Semana santa in Yucatan e Holbox

Protagonisti del viaggio: Giusy e Alberto. Siamo partiti il 18 marzo da Milano con un volo Blue Panorama, destinazione Cancun. Per pura pigrizia e anche per andar sul sicuro, dato il periodo d’alta stagione, abbiamo acquistato un pacchetto che prevedeva volo + una settimana in albergo a Playa del Carmen e una settimana di soggiorno libero...
Scritto da: Seshat
semana santa in yucatan e holbox
Partenza il: 18/03/2005
Ritorno il: 02/04/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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Protagonisti del viaggio: Giusy e Alberto. Siamo partiti il 18 marzo da Milano con un volo Blue Panorama, destinazione Cancun. Per pura pigrizia e anche per andar sul sicuro, dato il periodo d’alta stagione, abbiamo acquistato un pacchetto che prevedeva volo + una settimana in albergo a Playa del Carmen e una settimana di soggiorno libero (trascorsa a Isla Holbox). Giunti in Messico nel fatidico venerdì che precede la Domenica delle palme (periodo in cui inizia la Semana Santa, l’equivalente per i Messicani della settimana di Ferragosto) nell’aeroporto di Cancun abbiamo trovato una folla incredibile: un mare di gente che girava come un serpentone lungo tutta l’area degli arrivi per poter passare attraverso l’ufficio immigrazione. Noi ci abbiamo messo due ore. Infine, l’efficientissima corrispondente della Condor (Alessandra) ci ha raccattati e velocemente condotti al nostro albergo a Playa del Carmen: Las Golodrinas. Ne avevamo già letto in termini favorevoli qui, sul sito di Turisti per caso e la scelta si è rivelata azzeccata: grazioso e pulito, personale gentile (c’è anche una ragazza italiana, Roberta), lontano dal caos della Quinta avenida, raggiungibile però in dieci minuti, ha accanto un negozio di alimentari italiano (ottimi panini al prosciutto) e una “casa de cambio” molto favorevole (apriamo una parentesi, non cambiate in dollari in Italia da ricambiare in pesos, portatevi gli euro; conviene), la fermata del bus ADO per Cancun si trova una cinquantina di metri più avanti e infine, la spiaggia è a un tiro di schioppo. Altro innegabile vantaggio è la vicinanza con un supermarket in cui poter acquistare acqua minerale; l’acqua che si trova normalmente in commercio è “agua purificada” cioè priva di qualsiasi sale minerale… in pratica acqua del ferro da stiro (come ebbe a definirla Alessandra). E’ necessario compensare bevendo molti succhi di frutta, come fanno i messicani, bevande arricchite di sali minerali (tipo Gatorade, Energade, ecc.), oppure dell’acqua minerale, appunto. I nostri giorni a Playa li abbiamo divisi così: tre di assoluto riposo sulla spiaggia caraibica e tre in giro per visite. Non spendiamo molte parole per i primi tre, se non: mare da cartolina, palme, sole bello tosto, musica, cerveza. Delle tre escursioni, due (Chichen Itza e Rio Lagartos + Ek Balam) le abbiamo fatte con l’agenzia, per comodità, pur non amando i viaggi organizzati; ne siamo rimasti soddisfatti, in entrambi i casi abbiamo trovato delle guide molto in gamba. La terza escursione – le città maya di Tulum e Coba – è perfettamente gestibile da soli: basta prendere il taxi collettivo (partenza tra calle 2 e avenida 20) che con 30 pesos vi porta fino Tulum pueblo in meno di un’ora; da lì si contratta con un tassista il trasporto fino a Coba, distante una cinquantina di chilometri (a/r e sosta di attesa mentre visitate, sui 20 dollari in bassa stagione, il doppio in alta). Noi abbiamo dimezzato la spesa condividendo il taxi con una simpaticissima coppia di Modena, Cinzia e Roberto, conosciuta a Playa del Carmen. Con loro ci siamo divertiti a girare Coba in mountain bike. E’ un sito che merita indubbiamente una visita: immerso nella selva, è affascinante e misterioso, inoltre il panorama dalla cima della piramide principale toglie il fiato. Al ritorno ci siamo fatti lasciare dal tassista presso il sito archeologico di Tulum. Dopo la visita alle spettacolari rovine sul mare siamo andati a cercarci una fettina di paradiso: a circa un chilometro a sud del sito iniziano delle spiagge fantastiche, bordate da palme inframmezzate dalle famose cabanas, romantiche ma un po’ troppo spartane per i nostri gusti. Per tornare a Playa non c’è che da raggiungere la solita statale 307, posizionarsi alla fermata del bus e saltare sul primo taxi collettivo che si ferma.

