Argentina embarazada di 20/12/04 – 7/1/05
Atterriamo a Buenos Aires il 20/12/04 alle 7 di mattina puntualissimi, all’aeroporto troviamo ad attenderci Nora e Carlo (primi cugini di mio papà) e il loro figlio Gastone. L’emozione nel rivederli è tanta, in un secondo sembrano dissolversi i 7 anni in cui li abbiamo salutati a Malpensa diretti a BS.AS! Il primo impatto con l’Argentina è il traffico, quello dell’autostrada che ci porta al quartiere Florida, quell’indirizzo memorizzato da decenni e che tutte le volte mi portava a chiedermi “Chissà perché Florida?” e pensavo agli USA piuttosto che all’Argentina. Mi fa un certo effetto leggere il numero civico 1945 sulla porta di casa, quante volte l’ho scritto sulla busta… Il pranzo è già Argentina, ne prendono parte altri parenti (alcuni mai visti prima e conosciuti solo per nome, altri conosciuti per poche ore anni fa in Italia), si parla in spagnolo e italiano, i discorsi ricordano i nonni emigranti. Assaggio per la prima volta le EMPANADES e mi piacciono un sacco, entro breve diventeranno il mio cibo preferito.
Neanche il tempo di smaltire la stanchezza e siamo di nuovo in volo, diretti alle Cascate di Iguazù.
Prima della partenza avevo visto reportage, cartoline, fotografie ma la visione in prima persona di queste cascate va oltre ogni immaginazione, le definirei IMMENSE! Per il nostro soggiorno, abbiamo scelto l’Hotel Sheraton, l’unico albergo che sorge direttamente dentro il parco. Dal punto di vista ambientale è uno scempio, ma la nostra camera al 3 piano con vista Cataratas è impagabile.
Come primo assaggio, ci buttiamo sul trenino gratuito che percorre buona parte del lato argentino, noi scendiamo alla “stazione” Garganta del Diablo, da dove inizia un intreccio di passerelle che arrivano proprio davanti alla bocca delle cascate di Iguazu’: la Garganta del Diablo appunto!. Ci sorprende un temporale e così non possiamo godere appieno della visione. Torneremo nei prox giorni.
Il parco è ben organizzato, ci sono i sentieri segnati e un intreccio di passerelle che permettono di arrivare proprio sotto le cascate.
La sera dal mio letto sento il rumore delle cataratas e la mattina appena apro gli occhi sposto le tende e vedo le cascate li davanti: incredibile. Peccato che piova! Abbiamo deciso di visitare il lato brasiliano e non sarà certo un temporale tropicale a fermarci.
Non voglio il solito giro organizzato, così prendiamo il collettivo (leggi autobus in italiano) che dall’hotel ci porta alla cittadina di Porto Iguazù. L’autista ci recupera un amico taxista che per un tot. Di 60 pesos (circa 15 €), ci accompagna all’ingresso del lato brasiliano, ci attende che concludiamo la visita e ci riporta. Accetto, anche perchè in albergo mi avevano chiesto 100 pesos a persona. Il lato brasiliano è altrettanto organizzato con bus che ti accompagnano alla passerella, ma la visione è migliore dall’altro lato.
Dopo 2 ore il nostro taxista Miguel ci riporta a Porto Iguazu’, cittadina che vive con il turismo delle cascate. Qui acquistiamo un presepe di 20 pezzi a 20 pesos (5 €) da una coppia di ragazzini max 16 enni dove lei è embarazada (leggi incinta), mi fanno tenerezza e credo che i nostri soldi siano andati a buon fine.
L’ultimo giorno a Iguazù, decidiamo di ritornare alla Garganta del Diablo che, con il sole, è spettacolare e penso alle parole della Genesi dove si parla della creazione del mondo da parte di DIO, che alla fine del sesto giorno vide tutto quello che aveva fatto e pensò che era molto buono.
Terminiamo con la traversata del rio e l’approdo all’isola S.Marten, in cui veniamo invasi dai Mosquitos (indispensabile l’autan che abbiamo dimenticato), dove una scala ci permette di approdare sotto all’ennesima cascata.
A metà pomeriggio saluto Iguazù e provo una sensazione che mi è capitata pochissime altre volte nella vita, la sensazione che questo sia un arrivederci, qui ci ritornerò quando visiterò la Patagonia: ormai l’ho promesso a qualcuno e le promesse vanno mantenute! All’aeroporto di Buenos Aires ci attende il cugino Michelangelo con la moglie, che ci regolano un tour in macchina di 2 ore per la capitale. La città mi ricorda Madrid e mi sorprende per gli spazi verdi, i viali alberati, le case coloniali, le enormi strade. Durante il tragitto, scopro che i nostri cugini conoscono Berlusconi, mai ignorano chi sia Ciampi e credo che sia così per buona parte degli argentini.
