Sudafrica o … Africa?

Quest’anno la meta prescelta per le vacanze estive è stata il Sudafrica. E’ la nostra prima volta nel continente africano e abbiamo deciso di provarci cominciando con un paese dalle caratteristiche occidentali. Tramite l’agenzia abbiamo prenotato i voli aerei, il noleggio delle auto, i pernottamenti all’arrivo (Cape Town) e due giorni in...
Scritto da: andreaerafaella
sudafrica o ... africa?
Partenza il: 07/08/2004
Ritorno il: 28/08/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
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Quest’anno la meta prescelta per le vacanze estive è stata il Sudafrica. E’ la nostra prima volta nel continente africano e abbiamo deciso di provarci cominciando con un paese dalle caratteristiche occidentali. Tramite l’agenzia abbiamo prenotato i voli aerei, il noleggio delle auto, i pernottamenti all’arrivo (Cape Town) e due giorni in una riserva privata, il resto lo abbiamo fatto da casa con l’aiuto di internet. Il primo passo è stato quello di leggere i racconti fatti dai precedenti viaggiatori, di mettere poi a confronto i vari suggerimenti e itinerari percorsi per arrivare a costruire il nostro itinerario ideale. Ci è stato anche utile il sito del turismo sudafricano (www.Turismosudafricano.Com). Contrariamente alle nostre abitudini questa volta abbiamo scelto di prenotare tutti i pernottamenti da casa e se questo pone il limite di dover rispettare assolutamente il programma e non permettere nulla di spontaneo, d’altra parte offre il vantaggio di risparmiare notevolmente il tempo dedicato alla ricerca giorno per giorno. Siamo stati contenti della nostra scelta, tenuto conto che la stagione delle nostre vacanze corrisponde al loro inverno e quindi viene buio presto. A fine vacanza il bilancio è stato positivo anche se con il senno di poi un paio di pernottamenti avrebbero potuto essere fatti in modo diverso.

7 agosto 2004 – Cominciamo le ferie con un giorno di anticipo per sistemare le ultime cose, nel primo pomeriggio partenza con destinazione Milano Malpensa, dove la sera alle ore 21,10 abbiamo il volo South Africa Airways destinazione Johannesburg. Alle 10,00 è previsto poi il volo per Cape Town con arrivo alle ore 12,10. Ci accoglie una Cape Town grigia e nuvolosa, il tempo di dirigerci al banco Europcar per avere a noleggio l’auto che abbiamo prenotato e proprio nel momento di caricare i bagagli sulla Nissan Almera che ci hanno dato scende il diluvio (300 rand di drop off perché lasceremo l’auto a Porth Elisabeth – 100 rand per il permesso al secondo guidatore e 4000 rand di franchigia nonostante la stipula della assicurazione super cover). 8 Rand valgono circa 1 Euro. Percorriamo la tangenziale che dall’aeroporto porta in città ed ecco che ci appare la prima delle numerose township che vedremo. L’albergo prenotatoci dall’agenzia, il Victoria Junction, è carino e comodo per raggiungere in una decina di minuti a piedi il Victoria & Alfred Waterfront. Ci riposiamo un paio d’ore ed eccoci pronti a tuffarci nella città. Nel frattempo il tempo è un po’ migliorato e non piove più. C’è comunque un incredibile vento, ma non ci sono problemi, ho portato il piumino. Siamo nella fascia oraria di chiusura di Ebenezer Gate, che dà accesso alla via pedonale per accedere al Waterfront e questo ci costringe a percorrere il giro più largo Passiamo il pomeriggio al V&A Waterfront, facciamo merenda a base di scones, crema e marmellata di fragole (esattamente come in Cornovaglia). Dobbiamo cercare di ritirare i biglietti per la visita che abbiamo prenotato da casa per Robben Island, in realtà ci accorgiamo che per il maltempo nella giornata non è funzionato nessun traghetto. Fatto ritorno in albergo ci prepariamo per uscire per la cena. Alla reception ci dicono, se usciamo a piedi, di non tornare troppo tardi. Cena al V&A, nel frattempo è ricominciato a piovere e tornando quasi inciampiamo su alcune persone che stanno dormendo per strada, sotto un sovrappasso stradale, proprio lungo Ebenezer.

8 agosto – Di nuovo al V&A Waterfront, la gita a Robben Island prenotata per le ore 9 ovviamente è saltata perché c’è molto vento e piove e dobbiamo riprogrammarci la giornata. In ogni caso , sperando di avere maggior fortuna, ripetiamo la prenotazione per le ore 9 del giorno successivo. Decidiamo di andare a visitare la penisola del Capo. Saggia decisione. La pioggia che tormenta la città lascia il posto ad uno splendido sole. La nostra prima tappa è Simon’s Town e presso i Boulders andiamo a vedere una colonia di pinguini. Sono animali carini, il posto è simpatico, ma sarà che li avevamo visti anche l’anno scorso in Australia, non mi hanno fatto chissà che effetto. La giornata di oggi è sottolineata da un vento fortissimo, che non ci da tregua neanche un minuto. Visitiamo Cape of Good Hope e Cape Point.

Cape of good Hope, il punto più a Sud-Ovest del continente africano, è un luogo veramente selvaggio, con spiagge spazzate dal vento e dalle onde e non stentiamo a credere che fosse uno dei luoghi più difficoltosi al mondo per la navigazione. Cape Point è invece un punto a poca distanza da Cape of Good Hope (raggiungibile anche a piedi con un comodo sentiero), molto importante per l’esistenza del faro. O meglio dei fari. Il più vecchio. Del 1860, è costruito a 238 metri sul livello del mare, è stato sostituito nel 1919 da un nuovo faro, costruito più in basso, a 87 metri sul livello del mare. Un sentiero molto bello collega i due fari e la giornata di sole è veramente ideale per percorrerlo. Avevamo letto della presenza endemica dei babbuini, in realtà ne abbiamo vediamo pochissimi.

