20 gg in Thailandia – parte I – Bangkok

Ecco il mio viaggio! 17/10 - Volo Cagliari - Roma - Abu Dhabi L'odissea del viaggio inzia. Io e Stefania arriviamo all'aeroporto di Elmas alle 7:30, avvolto nella nebbia più totale. Siamo un pò preoccupati, dal momento che a 10 Km di distanza, a casa nostra, è invece una bellissima giornata. Siamo ancora più preoccupati quando vediamo che...
Scritto da: Ivanweb
20 gg in thailandia - parte i - bangkok
Partenza il: 17/10/2001
Ritorno il: 05/11/2001
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Ecco il mio viaggio! 17/10 – Volo Cagliari – Roma – Abu Dhabi L’odissea del viaggio inzia. Io e Stefania arriviamo all’aeroporto di Elmas alle 7:30, avvolto nella nebbia più totale. Siamo un pò preoccupati, dal momento che a 10 Km di distanza, a casa nostra, è invece una bellissima giornata. Siamo ancora più preoccupati quando vediamo che il volo precedente delle 7:00 per Roma non è ancora partito! Non possiamo assolutamente perdere la coincidenza! Dopo aver parlato con una gentile sig.Na dell’Alitalia al check-in, ci spostano nel volo precedente Cagliari-Roma che parte alle 9:15. Arriviamo in orario a Fiumicino dopo 1 ora, attendiamo pazientemente e seguiamo le solite procedure dei controlli. Saliamo finalmente sull’aereo della China Airlines alle 11:45, per la tratta Roma-Taipei. Ci aspetta davvero un bel voletto, molto più lungo del diretto della compagnia Thai che fa Roma-Bangkok ma decisamente più economico (€ 200 in meno, il tanto che spenderemo per gli spostamenti interni con altri 4 voli!).

L’aereo è carino, con una disposizione dei sedili 2 – 4 – 2, diversi televisori grandi per ogni corsia, piccolo monitor per ciascun passeggero nel proprio sedile con cuffie, dove ci si può divertire con le telecamere dell’aereo, con la mappa, la posizione e i dati in tempo reale del volo (dove si trova l’aereo, quanto manca, quanti Km percorsi, temperatura, ora di partenza, ora di arrivo, etc.), oppure giocando a qualche videogioco o guardando un film tra gli ultimissimi usciti. Del resto, 16 ore in aereo vanno passate in qualche modo! Ovviamente le opzioni in italiano non ci sono, è tutto diviso tra cinese e inglese. Dopo circa 4 ore di volo sorvoliamo l’Egitto e il pilota consiglia ai passeggeri che hanno il finestrino sulla sinistra di guardare il bel panorama del Nilo sotto. Non è il nostro caso visto che siamo nella fila centrale… Dopo 6 ore e 4.300 Km facciamo scalo all’aeroporto di Abu Dhabi, in Arabia Saudita, dove è già notte visto che ci sono 2 ore in più di differenza di fuso orario con l’Italia. Ci fanno scendere e ci viene riferito che rifaremo l’imbarco dopo una mezz’ora circa. Abbiamo giusto il tempo per dare un’occhiata e mentre percorriamo il corridoio siamo colti da un sincero stupore nel constatare la matta struttura di questo che tutto sembra fuorché un aeroporto… E’ tutto colorato in modo molto acceso e vivace, verde, blu, rosso, con una sala centrale che sembra un alveare ed è grandiosamente illuminata. Impossibile da descrivere, rimando vivamente alle foto per capire di cosa sto parlando, perché anche se solo un’aeroporto merita davvero qualche foto! Rientrati in aereo e ripartiti, ci servono la doverosa cena, spengono le luci e ci spediscono a nanna. Certo non si può dire che i sedili siano molto comodi, sono più stretti di quelli dell’Alitalia e meno spaziosi. Per fortuna noi abbiamo i primi posti del corridoio e posso almeno allungare le gambe invadendo di qualche centimetro nientemeno che la soglia della prima classe, divisa dalla nostra modesta economy con una tendina. Spero i cinesi della prima non si offendano… La notte trascorre abbastanza velocemente, devo dire la verità, per aver fatto nove ore di viaggio e altri 6.500 Km. Il trucco è nel non stare a guardare continuamente quella terrificante mappa che ti dice sempre dove sei e soprattutto quanto manca alla meta… Nonostante tra l’altro sia costretto ad ammettere, purtroppo, che soffro il mal di tutti i mezzi quando viaggio, l’aereo a 11.000 metri è più che stabile e sembra a tratti di non essere neanche in volo! Riesco a guardarmi “K-19 the Widowmaker” e “MIB II”, ovviamente molto alla leggera visto che è tutto in inglese e le immagini del monitor non sono certo ad alta qualità. Più rilassante invece è ascoltare musica: ci sono una decina di canali di scelta con canzoni persino cinesi, però sono registrazioni che durano poco e alla fine ci si ritrova ad ascoltare sempre la stessa cosa.

