Algeria.. Il fascino del Sahara
Appena passata la dogana algerina notiamo subito la presenza forte del grande padrone del paese: Il Sahara ! Il piccolo nastro di asfalto si insinua fra poderose dune che coprono anche gli stessi pali della luce creando un paesaggio particolare. Arriviamo subito all’oasi di EL OUED, piccolo insediamento urbano dove si può subito cambiare del denaro e rifornirsi di scorte alimentari. Ne approfittiamo subito per mangiare un ottimo cous cous presso un nostro vecchio amico algerino, conosciuto nei viaggi algerini degli anni ’80. Notiamo che la popolazione e’ curiosa verso lo straniero e cerca in tutti i modi di aiutarlo e conversare con lui. Purtroppo il turismo nel paese in questi ultimi dieci anni e’ crollato vertiginosamente e l’isolamento verso l’occidente si e’ fatto sentire. I giovanissimi cercano più di tutti di parlare con il turista od almeno scambiare dei gesti, perché sono coloro che sono cresciuti durante il suddetto periodo di crisi, senza contatti diretti con lo straniero e bisognoso di uno scambio cultuale. Riprendiamo il cammino verso sud tramite un asfalto deteriorato, superando montagne e colline senza mezzi termini, direttamente tramite delle enormi salite e vertiginose discese…Viene da pensare che non si possano perdere soldi e tempo a costruire delle “costosissime” curve per alleviare le pendenze ! Attraversando i vari paesi ed oasi più o meno grandi vedo con piacere che nulla e’ cambiato nell’architettura e nei ritmi di vita di venti anni fa, quindi inizio a pensare che questo isolamento turistico ha avuto almeno il vantaggio di conservare intatti i loro costumi ed usanze, discorso che non si può assolutamente sostenere, per esempio, con la Liba di Gheddafi, orami modernizzata ed organizzata all’inverosimile.
Di altopiano in valle arriviamo ad HASSI MESSAOUD, centro industriale che trae vita dagli innumerevoli pozzi petroliferi e di gas che proliferano nel deserto circostante. Praticamente il villaggio e’ un’enorme dormitorio dove si alternano gli operai di tutte le nazionalità, dipendenti di tutte le più grandi Società petrolifere mondiali. Il centro non offrirebbe nessun motivo di sosta se non fosse per la richiesta di permesso per circolare nel sud del paese, da effettuarsi presso il posto di Polizia. In pochi minuti otteniamo il visto e via giù diretti verso l’incrocio storico e tanto caro al viaggiatore sahariano : l’incrocio dei “4 Chemini”. Qui ci accoglie un piccolo nucleo militare che controlla i nostri permessi e che…Ci invita a bere il classico the del deserto ! Anche fra i militari l’ospitalità e’ squisita anzi direi maggiore di quella manifestata dai civili, forse frutto del loro maggiore isolamento degli sperduti avamposti territoriali. Il militare in Algeria non ha certo vita facile…Scattate le foto di rito e dopo essersi congedati da loro con delle poderose e cordiali pacche sulle spalle, eccoci finalmente sulla lunghissima pista che ci porterà verso il sud del paese ! Anche qui troviamo delle conseguenze del crollo turistico…Non c’e più traccia della vecchia pista segnatissima e trafficata anche dagli enormi camion da trasporto algerini. La diminuzione dei mezzi, unitamente alla forza degli agenti atmosferici, hanno fatto scomparire quasi completamente la pista ed ora si intravede, a malapena, in alcuni tratti. Prendiamo subito mappa e GPS per tracciare la rotta e non perdere tempo in viziosi giri per quest’immenso altopiano, consumando carburante inutilmente, anche perché il prossimo rifornimento e’ distante più di 700 km ! Viaggiamo per ore senza punti di riferimento e con tracce di vecchie piste che si snodano a 360° che non fanno altro che disorientare. Ci teniamo nella valle principale ai cui bordi orientali abbiamo il gran Erg Orientale e a quelli occidentali dei rilievi rocciosi. L’arrivo alle GOLE DI AMGUID ci conferma che siamo sulla retta via e subito dopo di esse si entra in un’altra valle dove si inizia la guidare su un soffice ed insidioso manto di sabbia ! E’ impressionante l’altezza delle dune che si stampigliano alla nostra destra in contrapposizione dell’enorme falesia alla nostra