E’ NAVIDAD! Proprio vero, paese che vai, tradizione che trovi. Qui in Argentina si festeggia la Noche Buena, ossia la vigilia di Natale e così la cena del 24 mi sembra Capodanno. Iniziamo a cenare alle 23 ( per me tardissimo) e alle 24 i figli del cugino Edy attendono papà Noel e scartano i regali, mentre Buenos Aires è un tripudio di fuochi d’artificio e gente per strada.
Piove su questo Natale argentino, forse per avvicinarmi all’Italia da cui mi giungono notizie di pioggia e freddo pungente.
Certo è un Natale diverso, per me abituata all’abbuffata del pranzo del 25, qui invece la tradizione prevede ravioli in brodo. Diverso anche perché metà delle persone a cui tengo sono vicine a me fisicamente, ma l’altra metà è rimasta in Italia.
Non mi voglio perdere la S.Messa, anche se in spagnolo. Alla fine della funzione religiosa il prete saluta me e i miei genitori in italiano: sorpresa, è stato 3 anni in Italia.
Siamo di nuovo in aeroporto, destinazione Salta e ci arriviamo con 1 ora di ritardo. Il nostro “remise”(taxista) che ci attende, rende piacevole questa giornata iniziata male. Mi fa credere che l’escursione della mattina successiva inizierà alle 6; io spalanco gli occhi incredula e lui si mette a ridere. Questa popolazione è fantastica, sempre allegra nonostante i problemi economici e sociali ancora presenti.
L’Hotel Salta, ubicato sulla piazza principale, è un vero gioiellino coloniale e la stanza tripla è un mini appartamento.
Salta mi ricorda S. Cristobal de Las Cascas (Mexico), stesse chiese colorate, stesse viuzze, stessa piazza! Non possiamo perderci la teleferica, che ci regala un panorama mozzafiato di questa cittadina situata in una conca circondata da montagne verdissime.
Prima della doccia, ci imbattiamo in un mercatino locale e, come ci aveva anticipato il nostro simpatico remise, noto che qui le famiglie sono tutte numerosissime, bambini ovunque e moltissime donne sono embarazadas: i pancioni spuntano da ogni parte! Quasi impressionante.
La sera “dalla casa di Internet “ (leggi Internet Point) apprendo dell’immane tragedia che ha colpito il sud-est asiatico e penso che anch’io sono un turista come quelle persone che erano li per trascorrere le feste e che non tornerrano… Questo è il nord-ovest che mi aspettavo, il mini tour individuale ci permette di godere appieno delle bellezze di questa zona.
Si inizia con la Quebrada del Toro, ossia il canyon in cui scorre il fiume Toro. E’ impressionante perché le montagne che cominciano verdissime, diventano successivamente brulle e coperte solo da cactus, che qui sono immensi e numerosissimi.
Le sorprese sono solo all’inizio.
Dopo 2 ore di sterrato arriviamo ad un’immensa salina, ci entriamo con la jeep e io non posso evitare di sedermi sopra il sale e immortalare il momento con una foto.
Nel nulla di questa salina, due bimbi vendono souvenir ricavati dal sale, ne acquistiamo alcuni da uno dei due, convinti che siano fratelli. Il bimbo rimasto senza vendite si rattrista e mia mamma subito provvede ad un altro acquisto.
Dalla salina arriviamo al villaggio di Purmammarca, attraverso la montagna dei setti colori, uno spettacolo di colori, che passa dal rosso, al verde, al blu, al marrone, al giallo! Veramente incredibile, così come è incredibile il villaggio di Purmammarca, incastonato tra queste montagne colorate, le cui case sono costruite solo con mattoni di terra. La guida ci spiega che qui non piove mai e se dovesse succedere tutto verrebbe spazzato vai.
L’albergo che è stato scelto per noi è “El Manantial del Silencio” (www.Hotelmantial.Com.Ar), bellissimo e lussuoso, ma mi appare esagerato ed eccessivo rispetto ala semplicità e alla povertà del luogo.
Purmamarca la mattina seguente è ancora più bella, con la luce del sole che ravviva queste montagne dai sette colori, che penso rimarranno per sempre scolpite nella mia mente.
