CALIFORNIA: un sogno che si avvera!
E' il giorno di Ferragosto, e c'è molta tensione a Roma ed in tutta Italia per possibili attentati nella stessa capitale. L'Aeroporto di Fiumicino è tra gli obiettivi sensibili. Vari problemi proprio nei giorni precedenti si sono verificati in quest'aeroporto. Atterraggi d'emergenza e allarmi bomba vari non ne fanno certamente un posto sicuro....
E’ il giorno di Ferragosto, e c’è molta tensione a Roma ed in tutta Italia per possibili attentati nella stessa capitale. L’Aeroporto di Fiumicino è tra gli obiettivi sensibili. Vari problemi proprio nei giorni precedenti si sono verificati in quest’aeroporto. Atterraggi d’emergenza e allarmi bomba vari non ne fanno certamente un posto sicuro. Oltretutto il 15 scade l’ultimatum dei terroristi all’Italia per far uscire i nostri militari dall’Iraq. Siamo un gruppo formato da due coppie: Io (Valerio), Chicca (la mia Girlfriend), Luca e la sua Silvia. Dove ci troviamo? All’aeroporto di Fiumicino, naturalmente; il giorno di ferragosto, off course! Ci attende un viaggio tremendo 15 ore più due di sosta per raggiungere la mitica San Francisco. Dire che siamo eccitati è dire poco! Partiamo alle 10:34 con un volo dell’American Airlines (la stessa delle Torri gemelle), ma appena entriamo nell’aereo la paura passa e ci facciamo coccolare da un ottimo servizio a bordo. Purtroppo non c’è alcuna forma di intrattenimento nel Boeing 767 (tranne due film di cui uno solo in inglese). Riusciamo dopo nove ore e mezza ad atterrare a New York, evitando i grattacieli (brutta battuta lo sò!) Durante la sosta, passata in fila per i controlli passaporti e ritiro bagagli, riusciamo ad incontrare il mio mitico zio Maurizio del Queens e la sua bellissima famiglia (Grande Moe, un abbraccio a tutti voi, che te possino!). E’ un saluto veloce, perchè dobbiamo subito imbarcarci sul volo per San Francisco. Il secondo viaggio è un vero incubo, l’aereo è strapieno e i posti sono strettissimi. Dopo altre sei ore atterriamo sulla baia di Frisco. Ritirati i bagagli prendiamo un taxi ed andiamo nel nostro albergo a Japantown (per me e Chicca, amanti del Sushi, il massimo). La sorpresa più grande è il vento gelido proveniente dall’Alaska. Un freddo incredibile, pensare che a Roma faceva più di trenta gradi. Il mattino seguente ci svegliamo verso le otto, e senza problemi legati al fuso orario. Facciamo colazione all’americana da Mel’s, un locale anni ’60 dove ci sono persino i juke-box ai tavoli. Nemmeno ci sediamo e arrivano subito quattro bicchieroni d’acqua piena di ghiaccio. Ma ci volete far morire subito? Dopo il piccolo breakfast (un vero pranzo di Natale, più o meno tre milioni di calorie a testa!!!) ci incamminiamo alla scopertà della città. San Francisco è un sogno, bellissima, poco caotica ed incredibilmente romantica. Visitiamo Union Square, Chinatown, North Beach e Pier 39. Pranziamo da Bubba Gump (il ristorante ispirato a Forrest Gump) e ripartiamo per visitare tutta la zona di Fisherman’s Wharf. I giorni seguenti, fino al 20 agosto, visitiamo Alcatraz, Muir Woods, Sausalito, Lombard Streeet, il Japanese Tea Garden, il Presidio ed Il Golden Gate. Tutto bellissimo e affascinante. Però la zona più battuta è quella del Pier 39. E’ lì che si concentra il turismo di San Francisco. Il 20 mattina prepariamo le valigie con destinazione Los Angeles. Sotto l’hotel ci attende una Limousine bianca da otto posti per accompagnarci all’aeroporto. Preoccupato per la spesa, dico all’autista che và bene anche un taxi, e lui mi risponde che la tariffa è la stessa. Nemmeno fà in tempo a finire la frase che già siamo dentro a goderci il lusso. Abbiamo due posti per uno, ma diamine manca lo Champagnino, Ocio Ambrocio!!! Dopo un ora di volo atterriamo a Los Angeles, dall’aereo si vede solo una distesa sterminata di case. l.A. È enorme e mostruosa. Sarà dieci volte Roma, con dei quartieri che al confronto Corviale sembra i Parioli, ed altri che Casal Palocco o l’Olgiata sembrano Tiburtino terzo. All’aeroporto affiattiamo una Mustang cabrio bordeaux. Una macchina bellissima, ma con il portabagagli simile a quello di una Mini Cooper. Insomma partiamo con le valigie sulle gambe, macchina scappottata e stereo a palla, come i veri tamarri californiani. Arriviamo ad Hollywood, dove abbiamo l’albergo. Hollywood fà veramente schifo, ma tanto schifo! Oltre alle stelle sui marciapiedi ci sono solo negoziacci di vestiti da prostituta. Poi la sera quando i negozi chiudono ci restano le stelle e le prostitute.