Parentesi del ghiottone: i ristoranti. A Playa mangiare bene spendendo poco si può e si deve! Regola numero uno: alla larga dalla Quinta Avenida (con un’eccezione..). Noi abbiamo cenato: El Fogon: cucina messicana, frequentato da messicani, locale semplicissimo e dal sapore autentico, ci e’ piaciuto molto, oltre tutto si spende pochissimo. Su Av. 30, all’altezza di calle 26.

Tango taco: cucina argentino-messicana, gestione italiana, locale molto grazioso. Calle 10 Norte tra Av. 10 e Av. 15.

El trapiche: cucina messicana tradizionale; indirizzo per ghiottoni, i piatti sono curati e ben presentati, è buona cosa farsi consigliare dai gestori…Italiani naturalmente! Chi non soffre di claustrofobia può cenare nella cueva, ovvero nella caverna: atmosfera suggestiva e romantica. E’ la nostra eccezione sulla Quinta: all’angolo con la calle 28.

El asador: cucina argentina. Luogo per veri carnivori: mai mangiata una carne così. Si trova sull’Avenida 10 all’altezza di calle 28, vicino all’ambulatorio con la camera iperbarica.

La rucola: cucina italiana per italiani in astinenza da pasta di mammà. Scherzi a parte, si mangia bene e l’ambiente è proprio rilassante. Ci si trova la comunità italiana di Playa del Carmen. Sulla calle 26, provenendo dalla Quinta, lo si vede sulla destra, sotto i portici dell’Hotel Cocorio.

Un ultimo consiglio spassionato su Playa del Carmen: bisogna girarla, non limitarsi a fare albergo – spiaggia – bar della Quinta. E’ certamente una città turistica ma se ci si allontana un po’ dal centro si riesce ad avere la percezione di essere in Messico. Ci sono certe officine meccaniche che da sole meritano il viaggio… è come fare un salto nel tempo. La seconda parte del nostro soggiorno in Yucatan ha avuto come sfondo l’isola di Holbox, nel Golfo del Messico. Volevamo un luogo che non fosse prettamente turistico, un posto tranquillo, una piccola isola sperduta, e l’abbiamo trovata. Dalla stazione degli autobus di Cancun partono tre bus al giorno diretti a Chiquilà; noi abbiamo preso quello della Mayab, delle 12.40 (65 pesos il biglietto di sola andata). Si sa quando si parte, ma non si sa quando si arriva: essendo un bus di seconda classe, si ferma ogni qual volta un passeggero esprima l’intenzione di scendere o salire (basta mettersi al lato della strada e alzare un braccio). Si è fermato tre volte per far salire un venditore di libri e due ragazzini che vendevano frutta già tagliata (e cosparsa a richiesta di chile!). Altre due soste nei villaggi perchè il conducente doveva fare acquisti nell’emporio locale. Per la gente che vive nei villaggi questo è l’unico mezzo di trasporto per persone o cose: sul nostro sono saliti due serramenti per finestre, pulcini, un machete lungo mezzo metro e canne di bambù, un mazzo enorme di fiori, cibarie in gran quantità per una festa, ecc. Alla fine abbiamo impiegato tre ore e mezza però il viaggio non ci e’ pesato, al contrario, è stato bello condividere un pezzetto di vita quotidiana degli abitanti dello Yucatan e guardar scorrere il paesaggio al di là del finestrino.