Tornati al V&A W per cena, troviamo l’adattatore (quello universale acquistato in Italia si è rivelato inutile). La nostra prima esperienza di cucina africana sarà senza infamia e senza lode al ristorante MVELO presso la Mandela Clock Tower 9 agosto – Oggi è festa nazionale, la festa della donna. Dopo l’ultimo e neanche a dirlo inutile tentativo di visitare Robben Island, ci rassegniamo a visitare Cape Town sotto la pioggia. Vediamo il District Six Museum (ogni tentativo di visitare il quartiere si rivela inutile, siamo pochi per chiedere di organizzare un tour guidato), il City Hall, il Castello e l’esterno del Parlamento. La città è quasi deserta, incontriamo delle persone che hanno dormito all’aperto nei giardinetti davanti al City Hall e l’impressione che ne ricaviamo non è delle migliori. Non ci sentiamo molto tranquilli, turisti che girano soli come noi sono molto molto rari, insomma, viviamo un paio d’ore certamente non serene. Avere scelto un giorno non di festa si sarebbe forse rivelata una scelta migliore. Nel pomeriggio cerchiamo di vedere la città dall’alto, ma la cabinovia per la Table Mountain è chiusa per il troppo vento, per cui cambiamo programma e decidiamo di andare a vedere i Kirstenbosch Garden. La pioggia finalmente ci lascia in pace, e viviamo un pomeriggio sereno in un posto d’incanto. Il giardino botanico è splendido, curatissimo ed è un vero peccato vederlo nella stagione invernale. Un po’ di riposo e siamo pronti per una buonissima cena di pesce al Quai 4 Seafood Brasserie al V&A W. E’ l’ultima sera che trascorriamo a Cape Town, la serata ha una temperatura gradevole e finalmente non piove e non c’è vento.

10 agosto – ovviamente… oggi c’è un sole magnifico, faranno la gita a Robben Island, ma senza di noi, oggi abbiamo deciso di lasciare Cape Town e di proseguire verso Arniston. Per strada facciamo tappa ad Hermanus, famoso per gli avvistamenti di balene. Ci sediamo sulle rocce a Sievers Point, e dopo pochi minuti c’è il primo avvistamento. Devo ammettere che, anche senza balene, il posto sarebbe comunque splendido e saremmo rimasti in ogni caso incantati a guardare onde enormi rifrangersi sulle rocce creando incredibili colonne d’acqua. Ci spostiamo poi in un altro punto di avvistamento, verso il centro del paese e anche lì ci sono moltissime balene praticamente a riva, visibili ad occhio nudo. Il tempo di un boccone e riprendiamo la strada direzione Cape Agulhas. Il paesaggio è bucolico, la strada che percorriamo è in mezzo a colline, campi gialli, pecore e mucche. Bellissimo… Cape Agulhas, l’estremità meridionale dell’Africa, è un punto di arrivo. In realtà non c’è molto se non un cartello che indica che a sinistra c’è l’Oceano Atlantico, e a destra l’Oceano Indiano. E’ comunque un luogo di pace, turisti siamo in pochissimi e l’Oceano (gli Oceani?) offre uno spettacolo meraviglioso. Saliamo anche ad un punto panoramico a goderci lo spettacolo che siamo solo noi a vedere. Lasciata Cape Agulhas ci dirigiamo ad Arniston, dove abbiamo prenotato una stanza all’Arniston Hotel (reservations@arnistonhotel.Co.Za). Questo paesino tranquillo è incantevole, facciamo una lunga passeggiata sulla spiaggia incontrando solo un cane che continua a seguirci e a giocare con noi. Raccolgo anche cinque conchiglie, le mie prime conchiglie in Sudafrica. La cena la facciamo in albergo, notiamo che al ristorante c’è gente a mangiare che non dorme lì, in realtà non so se in quanto a ristoranti esistano alternative. Comunque dopo una scorpacciata di gamberi ci ritiriamo nella nostra stanza, che ha un nome, si chiama Birkenhead, dalla nave inglese naufragata nel 1848. Fa freschino, per scaldarci accendiamo il camino e chiudiamo una splendida giornata assaporando del brandy guardando il fuoco. 11 agosto – Anche oggi ci sono le premesse per trascorrere una splendida giornata. La nostra stanza ha una enorme finestra che dà sul mare, dalla quale guardiamo l’alba sull’oceano, direttamente dal letto. Al buffet del ristorante facciamo la nostra abituale super colazione e poi via. C’è il sole, oggi finalmente siamo senza giubbotto, la nostra meta odierna è la De Hoop Reserve. La strada per arrivarci è sterrata, e questo forse scoraggia molti turisti per cui anche qui siamo pochi, alcune auto e un pullman di bambini in età scolare. Vediamo i nostri primi animali, confrontandoli con la guida illustrata che abbiamo sembrerebbero dei bontebok. A Koppie Aleen lasciamo l’auto al parcheggio e scendiamo a camminare. Non è così caldo per fare il bagno, nonostante ciò i bambini sono svestiti e giocano a saltare le onde, fra risa e schiamazzi. E poi altre urla di gioia nel rotolare giù dalle dune bianchissime… E’ una mattinata serena, trascorriamo il tempo a guardare i bimbi e poi ad osservare le balene, che in gran quantità si divertono anch’esse a giocare praticamente a riva. Per la sera abbiamo prenotato un B&B a Wilderness, il Dolphin Dunes (www.Dolphindunes.Co.Za). Era un B&B caldamente consigliato da chi ci aveva preceduto, e devo ammettere, a ragione. Lungo la strada, dopo la cittadina di Malgas in direzione di Heidelberg ci troviamo costretti a traghettare un fiume. Sono pochi metri, ma non c’è un ponte, si attraversa su una chiatta che può trasportare al massimo due auto per volta. Niente di elettrico, due uomini incredibilmente esili arrotolano una catena alla corda che attraversa il fiume e camminando trascinano la chiatta dall’altra parte del fiume. Di quanti anni sembra di essere tornati indietro? Questa è una considerazione che faremo spesso qui in Sudafrica, nel guardare le donne che lavano i panni nei fiumi, più in generale confrontandoci con usi e costumi quotidiani. Nel pomeriggio riusciamo anche a sfoggiare le nostre prime maniche corte. La strada per Wilderness è ancora costeggiata da campi gialli, ovunque vediamo pecore e mucche. I nostri occhi sono colmi di un tripudio di colori. Nel pomeriggio inoltrato arriviamo al Dolphin Dunes B&B. Isak ci accoglie dicendoci e facendoci vedere che ci sono tre balene. Non abbiamo il coraggio di dirgli che oggi non abbiamo visto che balene! 12 agosto – Anche oggi c’è il sole, il B&B è proprio sulla spiaggia e alle 7,30 siamo già a passeggiare. Vogliamo provare l’ebbrezza di immergere i piedi nell’oceano. E’ proprio un’ebbrezza, l’acqua non è semplicemente fredda, è GELIDA!!! Torniamo a far colazione, il tavolo è proprio sotto la finestra che domina il mare e facciamo colazione soffermandoci ancora una volta a guardare le balene. Andiamo a visitare le Cango caves, non molto lontane da Wilderness e ci divertiamo un sacco con l’Adventure Tour Non è così impegnativo, in realtà è solo necessario non essere troppo robusti perché ci si infila in camini e cunicoli a volte davvero angusti. L’unica avvertenza è farli assolutamente in maniche corte, perché all’interno delle grotte la temperatura è costantemente sui 19°C. Nel pomeriggio andiamo a visitare la Cango Ostrich Farm e poiché siamo solo noi due non riusciamo alla fine ad evitare il massaggio degli struzzi. Andrea comunque ne è entusiasta. 13 agosto – Ancora una bellissima giornata di sole, e salutato Isak, ci dirigiamo verso Knysna dove facciamo una passeggiata tra i negozi e andiamo a prelevare un po’ di rand al bancomat. Direi che Knysna ci ha un po’ deluso, boh, non siamo riusciti a trovare nulla di interessante da farci. In auto proseguiamo fino a St. Francis Bay. Abbiamo prenotato al B&B 34 Lovemore Crescent (dolfinvu@interkom.Co.Za). Il posto è carino, le case qui sono praticamente tutte uguali, tutte bianche e con tetti di paglia, la nostra stanza è una accogliente camera matrimoniale con bagno, con le finestre ancora una volta con vista sull’oceano. Il B&B ha anche un’altra stanza con bagno e entrambe le camere dividono un salottino con la tv. Noi siamo soli, non ci sono altri ospiti e quindi tutto lo spazio è per noi. Con questa stanza è stato amore a prima vista, c’è una libreria fatta con tavole di legno sorrette da mattoni dove ci sono vecchi libri, vecchie riviste e i National Geographic a partire dal 1954. Grandioso… Usciamo per andare a fare una passeggiata sulla spiaggia a Cape St. Francis, dove cerchiamo conchiglie e andiamo anche a visitare il faro. Non siamo mai saliti su un faro prima, le scalette che usiamo sono così strette che finalmente comprendiamo il motivo del modulo di non assunzione di responsabilità che ci hanno fatto firmare prima di salire. Neanche a dirlo, siamo ancora una volta da soli e quindi tutta l’attenzione della guida è rivolta a noi. Se solo il suo inglese fosse più comprensibile… Alle 17,00 la visita finisce, sta cominciando ad imbrunire, appena scesi ecco che il faro si illumina, da sotto adesso apprezziamo particolari che prima non avevamo notato. Torniamo al B&B dove la proprietaria, la signora Monica Johnson, una nonnina dolcissima che nel frattempo ci ha riempito la stanza di frutta e di cose da mangiare, ci chiede che cosa può offrirci. Si siede a prendere il tè con noi, e amabilmente restiamo con lei a conversare in attesa che venga ora di cena. Ci chiede notizie sul nostro programma e lei, che ha vissuto in parecchi paesi nel continente africano, ci fa notare che adesso siamo in Sudafrica, non in Africa. Le faccio vedere le conchiglie che ho raccolto e quindi mi va a prendere due enormi contenitori di vetro che contengono le sue e mi dice di tenere quelle che voglio. Poi si dà da fare per trovarmi un contenitore in polistirolo per fare arrivare le mie a casa sane e salve. Nel frattempo ci ha prenotato un tavolo al ristorante greco, è così efficiente che a casa ha i menu dei ristoranti che ci sono in paese. Dopo cena andiamo subito a letto, domani mattina dobbiamo alzarci presto per andare a Durban in aereo e non avevamo tenuto conto che mancano ancora un centinaio di chilometri a Porth Elisabeth , dove si trova l’aeroporto di partenza.