Tra una cosa e l’altra, passa la notte con qualche breve appisolamento ogni tanto, ma senza una bella vera e propria dormita come si deve… 18/10 – Volo Taipei – Bangkok Alle prime ore di luce le hostess passano la colazione a base di pollo, riso, uova e roba cinese; non proprio leggera per chi è abituato a bere latte o thè la mattina… L’atterraggio a Taipei è un vero trauma, negli ultimi dieci minuti qualche seria perturbazione costringe a brusche deviazioni l’aereo, qualcuno si spaventa e persino urla e io rischio di mostrare a tutti la cena della sera prima… Sani e salvi, riusciamo a metter piede dunque in Taiwan, patria dell’elettronica e della tecnologia, nonché sede della China Airlines, alle 10:15 del mattino ora locale (6 ore in più dall’Italia). L’aeroporto stavolta è uguale a tutti gli altri, caratterizzato giusto da lunghi drittissimi e interminabili corridoi. L’attesa di tre ore per il volo di Bangkok delle 14:00 sembra interminabile, il viaggio comincia a pesare, ma l’entusiasmo iniziale di qualunque viaggio fa passare tutto e così sopravviviamo ad un’altra trasvolata di 3 ore e mezzo per arrivare alla capitale thailandese. E dire che esattamente 10 ore prima ci siamo passati proprio sopra col precedente volo della China! BANGKOK 18/10 – Sistemazione al Royal River Hotel Arriviamo alle 16:00, completamente rimbambiti dall’interminabile traversata, e abbiamo la piacevole sorpresa di trovare le valigie (visto che con 3 cambi di volo le probabilità di perderle sono piuttosto altine…). Ci avviamo verso l’uscita dove ci aspetta il transfer per l’hotel Royal River, prenotato dal CTS. L’impatto non è certo da poco, una bolgia di persone è pronta ad assalirci per chiedere dove vogliamo andare, ma per fortuna il ragazzo del nostro transfer con uno sguardo terrificante fredda i colleghi concorrenti, facendogli capire che siamo con lui. Lo seguiamo alla macchina e un altro trauma ci aspetta: una ventata di aria bollente e irrespirabile ci travolge superata la soglia dell’uscita dell’aeroporto. Questa è l’aria di Bangkok. Ce l’avevano detto, eravamo preparati, ma è ugualmente una mazzata respirarla! Per fortuna, dopo pochi attimi, entriamo nella macchina con l’aria condizionata bella sparata dove si respira bene. Il transfer dura poco più di un’ora, e mentre guardo il traffico e la città per farmi le prime impressioni, il gentilissimo ragazzo del transfer (sono due, uno guida e l’altro parla) ci spiega in italiano alcune regolette fondamentali per sopravvivere. Delle belle dritte, la maggior parte delle quali conosco già avendo letto altre esperienze proprio in Internet. Inanzittutto le ore di luce e gli orari: in questo periodo, a Ottobre, fa 12 ore di luce al giorno, albeggia alle 6:00 e tramonta alle 18:00 in punto; alle 18:30 è buio pesto. I negozi rimangono aperti a tutte le ore, le banche e le poste in genere fanno una pausa pranzo e chiudono tra le 16:00 e le 17:00. I musei e i templi chiudono verso le 17:00, un pò prima o un pò dopo a seconda del posto ma mai dopo le 18:00. Quest’ultima è l’ora di punta e il traffico è impressionante (non so se esiste un vocabolo italiano per descriverlo dopo averlo visto, cerco di rendere l’idea semplicemente con “impressionante”). Per spostarsi in città ci sono i famosi Tuk Tuk, una sorta di veicoli a tre ruote simile all’APE, che corrono come matti in modo un pò spericolato (e se lo dice un thailandese…), Bisogna contrattare il prezzo prima e far capire bene dove si vuole andare. Loro hanno un giro di affari preciso e tendono sempre a voler portare il turista in negozi per shopping o in particolari templi o posti dove hanno una percentuale (sto ripetendo le parole del ragazzo, ma poi affronterò meglio l’argomento). Per fare tragitti brevi nei luoghi famosi può essere conveniente, ma per spostarsi su lunghe distanze o su posti meno conosciuti è più economico prendere un taxi. Ci sono un’infinità di taxi (mi pare abbia detto 50.000), anche di diversi colori. Vanno tutti bene, l’importante è che abbiano la scritta “Taxi meter” che assicura l’uso del tassametro (bisogna comunque sempre richiederlo quando si sale e se il tassista tenta di contrattare il prezzo bisogna chiedergli di usare il tassametro). Quest’ultimo funziona così: 35 bath fissi di partenza per i primi 2 minuti, e poi 2 bath al minuto se si cammina nel traffico o un pò di più se si fanno molti chilometri in velocità (giustamente). Per le necessità alimentari di ogni momento, per andare sul sicuro escludendo le bancarelle sulla strada, c’è una catena di market presenti ovunque e aperti 24 ore, chiamata “7 eleven”, che si distinguono per il colore verde-bianco-rosso e il marchio (sarà infatti la nostra salvezza!!!). Per prenotare tour invece, il ragazzo ci ha fornito un depliant con le gite più gettonate di Bangkok e dintorni e dei numeri di hotel a cui chiamare. Ci ha lasciato anche il suo numero, eventualmente per farlo lui se abbiamo dei problemi. Arrivati in hotel ormai quasi buio, siamo colti da un lusso a cui non sono per niente abituato: tutto così grande, spazioso, luccicante, un enorme hall d’ingresso, tutti quei camerieri e quel personale con abbigliamento di tutto punto, tutti gentilissimi. E tutto questo per 14 euro a notte, che in realtà sono 11, visto che una delle 5 notti è gratis! (Questa delle notti gratis è una formula molto comune qui). La difficoltà iniziale è comprendere l’inglese parlato dai thailandesi, parecchio diverso dal nostro negli accenti e nella pronuncia (ed è un problema non da poco!). Ci portano le valigie, sbrighiamo la solita prassi alla reception e ci catapultiamo in stanza distrutti dopo 30 ore di viaggio! La stanza è la n. 423 al 7° piano, non rispetta il lusso e l’appariscenza della hall però è funzionale e decente, c’è il televisore, il bagno è bello, con una vasca dove poter fare anche la doccia, ci sono ripiani dappertutto per poggiare quello che si vuole e soprattutto c’è IL FRIGO. E’ un particolare e una comodità essenziale per la stanza, lo capiremo dopo a Chiang Mai quando non l’abbiamo più avuto. L’aria condizionata è un pò sparatuccia e il regolatore della temperatura non sembra funzionare benissimo, qualunque grado mettiamo fa sempre freddino. Ma il peggio è che nel resto dell’hotel è ancora più freddo! Ci diamo una bella rinfrescata e svuotiamo le valigie sistemando la roba in camera. In realtà non abbiamo molta fame e siamo distrutti, visto lo scombussolamento della trasvolata, e decidiamo di arrangiarci per cena con il nostro cibo, portato nientemeno dalla ormai lontanissima Italia (abbiamo ancora tramezzini e una scorta di biscotti Baiocchi, Cipster, merendine Kinder e cioccolatini…). Strano pensare che qui sono le 23:30 e in Italia appena le 18:30, ma il fuso orario di 5 ore (che diventano 6 con il cambio dell’ora in Italia) non è certo un problema con la stanchezza che abbiamo addosso! Non avendo avuto la possibilità di comprare una scheda telefonica internazionale, facciamo una doverosa chiamata ai nostri genitori dalla camera per fargli sapere che siamo ancora vivi, respiriamo e siamo arrivati a destinazione. Prendiamo poi una bella cartina di Bangkok e scegliamo le tappe per l’indomani, ovvero la visita del Gran Palazzo e del Wat Pho. A questo punto non rimane che buttarsi a letto e riposarsi, il nostro soggiorno è appena iniziato! 19/10 – Visita ai templi Wat Phra, Wat Suthat, Wat Sakhet e alla Golden Mountain Ci alziamo con calma verso le 8:00 e scendiamo a fare colazione nella stessa sala della cena del giorno prima. La colazione è a buffet, molto comune qui in Thailandia negli hotel. Ci si serve da soli e si prende quel che si vuole. C’è praticamente di tutto, persino dei primi di riso fritto e salsicciotti di pollo (per stare leggeri di buon mattino…), ma la nostra attenzione è attirata dalla frutta di stagione, assolutamente divina, saporita e succosa come mai ne avevo assaggiata prima: anguria, ananas e papaya. Ne facciamo una vera scorpacciata insieme alla buonissima spremuta d’arancia fresca, e torniamo in stanza per prepararci alla nostra prima uscita. Scendiamo verso le 9:00 e ci fermiamo alla reception chiedendo di poter usare la cassetta di sicurezza, per lasciare i nostri passaporti, biglietti, e una parte dei soldi in euro. E’ un accorgimento che ci hanno consigliato in molti, per evitare di lasciare qualunque cosa in stanza che sia indispensabile per il viaggio o di valore. Appena mettiamo piede fuori dall’hotel, una ventata di afa irrespirabile ci travolge. E’ una bella giornata, non c’è un filo di vento, il sole picchia tremendamente e il cappellino è d’obbligo. All’ingresso dell’hotel ci attendono almeno 3 taxi, ma noi vogliamo provare a piedi una passeggiata per renderci conto un pò delle distanze. Le case intorno all’hotel non si può dire certo siano belle, come abbiamo già avuto modo di notare dall’ampio panorama che si vede dalla finestra della nostra stanza al 7° piano. Ci avviciniamo al fiume nel tentativo di trovare la fermata del taxi-boat del Chao Praya, il traghetto che percorre il fiume e che è consigliato da diverse guide per evitare il traffico di Bangkok. Tra l’altro è uno dei motivi per cui abbiamo scelto il Royal River Hotel sul fiume! In realtà la situazione è molto più complicata di quel che pensavo: alla fermata c’è un cartello scritto in thai con gli orari, per niente chiaro, e una piattaforma galleggiante da far venire il mal di mare solo a guardarla. Non abbiamo la minima idea di quanto dobbiamo aspettare, così desistiamo dal taxi-boat e decidiamo di provare a piedi. Attraversiamo un lungo ponte in mezzo ad un traffico continuo e ad uno smog asfissiante. Sotto, qualche chiatta passa nel fiume trasportando di tutto, e vedo persino il famoso taxi-boat arrivare alla fermata: praticamente un barcone sgangherato dove la gente sale e scende “al volo” dalla piattaforma galleggiante tutta arrugginita! Mi aspettavo un mezzo pubblico un pò più decente a dire il vero, e dopo essere rimasto a bocca aperta per un minuto di filato continuo a seguire Stefania nell’attraversamento del ponte. Una volta dall’altra parte, proseguiamo dritti per la strada principale e quello che vediamo non ci piace un granché. O meglio, è un impatto certamente non da poco per chi non ha mai visto questi posti. Baracche e negozietti strani si susseguono ad ogni genere di bancarelle, presenti ovunque, in condizioni di ordine ed igiene molto lontane dagli standard europei. Nonostante la preparazione mentale al mondo thailandese, leggendo e documentandomi su vari testi, vedere queste realtà dal vivo è un altra cosa. Le persone ci sembrano così diverse, a volte strane, certe facce sembrano amichevoli e altre sinceramente per niente, anzi dal vestire e dall’andazzo un pò pericolose. Ma in realtà non deve essere proprio così, bisogna uscire dagli schemi occidentali e cercare di valutare con attenzione le cose (infatti per tutto il viaggio posso dire, adesso a posteriori, di non aver mai avuto problemi di nessun genere dal punto di vista della “sicurezza personale”). Seguiamo la strada principale per un pò ma ci accorgiamo che le distanze sono davvero grandi e il caldo è insopportabile. Decidiamo così di non perdere tempo e di raggiungere il centro con un taxi. Trovarne uno non è certo un problema, passano in continuazione ovunque. Saliamo e chiediamo di portarci al Grand Palace, dove arriviamo verso le 11:00. Facciamo una chiaccherata col simpatico tassista mentre ci prendiamo un pò di fresco dell’aria condizionata, e la tratta ci costa incredibilmente appena 50 bath, poco più di 1 euro! Cominciamo ad avere un’idea molto chiara del perché tutti sconsigliano vivamente di camminare a Bangkok e del perché ci siano così tanti taxi e tuk-tuk… All’ingresso del Grand Palace c’è una folla considerevole. Entriamo a fare i biglietti, che vengono 200 bath a testa, e andiamo a visitare il Wat Phra Kaew. Ci danno un bel depliant con tanto di mappa e iniziamo la visita entrando nelle mura e svoltando subito nella splendida galleria di Ramakien, un’opera spettacolare costituita da un susseguirsi di splendide immagini sulle pareti interne delle mura che fanno tutto il giro del Wat. Dopo pochi passi di stupore e meraviglia, sembra di essere entrati in un altro mondo: il caos e il traffico di Bangkok non si sentono più, i turisti si diradano e la bellezza sfolgorante dei templi tutto intorno prende il sopravvento. Quale entusiasmo per gli occhi occidentali ammirare queste strane guglie, torri che si alzano al cielo, tetti a ghirigori, statue d’orate, angoli di giardini con piante dalle forme più strane. E’ tutto così luccicante e splendente che sembra finto! Eppure è reale e dà l’impressione di poter vedere e ammirare lo splendore di questi templi come se siano stati appena costruiti. Dopo un discreto giro all’interno delle mura, decidiamo di entrare nel famoso tempio del Budda di Smeraldo. Ci si toglie le scarpe, come immaginavamo, ed è una sensazione meravigliosa e rilassante camminare scalzi soprattutto con questo caldo atroce che ci opprime. Dentro non si possono fare foto, ci si siede in silenzio inginocchiati e si contempla la meraviglia e le ricchezze intorno. Il Budda in realtà appare incredibilmente piccolo in cima a quella pila di tesori, ma il fascino e l’emozione di questo posto sono fortissimi e ci coinvolgono. All’uscita continuiamo a camminare, in maniera più che rilassante, scalzi intorno al tempio, ammirando le incredibili decorazioni a bocca aperta, colpiti dalla eccezionale precisione dei particolari della parete. Ritornati all’entrata, rimettiamo le scarpe e saliamo sulla Terrazza Superiore, dove c’è il magnifico Wat che risplende con il suo colore d’orato alto nel cielo. Inutile dire che facciamo una marea di foto, e la bella giornata sicuramente ci aiuta con quei bei colori del cielo e la forte luce.

Passa persino l’ora di pranzo e la fame non si fa per niente sentire, vuoi per la bella colazione della mattina, vuoi per l’emozione provata, o secondo me più di tutti per il caldo infernale. Bere è d’obbligo, così ci fermiamo in un bel punto ristoratore per una coca-cola fresca, e compriamo una scheda telefonica internazionale che proviamo subito nel telefono giallo a fianco.

