Semana santa in Yucatan e Holbox
Parentesi del ghiottone: i ristoranti. A Playa mangiare bene spendendo poco si può e si deve! Regola numero uno: alla larga dalla Quinta Avenida (con un’eccezione..). Noi abbiamo cenato: El Fogon: cucina messicana, frequentato da messicani, locale semplicissimo e dal sapore autentico, ci e’ piaciuto molto, oltre tutto si spende pochissimo. Su Av. 30, all’altezza di calle 26.
Tango taco: cucina argentino-messicana, gestione italiana, locale molto grazioso. Calle 10 Norte tra Av. 10 e Av. 15.
El trapiche: cucina messicana tradizionale; indirizzo per ghiottoni, i piatti sono curati e ben presentati, è buona cosa farsi consigliare dai gestori…Italiani naturalmente! Chi non soffre di claustrofobia può cenare nella cueva, ovvero nella caverna: atmosfera suggestiva e romantica. E’ la nostra eccezione sulla Quinta: all’angolo con la calle 28.
El asador: cucina argentina. Luogo per veri carnivori: mai mangiata una carne così. Si trova sull’Avenida 10 all’altezza di calle 28, vicino all’ambulatorio con la camera iperbarica.
La rucola: cucina italiana per italiani in astinenza da pasta di mammà. Scherzi a parte, si mangia bene e l’ambiente è proprio rilassante. Ci si trova la comunità italiana di Playa del Carmen. Sulla calle 26, provenendo dalla Quinta, lo si vede sulla destra, sotto i portici dell’Hotel Cocorio.
Un ultimo consiglio spassionato su Playa del Carmen: bisogna girarla, non limitarsi a fare albergo – spiaggia – bar della Quinta. E’ certamente una città turistica ma se ci si allontana un po’ dal centro si riesce ad avere la percezione di essere in Messico. Ci sono certe officine meccaniche che da sole meritano il viaggio… è come fare un salto nel tempo. La seconda parte del nostro soggiorno in Yucatan ha avuto come sfondo l’isola di Holbox, nel Golfo del Messico. Volevamo un luogo che non fosse prettamente turistico, un posto tranquillo, una piccola isola sperduta, e l’abbiamo trovata. Dalla stazione degli autobus di Cancun partono tre bus al giorno diretti a Chiquilà; noi abbiamo preso quello della Mayab, delle 12.40 (65 pesos il biglietto di sola andata). Si sa quando si parte, ma non si sa quando si arriva: essendo un bus di seconda classe, si ferma ogni qual volta un passeggero esprima l’intenzione di scendere o salire (basta mettersi al lato della strada e alzare un braccio). Si è fermato tre volte per far salire un venditore di libri e due ragazzini che vendevano frutta già tagliata (e cosparsa a richiesta di chile!). Altre due soste nei villaggi perchè il conducente doveva fare acquisti nell’emporio locale. Per la gente che vive nei villaggi questo è l’unico mezzo di trasporto per persone o cose: sul nostro sono saliti due serramenti per finestre, pulcini, un machete lungo mezzo metro e canne di bambù, un mazzo enorme di fiori, cibarie in gran quantità per una festa, ecc. Alla fine abbiamo impiegato tre ore e mezza però il viaggio non ci e’ pesato, al contrario, è stato bello condividere un pezzetto di vita quotidiana degli abitanti dello Yucatan e guardar scorrere il paesaggio al di là del finestrino.
