Djanet, Alidemma, Inezzane

Itinerario: Djanet – Alidemma- Inezzanne (Tadrart) Gruppo: i turisti - Paola, Fabio, Luigina, Sergio, Emanuela i tuareg - Diaba, la Grand Guide, Sidi, Kalya, Omar Domenica Sergio ha comprato subito un vestito tuareg celeste (camicia lunga e pantaloni di cotone) al mercato di Djanet, completo di cheche giallo/verde fosforescente e infilato...
Scritto da: Paola Paolinelli
Partenza il: 09/04/2005
Ritorno il: 19/04/2005
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 1000 €
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Itinerario: Djanet – Alidemma- Inezzanne (Tadrart) Gruppo: i turisti – Paola, Fabio, Luigina, Sergio, Emanuela i tuareg – Diaba, la Grand Guide, Sidi, Kalya, Omar Domenica Sergio ha comprato subito un vestito tuareg celeste (camicia lunga e pantaloni di cotone) al mercato di Djanet, completo di cheche giallo/verde fosforescente e infilato ciabatte di plastica (acquistate alla Coop il giorno prima di partire). I suoi jeans, scarpe da tennis e cappellino da mare erano assolutamente inadatti al contesto e ai 32 gradi di qui. Durante l’incontro ad Ancona, prima del viaggio, a domanda precisa “come ci si veste?” avevo detto di portare pantaloni di cotone leggero, larghi e comodi, perché nel deserto si sta spesso allongé -versione italianizzata dal francese che, tra noi, significa “distesi”. Non a caso, il pantalone tipico tuareg (di colore nero, con in fondo un ricamo giallo) è tenuto in vita con un laccio e il cavallo è all’altezza delle ginocchia. Anche Emanuela ha comprato un abito tipico, blu, molto bello che le sta d’incanto e cheche rosso. Fabio: cheche verde oliva; Paola: cheche blu; Luigina: cheche lilla chiaro.

Abbiamo dormito ad Alidemma, nel sacco a pelo, sotto le stelle.

Lunedì La passeggiata magnifica ha aperto questa mattina – abbiamo camminato a lungo, sedendoci per una pausa all’ombra; ovunque è possibile ammirare il panorama- dolce e vastissimo. A piccoli gruppi o in solitaria (massima libertà d’azione è l’unica regola che seguiamo) abbiamo attraversato un ampio wadi per arrivare alla nostra meta: una grotta con pitture rupestri, perché il Sahara algerino è un immenso parco archeologico all’aperto. Qui Luigina e Fabio (impossibile stabilire chi dei due l’abbia vista per primo) hanno scoperto una figura che si nascondeva in una piega della roccia e che nessuno aveva visto prima. Da oggi in poi quella è la pittura di Luigina.

C’è sempre una trattazione sulle pitture o i graffiti: cosa rappresentano, a che periodo appartengono…Figure danzanti, cammelli, giraffe, mucche, scene di caccia, situazioni di vita quotidiane od eccezionali, che risalgono – quelle più antiche- a quando c’erano corsi d’acqua in questi luoghi. Da lassù abbiamo ripercorso con lo sguardo la strada fatta e ci siamo riposati.

E poi foto, per avere un ricordo delle pitture e di noi lì.

Stanotte abbiamo dormito contro la ruota del fuoristrada, proprio come i tuareg.

Martedì La Grand Guide ha detto che il muflone era un dono di Dio… lasciava supporre che si poteva ucciderlo? L’incontro con il muflone in mezzo ad un ampio wadi (ciò che è stato per lui una sfiga) ha entusiasmato i partecipanti, soprattutto gli uomini: i turisti si sono limitati a fare un reportage dell’evento eccezionale (che, in quanto tale, indica un buon auspicio per il nostro viaggio), mentre per i tuareg è venuto naturale ingaggiare una specie di corrida a bordo della toyota. Dopo molti zig zag, il poveretto era senza più molte forze, quasi sfinito dalla corsa intelligente e serrata iniziata da Djaba. Io me lo sono trovato ad un metro dalla portiera e quando Sidi ha chiesto “che facciamo? Lo uccidiamo?” abbiamo urlato NO tutte e tre.

Naturalmente, l’avventura mattutina con il muflone è stata ripresa più volte durante il giorno e, come è ovvio, consacrata intorno al fuoco durante la cena. Non è chiaro, a tutt’oggi, se davvero lo avrebbero ucciso e, soprattutto, se sarebbero stati capaci di farlo. Ad una mia domanda precisa non ho ricevuto risposte soddisfacenti sul piano tecnico. E’ così, si fa per parlare…

Mercoledì Sappiamo che non dobbiamo sprecare l’acqua e dopo appena pochi giorni siamo già diventati abilissimi ad utilizzarla al meglio: da non crederci, ma siamo già in grado di provvedere alla nostra igiene personale con meno di 1 litro al giorno. Ma certo è che la doccia solare, che viene appesa ad un fianco della macchina durante le soste per il pranzo, sta lì a tentarci. Oggi, ho chiesto a Djaba se (noi donne) potevamo lavarci i capelli: e poiché “le femmes sont chérès mais nécessaries” ha detto di sì…È stato molto piacevole e ci ha ridato parecchia energia (fa caldo).