14 agosto – partenza alle 6,30. Monica non ha voluto sentire ragioni, a tutti i costi ha voluto alzarsi alle 5,30 per farci trovare una tavola imbandita con una super colazione. Ci ha perfino preparato gli scones (di cui mi ha dato la ricetta) e ci ha spremuto le arance (finalmente un succo decente). Salutiamo Monica, davvero una persona squisita che ci ha coccolato fino all’impossibile, e prendiamo l’aereo da Porth Elisabeth fino a Durban. Scesi dall’aereo ci accoglie un clima sahariano. Torniamo al banco di noleggio della Europcar per ottenere una nuova auto, e ci danno una orrenda Toyota Tazz, oltretutto rossa. Le nostre due Samsonite, pur essendo della misura media, entrano in bagagliaio solo a fatica, per cui chiediamo, pagando la differenza, di avere un’auto più grande. Niente da fare, le auto che ci sono sono tutte prenotate. Non è da sottovalutare il fatto che per avere la nuova auto ripaghiamo tutto come prima, tra cui altri 4000 rand di franchigia, e tenuto conto che la precedente franchigia sarà svincolata solo fra 24 ore, ci ritroviamo le carte di credito impegnate per circa 1100 euro. Non poco…La nostra meta odierna è il Giant’s Castle (le prenotazioni passano attraverso il KZN Wildlife, basta visitare il sito www.Parks-sa.Co.Za relativo a tutti i parchi nazionali del Sudafrica e scegliere dove pernottare. Eventuali e-mail dirette vanno inviate a bookings@kznwildlife.Com, prenotazioni dirette a trodedesk@kznwildlife.Com), al Drakensberg, la catena montuosa che confina con il Lesotho. Il paesaggio è cambiato, cominciamo a sentirci finalmente in Africa. Il traffico è molto limitato, per arrivare alla Giant’s Castle Reserve percorriamo chilometri di una strada che sembra scorrere sul nulla. Lungo la strada incontriamo moltissime persone a piedi (sarà una costante per tutto il viaggio) che ci salutano, ogni tanto vediamo qualche casa (difficile definirle villaggio). Siamo contenti di avere prenotato da dormire, alternative alla Giant’s Castle Reserve per almeno 80 km sembrerebbero non essercene. Finalmente troviamo il cancello d’ingresso della Reserve, dove finisce la strada, e registriamo la nostra presenza. Appena arrivati ci accorgiamo che è necessario prenotare presso il ristorante l’orario per la cena, e proprio al ristorante conosciamo Alessandra e Giuseppe con cui ci diamo appuntamento per un caffè dopo cena. Ci riposiamo un po’ nel nostro bellissimo cottage. Avendo prenotato con un discreto anticipo abbiamo chiesto di avere il cottage con mountain view, ed in effetti la vista è magnifica. Fortuna abbiamo portato con noi una pila perché di sera il campo è buio pesto e noi siamo ovviamente nel punto più lontano dal ristorante. Trascorriamo una gradevole serata con Alessandra e Giuseppe, chiacchierando del più e del meno fino a notte fonda. Loro – da bravi fatalisti – non avevano prenotato, ma sono stati fortunati, il Camp ha parecchi cottage liberi.

