Mariam e dintorni
Sono le 18.30 quando sbarchiamo a Mombasa provenienti da Addis Abeba. Dopo un mese di volontariato in Etiopia è questo per noi un intermezzo di vacanza. E' vero, da quel selvaggio che sono, mi sono nel frattempo concesso il lusso di sperimentare un viaggio in treno da Addis a Gibuti, via Dire-Dawa. E' la mitica massacrante tratta ad unico binario...
Sono le 18.30 quando sbarchiamo a Mombasa provenienti da Addis Abeba. Dopo un mese di volontariato in Etiopia è questo per noi un intermezzo di vacanza. E’ vero, da quel selvaggio che sono, mi sono nel frattempo concesso il lusso di sperimentare un viaggio in treno da Addis a Gibuti, via Dire-Dawa. E’ la mitica massacrante tratta ad unico binario di Hailè Selassiè e dei vari negus. Quattro giorni di viaggio, comprese le soste, e la polvere del deserto nelle carrozze senza finestrini, e la luna che ride in un mare di stelle. A Mombasa ci aspetta Mariam con il marito Said. Un cartello con il nome di mia moglie, non ci conosciamo personalmente. Unici contatti via e-mail dall’Italia e al telefono da Addis. Hanno una casetta a Malindi con stanze a disposizione e organizzano anche safari. L’ideale per noi. Dopo i saluti ci portano verso un furgone dove Abrhami, autista e amico, ci aspetta per caricare i bagagli. Subito ci troviamo a sfilare attraverso la periferia di Mombasa. La temperatura nonostante sia sera è molto più alta che ad Addis, e così l’umidità. L’odore dell’oceano, intenso e avvolgente, ci provoca una strana euforia e un principio di panico. Le luci, i colori, le nuove lingue, i nuovi temperamenti, ci stordiscono un poco. Ci vuole un bel pò per uscire dalla periferia e prendere il rettifilo che porta a Malindi. Mariam è un fiume di parole. Romana d’origine, Milanese d’adozione tre anni fa è capitata a Malindi, per una settimana di ferie. Innamoratasi del Kenia è ritornata per un periodo più lungo. Alla fine ha deciso di restare. Ieri con il buio non abbiamo visto molto. Oltre il cancello tre case bianche, in stile arabo, un grande prato comune, un albero dalle grandi fronde, una palma madre. Siamo arrivati sotto l’acqua. Un grosso temporale. La casa, sia al piano rialzato che al primo piano, ha un terrazzo coperto, delimitato da una balaustra in stile moresco. Una scalinata in comune dalle finestre grigliate. Dentro, un’appartamento decorato con strutture in legno chiaro, a reggere grandi e coloratissimi “batik”. Nel soggiorno mobili di fattura artigianale, finemente intagliati. E cuscini gialli, e cuscini verdi, e zanzariere alle finestre. Essendo bassa stagione non c’è nessuno.L’appartamento è tutto per noi. Un paio di bagni, di cui uno in camera, una cucina dal rivestimento in pietra grigia. Tre camere arredate e dietro una grande tenda in tela di sacco, un lavello con uno specchio ovale.
Per le nostre scorribande in Malindi usiamo i “tuc-tuc”, cinquanta scellini, mezzo euro circa. Sono dei furgoncini Piagio a tre ruote, in cui al posto del vano merci è stato ricavato un sedile per tre persone, coperto da una capottina. Sono molto comodi e frequenti.
In centro di solito mangiamo in un locale in cui Mariam e Said sono abituali. Riso con salsina e carne di capra. Seduti al tavolo si parla di safari e Said ci consiglia di affrettarci: il tempo è mutevole già adesso, e potrebbe diventare più instabile nei prossimi giorni. Si decide di partire il giorno successivo per il “Tsavo Est”, il safari durerà un paio di giorni. Said si occupa dell’organizzazione, come autista avremo Abrhami, che già conosciamo. Il safari è un’esperienza memorabile. Solo un libro le può rendere giustizia. O il silenzio. Qui scelgo il silenzio.
I giorni si susseguono ai giorni. Mariam è una compagna, un’amica incantevole. Vita di mare, escursioni in angoli remoti, una puntata di due giorni verso il confine somalo, attraverso le immense e deserte praterie dell’est del Kenia. Divorati dalle zanzare a Kipini, in un bosco a due passi dall’oceano, in una capanna di fango e makuti. E i tranquilli discorsi, la sera, seduti in terrazza, il cielo colmo di lucide noci. E le confidenze di vita, pudicamente enunciate: divelte da un magma d’un passato rappreso, d’un presente da sogno.
Corrono a sera gli scoiattoli sul muro di cinta,meditano le grosse lucertole dalla testa rossa, cacciano i gechi appesi al soffitto. Il vento porta il profumo del mare. Qui più che mai il senso della vita è potente: noi assenti, noi presenti. Per tutto questo, e altro ancora, grazie Mariam.
Emidio e Camilla