..da Palenque al Quintana Roo
Dopo più di due ore, usciamo dal sito e, dopo una breve visita al museo, gratuito, prendiamo un colectivo per il centro di Palenque e da lì in taxi fino in albergo.
Dobbiamo preparare le valigie, oggi pomeriggio abbiamo il trasferimento fino all’aeroporto di Villahermosa . La “Riviera Maya” ci attende per gli ultimi sette giorni di viaggio.
Durante il trasferimento per l’aeroporto abbiamo il tempo di pensare a questi primi 11 giorni in Messico, a quello che abbiamo fatto, e soprattutto, a quello che non siamo riusciti a fare! Diciamo che, per arrivare qua, ci sarebbero voluti altri tre giorni così distribuiti: uno a Città del Messico, per vedere i murales di Diego Rivera e magari il Museo di Antropologia o il bosco di Chapultepec; uno a Oaxaca, per assaporare meglio l’atmosfera della città (sicuramente quella che, fino ad ora, ci ha colpito di più) e andare alle cascate calcaree pietrificate di Hierve el Agua; l’ultimo a Tuxtla Gutierrez o a San Cristobal de las Casas , per navigare nel Canyon del Sumidero a Chiapa de Corzo.
Assorti nei nostri pensieri, non ci accorgiamo quasi che abbiamo lasciato il Chiapas e siamo entrati nello stato del Tabasco, se non fosse per i 2 posti di blocco dell’esercito a cui dobbiamo fermarci lungo il tragitto. Il nostro accompagnatore (molto folcloristico con sombrero, anellazzo d’oro e discreta pancia, insomma un po’ l’immagine stereotipata del messicano) ci spiega che la strada che stiamo percorrendo è molto battuta dai narcotrafficanti e quindi particolarmente sorvegliata.
Il paesaggio è cambiato radicalmente: siamo passati dalle verdi montagne del Chiapas ad una terra completamente pianeggiante, che sembra estendersi all’infinito; dalle temperature piacevoli di San Cristobal ad un caldo soffocante. Arriviamo all’aeroporto di Villahermosa con abbondante anticipo. Il volo parte alle 16,30 e, prima di atterrare a Cancun, l’aereo fa una fermata “intermedia” a Merida. Qui sembra scatenarsi il finimondo, c’è un temporale pazzesco e i primi 10 minuti di volo dopo il decollo sono davvero da brividi, con l’aereo che stenta a prendere quota e sobbalza su e giù…Per fortuna, nel giro di un’ora arriviamo a Cancun sani e salvi. All’uscita ci attende la classica “camioneta” che carica noi e altri 4 ragazzi italiani, di cui 2 napoletani veramente spassosi.
Dopo circa mezz’ora di tragitto, arriviamo alla Posada del Capitan Lafitte, vicino a Playa del Carmen. È buio e l’illuminazione scarseggia, quindi non riusciamo a farci un’idea precisa del posto. Ma, appena arriviamo al ristorante per la cena, abbiamo un pesante shock: la sala è piena di coppiette italiane, presumibilmente in viaggio di nozze come noi… Anche il cibo è strano, non è per niente piccante! Aargh, dove siamo capitati? Dopo 11 giorni di “Messico vero” per noi è un duro colpo. Decidiamo di non farci impressionare troppo, siamo stanchi, è meglio andare a dormire; domani saremo più lucidi per valutare meglio la situazione… 1° ottobre, venerdì : Playa del Carmen Nonostante non abbiamo in programma nessuna escursione per oggi, è tanta l’abitudine di svegliarci presto che alle 7 siamo già in piedi. La camera è carina, con vista sul mar dei Caraibi e , terrazzino dotato di classica amaca e letto con materasso a 3 piazze. Il ristorante apre alle 7.30. Ci sdraiamo in piscina e cerchiamo di individuare qualcuno che abbia l’aria di essere qui da un po’ di tempo per carpire qualche informazione utile e possibilmente dividere gli 80 pesos di taxi che servono per andare a Playa città. La piscina è ancora deserta, ci sono solo 2 ragazzi di Carrara- Elisa e Marco – con cui iniziamo a chiacchierare un po’. Sono simpatici, ma…Sono qui da 3 giorni e non sono ancora usciti dall’albergo! Va be’, qualcosa ci inventeremo.