15 agosto – facciamo colazione al ristorante, alle ore 8,10 abbiamo appuntamento con Alessandra e Giuseppe per visitare la Main Cave, una grotta raggiungibile con una passeggiata di una mezz’oretta dove sono presenti dei dipinti rupestri fatti dalla popolazione San, meglio conosciuta come Boscimani.

Le visite sono guidate, ce n’è una ogni ora per al massimo 20 persone, ma noi vogliamo partecipare alla prima, per avere poi il resto della giornata libero. Finita la visita alla grotta andiamo tutti insieme a fare una passeggiata lungo il fiume. Verso la tarda mattinata Giuseppe e Alessandra ci lasciano, con la promessa di rivederci a Santa Lucia, noi invece ci fermeremo per un’altra notte al Giant’s Castle per cui andiamo a fare un’altra passeggiata di circa 8 km, in mezzo all’erba alta. Avvistiamo tre animali con le corna e – ne avrei fatto volentieri a meno – un serpente colorato di circa un metro e mezzo di lunghezza. Riflettendoci poi, il Drakensberg è stata una delle poche occasioni che abbiamo avuto in Sudafrica per camminare. Infatti spessissimo i nostri spostamenti, anche di soli pochi metri, sono stati fatti in auto, nelle città perché ci si sente più sicuri, nei parchi perché gli avvistamenti degli animali sono fatti quasi sempre durante i game drive.

16 agosto – siamo nello Zululand, da casa abbiamo prenotato un pernottamento in un villaggio zulu, per cui utilizziamo parte della giornata per il trasferimento dal Drakensberg al Simunye Zulu Lodge (simunye@shakaland.Com). Ci sembrava una buona idea utilizzare una strada in parte sterrata e in parte asfaltata tra Kranskop e Ntumeni per accorciare il tragitto, in realtà ci troviamo a percorrere una strada che non permette una velocità superiore ai 20-30 km all’ora e che anche nei tratti asfaltati è impercorribile data la numerosa quantità di buche (voragini?) presenti. Lasciata l’auto in un parcheggio custodito e dopo aver atteso gli altri ospiti ci dirigiamo al villaggio zulu. Siamo in tutto una decina di persone, i mezzi a disposizione per raggiungere il villaggio sono i cavalli, un carro trainato dai buoi e un fuoristrada. Ovviamente noi optiamo per il cavallo e dopo un’oretta arriviamo al villaggio zulu, adagiato sulle rive di un fiume. Le nostre casette, leggermente scostate dal villaggio, hanno il tetto in paglia e sono così ben nascoste dalla vegetazione che già da pochi metri non si scorgono più. Abbiamo solo pochi minuti per riposarci, noi li usiamo per una veloce doccia. Ci sono state assegnate due casette, in una c’è la camera, nell’altra di fronte, il bagno. Nel villaggio non c’è la corrente elettrica, in camera abbiamo un lavandino senza il rubinetto e con una brocca d’acqua, nel bagno c’è la doccia (per fortuna con acqua corrente e calda), anche se i muri non arrivano al tetto e quindi si usano bagno e doccia en plein air. Per un giorno è simpatico, di più diventerebbe un problema: siamo in inverno, qui di sera e di mattina fa freddo, in più anche solo per lavarsi le mani bisogna essere in due (come si fa a lavarsi le mani e versare l’acqua contemporaneamente?), senza considerare che con i capelli lunghi come i miei è impossibile pensare di lavarli e di lasciarli asciugare senza usare il phon. Comunque è un bel modo per ricordarci di riassaporare le comodità quotidiane. Dopo il saluto di benvenuto a base di succo di arancia, Patrick ci accompagna a salutare il capo villaggio, nel buio più totale, l’illuminazione è costituita solo da torce e candele. Ci offrono della carne alla griglia e della birra zulu, credo a base di sorgo. Torniamo poi ai nostri lodge e al ristorante in riva al fiume ci viene servita la cena. Il dopo cena prevede un programma di danze, un gruppo composto da vari ragazzi e da due ragazze ci fa vedere le tipiche danze zulu, e cerca anche di coinvolgerci. Non voglio crederci, ma alle 20,30 è già tutto finito. Gli altri ospiti vengono riaccompagnati con le torce ai loro alloggi, per noi è troppo presto per andare a dormire, e grazie alla pila che abbiamo con noi e che ci permette di non dover fare aspettare nessuno, rimaniamo ancora un po’ vicino al fuoco. 17 agosto – ci danno il buongiorno svegliandoci al suono di una chitarra, il tempo di una doccia e ci portano caffè e rusks in camera e poi via a visitare, questa volta con la luce, il villaggio. Vediamo il recinto degli animali, ci fanno vedere la produzione delle lance, e della farina. Ho la sensazione che la società sia un po’ maschilista, agli uomini fanno provare ad utilizzare le armi, le donne ovviamente vengono coinvolte solo nel pestare a mano il grano per ricavarne la farina… Prima di uscire dal villaggio acquistiamo dei mestoli e poi alle 9,20 siamo a fare colazione. Ci aspetta poi il viaggio di ritorno, ancora una volta a cavallo, e finalmente siamo a riprendere l’auto. Il villaggio appartiene alla catena della Protea Hotels, un giorno in due è costato circa 2200 rand, ma il bilancio dell’esperienza? Chissà se il villaggio è vero oppure no… Raggiunta la nostra auto, alle 11,30 partiamo in direzione St. Lucia, dove abbiamo prenotato al B&B St. Lucia Wetlands (www.Stluciawetlands.Com). Anche questa è una super accommodation, sistemiamo i bagagli (nel frattempo uno del personale ci lava l’auto), ascoltiamo il padrone di casa, Derrick, che ci fornisce una cartina della zona e ci illustra tutto ciò che si può vedere e fare nella zona. Per il giorno successivo ci consiglia di visitare Cape Vidal la mattina perché meno ventoso e di fare la navigazione sul St. Lucia di pomeriggio in quanto gli ippopotami sono più attivi. Trascorriamo il resto della giornata facendo prima una sosta al ristorante greco per un toast e poi andando a passeggiare sulla spiaggia, dove, casualmente, rincontriamo Alessandra e Giuseppe. Casualmente, ma avevamo lasciato loro un messaggio al B&B dove alloggiavano per un appuntamento per cena.