Giovedì La sosta pranzo è così: il menu prevede o un vassoio pieno di verdure (crude e cotte) con uova sode o insalata di riso, e poi tonno, sardine, maionese/senape. Pane. Tè. C’è chi legge (E), chi dorme (S), chi scrive (L), chi disegna in un taccuino le pitture e i graffiti (F), chi non fa niente di niente (io). Il fuoco viene acceso e preparato il tè. I tuareg giocano ad una specie di dama o tris: la scacchiera è ricavata da piccoli buchi nella sabbia, mentre le pedine sono fatte di sassi e di cacca di cammello. La cosa interessante è che il gioco è collettivo; anche se gli sfidanti sono due, in realtà tutti gli altri stanno intorno a guardare, commentare, dare consigli. Ho visto anche uno intromettersi e spostare la pedina al posto di uno dei giocatori. E’ così che poi nascono discussioni lì per lì, ma se il caso è particolarmente spinoso allora l’argomento viene ripreso la sera intorno al fuoco.

Kalia ci prepara sempre cose buone d a mangiare: tagella, ciorbe, cous cous. Sa fare anche la pasta. La sua professionalità è visibile ed indiscussa. E’ venuto naturale mangiare seduti a terra, sul tappeto..Alla tuareg, insomma. Invece per la prima colazione ci sediamo sulle sedie e ci mettiamo a tavola…Tè, caffè, orzo e latte; pane caldo, biscotti, burro, marmellata algerina buonissima, nutella.

Venerdì La caratteristica principale del deserto è che per quanto le condizioni ti possano sembrare ostili trovi sempre un riparo. C’è e basta cercarlo. Un posto all’ombra sotto il sole infuocato e il caldo bollente di questi giorni di metà aprile. E’ anche una roccia possente che può ripararti dal vento che entra dentro gli occhi. Può capitare di incrociare un muflone, ed anche per lui c’è modo di scappare via (da noi) e, allo stesso tempo, di donarci buona fortuna. Stasera, prima di cena, Luigina ha avuto la sua lezione per imparare a fare il tè: c’è un minuzioso reportage fotografico a testimonianza. Maestro d’eccezione Omar, autista della baché (il furgoncino con i viveri e la cucina) e anche addetto al tè serale. E’ stato osservato il rituale puntualmente, ma alla fine Luigina era sfinita. Abbiamo convenuto che è meglio berlo… Sabato La bellezza del deserto algerino è oltre ogni immaginazione. E’ per questo che a parlarne e a scriverne si fa fatica.

Il paesaggio è molto variegato, perché ci sono tratti dove si avanza –lentamente- sopra milioni e milioni di pietre nere; sembra di stare sulla luna, o così io mi immagino che l’ambiente sia lassù. Quindi è come essere in un altro pianeta, solo che non è un’invenzione, ma una realtà. Poi esci in un wadi ampio, trovi qualche acacia fiorita e i cespugli di erba sono di un verde intenso e fresco. E’ qui che si possono fare incontri interessanti, come cammelli, cammelle incinte e bimbi di cammello, e le gazzelle.

La configurazione di deserto che preferisco è quella con le rocce erose dal vento e la sabbia che tenta di insinuarsi negli interstizi, forma delle colline delicate e scompare con una mossa morbida alla tua vista. Qui è molto piacevole passeggiare accompagnati dalla macchina fotografica, perché puoi trovare scorci originali e personali da fissare sulla pellicola. E poi puoi trovare un posto solo per te, in cui fermarti e respirare il bello che ti circonda.

Ma quando arrivano le dune? Le dune arrivano e la loro bellezza quasi ti ipnotizza; ti avvolge il movimento leggero delle loro forme, quasi come onde del mare, ma la differenza è che ti ci puoi rotolare, correrci sopra, passeggiare. Doverle attraversare con il fuoristrada non è facile, occorre essere davvero bravi, studiare bene il tratto e poi lanciarsi giù, veloci e decisi. Fa parte del gioco avere qualche brivido di paura.

Domenica Un vento forte, ma caldo, ci ha sorpresi dopo pranzo. Alle Zeribe abbiamo fatto la doccia, rimesso a posto i nostri bagagli. Poi lo shopping ed una orangina allo Scanner (sosta da non perdere assolutamente), bar che si chiama così perché è in pieno centro e se ti siedì puoi vedere tutto il passeggio di Djanet…Nulla sfugge alla vista acutissima dei tuareg.

Cena sulle dune in un luogo trés jolie fuori Djanet e poi una sorpresa: barbecue e musicisti con liuto, violino, percussioni, taniche della benzina… Abbiamo anche ballato, mentre il ritmo diventava sempre più incalzante. E così sono arrivate le 2 di notte. La sveglia era alle 4,30. Fabio ed io siamo stati qui altre due volte, mai andando negli stessi posti. Prima dell’Algeria, eravamo stati in Libia. Sempre con Djaba. Conosciamo anche l’Egitto. Lui ha anche viaggiato in Tunisia e in Giordania. Djaba ci considera dei sahariani per questo, noi pensiamo che lui sia il migliore quanto a organizzazione e sensibilità. Quando conosci la perfezione, puoi cercare di meglio? Spedito cartoline.



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