Lo spettacolo continua con la Quebrada di Humauaca e con l’omonimo villaggio, bello per la sua semplicità, fatta di piazza, chiesa, viuzze e naturalmente bimbi e donne embarazades ovunque. Il museo locale conserva 2 mummie: dove le avranno recuperate??? Di ritorno a Salta, ci fermiamo a Tilcara, stessa “linda” semplicità, stesse case basse e stessi colori.
Visitiamo anche El Pulcara, la ricostruzione di un villaggio precolombiano, che merita una visita solo per l’incredibile vista sulla Quebrada.
Ho ancora l’acquolina in bocca della cena alla “La Vieja Estacion” (Balcarce, 885 – Salta), dove ci siamo rimpizzati di empanadas, tamales e humitas, le specialità saltiane, imperdibili. Ciò che poi sorprende qui in Argentina sono i prezzi, tutto è baratto (economico) e con 5 € la cena è garantita.
La nuova mattina saltiana è triste. La tragedia del sud est asiatico è sempre più è epocale, con milioni di morti e interi paesi scomparsi e zone da ricostruire; a questo si aggiunge la notizia della perdita di una nostra carissima amica, portata via da un tumore in 20 gg.
La vita però deve continuare e così con la tristezza nel cuore e con pochissima voglia, incontriamo la nostra guida per l’escursione verso Cafayate. Il paesaggio è ancora più bello di quello dei giorni precedenti, perché la Quebrada di Cafayate è un immenso canyon colorato, dove il vento e l’acqua hanno eroso la roccia portandola ad assumere forme particolari. Incontriamo così l’anfiteatro, il frate, il castello, la Garganta del Diablo, e tanti altri. La cosa più impressionante però rimangono i colori, inspiegabili e le stesse cartoline non rendono l’immagine “dal vivo”.
Paghiamo 100 pesos in aggiunta e prolunghiamo l’escursione fino alle rovine precolombiane di Quilmes, in parte originali e in parte ricostruite. Il sito è praticamente deserto, e io e papà, nonostante la pioggia, ci avventuriamo fino alla cima da cui si capisce l’enorme quantità di costruzioni che dovevano esserci originariamente e la posizione eccezionalmente strategica. Qui, come mi era successo in Mexico prima e in Ecuador dopo, rimango stupita per la precisione della costruzione e per l’ubicazione di questi siti archeologici.
Siamo all’ultimo giorno a Salta, dedicato come consuetudine allo shopping e …Caldissimo. Mi mangio quelle che per me rimarranno le migliori empanades argentine, al ristorante “Dona Salta” (www.Donasalta.Com).
Mi spiace lasciare il nord-ovest , perché è l’Argentina che avevo sognato e preparato e mi ha dato molto di più di quello che mi aspettassi.
Il ritorno a Buenos Aires è caldissimo, il termometro segna 30 gradi e non mi sembra proprio di essere al 31 di dicembre.
Questo insolito 31/12 lo dedichiamo al colorato quartiere della “Boca”, quello in cui si rifugiavano nei tempi andati, gli emigranti italiani appena sbarcati nel nuovo mondo. Oggi, da una parte c’è la zona del Caminito, con i suoi colori, gli artisti di strada, i negozi di souvenir (quanti ce ne sono), ma allontanandosi un po’ la povertà è ancora ben visibile nelle case di lamiera, si colorate ma anguste e essenziali.
Facciamo i turisti e pranziamo in un pizzeria con show di tango e io e papà ci immortaliamo rispettivamente con tanghero e tanghera.
Dopo uno strano Natale, un insolito Capodanno, festeggiato con cena fredda (il caldo non permette diversamente) in giardino e con una tavolata di 20 persone. Allo scoccare della mezzanotte è un tripudio di fuochi d’artificio e di dolci sulla nostra tavola.
A fatica ci riprendiamo dai festeggiamenti per il nuovo anno e riprendiamo la vita da turisti, avventurandoci nelle pampas (l’inizio, quelle vicino a Buenos Aires). Il cugino Gastone e la fidanzata ci fanno da guida a S.Antonio da Areco, dove regna incontrastata la figura del Gaucho. In realtà in questo 2 gennaio è un paese deserto e con negozi chiusi, causa festa della notte precedente conclusasi alle 5 di mattina. La delusione è tanta, accresciute dal caldo che è sempre più oppressivo: siamo oramai a 35 gradi! La giornata viene in parte riscattata con la visita dell’Estancia la Cinacina, dove finalmente vedo i Gauchi! La sera a cena, in casa dei nostri cugini, Nora ci racconta qualcosa della storia argentina e dei tempi duri della dittatura, e mi rendo conto che non sono trascorsi tanti anni da quei terribili giorni.