L’appuntamento con loro è per cena, andiamo insieme a mangiare a base di pesce al Quarterdeck (da non consigliare!). 18 agosto – ci hanno rilavato l’auto, neanche a casa ce l’ho così pulita… Oggi il programma prevede la visita a Cape Vidal, volevamo percorrere il loop che ci era stato consigliato da Derrick, ma è visitabile solo nei week-end. Il tempo è capriccioso, per tutto il giorno non vedremo mai il sole. Andiamo a visitare la località di Mission Rocks e nel percorrere la strada per arrivarci facciamo il nostro primo incontro con zebre, facoceri e kudu. Una sosta per un toast e tentiamo di andare a passeggiare nel sentiero del boschetto vicino alla spiaggia, ma il cartello “attenzione ai leopardi, ai coccodrilli, agli ippopotami” è inquietante, e, anche per il fatto che siamo soli, rinunciamo quasi subito. Alle 15,00 parte la navigazione sul St. Lucia (orari 9,00-12,00-15,00), abbiamo solo una felpa e in barca ci congeliamo. La barca scorre lentamente e si ferma durante gli avvistamenti degli animali per permetterci di scattare le foto. In tutto vedremo tre coccodrilli e una gran quantità di ippopotami. 19 agosto – partiamo da St. Lucia e arriviamo allo Hluhluwe Game Riserve (altro parco nazionale prenotabile attraverso il kznwildlife) alle 10,15. Il check in all’Hilltop Camp sarebbe alle 13,00 e sono piuttosto rigorosi nel far rispettare gli orari, ma ho 38° C di febbre, si impietosiscono e alle 11,30 ci danno la camera. Ci riposiamo fino alle 14,00, e poi andiamo in macchina a cercare di avvistare qualche animale. Il parco ne ha in gran quantità, alla fine vediamo parecchi rinoceronti bianchi, un bisonte, molti gnu e poi ancora giraffe, impala, kudu, zebre, facoceri. E’ una giornataccia, siamo stanchissimi, alla 19,45 siamo già a letto. 20 agosto – come al solito di notte dormo poco, ci sono animali piuttosto attivi e rumorosi, alle 6,00 mi alzo e vedo girare davanti al nostro cottage dei piccoli impala. Prima di fare colazione facciamo una passeggiata nel percorso dell’Hilltop camp, vediamo ancora impala. Andiamo al ristorante per fare colazione che è a buffet. Oggi il programma prevede lo spostamento a Sodwana Bay, dove arriviamo alle 11,30. Ci danno subito il lodge (www.Sodwanabaylodge.Com), il peggiore che abbiamo mai trovato e raggiungiamo Giuseppe e Alessandra. Loro, che fanno immersioni, sono lì già dal giorno prima per vedere la barriera corallina più a sud del continente (?). Stamattina sono andati a immergersi, ma non sembrano particolarmente entusiasti, soprattutto lamentano la presenza di forti correnti sott’acqua. Insieme si va in spiaggia, ma è molto ventoso e ci resistiamo solo un’oretta. Quando avevamo pianificato il viaggio avevamo scelto Sodwana Bay perché le guide la indicano come località in cui si può fare snorkeling tutto l’anno. Per come l’abbiamo visto noi mi sembra un po’ improbabile fare snorkeling in un mare con onde così alte… Alessandra propone di andare a visitare la riserva del lago Sibaya anche se la strada è segnata praticabile solo per auto 4×4. Acconsentiamo solo perché usiamo due auto, consapevoli del fatto che sicuramente ci saremmo insabbiati. Naturalmente non arriviamo in fondo, dopo 13 km la troppa sabbia ci costringe a tornare indietro e nella strada di ritorno Giuseppe, che è davanti, si pianta e non si muove più. Qualche minuto e viene in nostro soccorso Patrick, un ragazzo di 14-15 anni che ci rassicura, conosce una strada alternativa e a spingere l’auto può chiamare in aiuto i suoi amici. Ci guardiamo negli occhi, stanno arrivando due bambini di quanto? Quattro, cinque anni? Alla fine Patrick si dimostra davvero bravo, i suoi consigli sono giusti e in pochi minuti riusciamo ad aggirare l’ostacolo. Confesso, mi viene ancora da sorridere al pensiero dell’agitazione di quei bambini che volevano rendersi utili, ma non sapevano in che modo. Inoltre il dubbio c’è venuto, non è che la strada alternativa l’hanno fatta apposta per avere le mance dai gonzi come noi? Rientrati a Sodwana Bay cogliamo al volo l’occasione di una gita a cavallo sulla spiaggia al chiarore della luna e delle stelle. Bello, bellissimo… Si è fatto tardi, appena torniamo ancora prima della doccia andiamo a cena. 21 agosto Alle 7,00 andiamo a fare colazione. Appena pronti partiamo per lo Swaziland. Siamo alla frontiera alle ore 11,00. Che diversità rispetto al Sudafrica… In Sudafrica il visto è a lettura ottica, il personale indossa una divisa linda e curata, lo Swaziland dimostra già da subito di essere un paese povero povero…Salutiamo Giuseppe e Alessandra, noi abbiamo programmato di dormire alla Nyanza Farm di Malkerns (www.Africaonline.Co.Sz/biz/Nyanza e-mail: nyanza@africaonline.Co.Sz), che ce ne rendiamo conto solo ora, ci costringe ad una discreta deviazione. Ne avevo letto benissimo sia sulla guida della Loney Planet, sia su una relazione di viaggio. Arriviamo verso le 14,00 e sistemiamo i bagagli. Il posto è sicuramente bello, è una fattoria con maneggio piena di animali di tutti i tipi. Abbiamo affittato per un giorno uno dei due chalet, abbiamo tutta per noi una casetta composta di un salotto, una piccola cucina, due camere, due bagni. Abbiamo allungato un bel po’ la strada per venire qui e avendo programmato di fermarci solo un giorno, tutto questo si riduce a solo poche ore. E’ un pernottamento che avevo fortemente voluto, ma tutto sommato mi delude, un po’ per la strada in più, un po’ perché la proprietaria non ci accoglie con lo stesso calore che avevamo trovato finora, oltre a pretendere subito il pagamento e, contrariamente a quanto scritto sia nel regolamento della casetta che nella nostra lettera di prenotazione, accettando solo rand come unica valuta possibile oltre a quella locale. Andiamo a mangiare il solito toast al ristorante Malandela’s. Il posto è molto carino, e abbiamo modo di gustarlo fino in fondo visto che per un toast ci sediamo alle 14,30 e riusciamo ad alzarci alle 15,40. Abbiamo soprannominato “lentite” la tendenza comune di fare sempre tutto con estrema calma… Nel frattempo spuntano Alessandra e Giuseppe. Non avevamo appuntamento con loro, è proprio vero che i turisti alla fine visitano tutti gli stessi posti. Insieme andiamo a fare shopping nel negozio appena fuori il ristorante e prendiamo dei graziosi oggetti in rafia. Poco più in là c’è il negozio Swazi Candles, dove acquistiamo delle bellissime candele, e proprio fuori dal negozio acquistiamo finalmente una giraffa in legno alta circa un metro e mezzo. Ne vedo ovunque da molti giorni, finalmente l’abbiamo presa e volutamente senza contrattare visto che il venditore avrà avuto si e no sette anni. Ho ancora negli occhi il suo entusiasmo nel farmi vedere che anche lui partecipava alla produzione, passando la carta vetrata sul legno. Sfruttamento di lavoro minorile? Se non ci fossero i turisti come noi forse questi bambini non sarebbero costretti a lavorare per produrre oggetti di artigianato. Prima di rientrare alla Nyanza Farm diamo un’occhiata al negozio di batik proprio a fianco all’ingresso e ovviamente ne acquistiamo uno. La sera ceniamo al Malandela’s, anche se ancora poco per la verità, mangiamo bene e spendiamo una cifra davvero contenuta.