La colazione è davvero ricca, con tante qualità di brioches e di frutta colorata. Decidiamo di andare subito in spiaggia a rilassarci un po’, ma l’impatto non è dei migliori. L’uragano che ha toccato la zona una decina di giorni fa ha riversato nel mare e sulla sabbia un’enorme quantità di detriti; anche la struttura della Posada è stata danneggiata. Per farla breve, il tanto decantato Mar dei Carabi, che immaginavo trasparente e dalle sfumature turchesi, in realtà si presenta plumbeo e agitato. Io provo ugualmente ad avventurarmi tra le onde, ma il risultato è un taglio nel piede. Optiamo allora per una lunga camminata sulla spiaggia, il sole scotta parecchio. Anna già scalpita, dice che si sente prigioniera, che vuole continuare a girare e a vedere posti nuovi come abbiamo fatto finora. La sera, verso le 18, usciamo dall’albergo per fare 2 passi nella Quinta Avenida, la strada principale di Playa, pullulante di locali, ristoranti e negozi di souvenir. Ci fondiamo subito in un’agenzia di viaggi per prenotare un’escursione, quelle offerte dalla Kuoni (il tour operator che ha l’esclusiva nella Posada) sono troppo care. Detto, fatto: lunedì andiamo a Chichen Itza. Già che ci siamo, compriamo anche i biglietti del bus per andare a Tulum domenica. Anna è soddisfatta.
Tornati in albergo, ceniamo al ristorante (mega buffet) e, come al soltito, andiamo a dormire presto. Questo viaggio non è certo all’insegna della sfrenata vita notturna! 2 ottobre, sabato: Playa del Carmen Anche oggi vita di spiaggia e relax. Il tempo è strano, molto variabile, il cielo si rannuvola all’improvviso e scoppiano brevi, ma intensi temporali. Del resto siamo ancora nella stagione delle piogge. La sera andiamo di nuovo a Playa città insieme a Marco ed Elisa. Compriamo qualche souvenir e ci godiamo la hora feliz in uno dei tanti locali affacciati sulla Quinta Avenida. Anna ormai beve solo margaritas! 3 ottobre, domenica: Playa del Carmen Oggi abbiamo in programma la gita a Tulum, quindi sveglia presto (ma dai!): alle 8.45 siamo già alla stazione degli autobus di prima classe, a Playa del Carmen. Il viaggio dura circa un’ora. Quando arriviamo all’ingresso del sito, il sole scotta parecchio e fa molto caldo. Il posto è fantastico, unico: le rovine di per sé non sono particolarmente degne di nota, in compenso sono ubicate in una posizione spettacolare, a picco su un mare dai colori incredibili. Questo è il Mar dei Caraibi come l’ho sempre immaginato! Dopo la classica visita al sito, popolato da numerose iguane, non possiamo certo perdere l’occasione di fare il bagno in un mare così. Il cielo intanto cambia rapidamente, diventa grigio e minaccioso e nel giro di mezz’ora comincia a piovere a dirotto. Abbiamo giusto il tempo di infilare le giacche a vento e cominciare a correre per trovare un posto dove ripararci. Dopo 15 minuti, le nuvole – così come sono venute – spariscono, il cielo è di nuovo sereno ed il sole caldo. L’unica differenza rispetto a prima sono le enormi pozzanghere per terra.
Lasciamo il sito e ci incamminiamo lungo la strada che costeggia il mare. Abbiamo una missione: trovare la Posada Margherita, una piccola struttura gestita da ragazzi italiani, amici di amici, per portare i saluti di Massimo. Inizialmente ci illudiamo di poter raggiungere il posto a piedi. Dopo mezz’ora di cammino, assaliti da una miriade di fastidiosissimi mosquitos che ci punzecchiano ogni centimetro quadrato di pelle, ci rendiamo conto che è meglio proseguire in taxi. Arriviamo alla Posada che è ora di pranzo. L’accoglienza, considerando il discreto sbattimento per arrivare fino a qui, non è particolarmente calorosa. Va be’, si sa che i genovesi non sono molto espansivi, ma stranamente non lo sono nemmeno i bolognesi. Mangiamo un piatto di taglierini fatti in casa con gamberi, pomodori, pinoli e aglio, davvero ottimi. E carissimi, al momento di pagare il conto: spendiamo l’equivalente di 20 euro a testa, che solitamente ci bastano per mangiare 2 giorni, pranzo e cena. Dopo pranzo sfruttiamo un po’ le sdraio sulla spiaggia e ci godiamo questo splendido mare. Salutiamo i tipi della Posada e – visto che nessuno di loro fa lo sforzo di chiamarlo con il telefono – andiamo alla ricerca di un taxi che ci porti fino al centro di Tulum. Da qui prendiamo un colectivo fino a Playa del Carmen. Abbiamo giusto il tempo di fare 2 passi nella Quinta Avenida, poi ci rendiamo conto di essere abbastanza stanchi e torniamo alla Posada del Capitan Lafitte.