Usciamo così dalle mura del Grand Palace nella convinzione di raggiungere un altro famoso tempio di Bangkok, il Wat Pho. Nella cartina stradale sono a fianco, eppure non riusciamo comunque ad orientarci bene all’uscita e soprattutto siamo confusi dalle decine di guidatori di tuk-tuk che vengono a chiederci dove vogliamo andare. Non riusciamo ad aprire la cartina più di 30 secondi (contati ad orologio) senza che almeno in due o tre scendano dal numero infinito dei loro tipici mezzi a tre ruote presenti ovunque, per assillarci con le loro proposte. E’ una situazione incredibile e a dir poco stressante! Qualcuno ci spiega la direzione da prendere e tentiamo comunque a piedi costeggiando le mura in mezzo ad un traffico, non mi stancherò mai di dirlo, tremendamente caotico e ad un caldo orrido. A metà strada, un signore fermo su un grande portone ci ferma per chiedere anche lui dove stiamo andando. Ci spiega che il Wat Pho questo pomeriggio è chiuso per una ricorrenza e di ritornare domani mattina. Parliamo del più e del meno, ci chiede da dove veniamo, sembra inizialmente davvero gentile e onesto, arrivo a pensare quasi che sia uno del posto che lavora nel tempio, ma invece non è così. Dopo averci fatto tirar fuori la cartina, comincia a proporci un giro turistico tutto programmato per soli 50 bath. Con poco più di 1 euro questo qui ci chiama un tuk-tuk e ci fa girare a Bangkok tutta la sera, portandoci in posti precisi come un certo Lucky Budda e un centro commerciale per comprare pietre preziose (dove “casualmente” oggi ci sono gli sconti), per poi riportarci nientemeno che in hotel. Grandioso! Peccato non sia quello che vogliamo fare noi, e non c’è verso di scegliere posti diversi da quelli che dice lui. A questo punto le carte sono svelate, l’antifona è ben chiara ed è come tutti me l’hanno raccontata nelle loro esperienze: ci sono persone che sembrano gentili e poi si rivelano procacciatori, niente di diverso dai tanti altri. Bisogna imparare a riconoscerli. Nella nostra confusione e scetticismo il signore nel frattempo ferma un tuk-tuk e gli spiega tutto il tragitto, ma noi insistiamo che non ci interessa. Il problema è che non sappiamo minimamente cosa fare, abbiamo dato per scontato di visitare il Wat Pho stasera e non abbiamo altre mete chiare in testa. Grandissimo errore, da non commettere mai più! Bisogna avere sempre le idee chiare a Bangkok, sapere precisamente dove si vuole andare e avere almeno un’opzione di riserva. Decidiamo così per curiosità di andare solo nella prima meta che ci hanno proposto, questa specie di Lucky Budda, come lo chiamano loro per i turisti, e provare l’ebbrezza del tuk-tuk, che come tutti dicono è un’esperienza imperdibile, almeno una volta, qui in Thailandia. Ed è davvero così! Saliamo in questo piccolo veicolo a 3 ruote con motore ipertruccato con 500 di cilindrata (ce lo dirà una guida qualche giorno dopo), e il conducente comincia a correre e sfrecciare come un pazzo furioso tra il traffico anarchico di questa città! E’ un chaos incredibile, molto peggiore di quello di Napoli che credevo fosse il regno anarchico dei patentati; la sola differenza è che qui a Bangkok rispettano i semafori. Ma non certo i pedoni, attraversare è una vera impresa e le strisce pedonali non esistono. Il fatto comunque che questo aggeggio chiamato tuk-tuk sia così piccolo e agile comporta il vantaggio di infilarsi dappertutto dove ci sono colonne di auto e file, e di certo il conducente non manca di farcelo notare con le manovre più assurde! A volte in ripresa sembrano intraprendere gare con gli altri a lato, si guardano, ridono, si sfiorano di pochi centimetri e corrono, mentre noi in un misto di tensione, paura e divertimento, con l’adrenalina a mille, ridiamo come se stessimo facendo una montagna russa in un parco giochi. L’emozione è assolutamente la stessa! Arriviamo dopo un pò al tempio famoso che scopriamo in realtà chiamarsi Wat Suthat, entriamo gratuitamente, levando sempre le scarpe, e ammiriamo niente di più di una piccola statua di un Budda circondata da qualche offerta. La nostra sorpresa è trovare un signore pregando che inizia a parlarci in italiano. Riconoscono tutti qua che siamo italiani da un miglio di distanza! Lo parla molto bene, ha un fratello a Roma e c’è stato qualche volta. Comincia a nominarci una sfilza di giocatori italiani, forse persino qualcuno che non conosco neanche io che, pur non essendo patito di calcio, vivo in Italia perbacco! La sua simpatia stavolta è assolutamente sincera (intendo dire senza secondi fini, perché i thailandesi in effetti sono tutti simpatici) e passiamo volentieri un pò di tempo a chiaccherare della nostra terra madre. Dentro le mura del tempio siamo tranquilli, non c’è praticamente nessuno, ma si fa ora di chiusura e noi sappiamo bene che fuori ci aspettano almeno 3 tuk-tuk pronti a portarci da qualche altra parte. Apro allora un attimo la cartina per decidere prima dove andare, e la nostra scelta ricade sulla Golden Mountain, ovvero la montagna d’orata dove si trova il Wat Saket, una volta il punto più alto di Bangkok prima dell’avvento dei grattaceli, e da dove si gode un bel panorama della città. Usciamo e, come da manuale, ci piombano addosso per sapere dove andiamo. Noi insistiamo imperterriti a volerci arrivare a piedi poiché non sembra lontanissimo e la strada non pare difficile. Ma non c’è nulla da fare, qua non funziona come nelle città europee che puoi girare tranquillamente a piedi arrangiandoti e orientandoti con tranquillità. Qua siamo a Bangkok e camminare per un turista ,al di fuori di un tempio, è impossibile. Proseguiamo dritti per la strada principale tra smog e caldo, evitiamo per un pò le persone che ci fanno le solite domande, facendo finta di non sentire o non capire, ma dalla cartina la strada che facciamo sembra non essere quella giusta. I nomi delle strade per giunta sono in scrittura thailandese, incomprensibili, e le poche vie principali che hanno la traduzione sotto in inglese non danno nessuna corrispondenza con la cartina che ho in mano, che per giunta evito di tenere aperta e guardo di sfuggita ogni tanto, per non farmi assalire dai thailandesi. E’ una situazione manuale da Fantozzi! Dopo una mezz’oretta decidiamo di chiedere aiuto a qualcuno. Non è certo un problema, ecco subito pronte ad ascoltarci (guardacaso) tre persone e due tuk-tuk. Gli spieghiamo che vogliamo andare al Wat Saket, ma iniziano a proporci giri strani con i soliti posti da visitare, (ci nominano sempre gli stessi) ovunque fuorché dove vogliamo andare noi. Addirittura, clamorosamente, i primi due una volta capito che ci interessa andare solo al Wat Saket ci dicono di andare a piedi perché non è lontano! Seguiamo allora la direzione che ci indicano e camminiamo per un pò, cominciando a essere adesso piuttosto snervati e seccati dal caldo e dalla difficoltà di spostarsi in questa città. Della montagna d’orata neanche l’ombra, e così fermo un altro tuk-tuk per chiedergli informazioni. Stavolta il conducente ci spiega invece che la direzione è giusta ma è lontano, e pensiamo che lo dica solo per guadagnarsi la corsa. Trattiamo il tragitto per 40 bath e risaliamo per la seconda volta sull’intrepido mezzo di trasporto (consiglio vivamente di non farlo a chi soffre di problemi di cuore!). Se quello di prima ci è sembrato un frenetico questo invece è un ossessionato di rally, praticamente fa le curve su due ruote e siamo costretti a tenerci molto saldamente ai lati onde evitare di essere scaraventati fuori! Dopo qualche minuto di pura corsa adrenalinica, poiché i tuk-tuk sono tutti aperti e bassi e tra l’altro si respira tutto il fortissimo smog del traffico, mi vola via il cappellino che ho in testa mentre mi tengo con una mano sulla sbarra laterale e con l’altra a Stefania!!! A questo punto scoppiamo a ridere ed è come se in pochi istanti tutta la tensione della giornata (davvero tanta) venga buttata fuori! Faccio un cenno al conducente e gli dico in inglese di aver perso il cappellino, lui mi guarda un attimo, sorride e capisce, e con un’improvvisa e pazzesca manovra fa un’inversione a “U” tra le nostra urla e risate. Torna nella piazza rotatoria e si ferma in contromano, mentre io corro velocemente a prendermi il cappellino. A un paio di metri dalla presa lo guardo, incredibilmente integro e sano con tutte quelle macchine e autobus che sfrecciano, ma purtroppo proprio l’ultima vettura, prima di recuperarlo, me lo schiaccia in pieno! Rimane comunque perfettamente intatto, solo un tantino…Sporco! Che chicca è stata! Una scena esilarante che ci ha davvero scaricato tutto il nervosismo! Riprendiamo così la gara di formula 1 e scopriamo che tra l’altro il conducente non ci ha per niente imbrogliato perché la meta è veramente lontana e non era certo cosa da arrivarci a piedi come volevamo fare noi. Per giunta, a questo punto ci chiediamo: “Ma chi ce lo fa fare a stressarci a piedi se con 1 euro ci portano loro? Tanto, per avere sempre questa gente intorno che ti chiede dove vuoi andare, per sopportare questa afa infernale, questo smog irrespirabile e non riuscire nemmeno a orientarti, tanto vale farli contenti!” Arriviamo così alla tanto sofferta Golden Mountain, ed entriamo all’ingresso dei giardini da dove parte una strada che porta in alto al tempio. Appena superato il cancello, come negli altri templi, si entra in un altro mondo dove sparisce completamente il chaos e regna la pace e il silenzio. Ci sono pochissimi turisti e nessun thailandese, possiamo finalmente camminare in santa pace, come vogliamo e dove vogliamo, senza nessuno appresso! Ci fermiamo in una panchina esausti prima di salire le scale, e ci ristoriamo con succhi di frutta presi in un market “7 eleven” , sgranocchiando qualche patatina. Una volta salite le scale che costeggiano la base del tempio, arriviamo in una terrazza con l’ingresso al Wat Saket. Il tempio non è niente di eccezionale all’interno ma il panorama a 360° che si gode salendo in cima è grandioso. Si vede una buona parte di Bangkok con un magnifico skyline dei grattaceli sullo sfondo. Un’ottima occasione per provare i miei binocoli con lo zoom nuovi di zecca (regalo anticipato di compleanno)! Rimaniamo a goderci lo spettacolo per una bella mezz’ora, facendo le dovute foto, e riflettendo sulle incredibili contraddizioni di Bangkok. Una città dove un attimo prima sei pressato, snervato e confuso, e un attimo dopo sorpassi un cancello di un tempio e trovi un mondo di pace e relax. Una città dove alla linea dei modernissimi e alti grattaceli si contrappongono case decadenti e diroccate, in condizioni precarie igieniche e strutturali. Una città dove alle ossessionanti piccole bancarelle attaccate una sull’altra nel marciapiede che vendono di tutto, si contrappongono centri commerciali immensi e tecnologici. Una città dove migliaia di turisti passano tre/quattro giorni in hotel a 4 stelle iper lussuosi facendosi una nuotata in piscina e godendosi le comodità dello splendente bagno della loro stanza, e milioni di persone passano una vita in una casa di lamiere di ferro arrugginito lavandosi nel piccolo affluente del Chao Praya in quell’acqua fangosa e inquinata. Sono cose che fanno riflettere queste, e parecchio anche. E nessuno te le dice così chiaramente, non si trovano facilmente nelle guide e nelle esperienze delle altre persone. Il turismo superficiale di qualunque visitatore arrivi a Bangkok termina qua, sull’orlo del balcone di questa terrazza, di fronte a questo panorama globale della città che merita di essere osservato con attenzione e possibilmente, come sto facendo io, con dei binocoli che permettano di focalizzare i particolari e mettere in luce tutte queste diversità e contraddizioni. L’Europa è lontana anni luce, adesso bisogna affrontare l’Oriente. Terminata la vista panoramica e le riflessioni, ci godiamo un altro pò di relax passeggiando nel giardino di sotto e guardiamo una partita di alcuni ragazzini del posto di uno sport locale che credo si chiami takraw. E’ una sorta di pallavolo nostra, con tanto di rete in mezzo al campo, e la regola è sempre la stessa: non fare cadere la palla in terra! La grossa differenza però è che in questo sport tutto si usa fuorché le mani, cosicché si vedono i thailandesi in apprezzabili acrobazie colpire la palla con i gomiti, le ginocchia, i piedi in sforbiciata, la testa. All’uscita del tempio nulla è cambiato, si ritorna a contrattare il prezzo per tornare in hotel, ma alcuni conducenti dei tuk-tuk non capiscono dove vogliamo andare, nemmeno mostrando loro la cartina. Decidiamo così di spostarci nella via principale e di provare con un taxi, ma il traffico è talmente veloce e intenso che non riusciamo a fermarne uno in tempo o che non sia già pieno. Sono infatti quasi le 18:00, sta scurendo ed è l’ora di punta. Sembra incredibile che nonostante i numerosissimi taxi che passano quelli liberi siano pochissimi, e quando si trovano magari sono in mezzo al traffico e non si fermano! Optiamo a questo punto per qualunque cosa si fermi, e puntuale arriva il solito tuk-tuk. Cerchiamo di spiegargli che vogliamo tornare al nostro hotel, il Royal River, che tra l’altro è in una posizione geograficamente molto semplice sulla cartina perché si trova esattamente a fianco ad uno dei ponti principali del fiume Chao Praya, un pò a nord di Bangkok. Il conducente dopo un pò sembra capirci e contrattiamo un prezzo un pò esoso, senza molta voglia di stare più a discutere o di cercare qualcun altro: 100 bath per l’esattezza, 2 euro e mezzo che per noi, avendo attraversato la città nell’ora di punta e nelle condizioni di stanchezza in cui ci troviamo sono nulla, ma per loro devono essere un buon bottino! Anche qua la chicca però non poteva mancare, cosicché nel momento del tragitto in cui francamente cominciamo a intuire che non ci sembra la strada giusta, il conducente del tuk-tuk si ferma e ci nomina un hotel con una pronuncia simile al nostro ma che non lo è affatto. Non siamo neanche vicini al fiume! Siamo colti da un pò di panico e il tipo a questo punto chiama un amico che sa parlare inglese. E’ la nostra salvezza! Si mettono a parlare tra loro in thailandese e poi riprendiamo la corsa che dura ancora parecchio, tra bancarelle di ogni genere che colorano e vivacizzano le strade ovunque. Cominciamo nuovamente a preoccuparci ma finalmente scorgiamo il ponte sul fiume e lo attraversiamo, vedendo sulla destra la costruzione del nostro grande hotel. Adesso siamo più rincuorati! Il conducente ci porta a velocità supersonica all’ingresso e per poco sembra voler attraversare la reception e accompagnarci col tuk-tuk direttamente in stanza; per fortuna questi agili mezzi hanno anche buoni freni. Ci facciamo una bella risata finale e salutiamo cortesemente i thailandesi del tuk-tuk e dell’ingresso, che devo dire la verità, al di là della pressione che a volte mettono, sono sempre molto gentili e sorridenti con tutti. Pensare che quello ha contrattato il prezzo senza neanche sapere dove ci stava portando…