22 agosto – Vogliamo partire prestino, ma questa volta la colazione dobbiamo prepararcela, per cui la sveglia è alle 6,00. La farm ha già perso la sua magia, un po’ perché prima di usarli dobbiamo lavare tutti gli arnesi da cucina, un po’ perché marmellata e burro non sono confezionati singolarmente, un po’ perché a trovare pronto avremmo guadagnato un’oretta di sonno. Alle 7,45 partiamo, trasferimento verso il Kruger National Park. Fa caldissimo, in auto ci abbrustoliamo, varchiamo alle 11,30 il cancello di Crocodile Bridge. Non facciamo neanche a tempo ad entrare che subito vediamo una giraffa e poi due elefanti, di cui un cucciolo. Le giraffe mi affascinano, è incredibile la capacità di mimetizzazione che hanno. E poi sono così eleganti nel camminare… Alla Nyanza Farm alla fine abbiamo pagato con rand, per cui abbiamo bisogno di prelevare. Decidiamo di andare a Skukuza, unico posto all’interno del Kruger dove esista un bancomat, e per questo allunghiamo di un bel po’ la strada. Gli incontri si fanno guidando e quindi una strada vale l’altra. A Skukuza, incontriamo di nuovo casualmente Giuseppe e Alessandra, sarà il nostro ultimo incontro in Sudafrica. Ci sentiamo fortunati, abbiamo un sacco di avvistamenti: gnu, molti elefanti, un coccodrillo sull’Olifant, zebre, giraffe, riusciamo anche ad intravedere dei leoni. Abbiamo prenotato (per prenotazioni all’interno del Kruger N.P. – caldamente consigliate – www.Parks_sa.Co.Za) un bungalow all’Olifant (il camp è tutto pieno, ad aprile, quando abbiamo prenotato abbiamo trovato come unica sistemazione un bungalow, e a dire il vero come accomodation è molto spartana). Usiamo il tempo che ci resta prima di cena per dedicarci al bucato. La cena è a buffet, mangiamo anche discretamente. Ci fiondiamo poi a letto presto, l’indomani mattina ci aspetta una levataccia: da casa abbiamo prenotato un morning walk, la partecipazione è ammessa a solo 8 persone e non volevamo rischiare di non trovare posto, abbiamo proprio voglia di vedere gli animali da un’altra prospettiva.