4 ottobre, lunedì: Playa del Carmen La camioneta dell’agenzia di viaggi passa a prenderci in albergo alle 7.30, quindi non abbiamo nemmeno il tempo di fare colazione come si deve, solo una tazza di caffè e qualche biscotto. Oggi abbiamo in programma un giro piuttosto lungo. La prima tappa è Chichen Itza, forse il sito maya più famoso al mondo. Prima di partire, facciamo una sosta in 3 o 4 alberghi per recuperare altri compagni di viaggio, alla fine la camioneta è stracolma. Lungo il tragitto ci fermiamo per visitare alcuni mega-negozi di artesanias: niente a che vedere con i mercatini caratteristici del Chiapas, solo un grande ammasso di oggetti un po’ kitsch fatti apposta per i turisti con la febbre da souvenir. Il viaggio dura circa 3 ore e mezza, arriviamo a Chichen Itza che è quasi mezzogiorno. All’ingresso ci aspetta un simpatico ometto che sarà la nostra guida all’interno del sito. Ci aggiriamo tra le rovine, dal Castillo al campo della pelota all’osservatorio astronomico (El Caracol), per circa un’ora e mezza, il sito è davvero notevole. Al termine della visita guidata, abbiamo un po’ di tempo libero per scalare El Castillo, la piramide maya per eccellenza. La scalinata è una delle più ripide che abbiamo mai salito, arriviamo in cima che ci manca il fiato, ma il panorama che si gode da quassù è davvero imperdibile. Il cielo, come è ormai d’abitudine, si sta rannuvolando rapidamente. È meglio scendere prima che cominci a piovere e che la scalinata diventi scivolosa. Anna ha un po’ d’ansia, preferisce scendere i gradini di sbieco, si sente più sicura. Abbiamo giusto il tempo di risalire sulla camioneta che inizia a diluviare. Sono passate le 2 del pomeriggio e la fame inizia a farsi sentire. Nel prezzo dell’escursione è incluso un pranzo a buffet in un ristorante enorme e per niente caratteristico nelle vicinanze del sito, con aggiunta di balletto folkloristico. Il cibo è tutt’altro che memorabile. Proseguiamo per la seconda tappa della nostra escursione: Valladolid, una piccola cittadina in stile coloniale dove si trovano i luoghi di culto cristiani più antichi dello Yucatan: la chiesa di San Bernardino da Siena e il convento di Sisal. Un altro violento acquazzone ha allagato le strade, che in un primo momento devono essere guadate come veri e propri fiumi. Nel giro di mezz’ora, però, tutta l’acqua è incredibilmente sparita.
Proprio all’interno della città, si trova il cenote Zacì, situato in un parco che ospita anche un piccolo zoo. I cenotes sono pozzi sotterranei molto numerosi nella penisola dello Yucatan, una grande piattaforma calcarea nella quale scorrono fiumi sotterranei. L’acqua è nerissima e nemmeno troppo limpida visto quanto ha piovuto, insomma non è proprio invitante. Però, quando ci ricapiterà di fare un bagno in un cenote? Io sono il primo a tuffarmi, È una sensazione strana, l’acqua è tiepida e dolce, ma non si vede il fondo…Anna è più titubante, ma poi vince la paura e si lancia anche lei. Iniziamo il viaggio di ritorno che sono già passate le 18 e arriviamo in albergo che è ora di cena. Siamo distrutti, non abbiamo nemmeno la forza di farci una doccia. Ci abbuffiamo come al solito al ristorante e poi crolliamo subito nel letto.
5 ottobre, martedì: Playa del Carmen Giornata dedicata al relax più totale, tra spiaggia e piscina. Nel tardo pomeriggio andiamo a Playa città per cercare un’escursione con cui concludere in bellezza il nostro splendido viaggio: domani andremo a fare snorkeling a Cozumel. Prima di tornare in albergo, ci fermiamo a prendere un aperitivo in un locale sulla Quinta Avenida, che scopriamo essere gestito da 2 ragazzi di Roma molto gentili. Anna prova subito l’amaca-sedia, ma non è molto comoda! 6 ottobre, mercoledì: Playa del Carmen Penultimo giorno in Messico, domani si parte… SIGH! Va be’, non pensiamoci e cerchiamo di goderci queste ore. Oggi escursione a Cozumel. Prendiamo il traghetto da Playa del Carmen alle 9.00, il viaggio dura circa mezz’ora.