La prima sera andiamo a Venice Beach a vedere un tramonto stupendo. Per arrivarci passiamo per Beverly Hills e Rodeo Drive, ma ci stiamo poco, non è proprio il posto per noi, anche se è molto bello. Il giorno dopo si và a Disneyland. Si trova ad Ahneim, ad una quarantina di kilometri da L.A. A Disneyland Resort (è così che si chiama) ci sono due parchi: Disneyland e California Adventure Park. Noi optiamo per il primo, e facciamo bene perchè un giorno non sarebbe assolutamente bastato. La gente è tantissima, c’è la fila anche per il bagno. Per un giorno torniamo bambini, e che bambini! E’ tutto divertentissimo, ma la cosa più bella è lo spettacolo che c’è sul lago prima della chiusura, con giochi pirotecnici eccezionali. Usciamo dal parco verso le nove e mezza e ci rifocilliamo con un pezzo di pizza a Disneyland Downtown, un centro commerciale all’aperto proprio all’uscita del parco. Arriviamo distrutti in hotel verso mezzanotte ci tuffiamo tra le morbide braccia di Morfeo. Il mattino seguente andiamo agli Universal Studios, che spettacolo. E’ troppo forte, da visitare assolutamente. Non ho mai riso tanto in vita mia. Anche lì, all’esterno c’è un centro commerciale all’aperto (stupendo sembra Las Vegas, pieno di luci) dove mangiamo e facciamo shopping.
Il 23 è l’ultimo giorno, e visto che la città in molti punti lascia alquanto a desiderare (anche se a me è piaciuta lo stesso) facciamo una rapida visita al Chinese Theatre, con le classiche foto alle impronte dei divi, ed al nuovissimo Kodak Theatre, dove si svolge la notte degli Oscar. Oltre al teatro c’è un bellissimo centro commerciale pieno di ottimi ristoranti e di bei negozi. Lasciamo Hollywood e ce ne andiamo in fretta e furia (e con la cappotta abbassata) a Santa Monica e Malibù (quest’ultima stupenda anche se becchiamo una multa di 44 dollari per non aver pagato il parcheggio), in realtà non c’era nessuno a cui pagare, ma i poliziotti americani non li puoi contestare, sono veramente di legno. Dopo averla pagata all’ufficio postale ci cambiamo per l’ultima cena (no…Gli apostoli non c’erano!!!) Dove andiamo? Al Kodak Center (io e Chicca al ristorante giapponese, e Luca e Silvia a quello italiano!) La mattina seguente abbiamo il volo alle otto e trenta di mattina e ci dobbiamo svegliare alle tre e mezza per riconsegnare l’auto e fare il check-in. Dopo dei controlli minuziosi sia sul bagaglio a mano, sia su quello da imbarcare, riusciamo a partire per Roma via Chicago.
Il 25 mattina siamo di nuovo a Roma, di nuovo in mezzo al caldo asfissiante, anche se nel cuore il ricordo di uno splendido viaggio indimenticabile.
Un saluto a tutti, Valerio.