23 agosto – Andrea dorme, io a mezzanotte e mezza sono sveglia ad ascoltare i rumori degli animali. Non c’è niente da fare, non riesco ad abituarmi agli orari di qui, teoricamente rispetto all’Italia non c’è fuso orario, il realtà si vive con il sole. Alle 5,30 dobbiamo farci trovare pronti perché ci vengono a prendere. Al morning walk partecipiamo in sei, con noi c’è una coppia di americani e una di belgi, più un ranger, Jambo, ed una ranger. Dopo una ventina di minuti in auto iniziamo finalmente la nostra passeggiata. Procediamo in fila indiana, i ranger sono davanti a tutti armati di fucile, a turno ogni dieci minuti l’ultimo della fila passa davanti. Ci è stato raccomandato di non fare rumore, così da permettere ai ranger di sentire gli animali vicini a noi, e di non correre mai, per nessuna ragione. Finalmente un’esperienza diversa, garantisco che vedere gli animali dall’auto oppure a piedi cambia completamente la sensazione che si prova nell’avvistamento, l’auto è un rifugio, a piedi ci si sente vulnerabili. Ad altezza del terreno c’è ancora la nebbia, incontriamo delle giraffe che con il loro lungo collo la bucano e dall’alto ci spiano. Sono degli animali curiosi. Quando riprendiamo a camminare per un lungo tratto ci seguono. Nella nebbia vediamo anche degli gnu, ma sono abbastanza lontani. Camminando calpestiamo escrementi di tutti i tipi, Jambo senza problemi li prende in mano e ci spiega come riconoscere un animale da un altro; dopo un po’ ci fa notare quel poco che è rimasto di una giraffa. A un certo punto, a qualche decina di metri da noi scorgiamo 5 leoni, 3 femmine e 2 maschi. Mi sento tranquilla, i ranger sembrano conoscere il fatto loro. Ci ritroviamo ad inseguirli, noi dietro armati di videocamere e macchine fotografiche, loro davanti a chiedersi che cosa vogliono quegli otto scocciatori. Riprendiamo le nostre ricerche, io sono di turno dietro. Ad un certo punto un serpente, non molto grande, mi passa vicino. Facendomi violenza riesco a non urlare, ma, io che ho paura anche dei lombrichi, non riesco a non scappare. La scena è fantozziana, gli altri non sanno che sta succedendo, io corro e loro dietro di me. Mai correre, per nessun motivo. Ricordate? Jambo non mi sgrida, prima di iniziare il morning walk gli avevo detto che avevo paura non di leoni, ma dei serpenti. I ranger si mettono a cercarlo, la ragazza pretenderebbe da me una descrizione. Figuriamoci!! Rientriamo al camp, raccogliamo le nostre cose e ci trasferiamo al Mopani. Vediamo ancora molti elefanti, tra cui due che si scontrano fra di loro, e uno intento a fare il bagno, e poi un grande branco di gnu, e dei babbuini. Al Mopani ci arriviamo a mezzogiorno, ci sistemiamo e rifacciamo una lavatrice perché i pantaloni che abbiamo usato al morning walk sono tutti inzaccherati. La casetta che abbiamo prenotato è spaziosa e molto accogliente. Il pernottamento di domani è fissato all’Ingwe Game Lodge, la riserva privata che ci ha prenotato l’agenzia. Pensiamo di prepararci l’itinerario, ma ci accorgiamo che l’unico indirizzo che abbiamo è Ingwe Game Lodge – Sudafrica. E’ un po’ pochino, la Hoteplan si è dimenticata di metterci l’indirizzo (dettaglio direi di non poco conto). Contattiamo telefonicamente la Hotelplan che ci invia prontamente un fax con la piantina e le indicazioni per raggiungere la riserva. Riprendiamo l’auto e riprende anche la nostra caccia agli animali, fino alle ore 16,00. Passiamo il tropico del capricorno, vediamo due splendide zebre, due bellissimi kudu e tre elefanti di cui uno in strada che ci viene incontro (e Andrea innesta prontamente la retromarcia). Il paesaggio è cambiato, c’è savana, anche oggi è stata una giornata caldissima e abbiamo anche oggi la fortuna di un meraviglioso tramonto. Da casa abbiamo prenotato un night drive per cui arriviamo presto a cena. La lentite (ricordate?) è una malattia diffusa in Sudafrica e nonostante l’anticipo con cui andiamo a cena e le nostre richieste al cameriere di fare presto ci ritroviamo a mangiare una enorme bistecca in tre minuti netti (approposito, da quando siamo nei parchi è completamente sparita dai menu la carne di struzzo, di kudu, di bontebok…). Il night drive è assolutamente sfortunato, di animali notturni vediamo un ragno (immaginate le dimensioni di un ragno che si riesce a scorgere dall’alto dell’auto?) e una civetta. 24 agosto – arriviamo alle ore 12,00 all’Ingwe Game Lodge (www.Ingwelodge.Com e-mail ingwelodge@global.Co.Za). Siamo in tutto in sei ospiti, non solo, siamo sei ospiti italiani. La camera che ci hanno dato è carina, ma certamente non all’altezza della piccola fortuna che costa, anche se mi conquistano subito visto che ovunque è cosparsa di fiori di bouganville. Alle 13,30 è previsto il pranzo, e poi alle 16,00 parte il primo dei game drive che faremo. La prima impressione della riserva è negativa, al Kruger avevamo visto molti più animali, qui gli avvistamenti sono piuttosto rari. Le uscite vengono fatte con un’auto in cui sopra il paraurti anteriore, sul lato sinistro esterno c’è un seggiolino che permette a Morris, il nostro tracker, di seguire le tracce per meglio individuare gli animali. La capacità di Morris di restare in equilibrio sul quel seggiolino ha dell’incredibile… Nel corso del game drive il nostro ranger, Anthony, ci porta a vedere da vicino i leoni che durante il giorno sono soliti riposare in un letto di fiume asciutto, ma che delusione, uno ha il collare… Scopriremo poi che il collare serve a monitorare il gruppo, in quanto emette un segnale che comunque non può essere raccolto a più di 200 metri di distanza. Dopo un po’ Anthony ci fa fare un’altra sosta e a piedi ci fa raggiungere una piccola collinetta in cui ci sono due ghepardi che stanno riposando. Per il resto siamo piuttosto sfortunati – ci consolano con un aperitivo alla luce del tramonto – rientriamo alle 19,40 e ci prepariamo alla cena, che sarà all’aperto, a lume di candela. La cornice è spettacolare, anche se non è proprio caldissimo, la cena è passabile.