E’ il 4 di gennaio e siamo oramai agli ultimi miei giorni argentini e così è giunto il momento di confermare il volo. L’Aerolineas Argentina mi fa un brutto scherzo, posticipandomi il volo dalle 15 alle 22 e aggiungendomi uno scalo a Parigi, sarò costretta a farmi BS.AS- Madrid-Parigi- Malpensa e devo precipitarmi presso i loro uffici a cambiare il biglietto.
Mai successo!! Risolte le formalità che mi permetteranno di ritornare in Italia, prendiamo il Tren de la Costa che porta direttamente alla foce del Delta del Rio della Plata ,il fiume marrone di BS.AS. ( non scherzo, è veramente marrone!). Questo treno è un esempio di modernità e ogni stazione è costruita in stile inglese.
Nostra cugina Nora ha prenotato per tutti quanti la navigazione di 2 ore che ci permette di esplorare buona parte del Delta. Il paesaggio è inizialmente ricco di vegetazione, all’interno del quale sono state costruite casette in legno ognuna delle quali con il proprio molo. Verso la fine, invece, è il regno delle mangrovie e dei relitti di nave.
Meno 2 gg alla partenza e ancora una volta ci buttiamo nel centro di BS.AS, talmente grande che non si finisce mai di visitarlo e di fare acquisti, qui i prezzi sono incredibilmente cheap, soprattutto quelli dei capi firmati!! Non posso partire senza salutare Silvia, la mia tour operetor personale in Argentina, la persona che con grande efficienza mi ha organizzato i tour a Iguazù e nel nord-ovest. Consiglio la sua collaborazione a quanti, leggendo questo racconto, verrà la voglia e la curiosità di visitare questo paese.
Caldo, ancora caldo, non ci da pace. Il termometro ha toccato i 41 gradi. Nora e Carlo dicono che non è normale, da decenni non c’era così mucho calor. Penso alle case di metallo che si vedono ai bordi della ferrovia, con questa temperatura saranno dei veri e proprio forni. Cambiano le nazioni, ma la povertà è sempre la stessa, avevo pensato le stesse cose quest’estate vedendo le baraccopoli di Cape Town.
Per ripararci dal caldo, scegliamo di trascorre la giornata al giardino-parco 3 di Febbraio nel quartiere Palermo. Iniziamo con la visita allo zoo, che mi rattrista, gli animali sono tenuti in gabbie strette e naturalmente sono stremati dal caldo.
Allo zoo e al parco, di nuovo bambini e donne embarazades ovunque, servirebbe questo alto numero di maternità in Italia.
Il giardino è molto bello, ma il caldo è opprimente, nonostante l’ombra delle piante.
Voglio concludere questa ultima giornata da turista, ritornando a Plaza de Mayo, dove il giovedì si riuniscono le madri di Plaza de Mayo. Ne trovo però solo due! Per l’ultima sera le mie cugine mi portano nella movida argentina, che in realtà è ridotta ai minimi termini, a causa dell’incendio di una discoteca di BS.AS che ha provocato quasi 200 morti.
Rientro a casa alle 2, fa ancora caldo, ma accidenti non c’è corrente elettrica e quindi anche le pale del ventilatore non funzionano…La notte è dura e afosa! Incredibilmente, mi viene regalata la pioggia nell’ultimo pomeriggio a Bs.As e così la temperatura si abbassa di qualche grado e rende meno faticosi i miei preparativi per la partenza e la “vestizione invernale” per l’Italia: qui ci sono 37 gradi ma la siamo fermi a 3!!! Con un po’ di ritardo rispetto al previsto, il volo della Aerolineas Argentina decolla da Bs.As e dal finestrino è un esplosione di colori.
Lascio in Argentina i miei genitori che si godranno ancora 15 gg di questa meravigliosa terra. Saluto Nora e Carlo, credo che questo sia un arrivederci e non un addio all’Argentina, perché ho promesso di tornare in Patagonia e le promesse vanno mantenute! Un grazie sincero ai miei genitori che mi hanno sopportato anche durante i giorni no, ai miei cugini per l’ospitalità offerta, a tutte le persone a me care che hanno sentito la mia mancanza durante le festività natalizie e che hanno reso il mio ritorno in Italia gioioso e vitale.
Claudia