Tornati in stanza, facciamo una doccia e siamo tentati, dopo una giornata così afosa, di provare subito la piscina dell’hotel. Scendiamo le scale al posto di prendere l’ascensore, per dare un’occhiata all’hotel, e scopriamo al 2° piano la sala fitness, massaggi, e a fianco appunto la piscina, che rimane aperta fino alle 20:00. Non c’è assolutamente nessuno e ne approfittiamo subito per fare una bella nuotata rilassante, l’acqua è tiepida, la piscina è tutta per noi e la temperatura dell’aria è bollente nonostante sia buio pesto (sono le 19:30!). Per noi certo questa è una cosa strana, abituati in Sardegna dove il bagno di notte lo facciamo solo in agosto nelle giornate più calde, che in ogni caso sono molto più fresche delle notti qui a Bangkok! Dopo una mezz’ora di relax meritato, ci diamo una bella sistemata in stanza e decidiamo di andare a cena in hotel e di mettere finalmente qualcosa nello stomaco, visto che sono già le 21:30 e non abbiamo neanche pranzato! Il salone per i pasti sta sotto il primo piano, molto carino e ampio. Una gentile signorina ci accoglie e ci propone la scelta “buffet” o “à la carte”. Scegliamo ingenuamente ed erroneamente la prima, pensando che in genere in Italia nei ristoranti a buffet si spende meno, ma anche soprattutto per il fatto di poter VEDERE quello che avremo preso, dal momento che la cucina thai è per noi un’esperienza totalmente nuova! I piatti sono sistemati in cerchio e c’è davvero di tutto: dei primi, consistenti soprattutto in riso bollito da mischiare con salsette o in riso fritto con vari condimenti, o in “noodles” ovvero spaghetti allungati simili a enormi tagliatelle; carne e pollo straconditi in sughi e speziati a volontà; insalata mista; dessert e dolci di ogni genere, dalla gelatina alle tortine di cioccolato e alla frutta. Prendiamo un pò di tutto, e devo dire mangiamo assai bene. In particolare il riso e le tortine sono davvero buone! Alla fine della succulenta cenetta, rimaniamo un pò incerti per il conto, quasi 950 bath… In realtà sono poco più di 11 euro a testa, un’inezia qua in Italia considerato quello che abbiamo preso, ma pensavamo di spendere di meno. Per le cene future decideremo così di prendere il menù classico e pagare solo quello che sceglieremo (ed infatti ci accorgeremo di aver speso un’enormità per la prima sera! Con 200 bath a testa, circa 5 euro, ci esce una cena più che decente in Thailandia persino in ristoranti italiani di ottima qualità! vedere Krabi o Chiang Mai per dettagli).

Soddisfatti finalmente i nostri bisogni primari, paghiamo il conto e un pò infreddoliti usciamo nella terrazza dell’hotel che dà sul fiume per prendere un pò di caldo. Già proprio così, è piuttosto insolito “uscire” fuori per riscaldarsi dal freddo che fa dentro, esattamente il contrario di quello che fa un normale italiano a casa sua a ottobre la notte… Ma a Bangkok funziona così, dentro al chiuso c’è freddo e fuori fa un caldo micidiale a qualsiasi ora del giorno e della notte. L’escursione termica è pochissima, cosicché ai 33 gradi del giorno circa seguono i 26 della notte, con una umidità media del 70-80%. 26 gradi come temperatura minima non è mica uno scherzo, considerando l’umidità e lo smog di questa città!!! Più che stremati da questo primo giorno in Thailandia nella caotica Bangkok, andiamo a dormire, ma prima cerchiamo di fare un pò il punto della situazione per i giorni futuri in base a tutte le importanti nozioni e novità imparate oggi, e di stravolgere il nostro modo classico di visitare le grandi città come le abbiamo sempre viste in Europa, onde evitare il caos e la confusione di oggi! 20/10 – Visita al tempio Wat Pho; Dusit Park, Residenza Vimanmek e Zoo Ci alziamo alle 8.00 con relativa calma, e scendiamo a fare colazione, facendo una doverosa scorpacciata, come il giorno prima, di succo d’arancia, anguria e ananas, assolutamente insuperabili! Subito dopo, ci preoccupiamo di telefonare al ragazzo che ci ha lasciato il suo numero al transfer dall’aeroporto all’hotel, per prenotargli anche quello di ritorno e soprattutto per prenotare le gite che abbiamo scelto di fare a Bangkok. Il ragazzo è gentilissimo, ci dice per il transfer di chiedere alla guida italiana della gita di domani che sarà al Rose Garden e mercato galleggiante, e che ci farà sapere fra una ventina di minuti la risposta anche per dopodomani per la gita di Ayutthaya. Saliamo dunque in stanza e aspettiamo la sua chiamata, puntualissima, che ci conferma appunto il tour e l’orario: alle 6:45 alla hall dell’hotel (urka all’alba!!!). Più che soddisfatti di aver sistemato i nostri restanti giorni a Bangkok, usciamo e ci avviamo alla sbarra d’ingresso, dove un paio di taxi sostano, aspettando come falchi qualche turista. Ne scegliamo subito uno e gli diciamo di portarci al Wat Pho. Percorriamo strade larghe e scorrevoli, e arriviamo in poco più di un quarto d’ora infreddoliti dall’aria condizionata esagerata che il tassista non si è risparmiato di mettere al massimo! Ci lascia all’ingresso dove c’è un serio imbuto di macchine e tuk-tuk. Paghiamo la corsa, che ci viene 85 bath (2 euro), e entriamo. Appena varcata la soglia siamo circondati dalla solita sensazione di pace e rilassatezza che questi magnifici tempi riescono a trasmettere. Non ci sono tanti turisti ma il caldo è tremendo, ancora peggio di ieri perché oggi non c’è una nuvola e il sole picchia fortissimo! La bellezza degli edifici intorno ci infonde energia e coraggio, e iniziamo il nostro giro in senso orario. Il Wat Pho è oggi sede dell’istruzione pubblica, è costituito da diverse strutture e templi ed è “isolato” da alte mura; l’ingresso costa 20 bath a testa, un’inezia in confronto al Gran Palazzo! Arriviamo subito al tempio dove si trova il Budda sdraiato, che è anche una delle principali attrazioni di Bangkok: una statua colossale di oltre 43 metri d’orata, un vero spettacolo da osservare. Si entra ovviamente sempre senza scarpe, ed è davvero una gran cosa. Sulla sinistra del corridoio si sente un continuo tintinnio di monete che vengono messe, seguendo un rituale, una ad una in ognuna delle campanelle in fila che sono tantissime. Bisogna farle tutte se si vuole completare il rito! Facciamo le doverose foto e proseguiamo la visita all’interno del Wat Pho, tra guglie e cime altissime, di uno splendore unico e magnifico. All’interno di un cortile troviamo una bella scolaresca di alunni del posto che giocano, danzano, bevono e mangiano come se niente fosse in mezzo ai turisti che li guardano divertiti. Passiamo poi di fronte alla scuola di massaggi, piena di turisti bisognosi di una sistemata. Ci sono massaggi ai piedi, tradizionali, al viso, a prezzi più o meno di 200 bath per un’ora circa, a seconda del tipo scelto. Noi siamo troppo accaldati per farli e sinceramente preferiamo provarli in hotel dove almeno c’è molta più tranquillità anziché in mezzo a tutte quelle persone. Continuiamo il giro fermandoci ad osservare l’enorme albero Bodhi, dove qualche bellissimo bambino thailandese sta facendo delle offerte. Ogni tempio possiede un albero di questo tipo dove il Budda ha trovato l’ispirazione. Ogni abitazione invece possiede una “casa degli spiriti”, più o meno grande, una sorta di casetta tradizionale in miniatura con un piccolo altare adornato con fiori e offerte, che serve a tenere lontano gli spiriti maligni.