25 agosto – la sveglia suona alle ore 6,00 e dopo una piccola colazione alle 6,30 siamo pronti per una nuovo game drive. Oggi la giornata è decisamente più fortunata, scorgiamo quasi subito un gruppo di una decina di elefanti tra cui un piccolo di una settimana, e poi vediamo un waterbook, e degli ippopotami. La differenza con il Kruger sta nel fatto che qui esiste il lavoro di squadra, ogni avvistamento viene segnalato con la ricetrasmittente ad una centrale in modo che anche altri gruppi possano godere dello stesso spettacolo (la gara in ogni caso consiste nel fare il primo avvistamento). In più qui le macchine sono molto più piccole e vanno veramente dappertutto, non si limitano a stare sui percorsi segnati. E poi è molto interessante ascoltare i racconti di Anthony sugli animali che incontriamo. Rientrati alla riserva decidiamo di saltare la colazione e andiamo a riposare fino alle 12,00. Alle 13,30 c’è il pranzo. Facciamo poi conoscenza con la mascotte della riserva, Citwa, un ghepardo di sette mesi che è cresciuto in cattività. E’ docile e buono, gioca con la palla e beve da una bottiglia che tengo in mano come fosse un biberon. In più fa le fusa come fosse un gatto quando lo si accarezza. Alle 15,30 partiamo per un nuovo game drive. Scorgiamo nuovamente gli elefanti, e poi due rinoceronti, zebre, gnu, una leonessa a caccia, tre leoni. La centrale segnala la presenza di un leopardo, lo cerchiamo a lungo, ma senza risultato. Il leopardo resterà il tassello mancante alla nostra collezione di big five. Ci consoliamo pensando che avremo con questo una scusa per motivare un’eventuale nostro ritorno in Sudafrica. Visto lo scarso successo con la ricerca del leopardo dopo la consueta pausa tramonto-aperitivo, Anthony ci trascina alla ricerca delle iene che sono appena state avvistate. Raggiungiamo il luogo dell’avvistamento dopo un percorso incredibilmente fuori strada. Ad un certo punto ci ritroviamo in mezzo al bosco con la macchina in panne e con la ricetrasmittente fuori uso. Devo ammettere che la calma serafica che contraddistingue sempre il nostro ranger inglese è scomparsa. Anthony e Morris si danno da fare a cambiare fusibili all’auto, mentre noi cerchiamo di stare il più possibile immobili e silenziosi. Immaginate cosa si possa provare quando si è nel buio più totale, potenzialmente molto vicini a delle iene, in ogni caso con una macchina praticamente aperta all’interno di un bosco pieno di rumori di animali? Dopo qualche decina di minuti da brivido finalmente il guasto è riparato e possiamo ripartire. Sarà l’argomento principale della conversazione della cena, che anche questa sera sarà sotto le stelle e accanto ad uno scoppiettante falò. 26 agosto – anche oggi partiamo alle 6,30 per il consueto game drive, durante il quale avvistiamo tre rinoceronti bianchi, delle giraffe, un waterbock, degli gnu, delle zebre e i leoni, questa volta abbiamo la fortuna di vedere un piccolo e anche il dominante. Vedere i leoni è già emozionante, ma vederli così da vicino come oggi e soprattutto vedere il maschio dominante lascia senza fiato. Anthony è una persona estremamente disponibile, una collega è in panne e non esita con l’auto a farci scendere da una collinetta di sabbia per acquisire velocità e spingere (speronandola) la macchina della ranger in difficoltà. Divertente, meglio di Gardaland… Anziché tornare come di consueto in auto alla riserva oggi ci aspetta una passeggiata. Amo camminare, Anthony ci illustra le diverse conformazioni del terreno, ci fa notare le particolarità di molte piante, ci spiega come riconoscere gli animali dalle tracce sul terreno. E’ tempo di lasciare la riserva, dopo una lauta colazione alle 11,00 salutiamo tutti (Citwa compreso) e partiamo direzione Blyde River Canyon. Dopo molti giorni di sole oggi il cielo è grigio e nuvoloso e c’è parecchio vento. Ci fermiamo a guardare il paesaggio delle Three Rondavels, la valle che si apre ai nostri piedi è molto bella, peccato solo che il tempo non sia dei migliori per apprezzare il panorama E infatti le vedute dagli altri punti panoramici di God’s window e da Wonder wiew non dicono molto, probabilmente con il sole tutto cambierebbe prospettiva. Volevamo fermarci a dare un’occhiata a Pilgrim’s Rest, ex città mineraria ora museo nazionale, invece in ogni dove ci sono persone che aspettano solo che tu parcheggi per lavarti l’auto e la cosa ci indispettisce a tal punto che decidiamo di non fermarci . Abbiamo scelto Lydenburg per l’ultimo pernottamento, l’unico che non avevamo prenotato da casa perché non sapevamo dove saremmo stati. Per questa notte ci ospita la Longtom Farm Guest House, per 380 rand ci danno una carinissima dependance dove affronto la questione valigie (devo riuscire a fare stare in valigia tutto ciò che via via abbiamo comprato, ma ho scordato a casa la bacchetta magica e quindi l’esercizio diventa piuttosto impegnativo). Finché io sono occupata con la questione valigie ad Andrea non sembra vero di poter avere finalmente la TV per guardare qualcosa delle olimpiadi. In effetti, riflettendo, abbiamo vissuto le ultime due settimane completamente isolati, senza Tv e senza giornali non abbiamo idea di che cosa sia successo nel frattempo nel mondo… Anche qui, nella nostra ultima sistemazione, i padroni di casa sono bianchi e il personale di servizio è nero, e come al solito sono tutti molto ospitali e gentili. La padrona di casa ci prenota la cena al Fusion Flavour Bistro, un ristorante veramente carino ricavato all’interno di una chiesa, dove ceniamo a lume di candela. 27 agosto – Anche oggi la giornata è molto ventosa ed è nuvoloso, abbiamo chiesto di poter dormire un pochino in più per cui lasciamo la nostra sistemazione alle ore 10,15. Facciamo una sosta all’ufficio postale di Lydenburg per acquistare dei francobolli e poi ci dirigiamo con molta calma verso l’aereoporto di Johannesburg dove la sera abbiamo l’aereo di ritorno per Milano. Sbrigate le solite formalità di rito per il pieno di carburante e la restituzione dell’auto ci presentiamo al check-in verso le 16,00. Nonostante il clamoroso anticipo (il nostro aereo è previsto alle 20,10) i posti finestrino sono già tutti occupati. Trascorriamo le ore che ci separano al volo di ritorno per scrivere le ultime cartoline e per gironzolare tra i vari negozietti di souvenir. L’aeroporto è affollatissimo e ovunque si sente parlare italiano. Possiamo definirci dei buoni viaggiatori, ma non ho ricordi di avere mai trovato così tanti italiani in un paese estero. Il viaggio sarà tranquillo e alle 6,30, in orario, atterriamo a Milano Malpensa.

Un bilancio? Il Sudafrica viene definito paese arcobaleno ed in effetti abbiamo provato molte e differenti emozioni. Nel visitare il sud avevamo occhi e orecchi riempiti dall’oceano, dai colori e dai magnifici paesaggi incontrati, ma mancava qualcosa, mancava l’Africa. Nella parte nord, dove i bianchi erano pochi, c’era la natura e c’erano gli animali, ma la nostra vacanza si riduceva a questo, a cercare gli animali, a spostarci in auto per raggiungere un parco e a guidare ancora per guardare gli animali. E poi, vita monastica, ritmi della giornata scanditi dal sole, sveglia all’alba e nanna alle otto di sera; nei parchi nessuna alternativa nella scelta dei ristoranti e nessuna possibilità di uscire dopo cena anche solo per un gelato. Il Sudafrica è anche la contraddizione costituita dalle case dei bianchi con sbarre alle finestre, recinti di filo spinato e cartelli “attenzione, risposta armata” e poco lontano le distese di baracche di lamiera delle township. Oppure ancora peggio, il Sudafrica è in quei vergognosi cartelli che si trovano ancora ovunque e che recitano “Right of admission reserved”, a ricordare che l’apartheid non è poi un passato così lontano. Ma il Sudafrica è anche uomini e donne sempre ai margini della strada a camminare con il rischio di essere investiti perché al buio risultano invisibili , è una cucina gustosa, una natura così struggente da rendere ubriachi.



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