Una volta giunti a Chiquilà il traghetto (40 pesos), vi porta in mezz’ora all’Isla Holbox (attenzione: si pronuncia “olbosh”). Dall’imbarcadero i “taxi” (golf kart allungati) vi trasportano al vostro albergo in pochi minuti: la distanza è irrisoria, ma non vale la pena trascinarsi la valigia sulla sabbia (costo 5 pesos a persona). L’isola è una striscia di terra lunga una trentina di chilometri e larga tre: dal lato che guarda verso lo Yucatan ci sono solo il minuscolo porto e mangrovie, mangrovie, mangrovie; nella parte opposta lunghissime spiagge bordate di palme, un piccolo molo (con convention serale e mattutina di pellicani) e alcuni hotelitos sulla spiaggia. L’unico centro abitato si articola su una piazza, “el parque”, in cui si trova tutto: ristoranti, punto internet, cambiavalute, telefono (i cellulari non prendono), emporio. Non ci sono vie asfaltate e ci si sposta a piedi (ovvio), in bici, motorino (rari), ma soprattutto con le macchinine da golf (noleggio: 80 pesos all’ora; in due ore avete girato tutta l’isola). Da pochi anni Holbox si è attrezzata per il turismo, prova ne sono i vari hotelitos (gestiti da stranieri in genere) nati negli ultimi anni, ma è ancora lontana dal divenire un’altra Isla Mujeres e sinceramente speriamo che mantenga la sua aria autentica. Per chi cerca un paradiso caraibico con bar eleganti sulla spiaggia, mega hotel all inclusive e tutto troppo perfetto per essere vero, il nostro consiglio è di evitare Holbox e fermarvi a Cancun. Se invece amate la natura, la vita semplice, il mare e il silenzio questo è proprio il posto che fa per voi. Tranne che durante la settimana di Pasqua, ovviamente! In questo periodo l’isola si “affolla” soprattutto di messicani in vacanza o in visita ai parenti, i pochi bar sulla spiaggia si animano e sparano musica tutto il giorno, la cerveza scorre a fiumi e le famigliole passano le giornate a mollo nel mare. A qualche turista tutto ciò ha dato fastidio, a noi ha messo soltanto una grande allegria da fiera di paese e in ogni caso la sera della domenica pasquale tutto è tornato tranquillo e silente. Attività a cui ci si può dedicare sull’isola di Holbox: passeggiate sulle lunghe spiagge bianchissime raccolta di conchiglie (ce ne sono tantissime) meditazione sull’amaca contemplando il mare azzurro nuotate ( snorkeling deludente: l’acqua ricchissima di plancton non è limpida come il mar caraibico); i pesci comunque nuotano tra i piedi a riva. Nei mesi estivi da queste parti passano gli squali balena: uno spettacolo da non perdere bird-watching: aironi, fenicotteri, pellicani, gabbiani, fregate e chi più ne ha più ne metta! Sono i veri proprietari dell’isola sulla quale vivono indisturbati dog-watching: ci si può sbizzarrire a contare le razze, ce ne sono per tutti i gusti. Hanno l’aria tranquilla e felice. Saranno il clima e la mancanza di stress? kite-surf: l’isola a quanto pare offre le condizioni ottimali per questo sport, gli appassionati arrivano dal Nord-America e dall’Europa escursioni di pesca, all’isola della Passione, all’isola degli uccelli. Per tutto ciò il nostro uomo è stato il Senor Dino: lo si può trovare sulla spiaggia, a sinistra della Posada Mawimbi, dove vedete la bandiera giamaicana. Fa prezzi onesti, cucina un ottimo pesce alla brace e ha una coscienza ecologica. Bravo Dino! Per quanto riguardava l’albergo noi siamo andati a colpo sicuro: Holtelito Casa de las tortugas, consigliato da un amico che lo conosce bene. Potremmo spendere migliaia di parole per descriverlo, ma cercheremo di condensare il tutto in un aggettivo: incantevole. Chi vuole farsene un’idea può consultare il sito che si trova facilmente con una ricerca in Internet. La proprietaria è Francesca, una ragazza bolognese molto gentile ed ospitale che vi fa sentire come a casa vostra.

Per i soliti aspetti culinari di cui sopra: i ristorantini sono tutti sulla piazza o nelle viette che da questa si dipartono. Trovandoci su un’isola naturalmente ci siamo abbuffati di pesce. I locali elencati sono tutti ottimi: assolutamente immancabile la pizza all’aragosta del ristorante Edelyn, sulla piazza (180 pesos, una “mediana” basta per due); Viva Zapata (fanno cocktail buonissimi, accettano carte di credito); il delizioso minuscolo Colibrì, cucina e servizio molto curati; ottimo rapporto qualità prezzo lo offre il Pellicano; a pranzo siamo sempre andati in un semplicissimo ristorantino vicino alla spiaggia, non ricordo il nome, ma si riconosce per l’enorme aragosta che campeggia sul tetto: si spende una sciocchezza e si mangia veramente benissimo.

Ci sembra giusto sottolineare anche due aspetti poco “poetici” dell’isola di Holbox. Quando soffia il vento del nord e fa mareggiata, sulle spiagge si deposita una gran quantità di alghe maleodoranti. C’e’ da dire che con una certa prontezza, considerata la notoria flemma messicana, la municipalità provvede a far rastrellare e seppellire le alghe. L’altro fenomeno è quello che vi vede donatore di sangue vostro malgrado: sull’isola ci scherzano su, vendendo anche magliette spiritose con le famigerate zanzare. Chi ha intenzione di andare sull’isola tra aprile e novembre faccia scorta di repellente.

Trascorsa (ahimé troppo in fretta) anche questa seconda settimana, siamo tornati a Cancun. Un volo tranquillo di una decina di ore ci ha riportato alla frenetica vita milanese, ma rimarranno a lungo nel cuore le spiagge bianchissime e negli occhi i tramonti infuocati del Messico. Torneremo? Penso proprio di sì! Giusy e Alberto



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