Si è fatto mezzogiorno e lasciamo il Wat Pho per cercare un posticino per sgranocchiare e bere qualcosa di fresco, poiché siamo letteralmente squagliati dal caldo. Passeggiamo parecchio, ma trovare un posto o una panchina dove stare in tranquillità qui al centro di Bangkok sembra impresa impossibile. Senza considerare lo snervante stress del traffico e delle persone che ti chiedono e fermano per sapere dove stai andando: un assillo continuo! Troviamo finalmente una sorta di giardino che circonda un bel parco, e ci fermiamo una decina di minuti in relax. Ristorati, sostiamo nella strada principale intenzionati a spostarci nella zona del Dusit per vedere il Dusit Park e lo zoo. Ci accorgiamo subito che non è affatto impresa facile uscire dai soliti schemi turistici! A parte i soliti posti e templi visitati da tutti, se si vuole vedere qualcosa un pò meno battuto bisogna sudare parecchio… E non sto parlando mica di un quartiere sperduto o isolato, vogliamo andare in uno dei parchi più grandi di Bangkok e in prossimità dello zoo! Fermo un primo taxi e gli chiedo in inglese se ci può portare al Dusit. Non riusciamo assolutamente a capirci e così lo lascio andare via, del resto ne passano talmente tanti. Ne fermo un altro ma il conducente non parla inglese e così va via anche lui. Il terzo che arriva parla invece inglese ma non conosce assolutamente la parola Dusit o zoo e non capisce dove voglio andare nemmeno aprendo la cartina e spiegandogli dove siamo adesso e dove è la destinazione. Mi sembra così incredibile che rimango allibito! Se c’è tutta questa difficoltà con un taxi, figuriamoci con un tuk-tuk tra l’altro… A questo punto un ragazzo di passaggio, che ha visto la scena del terzo taxi andare via, si avvicina e inizia a parlarmi ponendo le solite domande: dove stiamo andando, da dove veniamo e così via… Io e Ste pensiamo inizialmente sia il solito procacciatore di clienti per un tuk-tuk e rimaniamo piacevolmente e positivamente stupiti quando invece ci accorgiamo che ci sta solo e semplicemente aiutando senza niente in cambio! Ci dice che lavora nella polizia ma oggi non è in servizio, e intraprende una discussione del tipo: Turista fai da te? No Alpitour?? In pratica ci fa capire che l’unica soluzione, se non parliamo il thailandese, è quella di mostrare con un bigliettino il nome del posto dove vogliamo andare scritto nella loro lingua, in modo che chiunque lo possa capire. Gli parliamo del Dusit e lui è così gentile da scrivercelo, ferma persino un taxi e ci fa salire spiegandogli dove vogliamo andare. Ci lascia con un sorriso semplice e gentile e ci mette davvero il buon umore. Esistono anche queste persone a Bangkok dunque! Durante il tragitto metto a fuoco con Ste questa incredibile differenza del popolo thailandese col nostro. Pensiamo in Italia, se mai noi ci fermeremmo così spontaneamente ad aiutare uno straniero qualunque vedendo la normale scena di un taxi che va via come è successo a noi, o peggio ancora in Inghilterra o in Francia. Ognuno da noi si fa gli affari propri e anzi, se capita di vedere qualcuno che si avvicina che non conosci minimamente ti viene da pensare anche male. Ma, del resto, questa è la terra del sorriso no? Il tassista ci lascia all’ingresso dello zoo, dove ci sono decine di altri taxi e tuk-tuk, bancarelle e famiglie thailandesi con bambini piccoli. Noi proseguiamo un pò dritti a piedi però per vedere il parco, e troviamo l’ingresso per la residenza Vimanmek, proprio quello che cercavamo. Entriamo, paghiamo il biglietto di 70 bath e attraversiamo gli splendidi e ampi giardini. Ci sono anche delle guardie armate dentro, che ci fanno capire quanto evidentemente sia importante questo posto, dal momento che non avevamo ancora visto guardie da nessun altra parte. Il sentiero ci porta dietro la residenza, in un bellissimo scorcio con un laghetto e la parte più esterna dell’edificio. Qua si tiene, dice un cartello, uno spettacolo tipico di danza thailandese alle 14:00 e alle 14:30. Più avanti troviamo l’ingresso principale della residenza, ci si toglie le scarpe e gli zaini, si lascia tutto (compreso le macchine fotografiche) in una cassetta di sicurezza e si sale all’entrata dove si attende la guida. La visita infatti si effettua a ciclo continuo un paio di gruppi di persone alla volta. Attendiamo solo 10 minuti e iniziamo il giro per la residenza, famosa per essere l’edificio in teak più grande del mondo. E’ fatta perciò tutta in legno, e anche dentro è tutto solo ed esclusivamente in legno teak: le pareti, le scale, il soffitto e il pavimento. Risulta parecchio singolare camminarci sopra. Infatti, mi accorgo di avere un senso di oscillazione del pavimento che ha una stabilità diversa dai soliti in muratura a cui siamo abituati. La guida, in inglese, ci mostra stanza dopo stanza, ognuna caratterizzata con particolari arredi e colori. Saliamo poi fino al terzo piano e arriviamo nella caratteristica sala ottagonale che caratterizza la struttura, anche visibilmente, dall’esterno. Devo dire che me l’aspettavo grande la residenza ma non così tanto! E’ davvero enorme e singolare da vedere. La visita finisce verso le 14:00, giusto in tempo per dare un’occhiata allo spettacolo thai. Ci avviciniamo e osserviamo le danze e i costumi tradizionali per un pò. La musica è un pò lenta e sembra quasi un pò stonata, ma è senz’altro caratteristica! Continuiamo il sentiero che ci porta in un negozio di souvenir, dove diamo uno sguardo veloce per farci un’idea di quello che dovremo portare a casa come ricordo, e poi torniamo indietro al punto di partenza per andare allo zoo. Il biglietto di ingresso si fa in una piccolissima finestrella buia dove si intravede a mala pena il tizio dietro, che pare rinchiuso in una prigione, e costa 30 bath. Ci accorgiamo subito che di turisti qua non c’è né neanche l’ombra, siamo in un tipico posto dove vengono solo le famigliole thailandesi a portare i loro piccoli a divertirsi o qualche gruppo di ragazzi a passare una domenica di relax in mezzo al parco. Esattamente come dice la nostra guida. Iniziamo a passeggiare notando gli scimpanzè in grandi gabbioni, prendere con le loro braccia lunghissime e con un’incredibile somiglianza umana, le noccioline che qualche thailandese gli lancia. Proseguiamo costeggiando il laghetto dove ci sono numerosi pedalò colorati e qualche persona che prende il sole, passiamo il padiglione delle giraffe, degli elefanti, che mangiano tutto quello che gli viene lanciato, degli ippopotami, dei fenicotteri, delle tigri. Entriamo in quello al coperto dei rettili, dove ci sono tutte le tartarughe possibili e immaginabili, di cui sinceramente non conoscevo neanche l’esistenza come la tartaruga-serpente (col collo lunghissimo) o la tartaruga schiacciata come una sogliola, per finire con l’esposizione dei serpenti di ogni specie e colore. In ultimo prima di andar via ci fermiamo ad un altro padiglione con gorilla e scimpanzè, che non paiono sinceramente per niente contenti di trovarsi chiusi in gabbia. L’impressione che abbiamo riscontrato all’unanimità con Stefania è che siamo certamente lontani anni luce da una qualità di vita per gli animali come quella dello zoo di Praga, tanto per fare un esempio. Gli animali là sono decisamente trattati bene, vivono in padiglioni che almeno ricostruiscono il loro ambiente naturale, sono cicciottelli e ben curati e mostrano la maggior parte serenità e vivacità, persino giocosità verso i turisti. Qui è un altro mondo, ci sono più gabbie, gli animali sono più sporchi, mostrano molti più segni di infelicità (soprattutto guardando negli occhi le povere scimmiette, che spesso sono anche indispettite). Da questo punto di vista lo zoo ci ha messo un pò di tristezza, anche se ci ha dato un’idea più precisa della fauna asiatica. Esausti e accaldati decidiamo di tornare in hotel, mentre sta cominciando a fare buio. Ci sono molti taxi di fronte all’uscita dello zoo, e siamo circondati dai forti odori delle bancarelle che preparano e vendono i cibi più strani e tipici del posto, abbondantemente speziati. Chiediamo ad uno qualunque di portarci al Royal River, ma non capisce minimamente dove sia. Stessa situazione anche per un altro. Mi torna in mente la scena di stamattina, del ragazzo che ci suggeriva di farci scrivere i nomi in thailandese… Avremmo dovuto chiederlo alla reception dell’hotel!!! Il terzo invece ci fa salire e si avvia nel pesante traffico della solita ora di punta. Ma come la sera prima col tuk-tuk, anche questo autista sbaglia e si ferma di fronte ad un hotel che non è assolutamente il nostro! Si chiama Royal anche questo ma è in pieno centro città… Non c’è comunque bisogno di spiegare niente al tassista che vede le nostre facce perplesse e suona il clacson. Arriva un signore dell’hotel che parla bene inglese, gli diciamo del Royal River e capisce subito tutto, spiegandolo anche a lui; sicuramente non è la prima volta che succede questo tipo di disguido. Un altro pò di traffico in mezzo alla città e finalmente torniamo alla nostra stanza. Siamo troppo stanchi oggi per fare il bagno in piscina, ci riposiamo e scendiamo per la cena in ristorante. Stavolta niente buffet, scegliamo l’opzione “A la carte” alla signorina che ci accoglie e prendiamo solo quello che ci serve, ovvero una buone dose di carboidrati! Devo dire che il menu è molto completo e c’è parecchia scelta. Stefania sceglie uno squisito piatto di tagliatelle alla bolognese, non proprio uguali a quelle italiane però ben fatte al dente e gustosissime. Io invece mi butto sulla cucina locale prendendo un bel risottino condito e speziato. Le porzioni sono più che abbondanti e siamo oltremodo soddisfatti senza dover prendere altro. Il conto stasera raggiunge a mala pena i 350 bath in tutto (poco più di 8 euro!), un’altra cosa rispetto ai 950 di ieri, e abbiamo mangiato forse anche meglio! Giunge così ora di andare a dormire, visto che domani dobbiamo alzarci all’alba per la gita al Rose Garden…