Appena scesi dalla nave, ci troviamo di fronte una riga di banchetti che offrono “snorkeling tour”. Ci facciamo subito intortare dal primo venditore che incontriamo, Geronimo. La partenza è fissata per le 11, quindi decidiamo di visitare prima il paese, San Miguel de Cozumel; ci sono parecchi negozi di souvenir, carini ma anche molto costosi, fatti apposta per le frotte di turisti americani che prendono d’assalto l’isola, i prezzi sono espressi esclusivamente in dollari! Dopo una seconda colazione a base di brioches e muffins della “Pasteleria y Panederia Zermatt” – segnalata dalla Lonely – siamo pronti per partire per lo snorkeling tour. La barca ha una parte dello scafo fatta in vetro, così possiamo ammirare i fondali anche durante la navigazione. Indossiamo pinne e maschere e ci tuffiamo in questo mare azzurro pieno di pesci coloratissimi: barracuda, pesci pagliaccio, murene, sogliole…, oltre ad aragoste e stelle marine. È davvero una sensazione incredibile! Anna ha qualche problema con il boccaglio e la respirazione, ma alla fine si impratichisce.
Il ragazzo che ci fa da guida dà a ciascuno un panino. Sbriciolandolo in acqua, siamo circondati subito da un’enorme quantità di pesci affamati che mangiano praticamente dalle nostre mani. Ad Anna fa un po’ senso essere toccata da tutte queste creature un po’ viscide e scalcia come un’ossessa per allontanarle.
L’escursione dura circa due ore, ma ci stronca fisicamente! Una volta sbarcati di nuovo sull’isola, decidiamo che è il caso di tornare a Playa. Qui Anna comincia a fare i capricci, vuole a tutti i costi comprare una maglietta che ha visto qualche giorno fa. Piccolo particolare: non si ricorda dove sia il negozio. Risultato: percorriamo avanti e indietro la Quinta Avenida (che sarà lunga circa 1 km) per almeno un paio di volte, sotto il sole cocente e con l’afa delle 3 del pomeriggio, prima di riuscire a ritrovare il negozio. Già che siamo qui, non possiamo non comprare una tipica amaca dello Yucatan, sarà perfetta nel patio della casa di Narbolia (Sardegna).
Tornati in albergo, crolliamo esausti sulle sdraio della piscina prima e (definitivamente) sul letto poco dopo.
7 ottobre, giovedì: Playa del Carmen – Cancun – Città del Messico – Parigi – Genova Il giorno fatidico e tanto temuto alla fine è arrivato. Questo pomeriggio si parte e si torna a casa.
Trascorriamo la mattina in riva al mare, raccogliendo un po’ di sabbia e qualche frammento di conchiglia da portare in Italia come ricordo di questo bellissimo viaggio. Vicino alla nostra camera troviamo una conchiglia splendida, praticamente intatta, lucida e grossa quasi come un ananas. La tentazione di prenderla e nasconderla in valigia è forte – nonostante sia severamente proibito – ma alla fine preferiamo restituirla al mare.
Ci regaliamo ancora qualche attimo di relax sul terrazzino della nostra camera e poi via, è ora di preparare le valigie. L’umore non è certo dei migliori, dopo 18 giorni trascorsi in questo Paese davvero fantastico l’idea di ritornare alla vita di tutti i giorni fa venire un po’ di tristezza.
La camioneta ci passa a prendere alle 13, destinazione aeroporto di Cancun. Il volo per Città del Messico parte alle 16, nella capitale abbiamo un’ora scarsa per prendere la coincidenza per Parigi. Per fortuna riusciamo a fare il through-check in, ovvero le valigie vengono spedite direttamente a Genova e non sarà necessario recuperarle a Città del Messico per un nuovo check-in. Con il senno di poi, il through check-in si rivelerà essenziale per il nostro viaggio di ritorno. Infatti arriviamo a Città del Messico con più di mezz’ora di ritardo a causa di una turista giapponese con maledizione di Montezuma in corpo che il comandante fa scendere dall’aereo prima della partenza per evitare complicazioni durante il volo. Alle 21 siamo sull’aereo dell’Air France che ci porterà a Parigi, e di lì a Genova, l’arrivo è previsto per le 18 di domani ora italiana. Che dire per concludere il nostro diario di viaggio? Che sono stati 18 giorni davvero indimenticabili, trascorsi in un Paese magico, ospitale, dalle mille sfaccettature e dai mille colori.
Che ci siamo innamorati del Messico e che speriamo di tornarci al più presto. ¡ hasta luego!