sinistra, una natura forte e senza mezze misure ma siamo qui per questo. Arriviamo al primo controllo militare presso l’inesistente oasi di AMGUID. Veniamo subito circondati da decine di bambini chiassosi e gioiosi per la nostra visita e subito iniziamo a regalare i primi giocattoli e vestiti che erano stati portati appositamente per queste occasioni, in collaborazione dell’Associazione umanitaria Bambini del Deserto. Un’occasione di festa per le poche famiglie che vivono in questo angolo sperduto di mondo e tutti ci accolgono con mille festeggiamenti compresi gli stessi militari nel loro avamposto. Praticamente siamo la loro unica novità da non so quanto tempo… Congedati dai militari cerchiamo di recuperare il tempo perduto nella sosta perché ben presto il sole inizierà a scendere all’orizzonte ma all’uscita del villaggio praticamente non c’e’ più traccia di pista e quindi vagando per la vallata ci infiliamo dentro un piccolo Erg di dune molto divertente ed eccitante. Questo terreno ci regala decine di chilometri a mo’ di montagne russe, tutte molto dolci ed affrontabili in velocità ! Divertimento alle stelle e qualche insabbiata di troppo. Montiamo il campo in questo scenario da favola, immersi nel grande Sahara lontani “anni luce” dal nostro mondo…Questa si che e’ vita ! Il giorno dopo proseguiamo la scesa verso sud attraversando veri e propri labirinti formati da innumerevoli pinnacoli rocciosi che disorientano e nascondono la visuale generale. Facciamo il punto numerose volte sulla carta dato che vogliamo passare fuori dalla pista ufficiosa e notiamo che ci ritroviamo molto più a est di quello che pensavamo. Proprio per questo fuoripista, però, abbiamo a disposizione degli scenari naturali indescrivibili per bellezza ed unicità. Attraversiamo, per esempio, una valle completamente disseminata di enormi alberi secolari, bruciati dal sole e posti su enormi zolle di sabbia mantenuta solamente dalla forza delle radici, ormai anch’esse rinsecchite. Numerose sono le gazzelle che ci attraversano davanti spaventate dal passaggio dei mezzi ed anche enormi varani i quali, però, incuranti di noi ed intenti alla loro dose di sole quotidiana. Arriviamo, dopo tre giorni di marcia, presso l’unico passaggio che ci permetterà di salire sulla catena montuosa dell’Assekrem. Questo varco naturale e’ praticamente un “buco” largo solamente 2-3 metri fra gli enormi massi e formazioni rocciose che si trovano ai piedi della catena montuosa e quindi non e’ poco l’impegno richiesto per “centrarlo” dopo 400 km di pista su pianori a perdita d’occhio ! Alla vista del passaggio ci rincuoriamo perché solamente questo punto ci assicura di essere sul luogo esatto ed un eventuale errore di navigazione non ci avrebbe consentito di tornare sui nostri passi dato che avevano superato il limite del “non ritorno”, dal punto di vista della scorta carburante.
La salita e’ a dir poco impegnativa ed eccitante perché bisogna guidare con le ridotte all’interno di un sabbiosissimo oued (letto di fiume in secca) in salita senza levare mai il gas per non insabbiarsi ed evitando massi ed alberi disseminati “a macchia di leopardo” davanti a noi. Le imprecazioni e le richieste di aiuto via radio CB si sprecano ed impieghiamo alcune ore per salire fino alla vetta, dove decidiamo di montare il campo per la quarta notte. Il giorno dopo attraverso piste catalogabili come percorsi trial per via delle innumerevoli ostacoli naturali da superare con estrema precisione, arriviamo alla vetta dell’ASSEKREM (2800 mt.) famosa per la bellezza del paesaggio delle sue “canne d’organo”, ossia pinnacoli di roccia che al tramonto si vestono di un arancio fuoco creando uno spettacolo unico al mondo. Proprio su questa vetta si trova l’eremo di padre Focault, eremita religioso di inizio secolo che era riuscito a guadagnarsi la stima ed il rispetto dei Tuareg della zona. Passiamo la serata nell’unico Hotel degno di nota di TAMANRASSET, antichissima oasi ai piedi della montagna, centro carovaniero che sulla spinta del grande turismo di fine anni ottanta aveva perso un po’ del suo antico fascino in nome delle comodità del “progresso”.