21/10 – Tour: mercato galleggiante di Damnernsaduak; Chedi Nakkhon Pathom; lavorazione artigianale del Teak; Rose Garden Sveglia alle 6:00 in punto, alle prime luci dell’alba. Una preparatina veloce e scendiamo giù nella sala per la colazione. Alle 6:45, puntualissimo, arriva un autista a prenderci nella hall e ci porta, dopo mezz’ora di traffico al centro di Bangkok, all’hotel Soul Twin Towers, dove una corriera con altri turisti italiani ci aspetta per il tour al Rose Garden e mercato galleggiante. Il tour costa 1320 bath a testa (circa 31 euro) e comprende tutto, dai biglietti d’ingresso delle visite al pranzo. Appena saliti nel bus ci accorgiamo di essere solamente in dodici, tutti italiani, riuniti da diversi hotel. La nostra guida si presenta subito come un simpatico ed estroverso ragazzo thailandese, veramente abile e acuto nel districarsi con l’italiano e capace persino di ironizzare con le parole e le differenze che intercorrono tra la nostra cultura e la loro. Comincia a spiegarci diverse cose di Bangkok, esordendo con una mitica frase che ripeterà per tutto il viaggio: “In Thailandia, signori, c’è di tutto!”: accipicchia se gli dò ragione! La corriera imbocca subito l’autostrada e cominciamo ad allontanarci dal centro. Durante il tragitto mi ascolto una bella compilation di musica in Cd con il lettore portatile di Stefania, mentre noto e osservo con attenzione le abitazioni di ogni genere, le strade, i campi. E’ un mondo totalmente diverso dal nostro non c’è che dire, nello stile di vita come nelle strutture, nel mangiare come nel lavorare; è diversa la cultura come è diversa la storia di questo popolo dal nostro, è diverso il clima come è diverso il territorio dalla nostra lontana Italia.

Dopo un’ora sostiamo per la prima tappa in un campo di cocco, dove parecchie persone sono intente alla lavorazione di questo frutto, sfruttandone il latte per ricavarne una sorta di dolciume molto apprezzato dai thailandesi. A fianco poi c’è una Orchid Farm, dove vengono coltivate bellissime orchidee di varie specie, fiore comunissimo in questa terra. Torniamo in corriera e poco più avanti ci fermiamo in uno spiazzo, dove ci aspettano delle longtail, imbarcazioni tipiche thailandesi, chiamate così apposta per la lunga coda (assomigliano vagamente alle gondole veneziane). Veniamo divisi in gruppi e ogni 6 persone circa ci fanno salire velocemente a bordo nelle longtail, che navigano su questo stretto canale. La guida ci spiega che percorreremo una serie di lunghi canali per circa 20 minuti prima di arrivare al famoso mercato galleggiante. Il nostro “pilota” è una donna, ci saluta e parte a razzo appena ci sediamo, seguendo la longtail immediatamente seguente. E’ questa un’esperienza davvero divertente e curiosa da fare, tra spruzzi continui d’acqua, accelerazioni e sterzate brusche a più non posso! I canali sono stretti e rettilinei, si immettono in altri affluenti con angolazioni a 90°, sono frequentati da decine di queste imbarcazioni cariche di turisti, che sembrano scontrarsi a volte, tanto si avvicinano! A tratti è peggio che guidare nel traffico nell’ora di punta senza semafori… A tratti invece, nei rettilinei, le distanze si allugano e si può osservare con molto stupore le palafitte costruite ai lati dei canali, dove vivono sicuramente i commercianti che lavorano appunto nel mercato. Trovo difficile dire se sia una cosa positiva o negativa da valutare, certamente è indimenticabile vedere queste persone che vivono galleggiando, visto che non c’è nessuna strada di collegamento con il mondo, ma solo la loro piccola barchetta in legno per spostarsi sui canali. Le scale di ingresso portano direttamente all’acqua, per giunta notevolmente sporca, fangosa e inquinata dalla moltitudine di longtail. Persino molte abitazioni sono notevolmente sporche, immerse in detriti e rifiuti vari, non degradabili facilmente come lamiere in ferro, gomme d’auto, carrozzerie o oggetti in plastica. Presumo ovviamente che qua lo smaltimento dei rifiuti sia un servizio inesistente vista la mancanza di collegamenti e strade, e che i prodotti della civiltà moderna continuino ad accumularsi pericolosamente nelle condizioni di vita di questi villaggi. Questa gente vive una vita semplice, lavora durante il giorno con la propria imbarcazione e non ha molte pretese, ma la mia modesta opinione è che vivessero meglio prima, quando la civiltà davvero non esisteva, si usava solo il legno e i prodotti naturali e i rifiuti non rimanevano accumulati come oggi. Molti bambini seduti nelle scale o ai bordi dei canali salutano al nostro passaggio, alcuni sembrano divertiti, altri indifferenti. Ci sono anche molti cani e gatti che stanno nelle piccole terrazze delle palafitte, e non manca ogni tanto di vedere belle villette e abitazioni ben curate. In Thailandia, non bisogna dimenticare, “c’è di tutto”. Arriviamo così al mercato galleggiante di Damnernsaduak, famoso per essere “vero” e autentico, a differenza di quello al centro di Bangkok, costruito soprattutto per esigenze turistiche. Questo è quello che c’è scritto nella guida mia e di Ste, ed è quello che ci dice anche la nostra guida italiana. Ma francamente non so ormai quanta differenza faccia, poiché a me sembra che di turisti qui ce ne siano già troppi! Non si riesce quasi a camminare, si va un pò a spinte, tra una bancarella e l’altra dove si trova un pò di tutto, dai souvenirs, ai prodotti di artigianato locale, dalla seta al teak. Il mercato in effetti è costituito da un paio di canali principali e dalle viuzze a terra che li costeggiano, non è molto grande. Noi camminiamo a terra ma vediamo molti turisti che girano divertiti in barchette di legno, con gli ombrelli aperti per il sole, e si avvicinano alle barche dei mercanti contrattando di tutto, soprattutto frutta e verdura fresche. La guida ci spiega la strada dell’uscita, ci diamo un appuntamento e giriamo liberi per conto nostro. Non leghiamo molto con gli altri italiani che sembrano tutti per i fatti loro, così ci avventuriamo io e Ste da soli tra le colorate bancarelle di Damnernsaduak. Non abbiamo molta intenzione di comprare, ma non riusciamo comunque a resistere alla tentazione di portar via uno splendido album fotografico, fatto in carta di riso con la scritta “Thailand” e la testa di un elefante scolpita in teak sulla copertina: magnifico ricordo!!! Proseguiamo il giro e andiamo verso l’uscita, all’esterno del mercato, dove un bambino si avvicina a chiederci di comprare le sue cartoline. Dopo un pò di insistenza, gli prendiamo le cartoline per una ventina di bath ma sappiamo cosa ci aspetta: il piccolo rimane tutto contento e va dai suoi amichetti a vantarsi del fatto, cosicché nel giro di pochi secondi ci troviamo letteralmente circondati! Io e Ste purtroppo siamo anche due persone sensibili d’animo, e non possiamo ignorare questi bambini che vengono a chiedere, per pochi bath, quelli che per noi sono pochi centesimi di euro, di comprargli le cartoline. Tra l’altro, si mettono anche a litigare tra loro per farsi avanti per primi, comprese la bambine! La scena ci mette addosso molta tenerezza e così uno alla volta diamo qualche soldino ai bambini, riempiendo le nostre tasche di cartoline del mercato! All’ultimo diamo invece solo i soldi e gli scattiamo qualche foto, ma il poveretto non sembra per niente convinto, come se fosse rimasto perplesso del fatto che gli abbiamo dato dei soldi senza prendere le sue cartoline! Una volta allontanati dai bambini, ci spostiamo su un ponte, consigliato dalla guida per fare le foto, da dove si gode un ottima visuale dall’alto del canale principale del mercato. Qua conosciamo un venditore qualunque del posto, che tenta di venderci il balsamo di tigre, e si dimostra molto simpatico ed estroverso. Appena capito che siamo italiani, comincia a chiederci le frasi più semplici, come i saluti e i ringraziamenti, e le ripete per impararle (presumo per avvicinare altri turisti italiani, furbo no?). Ci facciamo due belle risate parlando di calciatori e inezie, gli facciamo persino una foto, finché si fa ora di tornare alla corriera per proseguire il tour.

