, dove assaggio il gelato di “Hjortron”, alias “Cloudberry” alias “Lampone artico” (perplessi? http://en.Wikipedia.Org/wiki/Cloudberry).
Nel Moderna Museet mi faccio esaltare da Matisse e Klein. Prima di concludere la giornata con un kebab a Södermalm vado a fotografare il tramonto dal belvedere sopra la mia barca: qui tre signore sessantenni ridono e sorseggiano vino bianco sedute su una panchina… aaah… la fitta di invidia! Devo andare al più presto vedere il tramonto a San Domenico con due amiche, che sia anche con il Tavernello, o morirò. Me lo devo scrivere.
*Quarto giorno – Shopping e lirica Oggi pomeriggio parto quindi metto da parte ogni ritegno: negozi, a me! Vado a curiosare nei mercati coperti di Hötorget e Östermalmstorg, dove pare si possa acquistare cuore di renna. Cercando di non pensare alla povera bestia, ammiro l’ordine perfetto dei banchi dei pesciaioli e ordino il solito kebab (ripetitiva!).
Il grande magazzino NK è un Harrods più piccolo e tranquillo, finalmente trovo una Pippi Calzelunghe degna di essere regalata all’Aurora.
Alla Saluhall compro marmellata di hjortron, waffel, biscotti, sardine e birra (la RyanAir mi farà pagare caro questo soprappeso..).
Mentre cerco francobolli per le cartoline delle Streghe ho una piacevole sorpresa: per due giorni Sergels Torg ospita il Festival della Cultura e in questo momento c’è la prova generale di Romeo & Julia. Mi siedo sulle gradinate ad ascoltare; a un certo punto compare un gruppo di ragazzi con un palloncino in mano, delle mutande di scotch e basta. Protesta, arte, entrambe? Non lo saprò mai, l’opera finisce e, dopo aver gustato un dibattito tra un urbanista polacco molto simpatico e un barone della facoltà di architettura (sghignazzi degli allievi sullo sfondo) vado a visitare la Kulturhuset.
In tutte le città dovrebbe esserci una Kulturhuset: nella sala di lettura trovi tutti i giornali del mondo, libri, riviste, pronti da consultare, magari sprofondati nelle poltrone davanti alla vetrata su Sergels Torg. Anche le esposizioni interattive di arte contemporanea sono piuttosto divertenti, a volte sembra di essere in un luna park per adulti… tra poco ho l’autobus per l’aeroporto ma cerco di rimandare il momento del distacco con un caffè nella terrazza all’ultimo piano. Accanto a me il Romeo di cui sopra divora prosaico un piatto di wurstel.
Col rimpianto di non poter assistere al concerto di stasera degli Alcazar mi accorgo che è il momento di partire, spero di tornare presto, e magari trovare il lago ghiacciato…