Oh che bei castelli!
A condizione che non si pretenda di cenare oltre le otto di sera, di bere altro che non sia birra, vino di ciliegie o jagertee bollenti (vai a sapere, tu, cosa contiene uno jagertee…), o di vedere laghi che non ci sono (in inverno) (dove vadano, in inverno, non si sa).
Le perle della nostra breve vacanza in quel di Fussen sono tante, come al solito, specie quando ci si ostina a voler visitare posti tanto carini quanto inospitali, algidi, e molto , molto ‘striaci.
A questo proposito, ho promesso a me stessa, e minacciato a Fabio, di non salire, per almeno un paio d’anni, oltre il 46° parallelo.Così, in via cautelativa.
L’unica cosa davvero ospitale è stata l’accoglienza nella pensioncina che prometteva, e ha mantenuto, una comoda camera con “balcony with faaaantaaaaastic castle-view” (esattamente quello della foto).
Il castello in questione era Neuschwainstein, che peraltro non abbiamo visto, ammirato e fotografato se non dal suddetto balcone , posto che dei soli 4 giorni di chiusura all’anno, noi ne abbiamo beccati due consecutivi.
Ambo secco sulla ruota della sfiga (e della disinformazione).
Dicevo.
Ad eccezione della (relativa) gentilezza della signorina Strauss, proprietaria della suddetta pensioncina, la vita in Baviera non è stata affatto comoda.
Innanzitutto, per ben due sere abbiamo preteso di cenare oltre le otto, non sapendo che laddove non batte mai il sole, alle otto si è già digerito.
L’ultimo dell’anno il nostro peccato è passato quasi inosservato, posto che le due o tre stube di Fussen aperte proponevano, inaspettatamente, una specie di cenone.
Sui cenoni tedeschi occorrerebbe intendersi, prima di cadere in facili illusioni: il menù (intraducibile nonostante il dizionarietto tedesco-italiano gentilmente offertoci dal proprietario) era il solito, classico, menù tedesco, con l’aggiunta di qualche salsina stile nouvelle-cousine che però, sui wurstels, poteva fare ben poco per nobilitare e nobilitarsi.
Il ritmo delle portate, per colmare l’insolito ritardo, è stato forsennato, e alle dieci in punto, finito anche il caffè, ci hanno fatto capire, peraltro cortesemente, che era il caso di andarsene.
Aspettare la mezzanotte in una cittadina quasi deserta, con un freddo pazzesco, la neve, e due ore di attesa è stato, modestia a parte, eroico.
Innanzitutto perchè l’unica cosa calda a disposizione era una tazza del suaccennato jager tee, curiosa e nefasta mistura di acqua bollente e concentrato di liquore dagli ingredienti sconosciuti,e talvolta letali.
Poi, perchè siamo partiti illudendoci di evitare, almeno per una volta, il chiasso dei petardi ed invece ci siamo trovati catapultati nella Fuorigrotta del Baden Wurrtenberg, nella Forcella dell’Alto Tirolo, anzi, al Raduno Nazionale Decennale dei Pirotecnici Sassoni.
Un delirio interminabile di mortaretti, petardi,bengala, tric e trac, bbombe a mmano, bbombe ‘e Maradona, missili terra-aria, aria-terra, terra-terra e aria-aria.
Tutti sparati da teutonici avvinazzati senza il senso della misura e, soprattutto, delle distanze (e del resto, dopo un paio di jager tee a 3000 gradi sia di temperatura che di gradazione alcolica si perde del tutto la cognizione del mondo esterno, si volteggia leggiadri nell’aere e ci si ritrova a far compagnia agli stambecchi del Zugspitze): la piccola folla di astanti è stata sfiorata sistematicamente da ogni singolo petardo e solo la protezione millenaria del supremo Odino ha impedito la tragedia.
Assssssssssolutamente imperdibile il tizio fantozziano che si godeva lo spettacolo dalla finestra, con 3 piiiiiiiiiiccolissimi petardi a disposizione.
Ne ha lanciato uno ogni mezzora (con una precisione devastante) in mezzo a quel delirio di polvere da sparo.
E nessuno dei tre è scoppiato.
Arrivavano a terra, e facevano “pssssssssst”.
Passata la festa, il piccolo angolo di baviera è tornato subito alla normalità, e già la sera del 1 Gennaio era tutto come prima.
Tanto come prima, che ci siamo visti rifiutare una cena calda da un’inflessibile ristoratrice che, guardando l’orologio che segnava le otto e dieci, ha fatto nono col ditino e ha tuonato sbigottita e scandalizzata “too late, sorry”.
Meno male che gli orari del Mac Donalds sono uguali per tutti, in tutto il mondo.
Ed infine, merita un’annotazione particolare il lago di Fussen, descritto ovunque come splendido lago alpino, ma curiosamente vuoto in inverno.
Nonostante gli avvertimenti (“it’s empty, now”), cocciutissimi abbiamo provato a cercarlo.
Notoriamente scettici alle leggende e alle superstizioni, non riuscivamo a credere alla panzana del lago vuoto.
E invece non c’era.
Nessuna superficie ghiacciata, niente.
La pianura in cui in teoria dovrebbe trovarsi era uniformemente coperta di neve.
Come faccia, un lago alpino dalle acque cristalline, a sparire (non a ghiacciare, a spa-ri-re completamente) d’inverno, non è dato sapere.
Ma tant è.
Ah, dimenticavo.
La Baviera custodisce un altro, insondabile, mistero.
Nei 4 giorni di permanenza in loco ci siamo ritrovati quasi soli.
Pochissimi turisti, strade deserte, castelli chiusi, ristoranti ed alberghi pressochè vuoti.
Ma ieri, non si sa nè come, nè quando, nè da dove, nè per dove, nè tantomeno perchè, una folla sterminata di gente è spuntata all’improvviso da ogni angolo della regione e ha invaso ogni via di comunicazione da e per l’Austria.
Il viaggio di ritorno verso Innsbruck si è rivelato un’odissea, (per non parlare delle 6 ore per percorrere 300 chilometri di Autobrennero).
La domanda, alfine, sorge spontanea:abbiamo girato in lungo e in largo la zona per 4 giorni senza incontrare anima viva.
Dove diamine era nascosta, tutta quella gente?