La prossima tappa è il chedi Nakkhon Pathom, conosciuto come il monumento buddista più alto del mondo. In effetti la sua imponenza regala un bel colpo d’occhio, si erge altissimo da una enorme base a forma di campana. Arriviamo verso mezzogiorno, il sole e il caldo sono fortissimi e il nostro primo pensiero è ristorarci subito con una bella coca-cola, in uno dei tanti chioschi all’ingresso del chedi. La guida ci spiega la storia del monumento e ci lascia una mezz’ora libera per girarlo. Non si può entrare per una visita all’interno purtroppo, così ci limitiamo a fare il giro in tondo alla base, che risulta enorme. Completato il giro vediamo la nostra guida comprare qualcosa in una bancarella, che scopriamo essere, appena saliti nuovamente sul nostro bus, un sacchetto di plastica con dentro dei giganteschi scarafaggi marroni e uno scorpione nero! Chiede spiritosamente se li vogliamo assaggiare e gioca un pò con la busta, spiegando ad esempio che il liquido nero su cui è riposto lo scorpione è alcolico e sa più o meno della nostra grappa: noi siamo convinti che ci sta prendendo in giro. Ma non è così, chiama l’assistente che prende uno scarafaggio a caso e se lo mangia davvero, facendoci vedere come si fa!!! Ci spiega dunque che lì è una pratica comune trovarli e mangiarli, si comprano al mercato e sulle bancarelle, si cucinano allo spiedo e sono molto buoni… È certamente molto simpatico e convincente, ma noi non ci pensiamo proprio ad assaggiarli: magari un altra volta eh!!! Verso le 13:30 giungiamo all’ultima tappa, il Rose Garden, entrando negli splendidi giardini vivaci, colorati e ben curati. Appena scesi ci portano subito al ristorante, da “Vanda”, dove mangiamo alla grande servendoci a buffet di ogni tipo di piatto thailandese, compresi i dessert e la meravigliosa frutta (tutto compreso nel prezzo del tour ad eccezione delle bibite). Ci dividono in tre tavoli da quattro persone, noi sediamo con un altra coppia che ci racconta del loro bellissimo viaggio in Kenya. Dopo il pranzo ci spostiamo per la principale attrazione di questo posto che è lo spettacolo, il quale si tiene giornalmente, sulle tradizioni tipicamente thailandesi. Mentre passeggiamo per arrivarci facciamo qualche foto nello splendido laghetto con la fontana, ci fermiamo ad osservare gli elefanti, dove si può anche salire a fare un breve giro, ed un signore propone le foto in posa col suo simpatico pachiderma che fa anche un sonoro gesto di saluto. Ci tratteniamo anche troppo in effetti, visto che una volta arrivati al rustico “teatro” non troviamo quasi più posto a sedere! Ci dobbiamo accontentare di due posti con un fastidioso palo al centro che ostacola un pò la visuale, ma decisamente meglio che stare in piedi, anche perché la luce è poca e artificiale e per fotografare bisogna stare molto fermi. Lo show inizia con una strana musica thailandese, suonata in fondo al palco, con tipici strumenti locali e con sonorità molto particolari che all’orecchio appaiono quasi stonate! Scendono poi in primo piano danzatrici che danno il benvenuto con dolci e lenti movimenti a ritmo di musica, e segue un incontro di lotta tipico thailandese, simile al kickboxing, con tanto di ring, combattenti e allenatori. Il tutto ovviamente è ai fini turistici, sicché non c’è da stupirsi dell’ironia di certe scene veramente esilaranti! Segue ancora un altro incontro di disciplina diversa, stavolta con spada, anch’esso visto in chiave molto ironica, e lo spettacolo qui al chiuso chiude con un altra danza, impostata sul gioco di canne di bambù e sul saltarci in mezzo mentre due persone le allargano e le chiudono facendole sbattere a ritmo della musica. Ci si sposta adesso fuori, attorno ad un piccolo laghetto artificiale dove inizia un altro divertente show, quello degli elefanti al lavoro. Vengono introdotti diversi pachidermi, accuratamente addestrati, ai quali dopo un introduzione giocherellona e una spruzzatina d’acqua agli spettatori accaldati, vengono fatti trasportare tronchi di albero via terra, per essere sistemati poi uno sopra l’altro. Tutto ciò richiede l’utilizzo di almeno 3 o 4 elefanti, che mostrano la loro possente forza nello svolgere lavori di questo tipo. C’è da considerare che una volta il loro principale utilizzo era questo, ma con l’avvento della tecnologia sono stati soppiantati dalle macchine e non più considerati, rischiando di essere abbandonati. I thailandesi si sono però presto accorti, con il boom turistico, che questi splendidi e intelligentissimi animali hanno una grossa potenzialità di attrazione e rientro economico, per cui oggi vengono allevati e addestrati a dovere. Non saprei dire se e quanto ciò arrivi allo sfruttamento, e non mi sento di valutare se e quanto questa cosa sia positiva, visto che l’altra sera abbiamo guardato un orribile documentario del National Geographic, durante la cena in ristorante, dove si assisteva alla pesante denuncia, con scene molto crude e veramente penose, di elefanti catturati, anche piccoli cuccioli, legati e umiliati da interi villaggi dell’interno (compresi i bambini che facevano la loro parte). L’audio purtroppo era basso, ovviamente tutto in inglese, e certamente durante una cena in ristorante non è semplice seguire una trasmissione televisiva di questo tipo, ma devo dire che quel poco che ho visto mi ha veramente turbato. Qui al Rose Garden gli animali sembrano in buone condizioni e tranquilli, ma la mia impressione a pelle è che non scoppino di gioia. Per lo meno sono comunque protetti e con le zanne, considerando che nella nostra guida è raccomandato, tra l’altro, di stare attenti a non comprare mai oggetti in avorio dalle bancarelle per non incentivare la triste e orrenda pratica del taglio delle zanne, e certamente me ne guarderò bene dopo aver visto anche le scene terribili di quel documentario! (che comunque era rivolto alla cattura dei cuccioli per l’addestramento e non al taglio delle zanne).

Terminato lo spettacolo, rimane solo il tempo per un doveroso sguardo ai souvenirs di ogni genere, dopodiché risaliamo sulla corriera e torniamo a Bangkok. Come stamattina, il punto di arrivo è il Soul Twin Towers, e per rientrare al nostro hotel veniamo accompagnati dallo stesso autista in mezzo al pesante traffico delle 17:00. Vista la stanchezza, decidiamo di provare una bella seduta di massaggi thailandesi nell’apposita sala del nostro hotel al 2° piano. Purtroppo, alle 19:00, c’è solamente una massaggiatrice disponibile, e così opto per far andare solo Stefania visto che lei è molto patita per i massaggi, mentre io sono un pò riluttante su questa pratica che non ho mai provato. Torno in stanza a sistemarmi cartoline e depliant di ogni genere e trovo anche un messaggio recapitato dal ricevimento che conferma la gita di domani per Ayuttahya. Quando torna Stefania, mi racconta la sua soddisfazione con un pò di stupore, poiché dice che in alcuni punti il massaggio non è poi così rilassante come pensavamo e persino un pò doloroso: ti smontano da capo a piede! Se prima ero poco convinto adesso lo sono ancora meno, però questa esperienza non si può non provare qui in Thailandia, alla prossima ci sarò anche io! Scendiamo dunque a cenare e stavolta i succulenti spaghetti alla bolognese toccano a me! Basta cucina Thai per oggi, il pranzo era più che sufficiente… Il conto è anche stasera ridicolo, appena 450 bath (10 euro), e abbiamo la pancia che scoppia! Passeggiamo un pò come di consueto nel terrazzo dell’hotel che dà sul fiume, e poi andiamo a riposare, pronti per affrontare un altra lunga gita. 22/10 – Tour: visita alla residenza del re a Bang-Pa In; visita delle rovine di Ayutthaya; rientro a Bangkok in battello Sveglia alle 6:00 come il giorno prima, colazione veloce e attesa alla hall dove, alle 6.45, passa un autista per portarci al Central Plaza, punto di partenza della corriera per il tour volto alla visita di Ayutthaya, la vecchia capitale Thailandese. Questo tour è il più caro di tutti qui a Bangkok, costa ben 1600 bath a testa (38 euro), ma non è poi così tanto se si considera che comprende tutto, pranzo, visite e rientro a Bangkok in battello navigando sul fiume Chao Praya. Anche oggi sulla corriera siamo ben pochi, tutti italiani, e la nostra guida italiana è un ragazzo di nome “Pat”. Non è chiaccherone come quello di ieri, ma ugualmente simpatico e bravo. La nostra prima tappa è dopo circa un’ora a Bang Pa-In, la residenza estiva del re. Entriamo passeggiando per un bel pezzo negli splendidi ampi prati e giardini fioriti, notando bellissime costruzioni, attraversando ponticelli e soffermandoci a visitare all’interno un magnifico esempio di architettura cinese donata dall’imperatore cinese al re thailandese. La giornata è bella ma il caldo del sole diretto oggi sembra ancora più pesante degli altri giorni, specialmente camminando e stando in movimento. La visita dura in tutto un’ora, ma prima di andar via diamo uno sguardo all’immancabile shop di souvenir di ogni genere, dove compriamo alcune cartoline.

Proseguiamo il tragitto in bus verso Nord, mentre Pat ci illustra un pò lo svolgersi della vita nella campagna che appare enormemente diversa dalla nostra. Nell’ultimo tratto attraversiamo campi di risaie uno dietro l’altro, alcuni parecchio allagati ancora dal periodo delle piogge (che finisce adesso a ottobre). Di molte palafitte si intravede solo il tetto, è un paesaggio tipico da post-alluvione, anche la strada è parecchio dissestata in questo punto però percorribile. Ci viene spiegato che comunque non è niente di anomalo anzi, tutt’altro. I thailandesi sono abituati e sanno benissimo che gli allagamenti arrivano sempre, si tratta solo di vedere quanto durano. Quest’anno cominciano a durare un pò troppo e i danni si fanno sentire, soprattutto per la frutta, verdura, e il riso perso. Le abitazioni qua intorno sono solo su palafitte, ed è così strano e particolare vedere alcuni centri agglomerati e gruppi di case che galleggiano nell’acqua o a volte, il che forse è peggio, quando l’acqua scende di livello, vengono circondate da fango e melma. Il livello del Chao Praya è alto, e Pat ci dice che avremo meno tempo per visitare Ayutthaya perché dovremo tornare indietro col bus a prendere il battello oltre uno specifico ponte, dove non riesce a passare.

Giunti così ad Ayutthaya, vecchia capitale del regno Thailandese, cominciamo la nostra passeggiata per il parco storico tra rovine di vecchi templi, mura, monumenti di ogni genere. Lo splendore è certo ben lontano da quello di Bangkok, dove tutto è tenuto perfettamente curato, ma del resto queste sono appunto rovine e dalla loro imponenza non è difficile immaginare che, al tempo in cui era capitale, Ayutthaya doveva essere una città meravigliosa. La sua storia è assolutamente affascinante, e nonostante a primo impatto l’architettura assomigli molto a quella dei templi di Bangkok, le differenze sono sensibili, dovute soprattutto, come ci spiega Pat, al passaggio del periodo storico, per l’influenza della guerra con i Birmani sulle condizioni di vita e sul loro rapporto dei cittadini nei confronti del re. Il parco è ampio e facciamo delle tappe mirate solo in determinati punti. La vegetazione è ovunque, molto verde, si arrampica persino tra una pietra e l’altra conquistando i templi e rendendo il tutto ancora più suggestivo. Passiamo per il Budda sdraiato, una copia simile a quella del Wat Pho ma più piccola e decadente. Ci spostiamo poi in un tempio ben decorato e splendente, dove all’interno è spiegata la storia della ricostruzione sua e della possente statua dell’ingresso, grazie alle donazioni dei Birmani che, in tempi diversi, dopo aver conquistato e distrutto questa città, si sono preoccupati di dare anche un contributo per rimetterla in sesto. Ma le donazioni continuano a tutt’oggi anche da parte dei turisti, ed è singolare vedere l’usanza del posto di attaccare i soldi di carta uno ad uno a filari lunghissimi, creando un vero e proprio albero monetario che vale un bel gruzzolo! Non c’è nessuna protezione tra l’altro, sono liberi e alla portata di tutti, un ladro furbetto ci metterebbe un attimo a sgraffignare qualche bigliettone, ma qua non siamo mica in Italia. Pat ci spiega che nessuno si azzarderebbe a toccare quei soldi, perché rubare dei soldi donati per un tempio di budda è tra i peggiori atti disonorevoli che una persona potrebbe fare, e la reincarnazione ad una vita d’inferno sarebbe garantita. Il credo della reincarnazione, non bisogna dimenticarlo, è molto forte nella cultura buddista e influenza notevolmente il loro modo di vivere. Ci spostiamo come ultima tappa di Ayutthaya in un altro tempio molto importante, dove delle imponenti scalinate conducono all’interno e ad un terrazzo con una bella vista panoramica sul parco storico.