Quest’oasi ha ancora del fascino “da vendere”, con i suoi Tuareg che girano a dorso di cammello nelle sue viuzze e con il suo souk ancora con l’antica fisionomia. Certo sono nati anche negozi di souvenir ma purtroppo questo e’ il prodotto del turismo ma l’importante che non si rompa questo delicato equilibrio di tradizione – modernità. Certo l’argento degli antichi monili e’ stato rimpiazzato da leghe “meno nobili” ma comprare un gioiello o una croce del sud nel mercatino fa’ sempre piacere ed acquisterà un valore inestimabile una volta ritornati in Italia.
Riforniti i mezzi di carburante continuiamo il nostro viaggio alla volta dell’oasi di Djanet, distante 700 km. Seguiamo inizialmente la pista principale che attraversa un’immensa vallata di sassi neri e canyon devastati dalle rare piogge che si riversano sul terreno con cadenza annuale. Arrivati al FORTE SERENOUT, della Legione straniera ma attualmente occupato dai militari algerini, ci stacchiamo da questa pista per dirigersi verso est in direzione dell’ ERG ADMER. Navighiamo per un giorno intero su immensi pianori dove unico confine a vista e’ la sabbia ed il cielo ! Incrociamo centinaia di tracce di 4×4 che si dirigono a sud, fuori dal confine algerino, ed usate ancora oggi dai contrabbandieri di manovalanza nera, sigarette ed altre preziose merci. Alla fine del primo giorno di navigazione attraversiamo un immenso catino sabbioso con una curiosa formazione rocciosa nel bel mezzo che avvistiamo da decine di km prima. Avvicinandosi a questa roccia notiamo con stupore che e’ formata solamente da 4 enormi blocchi che anticamente svolsero la funzione di…Scogli ! Notiamo infatti alla loro base moltissimi formazioni coralline e conchiglie fossili… Il fascino del Sahara e’ indiscutibile ! Arriviamo dopo due giorni di marcia ai piedi dell’unico passaggio affrontabile per superare l’ Erg Admer: l’enorme DUNA TAHORT alta più di 200 mt ! Logicamente il punto di riferimento e’ il classico relitto di una 4×4 e da qui iniziamo la lenta risalita con i motori imballati, cercando di cambiare continuamente traiettoria per non rimanere insabbiati e recuperare un po’ di slancio. E’ un elegante zig zag di mezzi ma molto pericoloso per via di eventuali incroci di traiettoria. Una volta in cima si procede fra enormi vallate sabbiose e durante un disinsabbiamento di un mezzo rinveniamo, sepolta sotto le sabbie, una tanica usata per il trasporto di carburante datata 1947 ! Indubbiamente il deserto custodisce gelosamente i suoi tesori… Arriviamo in serata all’oasi di DJANET, la perla del Tassili ! Con piacere constatiamo che qui tutto e’ ancora genuino e non “modernizzato”. Camminiamo nel minuscolo souk incontrando solamente abitanti del luogo e passiamo un paio di giorni seguendo i loro ritmi di vita. I discendenti degli antichi e fieri Tuareg si muovono oggi su vetuste Toyota o Land Rover ma non hanno perso il loro fascino di “Signori del Deserto”. E’ sorprendente come si possa ancora girare tranquillamente per le viuzze dell’oasi e nei vari negozi di artigianato senza essere importunati o assaltati da curiosi e venditori. Singolarissime ed affascinanti sono le escursioni presso i numerosi siti con graffiti rupestri risalenti all’era durante la quale tutta la zona era rigogliosa e verde…Un contrasto stridente con il paesaggio desertico attuale. Tramonti di un rosso inverosimile dipingono ogni tardo pomeriggio tutta la valle ed i rilievi montagnosi regalandoci la sensazione di essere su un altro pianeta. A questo punto inizia la risalita verso nord ed imbocchiamo per qualche decina di km l’unico stretto nastro asfaltato presente nella zona che, fino ad una decina di anni fa, non era altro che