Una volta giunti a Chiquilà il traghetto (40 pesos), vi porta in mezz’ora all’Isla Holbox (attenzione: si pronuncia “olbosh”). Dall’imbarcadero i “taxi” (golf kart allungati) vi trasportano al vostro albergo in pochi minuti: la distanza è irrisoria, ma non vale la pena trascinarsi la valigia sulla sabbia (costo 5 pesos a persona). L’isola è una striscia di terra lunga una trentina di chilometri e larga tre: dal lato che guarda verso lo Yucatan ci sono solo il minuscolo porto e mangrovie, mangrovie, mangrovie; nella parte opposta lunghissime spiagge bordate di palme, un piccolo molo (con convention serale e mattutina di pellicani) e alcuni hotelitos sulla spiaggia. L’unico centro abitato si articola su una piazza, “el parque”, in cui si trova tutto: ristoranti, punto internet, cambiavalute, telefono (i cellulari non prendono), emporio. Non ci sono vie asfaltate e ci si sposta a piedi (ovvio), in bici, motorino (rari), ma soprattutto con le macchinine da golf (noleggio: 80 pesos all’ora; in due ore avete girato tutta l’isola). Da pochi anni Holbox si è attrezzata per il turismo, prova ne sono i vari hotelitos (gestiti da stranieri in genere) nati negli ultimi anni, ma è ancora lontana dal divenire un’altra Isla Mujeres e sinceramente speriamo che mantenga la sua aria autentica. Per chi cerca un paradiso caraibico con bar eleganti sulla spiaggia, mega hotel all inclusive e tutto troppo perfetto per essere vero, il nostro consiglio è di evitare Holbox e fermarvi a Cancun. Se invece amate la natura, la vita semplice, il mare e il silenzio questo è proprio il posto che fa per voi. Tranne che durante la settimana di Pasqua, ovviamente! In questo periodo l’isola si “affolla” soprattutto di messicani in vacanza o in visita ai parenti, i pochi bar sulla spiaggia si animano e sparano musica tutto il giorno, la cerveza scorre a fiumi e le famigliole passano le giornate a mollo nel mare. A qualche turista tutto ciò ha dato fastidio, a noi ha messo soltanto una grande allegria da fiera di paese e in ogni caso la sera della domenica pasquale tutto è tornato tranquillo e silente. Attività a cui ci si può dedicare sull’isola di Holbox: passeggiate sulle lunghe spiagge bianchissime raccolta di conchiglie (ce ne sono tantissime) meditazione sull’amaca contemplando il mare azzurro nuotate ( snorkeling deludente: l’acqua ricchissima di plancton non è limpida come il mar caraibico); i pesci comunque nuotano tra i piedi a riva. Nei mesi estivi da queste parti passano gli squali balena: uno spettacolo da non perdere bird-watching: aironi, fenicotteri, pellicani, gabbiani, fregate e chi più ne ha più ne metta! Sono i veri proprietari dell’isola sulla quale vivono indisturbati dog-watching: ci si può sbizzarrire a contare le razze, ce ne sono per tutti i gusti. Hanno l’aria tranquilla e felice. Saranno il clima e la mancanza di stress? kite-surf: l’isola a quanto pare offre le condizioni ottimali per questo sport, gli appassionati arrivano dal Nord-America e dall’Europa escursioni di pesca, all’isola della Passione, all’isola degli uccelli. Per tutto ciò il nostro uomo è stato il Senor Dino: lo si può trovare sulla spiaggia, a sinistra della Posada Mawimbi, dove vedete la bandiera giamaicana. Fa prezzi onesti, cucina un ottimo pesce alla brace e ha una coscienza ecologica. Bravo Dino! Per quanto riguardava l’albergo noi siamo andati a colpo sicuro: Holtelito Casa de las tortugas, consigliato da un amico che lo conosce bene. Potremmo spendere migliaia di parole per descriverlo, ma cercheremo di condensare il tutto in un aggettivo: incantevole. Chi vuole farsene un’idea può consultare il sito che si trova facilmente con una ricerca in Internet. La proprietaria è Francesca, una ragazza bolognese molto gentile ed ospitale che vi fa sentire come a casa vostra.
Per i soliti aspetti culinari di cui sopra: i ristorantini sono tutti sulla piazza o nelle viette che da questa si dipartono. Trovandoci su un’isola naturalmente ci siamo abbuffati di pesce. I locali elencati sono tutti ottimi: assolutamente immancabile la pizza all’aragosta del ristorante Edelyn, sulla piazza (180 pesos, una “mediana” basta per due); Viva Zapata (fanno cocktail buonissimi, accettano carte di credito); il delizioso minuscolo Colibrì, cucina e servizio molto curati; ottimo rapporto qualità prezzo lo offre il Pellicano; a pranzo siamo sempre andati in un semplicissimo ristorantino vicino alla spiaggia, non ricordo il nome, ma si riconosce per l’enorme aragosta che campeggia sul tetto: si spende una sciocchezza e si mangia veramente benissimo.
Ci sembra giusto sottolineare anche due aspetti poco “poetici” dell’isola di Holbox. Quando soffia il vento del nord e fa mareggiata, sulle spiagge si deposita una gran quantità di alghe maleodoranti. C’e’ da dire che con una certa prontezza, considerata la notoria flemma messicana, la municipalità provvede a far rastrellare e seppellire le alghe. L’altro fenomeno è quello che vi vede donatore di sangue vostro malgrado: sull’isola ci scherzano su, vendendo anche magliette spiritose con le famigerate zanzare. Chi ha intenzione di andare sull’isola tra aprile e novembre faccia scorta di repellente.
Trascorsa (ahimé troppo in fretta) anche questa seconda settimana, siamo tornati a Cancun. Un volo tranquillo di una decina di ore ci ha riportato alla frenetica vita milanese, ma rimarranno a lungo nel cuore le spiagge bianchissime e negli occhi i tramonti infuocati del Messico. Torneremo? Penso proprio di sì! Giusy e Alberto