Prima di tornare sulla corriera, Pat si ferma a comprare in una bancarella una noce di cocco fresca e si fa fare un prezzo speciale anche per noi: solo 10 bath (poco più di 20 centesimi di euro)! Ci soffermiamo qualche minuto a constatare la differenza nell’uso di questo frutto tra noi italiani e loro thailandesi. Qua la noce di cocco si beve quando è ancora verde ed è molto meno polposa di come siamo abituati a vederla noi, cioè quando è vecchia e matura e diventa di colore marrone. L’usanza è di tagliarne con una specie di accetta il capo e infilarci una cannuccia dentro per bere il trasparente e gustoso latte di cocco. Devo dire che io ho trovato il sapore parecchio diverso da quello della noce matura, con un retrogusto un pò amarognolo, e non mi ha entusiasmato molto, mentre Stefania ha apprezzato e si è persino mangiata un pò di polpa molle dell’interno. Portiamo la nostra bella noce di cocco sul bus e dopo breve tempo arriviamo al punto dove sosta il nostro battello, proprio vicino al famigerato ponte che in effetti, con l’acqua alta del fiume, risulta troppo basso per la nostra imbarcazione. Quest’ultima è molto bella, ben tenuta e lussuosa all’interno. Il personale e dei gentili camerieri ci aspettano per il pranzo, e ci fanno accomodare in un tavolo tutto per me e Ste. Dopo una bella rinfrescata e la gioia di stare al fresco con l’aria condizionata, ci diamo dentro con il buffet, oggi veramente succulento già dall’aspetto. Le bevande, come ieri, sono da pagarsi a parte, ma per il resto si può abbondare come e dove si vuole. La cucina ovviamente è tipicamente thailandese: risotto, pollo, pesce e verdura pesantemente speziati non mancano mai. La frutta è come sempre assolutamente squisita e succosissima e persino i dolcetti e le fette di torta sono divini! Questo è sicuramente il pranzo più bello e buono che ho assaporato fino ad adesso, oltre il fatto di essere così particolare e raffinato per essere su questa splendida imbarcazione. Terminato il pranzo iniziamo la navigazione sul Chao Praya verso Bangkok. Usciamo fuori con uno sbalzo enorme di temperatura e ci sediamo su tavoli e sedie a prua, godendo della suggestiva vista del fiume. Il caldo è davvero afoso e qualche turista si appresta persino a prendere la tintarella! Sulle rive opposte del fiume si vede un pò di tutto: palafitte, palazzi, templi, baracche; nel fiume invece navigano alcuni battelli, qualche enorme chiatta che trasporta merci, e piccole veloci barche con una o due persone massimo che ci salutano sfrecciando a tutta velocità. Sembra di essere in un film. La corrente trascina poi detriti di ogni genere, soprattutto rami di piante e tronchi che vengono trascinati via dalla fitta vegetazione che arriva fino all’acqua. Il tutto è molto rilassante e interessante, fino a che pesanti nuvole nere cominciano a oscurare il cielo in lontananza. Nel giro di una ventina di minuti comincia a piovere e ci spostiamo sul retro della barca che è al coperto. Arrivati a Bangkok si scatena il diluvio universale, è buio pesto, le nuvole sono nere come la pece e la pioggia, fittissima e molto violenta, ci bagna nonostante il tettuccio, così siamo costretti a rientrare dentro. In questo caso l’aria condizionata è fuori luogo e fa parecchio freschetto anche con la giacca, ma almeno non ci inzuppiamo! In effetti è il primo giorno in cui piove seriamente, eravamo stupiti nei precedenti di non aver visto quasi niente pioggia, quando tutti ci avevano detto che qua piove moltissimo! I camerieri ci offrono un bel tè caldo a cui non si può davvero rifiutare, lo beviamo e nel frattempo scorgiamo dai finestrini il Wat Arun, bellissimo tempio, uno dei simboli di Bangkok che purtroppo non abbiamo fatto in tempo a visitare. Usciamo fuori anche se piove moltissimo, poiché il tempio è davvero da vedere e risulta anche parecchio suggestivo visto qua dal fiume. Riusciamo a fare qualche foto in condizioni quasi impossibili e rientriamo dentro, fino allo sbarco al molo di River City. Siamo in pieno centro città, la parte moderna di Bangkok con grattaceli e centri commerciali a volontà.

Aspettiamo la corriera riparati dalla pioggia, che arriva un pò in ritardo per via del traffico, e che ci riporta al Central Plaza. Gli altri italiani del tour hanno l’hotel qui vicino ma noi dobbiamo aspettare la nostra macchina per riportarci al Royal River. Rimaniamo così con Pat, che ci fa compagnia seduti nella lussureggiante e magnifica hall di questo hotel. Chiama l’autista col telefonino e ci dice che è rimasto intrappolato in mezzo al traffico poiché, quando piove molto come oggi, Bangkok si allaga sempre e la viabilità si ferma del tutto. Aspettiamo così parecchio, più di un’ora, mentre ne approfittiamo per fare una bella chiaccherata con Pat sugli usi e tradizioni della Thailandia. Scopriamo che è uno studente, e che si guadagna da vivere facendo per l’appunto la guida turistica. Chi studia ha la possibilità di andare avanti più facilmente e guadagnare di più, permettendosi anche di viaggiare al di fuori del proprio paese (lui è stato in Italia due volte). Ci chiede come è la Sardegna e se costa molto, e noi gli parliamo un pò anche della nostra terra, del mare, del fatto che certamente non è molto economica in generale, ma dipende anche dalla località che si sceglie e dall’alloggio. Gli lascio persino il mio bigliettino da visita con il mio sito, così se vuole avere un’idea più precisa viene a guardare le foto. Telefona nuovamente all’autista per sapere se è ancora molto distante, lui risponde di no ma è comunque incastrato in un ingorgo mostruoso. A questo punto ne approfitto per togliermi una curiosità sul traffico che mi ha colpito fin dal primo giorno che siamo arrivati. All’inizio pensavo fosse una casualità vedere tutti questi bei macchinoni grandi e spaziosi, ma in quattro giorni che sono qua non posso credere di non aver visto una sola utilitaria di classe media o piccola, come le nostre Fiat Punto o 600, come una Ford Fiesta o una Golf tanto per dare un’idea. Qui non esistono, e Pat ci spiega il perché: non ci sono nel mercato, tutto qui. Il mercato offre quelle macchine e loro comprano quelle. La ragione è che le macchine estere importate costano un occhio della testa per loro, dalle tre alle cinque volte di più di rispetto ad una macchina costruita nel loro paese, dove si sono specializzati nel fabbricare bei macchinoni con una buona carrozzeria, ma comunque con una meccanica di livello un pò inferiore alle nostre. Bisogna considerare, tra l’altro, che mentre per noi qua è normale avere più di una macchina in ogni famiglia, per non dire quasi una a testa, a Bangkok c’è una macchina soltanto per famiglia, e ci si arrangia. Ovviamente presumo che queste considerazioni di Pat si riferiscano ad una media della popolazione della capitale, probabilmente del suo ceto, non ho dubbi nel pensare che ci siano famiglie veramente ricche che hanno ben altro di una macchina e molte famiglie al contrario che non possono permettersene neanche una. Finalmente arriva dunque il nostro autista e possiamo salire per tornare al nostro hotel, ma ci aspetta ancora ben 1 ora di traffico in mezzo alla caotica Bangkok post-allagata. Fuori l’aria è più grigia che mai, si vedono addirittura nuvole nere di foschia in lontananza, come se la pioggia avesse sollevato e rimosso lo smog dall’asfalto. Una volta tornati in camera, esausti, mi affaccio con stupore alla finestra: la nuvola nera di smog esiste realmente, e ricopre tutta la zona centrale dei grattaceli in maniera a dir poco inquietante!! Scatto un paio di foto per documentare questo assurdo inquinamento, a cui sinceramente non trovo riscontro in nessuna delle città europee che ho visitato, nemmeno Londra che penso sia una delle messe peggio. Se lì avevo impiegato quattro giorni, prima di soffiarmi il naso e buttare fuori cenere nera, considerato che scendevo di continuo nel metro sottoterra, qui a Bangkok mi sono bastati due giorni e per giunta all’aria aperta. Un paio d’ore per sistemarci e scendiamo per la consueta cena nel nostro bel ristorante, ultimo pasto qui a Bangkok. Domani si parte infatti per Krabi, a Sud! 23/10 – Aeroporto di Bangkok Ci alziamo con tutta calma, finalmente dopo due giorni di gite con sveglia all’alba! Iniziamo la mattinata con una lauta e tranquilla colazione e poi andiamo alla reception a fare il check-out e ritirare i passaporti e i biglietti alla safety-box. Abbiamo un taxi per il transfer all’aeroporto, prenotato dall’hotel stesso ad un prezzo di 500 bath (il primo giorno avevamo pagato ben 1200 bath prenotandolo dal CTS, però c’è da considerare che in più avevamo il ragazzo che ci ha fatto da guida e ci ha spiegato informazioni importantissime su come muoverci). Il nostro volo è il TG 259 delle 16:30 per Krabi, con la compagnia aerea della Thai, ma dobbiamo partire dall’hotel almeno alle 14:00, così ci fanno la cortesia alla reception di poter rimanere in stanza fino a quell’ora, senza doverla lasciare alle solite 12:00 in punto. Saliamo quindi a sistemarci le valigie: il soggiorno qui a Bangkok è finito, due giorni in città e due giorni di tour sono più che sufficienti per aprirsi le porte al mondo thailandese. Adesso non vediamo l’ora di trasferirci al Sud, nella tranquillità dei mari e dei paradisi tropicali, nella perla di Krabi, sperando che sia davvero come l’abbiamo vista nelle foto in Internet e nella rivista Travel in un fantastico articolo di febbraio 2002. Alle 14:00 puntuali lasciamo l’hotel e prendiamo il taxi che ci porta, in poco più di mezz’ora, stranamente senza ingorghi e con poco traffico, all’aeroporto. Con tutta calma ci facciamo un giro, compriamo i tramezzini che saranno il nostro pranzo, passiamo al check-in e ci sediamo ad aspettare. Ho anche il tempo di fare un salto ad un Internet Point dentro la sala d’attesa per navigare una ventina di minuti. Alle 16:15 inizia l’imbarco, ci sediamo ai nostri posti e decolliamo con una decina di minuti di ritardo. Il viaggio continua su: In Thailandia – parte II – Krabi oppure sul mio sito con tutte le foto www.Ivanweb.Net



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