una pista scassa-macchine ricoperta, per centinaia di km, da una terribile tolè ondulè, ossia un corrugamento del terreno formata da microdossi perfettamente intervallati fra di loro, distanti un palmo l’uno dall’altro, sempre molto temuta dai viaggiatori sahariani. Dopo neanche 100 km ci stacchiamo da questo asfalto per seguire una sassosissima pista che si infila all’interno di un canyon arrivando al minuscolo villaggio di IMRHOU, immerso in un sabbiosissimo oued e con una sorgente di acqua calda molto bella. A questo punto tramite le carte topografiche del luogo vediamo che seguendo la vecchissima pista del oued saremmo dovuti sbucare in un’ampia vallata nei pressi di Illizi, nostra prossima meta. Ben presto, però, constatiamo che ormai della vecchia pista ne rimane ben poco e tutto il gruppo si impegna nella ricostruzione dei numerosi pezzi mancanti, trasportati via dalla violenza dell’acqua nel periodo delle piogge. Durante il primo giorno riusciamo a coprire solamente 10 km, impegnandoci in numerosi passaggi trialistici con i nostri mezzi non proprio perfettamente preparati per questo tipo di prestazioni offroad. Durante il riempimento di una piccola voragine troviamo anche la prova dell’antichità della pista: un’enorme roccia con una incisione che riportata la scritta “Cantiere Chantel 1937”… Gli ultimi 40 km si decide di percorrerli direttamente nel sabbioso oued fra insidiosissime pozze d’acqua ed una vegetazione molto fitta. Arriviamo ad ILLIZI dopo 2 giorni di fatiche e ci fermiamo solamente il tempo necessario per riparare le balestre di due fuoristrada che hanno mal digerito la pista appena conclusa.
La mattina dopo si riparte seguendo uno spettacolare itinerario che costeggia l’enorme mare di sabbia del Grand Erg Orientale attraversandolo per una cinquantina di km sulle sue enormi dune. Assistiamo anche allo straordinario fenomeno della fioritura del deserto…Enormi dune coperte di fiori viola e gialli ! Indubbiamente siamo immersi in n’altra dimensione e fare il campo notturno in questo scenario rimane un’esperienza indelebile nei nostri cuori. Incontriamo anche una delle ultime carovane di dromedari che ancora vagano nel Sahara per il trasposto di mercanzie. L’incontro avviene nei pressi di un pozzo situato vicino ad un sito di tombe preislamiche. Durante il the di rito, cerchiamo di parlare con il capo carovana …Ma la discussione non va’ oltre i gesti dato che parla solamente un antico idioma della zona. Riusciamo a stento a capire che subito dopo l’abbeverata delle bestie, dopo 3 giorni di cammino, si sarebbe diretto verso una località che noi non siamo riusciti a trovare sulle nostre mappe. Proseguiamo il nostro viaggio in una natura senza tempo per ricollegarci, dopo il terzo giorno, alla pista che avevamo usato 20 giorni prima, in senso contrario, per scendere verso sud…Eccoci di nuovo all’incrocio dei “4 Chemini”. Praticamente a questo punto la nostra avventura volge al termine ed ora ci attende una rapida risalita verso Tunisi tramite asfalto. Nei giorni che si susseguono si parla alla radio CB solamente delle emozioni forti che ci hanno segnato anche questa volta e dei meravigliosi scenari che il Sahara ci ha permesso di godere. Le mille difficoltà superate hanno fortificato un pochino di più il nostro animo ed hanno fatto crescere questa nostra passione per il deserto ed il suo mondo sincero…In pratica hanno alimentato quello che si definisce generalmente MAL D’ AFRICA ! Torneremo ben presto nel Sahara rispettando i suoi tesori naturali ed affrontando con umiltà la sua immensa potenza perché noi non dobbiamo dimenticare che siamo solamente dei granelli di sabbia… http://www.Dimensioneavventura.Org